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Chapter 1: Lilac Nail-Polish

Passo l'ultima pennellata di smalto sul pollice della mano destra, cercando di non combinare danno dato che non sono mancina, e richiudo la boccetta contenente il liquido lilla.

Prendendo quest'ultima con la punta delle dita, la ripongo sulla mensola dove tengo tutti i miei smalti. Soffio leggermente sulle unghia, impaziente di averle asciutte.

Nel frattempo comincio a camminare avanti e indietro per la mia camera, perdendomi nei miei pensieri e risvegliandomi solo quando la voce di Abigail mi giunge alle orecchie.

«Mary, potresti venire un attimo?» mi chiede dal piano di sotto.

«Certo, arrivo subito.» apro la porta e con il mio solito passo affrettato la raggiungo in cucina.

«Eccoti.» mi sorride, con la classica compassione che si rivolge a una persona che ha subito ciò che ho subito io: la morte di un genitore. Purtroppo mia madre mi ha lasciata quando avevo tredici anni, ossia tre anni fa, a causa di una malattia.

Da quel momento la mia vita è totalmente cambiata.

Ho dovuto imparare a gestirmi da sola in tutti i sensi. Mio padre si è trovato una nuova compagna, Abigail - ma non lo biasimo per questo: lui e mia madre non erano più innamorati da un po', stavano insieme solo per mantenere il nucleo familiare e per me -.

In fondo lei non è così male. È dolce, comprensiva e non si finge mia madre, ma c'è una cosa che odio di lei, una cosa che mi fa saltare i nervi: mi guarda come fossi un cucciolo bastonato, mi parla con una compassione tangibile.

Quello che non possiamo negare però, è che posso considerarmi sola. Né lei né mio padre si comportano da "genitori". Se torno da scuola, me ne salgo in camera mia senza preoccuparmi di ricevere domande su come è andata quel giorno. Se devo uscire, sono libera di farlo quando e con chi voglio. Se ho bisogno di qualcosa, be', devo affidarmi a me stessa.

Abigail mi scuote un braccio per farmi riportare l'attenzione su di lei.

«Quindi la prossima settimana starai da sola.» conclude il suo monologo di cui non ho ascoltato una sola parola e corre via nella sua stanza, suppongo a preparare le valigie.

Mi lascio cadere su una sedia dell'ampia cucina giocherellando con i bracciali che porto ai polsi. Mi ricordo immediatamente dello smalto, che deve ormai essere asciutto, e così me ne ritorno nella mia camera intenta a fare le mie cose.

Appena entro, chiudo a chiave la porta - anche se so di non essere abbastanza importante perché qualcuno venga a cercarmi - e mi dirigo alla mia scrivania. Dal primo cassetto a destra tiro fuori il mio quaderno ad anelli che contiene tutti i disegni che ho fatto dalla scomparsa di mia madre.

Passo le dita sulla copertina raffigurante un paesaggio che ho dipinto ad acquerelli e che ora è un po' consunto a causa del troppo uso del quaderno.

Sfoglio le pagine, raggiungendo la prima bianca e, dopo aver afferrato la matita più vicina a me, comincio a buttare giù qualche linea delicata sul foglio. Quando mi fermo ad osservare il disegno, mi accorgo che raffigura lo scorcio di città che si vede dalla finestra della mia camera, posta proprio di fronte a me.

Continuo a passare la matita, definendo i contorni e realizzando dei chiaroscuro. Il risultato finale è di gran lunga migliore di quello che mi aspettavo.

Quando finisco e controllo l'orario, mi accorgo che sono già le nove di sera. Nessuno mi ha chiamata per cenare e io non ho fame... Passerò un'altra delle mie solite serate senza cibo.

NUOVA STORIA
Eccoci qua nel primo capitolo di una nuova storia, su Ashton Irwin dei 5SOS.

È una storia un po' particolare, spero sia comunque di vostro gradimento.

E che dire, alla prossima!

-Michela

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