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Capitolo 46

Piccola nota:
Ehilà wattpad!
Lo so, in questo periodo sto saltando una marea di aggiornamenti, ma vi prometto che in breve riuscirò a mettermi in pari e tornare a farvi compagnia due volte a settimana.
Ma penso che ormai siate stufi di sentirmi parlare, perciò passo subito alle cose importanti.
Mentre leggete ascoltate la canzone "Take Me To Church"di Hozier. Sono sicura che l'avrete sentita tutti almeno una volta e concorderete con me nel dire che è un pezzo davvero fantastico!
Fatemi sapere che cosa pensate del nuovo aggiornamento!
Buona lettura!

Mi sveglio di soprassalto, la voce di Meredith ancora nelle orecchie.
Mugolo. Possibile che le domande aumentino ogni secondo di più? Possibile che, appena mi sembra di ricevere una dannatissima risposta, mi trovi invece di fronte ad un vicolo cieco? Possibile che ogni tentativo di capire sia solo un nuovo punto interrogativo? E che le poche risposte che ricevo siano solo fonte di nuove incomprensioni, di nuovi problemi? Evidentemente si. Eppure è una cosa estremamente frustrante... È come se qualcuno mostrasse ad una persona affamata qualcosa da mangiare senza però darle la possibilità di raggiungerlo: completamente inutile, frustrante e doloroso.
Mi alzo sui gomiti cercando di staccarmi dal materasso stropicciandomi gli occhi semichiusi, quindi guardo la stanza, la bocca impastata dal sonno e i pensieri da tutt'altra parte.
Il mobilio semplice e ricercato, il colore tenue delle pareti che dona un tocco artistico alla stanza, il letto di Alex disfatto e le coperte ammucchiate sul pavimento: ogni cosa è diventata come la cornice o lo sfondo insignificante di un'opera meravigliosa.
E qual'è l'opera meravigliosa in questione? Domanda più che lecita in effetti, ma a cui non so più trovare una risposta. Il mio sogno, forse, oppure i pensieri e le idee che girano leggeri per la stanza come se fossero delle farfalle.
O magari sono io. In fondo, ogni cosa è possibile, no?
Mi siedo sulle coperte e appoggio i piedi sul pavimento freddo come il ghiaccio e mi incammino verso la porta.
Muovo ancora qualche passo prima di trovarmi di fronte ad una grande scala a chiocciola, simile a quelle dei film, quindi mi appoggio al corrimano scuro.
Stacco i piedi da terra e faccio la stessa cosa con la mano destra, rimanendo in equilibrio solo grazie alla presa salda della sinistra.
Inizio a staccarla, lentamente, ma mi blocco sentendo qualcuno che mi chiama.
"Clare?" La voce di Alex risuona nel corridoio, forte e chiara, come se parlasse attraverso un'altoparlante.
"Ehi!" esclamo, scendendo dal corrimano e correndogli incontro.
"Come mai già sveglia?" chiede lui, stringendomi delicatamente.
"Perché? Che ore sono?" domando a mia volta, staccandomi leggermente e guardandomi attorno. La casa è così luminosa e calda, non sembra che sia così presto. Almeno, non tanto presto da chiedermi come mai sia già sveglia.
"Le sette e mezza" dice ridendo dolcemente e accarezzandomi i capelli.
"Le sette e mezza?" ripeto io, spalancando gli occhi e fissando il mio sguardo nel suo.
"Si, le sette e mezza. Anzi - dice fermandosi un attimo per controllare l'orologio - Le sette e trentadue, se vogliamo essere precisi"
Sorrido, aprendo leggermente le labbra e guardandomi attorno più stupita di prima.
"Caspita! È così bello... Insomma, non mi era mai capitato di vedere così tanta luce a quest'ora" dico stringendo la mano di Alex che inizia a camminare lentamente lungo il corridoio, portandomi lontana dalle scale.
"Ci farai l'abitudine" sorride dicendo queste parole, probabilmente pensando al momento in cui anche lui è rimasto stupito vedendo gli alti soffitti inondati dalla luce del sole già la mattina presto.
Alex svolta a sinistra, andando verso un altro corridoio dalle pareti alte ed imponenti.
"Sembra una cosa triste" sussurro senza riflettere.
"Cosa?" domanda lui, guardandomi incuriosito.
"Abituarsi ad una cosa del genere. Sembra una cosa triste" ripeto allora, ricambiando il suo sguardo.
Lui rimane in silenzio per un po', probabilmente riflettendo sulle parole che ho appena detto.
"Forse - dice quindi, guardando davanti a sé ed entrando in una stanza con al centro un lungo tavolo nero - Ma, se devo dire la verità, preferisco essermici abituato. Se non fosse accaduto, probabilmente sarebbe perché non l'avrei visto abbastanza volte per... affezionarmici"
"Affezionarti a cosa?" domanda allora un'altra voce alle nostre spalle.
Mi giro di scatto, andando a sbattere con il braccio sinistro contro una delle sedie accostate al tavolo.
"Tom!" escalmo, cercando di capire da dove sia spuntato fuori.
"Clare" dice lui a sua volta, chinando leggermente la testa per rialzarla subito dopo, un sorriso ampio e brillante stampato sulle labbra.
"Come va?" domando allora, stringendo il braccio di Alex che alza una mano in cenno di saluto.
"Non c'è male, non c'è male - dice, annuendo vistosamente - Voi?"
"Niente di particolare - risponde Alex, scuotendo le spalle - Stavamo parlando della luce nella Villa"
"Ah, già. Davvero magnifica, non trovi?" chiede, girandosi verso di me.
"Assolutamente. Anche se continuo a non capire come per voi possa essere una cosa normale. Insomma, è davvero stupenda! Come si può definire tutto questo normale? È impossibile" esclamo allargando le braccia.
"Beh - dice Tom, pizzicandosi una guancia - Prima o poi ti abitui a tutto. Nel bene e nel male. Quando una cosa diventa di routine smetti di farci caso"
"Allora è per questo che Alex ha detto che 'Non c'è niente di particolare'?" chiedo, a metà tra uno scherzo ed una domanda seria.
Per un attimo nella stanza cala il silenzio, interrotto però quasi subito dalla voce ruvida di Alex.
"Diciamo di si, anche se non proprio tutto quello che è successo in questi giorni si può definire di routine"

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