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«Lindsey Brandon.»

Non ebbi nemmeno il tempo di chiudermi la porta di casa alle spalle che il tono di voce inflessibile di Allison mi fece trasalire.
La casa era quasi buia, dato che era sera, fatta eccezione per una lampada accesa da qualche parte accanto a lei.
Mi girai, e la vidi seduta sulla poltrona con le gambe accavallate e le braccia conserte; il suo sguardo severo non si staccava da me neanche per un secondo, quasi temesse che stessi per scappare da un momento all'altro.

«Allison, io...» provai ad avanzare una scusa, ma mi resi conto ben presto che era inutile.

«Sei stata via per una settimana, non hai risposto nemmeno a una delle mie venticinque telefonate e non ti sei degnata di farmi sapere in qualche modo che non ti fosse successo nulla di male.» la voce di Allison non tradiva alcuna emozione, ma non ci voleva un genio a capire che avrebbe potuto farmi a pezzi dalla rabbia.

«Io mi sono presa una vacanza con Dylan, sono sempre stata con lui e non è successo nulla di grave.» la mia debole giustificazione sembrava quasi far ridere la bionda davanti a me.

Allison mi squadrò ancora per qualche secondo, poi si alzò dalla poltrona e mi venne incontro lentamente.
La sua espressione si era decisamente ammorbidita, e sembrava felice di vedermi come mai.
Mi abbracciò, e rimasi non poco sorpresa da quel suo gesto.

«Ero così preoccupata per te, Linds.» sussurrò «Pensavo che il killer potesse averti...»

Lasciò la frase in sospeso, lasciandomi solo immaginare che ansia doveva aver provato.

«Scusami, io ho agito d'istinto e non...» sospirai, stringendo più forte la mia amica «Sono così confusa, Allison.»

«Lo immagino.» rispose, staccandosi dalla mia presa.

La vidi andare verso la cucina, probabilmente aveva preparato il pranzo.
Lasciai la borsa sulla poltrona, fino a qualche istante prima occupata da Allison, e la seguii in cucina.

«Hai già mangiato?» disse, mentre toglieva il suo piatto sporco dalla tavola.

«Non hai intenzione di uccidermi, o qualcosa del genere?» ignorai la sua domanda, preoccupata dall'atteggiamento insolito di Allison.

«Oh, certo che sì.» rispose «Ma solo dopo che mi avrai raccontato tutto quanto di questa settimana con Dylan.»

Dylan.
Me ne ero quasi scordata.
Quasi, perché dopo che Allison pronunciò il suo nome sentii lo stomaco contrarsi in una morsa di dolore.

«Linds, va tutto bene?»

Mi appoggiai ad una delle sedie attorno al tavolo, e mi imposi di fare dei respiri profondi e restare calma.
Avrei voluto gridare, o arrabbiarmi.
Ma l'unica cosa che feci fu piangere.

«Oh, Lindsey. Non dirmi che...» Allison si avvicinò a me, sedendosi vicino a dove io stavo in piedi «Non vi sarete già lasciati?»

Scossi la testa, e infine mi sedetti anche io.
Singhiozzavo, e ogni volta che cercavo di iniziare una frase sentivo che il pianto isterico si faceva più insistente.

Allison mi stava abbracciando, sussurrava che sarebbe andato tutto bene e che avrei risolto tutto.
Ma nella mia testa, vedevo Dylan solo per quello che ero più che convinta che fosse: un assassino, un complice, un bugiardo.

«I-io... Devo parlargli.» dissi, controllando le lacrime per qualche secondo «Devo chiedergli...»

Mi alzai, andai verso il divano dove c'era la mia borsa ed estrassi il cellulare.
Il numero di Dylan era tra i preferiti, e dopo qualche secondo ero già con il telefono all'orecchio.
Mai come allora avevo odiato il suono monotono e ripetitivo dell'attesa prima della risposta a una chiamata.

Allison non diceva una parola, ma si stava avvicinando lentamente per ascoltare la conversazione tra me e il mio ragazzo.

«Pronto?» quando ormai ci avevo rinunciato, la voce dall'altro capo del telefono si fece sentire.

«Dobbiamo parlare, Dylan.» odiavo essere troppo diretta, ma non c'era altro modo.

«Lo so, Linds.» rispose, con tono piatto «Tra venti minuti a casa mia?»

«Perfetto, sarò lì tra cinque minuti.» dissi, frettolosa.

«No, io non vol...» chiusi la conversazione prima che Dylan riuscisse a finire la frase.

Presi la borsa, rimettendo ci dentro il telefono.
Non mi ero nemmeno tolta le scarpe, e stavo già per uscire di casa ma Allison mi fermò.

«Lindsey!» esclamò «Cosa stai facendo?»

«Devo parlargli...» asciugai gli ultimi residui delle lacrime prima di uscire «Non ci vorrà molto.»

«Ne sei sicura?»

Allison sembrava preoccupata, e probabilmente ne aveva tutte le ragioni.

«Devo farlo.» dissi, poi mi chiusi la porta alle spalle.

---

«Sì?»

«Sono Lindsey.» risposi al citofono, e poi un suono secco mi informo che la porta era stata aperta.

Salii gli scalini a due a due, e in qualche secondo mi trovavo già di fronte alla porta di Dylan.
Non sapevo cosa sarebbe successo, cosa mi avrebbe detto.
O cosa avrebbe potuto farmi.

Scacciai ogni pensiero, e suonai il campanello.
Si sentii del movimento provenire dall'interno, poi la porta si aprii.

«Morgan?!»

«Tu cosa ci fai qui?» chiese lui in risposta.

«Pensavo di esserci solo io, non sapevo che ci fossi anche tu.» gesticolai, come facevo sempre quando ero in ansia.

Morgan sospirò, poi si scostò dalla porta lasciandomi entrare.
La casa era piuttosto diversa da come la ricordassi, dato che ora era quasi completamente arredata.
I mobili in legno erano disposti lungo le pareti bianche, illuminati dalla tenue luce gialla che proveniva da una lampada da studio.

«Lindsey!» Dylan entrò in sala trafelato, a piedi nudi e con i capelli ancora bagnati come se fosse appena uscito dalla doccia «Pensavo arrivassi tra un quarto d'ora...»

«Ho fatto presto.» dissi, freddamente.

Lui si avvicinò a me, come per abbracciarmi, ma lo fermai mettendogli bruscamente una mani sul petto.
Dylan mi guardò sconcertato, ma penso sapesse già il perché del mio comportamento.

«Non mi avevi detto che ci sarebbe stata anche lei.» si fece sentire Morgan, indicandomi.

«A proposito, perché lui è qui?» chiesi subito dopo, senza dargli il tempo di rispondere alla prima domanda.

«Io... Posso spiegare.» disse Dylan a entrambi.

«Avanti.» lanciai letteralmente la mia borsa sul divano azzurro, poi mi sedetti accanto ad essa «Spiega pure.»

«Non avrai mica intenzione di dirle la verità?» si intromise Morgan, spalancando le braccia.

«Devo farlo, Morgan.»

«Non lascerò che tu le dica tutto quanto, Dylan.»

«Tutto quanto?» chiesi «Esattamente di quanto stiamo parlando?»

«La faccenda è più grande di quanto non sembri...» mi rispose il mio ragazzo, iniziando a camminare su e giù per la stanza «Ma ti posso assicurare che io non ho fatto nulla di male.»

«Nulla di male, dici?!» gridò Morgan «Nulla di male? Dylan, sei coinvolto quanto me in questa storia e lo sai benissimo. E non pensare di esserne fuori solo perché sei un codardo e non hai mai avuto il coraggio di fare qualcosa di persona!»

«Di che diavolo state parlando?» chiesi, confusa.

«Io almeno non ho rovinato la mia vita come hai fatto tu!» Dylan ignorò la mia domanda, continuando la discussione «E sai una cosa, Morgan? Io volevo solo aiutare. Stai facendo del male a te stesso, e soprattutto agli altri. Forse questo è l'unico modo per fartelo capire.»

Dylan smise di camminare, e rivolse finalmente la sua attenzione a me.
Aveva lo sguardo di chi era consapevole di aver deluso una persona speciale.

«Lindsey, quello che sto cercando di dirti è...»

«Tu non dirai un bel niente, Dylan!» lo interruppe Morgan, puntandogli minacciosamente un dito contro «Sei impazzito? Se le dici questa cosa, io e te finiamo in prigione. Te ne rendi conto? Ci sbatteranno in cella solamente perché tu hai voluto giocare al fidanzatino perfetto che rivela alla sua ragazza i crimini di cui si è macchiato.»

«Io non ho fatto niente!» gridò Dylan.

«Oh sì, invece, e se per te tutto quello che è successo è "niente", allora più che in prigione dovrebbero chiuderti in un manicomio.» lo sbeffeggiò Morgan, passandosi nervosamente una mano tra i ricci scuri.

Dylan guardò il ragazzo con odio, avvicinandosi pericolosamente a lui.
Mi sembrava di assistere a una scena di un film, da quanto mi sembrava irreale che tutto questo stesse davvero succedendo.

«Ragazzi, ora basta dis...» cercai di fermarli, ma ripresero a litigare prima che potessi finire la frase.

«Morgan, non so se te ne rendi conto, ma prima o poi la verità verrà comunque a galla.»

«Non se mettiamo a tacere chi conosce tutta la storia.» disse Morgan, con uno strano sorriso stampato in faccia.

«È una minaccia, per caso?» disse Dylan, che ormai era a un metro dal ragazzo.

«Smettetela! Vi state comportando come due bambini.» mi alzai dal divano, muovendo qualche passo verso di loro, ma ancora una volta venni ignorata.

«Non voglio farti del male, Dylan. O almeno non costringermi a farlo.»

«Se stai cercando di convincermi a tacere, sappi che è tutto inutile.» rispose il mio fidanzato.

«Guarda che così ti stai solamente condannando da solo. Manderai a monte tutto quanto per colpa sua!» Morgan mi indicò, e io sobbalzai dallo spavento «Su, cerca di ragionare...»

«Ah, sarei io quello che deve ragionare? Morgan, delle persone sono morte per questa storia!» gridò Dylan.

«Cosa?!» strillai, e finalmente i due sembrarono ricordarsi della mia presenza.

Morgan imitò un applauso ironico con le mani, quasi a complimentarsi per quanto stupidamente il loro segreto fosse appena stato svelato.
Dylan invece mi guardava con occhi carichi di tristezza.

«Quindi, è questo il vostro segreto?» chiesi, scandendo troppo le parole a causa delle lacrime che trattenevo.

«Lindsey...» la voce di Dylan era solamente un sussurro, ma trasudava disperazione.

Rimasi a guardare i due ragazzi per qualche istante, Morgan che ripeteva il suo tic nervoso di toccarsi i capelli e Dylan che evitava ad ogni costo il mio sguardo, passandosi istericamente la lingua sulle labbra secche.

Alla fine, presi la mia borsa dal divano e mi alzai, dirigendomi a grandi falcate verso la porta.
Passai immediatamente il dorso della mano sotto gli occhi, per fermare le lacrime prima che iniziassero ad essere troppe.

«Lindsey!» Dylan mi afferrò una mano, nel tentativo di trattenermi, ma strattonai il braccio e mi liberai dalla sua presa «Ti prego, Linds. Non lo ascoltare, posso spiegarti tutto!»

«Smettila, Dylan!» strillai con tutta la forza che avevo in corpo, sotto i suoi occhi più che stupiti.

Ero ferma sul pianerottolo, singhiozzando mentre fissavo quello che solamente poco tempo prima avrei ritenuto il ragazzo migliore della terra.
Mi sentivo tradita, delusa e schifata da lui.

«Avanti, Linds...» mi raggiunse fuori dalla porta, chiudendosela alle spalle «Non crederai davvero a quello che ha detto Morgan?»

«Perché dovrei credere a te, allora?» gridavo, ma non me ne rendevo conto «Come ho potuto amarti così tanto senza sapere che non sei altro che uno sporco bugiardo?»

Le mie parole colpirono dritto nel segno.
Vidi nettamente il colore degli occhi di Dylan spegnersi di qualche tonalità, e potevo immaginare benissimo il suono del suo cuore in frantumi.
Lo avevo ferito, con una semplice frase ero riuscita a distruggere un pezzo dell'anima di quel ragazzo.
Ma in quel momento non mi importava assolutamente nulla dei suoi sentimenti, delle sue menzogne.

Scesi le scale, sorpresa dal fatto che Dylan non cercasse nemmeno di seguirmi, e buttai fuori tutte le lacrime che avevo trattenuto per orgoglio qualche istante prima.

Arrivata davanti al portone, mi girai.
Non avrei dovuto farlo, sarei dovuta uscire senza voltarmi indietro, senza esitare.
Eppure, mi girai verso Dylan.
Furono solo pochi secondi, ma abbastanza per vedere gli occhi arrossati del ragazzo, l'espressione sconvolta e distrutta che occupava il suo viso, l'incredulità che trapelava da tutto il suo corpo.

Con un sospiro e tutta la mia forza di volontà, tornai rivolta verso il portone.

«Lindsey.» la voce tremante di Dylan mi fece fermare poco prima di muovere il passo che mi avrebbe portata fuori da quel palazzo.

Non mi girai, non quella volta.
Sapevo che se l'avessi fatto e avessi riguardato in faccia il ragazzo, non avrei trovato il coraggio di uscire definitivamente da quella casa, dalla vita di Dylan.

«Si?» sussurrai, ma l'eco prodotto dalla tromba delle scale amplificò il suono.

«Mi dispiace.»

---

Era passata quasi una settimana da quella sera, eppure l'immagine di Dylan sulle scale dopo che lo avevo lasciato non era sbiadita per nulla.
Anzi, se possibile mi sembrava di cogliere un particolare in più ogni volta che ci ripensavo, come quando si rilegge un libro e si scoprono cose che si erano totalmente ignorate.

Rividi i muscoli del suo corpo completamente contratti, i pugni serrati, la pelle del dorso della mano tesissima e le nocche bianche.
Percepivo quasi il pulsare delle vene evidentissime sulle braccia, e con un po' di immaginazione potevo sentire il suo battito cardiaco accelerare.

"Niente battito cardiaco." pensai "Il cuore gliel'ho distrutto io..."

Mi imposi di non piangere, e strinsi più forte le lenzuola.
Mi ero sempre sentita protetta sul mio letto, tra le mie centinaia di peluches colorati che mi ostinavo a tenere nonostante la mia età e il tocco soffice delle lenzuola sulla pelle.
Eppure, quel pomeriggio mi sentivo estranea al mio letto.
Mi sentivo estranea a tutto, veramente, e da una settimana mi identificavo più con un fantasma che con una persona reale.

"Dovrei dirlo alla polizia." pensai "Potrei essere utile per le indagini, e indicare due potenziali colpevoli aiuterebbe non poco."
Probabilmente qualche tempo prima non avrei nemmeno sospettato di potere arrivare a denunciare il mio fidanzato (ex fidanzato, ormai).

"Non posso farlo. Non è già sufficiente avergli spezzato il cuore? Devo anche farlo sbattere in prigione?" continuai tra me stessa.
"Poi, chi crederebbe a una diciannovenne in crisi che afferma che i colpevoli sono il suo ex fidanzato e il fratello del sospettato numero uno?"

Mi strappai un sorriso da sola, e mi resi conto di quanto infantili possano diventare le persone quando non hanno più nulla da perdere.
Strinsi più forte le lenzuola, probabilmente sperando che prendessero il posto che avrebbe potuto occupare Dylan, ma più esse mi avvolgevano il corpo, più mi sentivo soffocare.
Non erano calde e morbide come le ricordavo, sembravano fredde e spigolose come un foglio di carta stagnola stropicciato.

Sentii bussare alla porta della mia camera, e immaginai di chi si dovesse trattare.

«Entra, Allis.»

Allison entrò nella mia stanza in punta di piedi per non fare rumore, quasi come se io stessi dormendo, e si avvicinò al letto lentamente.

«Come stai, cadaverina?» sussurrò.

Mi conosceva troppo bene, e sapeva che in momento come questi l'ultima cosa che avrei sopportato sarebbero stati i rumori.

«Non lo so...» mugugnai in risposta, cercando di mettermi a sedere.

La mia amica prese dal comodino accanto a me un piatto che conteneva della pasta, ancora praticamente intatto, e ne lasciò al suo posto uno con della carne e dell'insalata.

«Dovresti mangiare qualcosa, Lindsey. Non puoi stare a digiuno per sempre.»

«Lo so, ma mi sentivo lo stomaco troppo chiuso per mangiare.» mi giustificai.

«Come va la febbre, oggi?» chiese lei.

«Era scesa oggi pomeriggio, ma penso che potrebbe rialzarsi questa notte.» risposi, alludendo al l'influenza che mi aveva tenuta a letto già da qualche giorno a quella parte.

Allison sorrise, poi si sedette lentamente accanto a me, appoggiando il piatto che aveva in mano per terra.
Si strinse le gambe perfettamente depilate al petto, mostrando l'immensa differenza tra le sue, lisce e sinuose, e le mie, molto più corte e pallide.

«So che non è facile per te superare tutto questo, e non vorrei girare il dito nella piaga, ma devo dirti una cosa.» sospirò, poi riprese a parlare «Ha chiamato Dylan.»

Mi si bloccò il respiro per un secondo, come succedeva anche quando compariva il suo nome sul display del mio cellulare, ma mi stupii del fatto che fosse arrivato a chiamare Allison.

«Ha detto che deve parlarti assolutamente, e che è molto urgente.» continuò la bionda «Ti aspetta il prima possibile a casa sua, e devi essere sola.»

Una parte di me non ci sarebbe voluta andare nemmeno per tutto l'oro del mondo, soprattutto dopo quello che avevo scoperto su di lui e dopo quello che era successo ad Allison l'ultima volta che qualcuno le aveva chiesto di vedersi da soli.
Era quasi morta.

«D'accordo, mi vesto e vado.»

«Ehi, frena un po'...» Allison si alzò in piedi, pronta a bloccarmi nel caso avessi deciso di uscire dalla stanza «Fino a trenta secondi fa annegavi tra le tue stesse lacrime per lui e adesso hai tutta questa fretta di vederlo?»

«Non avrebbe chiamato te se non fosse davvero urgente, anzi, non avrebbe chiamato nemmeno se non si trattasse di un'emergenza.»

«Ma che cosa è successo la settimana scorsa con lui che ti ha fatto fondere una per una ogni rotellina di quel tuo cervello?» disse sarcastica Allison «Vuoi dirmelo, sì o no?»

«Ora non è il momento giusto per parlarne...» risposi distratta, mentre mi toglievo le lenzuola di dosso e mi alzavo alla ricerca di qualcosa da indossare che non fosse il pigiama.

«Lindsey!» si lamentò la bionda quando la urtai per raggiungere e spalancare il mio armadio.

Trovai un paio di pantaloncini di jeans e una canotta, e iniziai a cambiarmi non preoccupandomi di Allison.

«Sei sicura di ciò che fai? Sembra che questa volta ti abbia davvero spezzato il cuore...» disse, e pensai subito che non ero sicuramente io tra i due ad avere il cuore in mille pezzi, o almeno non reggevo il confronto.

«In questo momento non importa, Allis...» risposi, mentre cercavo un paio di calzini che non fossero lunghi fino a metà polpaccio o che non fossero color caramella.

«Avanti, Lindsey. Farai una stupidata solo perché non ci stai pensando a fondo.» continuò, ma io la ignorai di nuovo «Vuoi ragionare un po'?»

«No, non voglio!» stavo quasi strillando «Allison, so che non ti ho detto nulla, e ti ringrazio infinitamente per non aver fatto domande, ma in questo preciso momento tutto ciò di cui ho bisogno è andare da Dylan e sentire cosa ha da dirmi. E lo sai perché? Non solo perché probabilmente ha un problema piuttosto serio per chiamare la mia migliore amica alle nove di sera una settimana dopo che l'ho lasciato, ma anche perché mi manca terribilmente. Ho bisogno di sapere che sta bene e che nonostante io lo abbia trattato come il peggiore degli esseri su questa terra, devo accertarmi che lui non stia soffrendo troppo.»

Buttai addosso ad Allison tutto il mio discorso, e lei rimase quasi impietrita.
Non si aspettava sicuramente una reazione così brusca da parte mia, e mi sentii piuttosto male rendendomi conto di come le avessi addossato tutti i miei problemi.

«Allison.» ripresi, con tono più dolce «Mi dispiace, ma sento che devo farlo. Forse è la cosa peggiore che io possa fare questa sera, e se così sarà, avrai tutto il diritto di ripetermi all'infinito "te l'avevo detto". Ma lascia che io vada da lui.»

Allison mi guardò per qualche istante, poi i lineamenti prima tesissimi del suo viso si rilassarono e si scostò leggermente dalla porta, in modo da lasciarmi uscire.

«Buona fortuna, cadaverina.»

---

Non credevo che sarei ritornata in quel posto dopo così poco tempo, ma sta di fatto che ero di nuovo di fronte al portone della casa di Dylan e avevo appena citofonato.
Non ebbi risposta, ma sentii che la porta si era aperta quindi entrai nel palazzo, cercando di limitare i pensieri.

Salii le scale, e in molto meno tempo di quanto non sperassi mi trovai di fronte all'appartamento di Dylan.

"Dieci, nove, otto..." contai mentalmente, con l'indice sospeso a mezz'aria di fronte al campanello.
"E se avesse ragione Allison? Se Dylan mi facesse del male? Se magari ci fosse di nuovo Morgan in casa?" sembrò dirmi qualcosa dentro di me.

Scacciai ogni pensiero, e senza aspettare la fine del conto alla rovescia schiacciai il bottone.
Passò forse un decimo di secondo, poi Dylan mi aprì la porta, come se stesse aspettando lì dietro che suonassi il campanello.

«Ciao.» sussurrai, alzando leggermente una mano in segno di saluto.

Lui sorrise, e mi stupii della sincerità di quel gesto.
Probabilmente era solo una conseguenza del fatto che ci eravamo lasciati, ma in quel momento mi sembrò ancora più bello di tutte le altre centinaia di volte in cui l'avevo visto.
Indossava vestiti piuttosto anonimi ed era a piedi nudi, ma non furono queste cose quelle che fecero imprimere l'immagine di quel momento così nitidamente nel mio cervello.
Aveva i capelli leggermente spettinati, gli occhi luminosi e caldi e il sorriso di chi non sa decidere se ciò che ha davanti sia la cosa migliore o peggiore che potesse capitargli.

"Magari non mi odia a morte, mi detesta e basta." sperai.

«Grazie di essere venuta, sinceramente non ci speravo così tanto.» disse lui.

«Hai detto che si trattava di una cosa urgente, quindi non ho perso tempo.» risposi, seguendolo verso il divano.

Sentivo benissimo la tensione che c'era nell'aria, e chiunque avrebbe capito che entrambi eravamo imbarazzatissimi dalla situazione.
Non era rimasto nemmeno un briciolo di tutta la spontaneità del nostro rapporto, constatai tristemente.
Eravamo nella stessa stanza, ma era come se fossimo due estranei ad anni luce di distanza tra loro.

«Siediti pure, intanto prendo una cosa.» mi disse, e mi accomodai sul divano.

Sentivo che ogni movimento che facevo era terribilmente impacciato, come quando ci si trova a casa di una persona per la prima volta e si ha paura di muoversi troppo o di rompere qualcosa.

Dopo qualche istante, Dylan tornò con in mano un paio di fogli.
Si sedette vicino a me sul divano, ma comunque a una certa distanza che prima non ci sarebbe stata.

«Mi dispiace averti disturbata, ma sinceramente quando ho visto queste cose ho avuto paura e ho pensato che fosse più che urgente che tu le vedessi.» disse, e poi mi mostrò uno dei due fogli.

Lo esaminai attentamente, era stropicciato e uno dei lati era molto irregolare quindi non fu difficile capire che doveva essere stato strappato da qualche quaderno o agenda.
Ci misi un po' a decifrare la calligrafia, anzi, le calligrafie con cui era scritto il biglietto.
Infatti, sembrava che ogni frase fosse stata scritta da una persona diversa, date le enormi differenze nella scrittura.

"Ho trovato un obiettivo.
Raggiungerò il premio.
Sarò felice.
Eliminerò tutto ciò che mi ostacola."

La parte davanti del foglio era occupata da queste frasi, mentre guardando il retro presi uno spavento terribile.
Il mio nome era scritto più e più volte in calligrafie diverse, in ogni angolo o centimetro quadrato del foglio, e ogni volta una croce rossa lo cancellava, come un errore.

«Cosa dovrebbe significare?» chiesi, la voce ridotta ad un sussurro.

«Speravo lo capissi tu...» rispose, poi indicò un punto dietro di me sul divano «L'ho trovato lì, e dato che entrando avevi lanciato lì la tua borsa ho pensato che potesse esserti caduto.»

«Io non ho mai avuto un biglietto del genere nella borsa. Non che io sappia, almeno.»

«Mi sembrava una soluzione plausibile, ma era solo un'ipotesi...» sospirò «Ho trovato lì anche questa.»

Mi porse un altro foglio, ma non dovetti nemmeno girarlo per riconoscere di che cosa si trattasse.
Era la fotografia di me e Dylan uno sopra l'altro sul divano a casa di Lucas.

Era davvero strano guardare quell'immagine, dato che non stavamo più insieme, eppure per qualche istante una sorta di sollievo si fece spazio tra tutta la nostalgia, e mi sentii meno distante da Dylan.

«Questa era nella mia borsa.» dissi.

«Davvero?» disse sorpreso, e io annuii «Perché non me l'hai mai detto?»

«Io...» quello era esattamente il tipo di domanda che avevo sperato non mi facesse «Non volevo coinvolgerti troppo nella storia.»

«Lindsey...» sussurrò «Ero e sono ancora troppo coinvolto perché tu possa fare qualcosa per me. Questo» indicò la scritta rossa sulla foto «penso che lo abbia scritto Emily.»

«Come fai a dirlo?» domanda sciocca, dato che anche io avevo pensato esattamente la stessa cosa.

«Penso sia abbastanza chiaro che avrebbe delle ragioni per fare una cosa del genere» indicò di nuovo la foto, proseguendo in tono pacato.

Non risposi, lasciai che un silenzio terribilmente imbarazzante calasse tra di noi.
Guardavo le mie scarpe, come se davvero ci fosse qualcosa di interessante in quelle logore calzature, mentre Dylan studiava con attenzione la fotografia che aveva tra le mani.

«Eravamo così felici...» sussurrò.

Alzai lentamente lo sguardo dai miei piedi, e lo rivolsi a lui che si stava spostando in modo da sedersi più vicino a me.

«Lo eravamo.» risposi.

«Perché non possiamo più esserlo?»

«Voglio far finta che tu non abbia davvero fatto questa domanda.» risposi, e Dylan rise leggermente.

«Lindsey.» mi prese una mano tra le sue «So che settimana scorsa mi sono comportato malissimo, e tu hai tutto il diritto di pensarla come vuoi, ma ti assicuro che io non ho mai fatto del male a nessuno. Puoi scegliere se crederci o meno, ma io sono pronto a giurartelo sul mio onore.»

Lo guardai dritto negli occhi, ed ebbi la sensazione che non fosse mai stato così sincero.

«Io...» sospirai «Ti credo.»

Vidi il suo viso aprirsi in un sorriso che andava da un orecchio all'altro, poi abbassò leggermente lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.

«Grazie. Questo significa tantissimo per me.» disse, e io sorrisi in risposta.

«Poi, se avessi davvero voluto uccidermi avresti potuto tranquillamente buttarmi giù dalla scogliera quel giorno.» dissi, ed entrambi scoppiammo a ridere.

Erano bastati pochi minuti per ritrovare quella fantastica complicità che ci legava, e mi resi conto di quanto era stato strano passare una settimana senza vederlo.

«Mi sei mancato.» di punto in bianco, fu come se qualcuno avesse parlato al posto mio, eppure sentivo che non mi dispiacevano così tanto quelle parole.

Dylan mi guardò, quasi sgranando gli occhi.
Non si aspettava una frase del genere da parte mia, e io non mi aspettavo che solo qualche secondo dopo mi avrebbe baciata.

Ci impiegai un po' a capire cosa stesse succedendo, ma appena mi resi conto di quanto mi fossero mancate quelle labbra, mi ci attaccai avidamente.
Ci staccammo per qualche istante, il tempo di respirare, e poi di nuovo l'uno contro la bocca dell'altra, il calore dei corpi sempre più vicini, fino a quando non mi trovai praticamente seduta sulle gambe di Dylan.
Non opposi resistenza quando sentii la sua lingua scivolare delicatamente tra la fessura delle mie labbra, oppure quando le sue mani iniziarono a percorrermi i fianchi, la vita, la schiena, le spalle.

Mi strinsi più forte a lui, e quasi volevo piangere dalla gioia quando mi resi conto di quello che poteva succedere da lì a qualche minuto.
Presi coraggio, e sollevai i lembi inferiori della T-shirt di Dylan fino a lasciarlo a torso nudo.

Lui sembrava sorpreso da questo mio spirito di iniziativa, ma non penso che la cosa gli dispiacesse affatto.
Anzi, dopo qualche secondo stava già ripetendo su di me lo stesso gesto.

"Proprio il reggiseno fucsia dovevo mettermi..." pensai, sperando che le mie mutandine non fossero di un altro colore imbarazzante.

Dylan si staccò per qualche istante dalle mie labbra, si allontanò di qualche centimetro e mi squadrò da testa a piedi.

«Sei stupenda...»

Arrossii, e non sapendo come replicare gli stampai un leggero bacio sulla guancia.
Vidi Dylan tornare di nuovo più vicino, poi posò le sue labbra sul mio collo e iniziò a baciarlo delicatamente, mentre le sue mani scorrevano lungo tutto il mio busto.
Lo sentii soffermarsi particolarmente su una delle spalline del reggiseno, per poi farla scivolare giù dalla spalla e iniziare a baciarmi lungo la clavicola, poi sul petto e sulla parte scoperta del seno.

Sentii il mio battito cardiaco accelerare notevolmente, e il fiato farsi sempre più corto, fino a quando Dylan si fermò e si allontanò di nuovo dal mio corpo.

«Lo vuoi veramente?» mi chiese «Non è solo una specie di modo di sfogare la rabbia, o una conseguenza della tua confusione?»

«Dylan.» riposi «Certo che lo voglio. Non c'è niente altro al mondo che farei in questo momento.»

Lui non sembrava completamente convinto dalla mia risposta.

«Puoi garantirmi che domani mattina, quando ci sveglieremo, non ti vorrai pentire di quello che accadrà questa notte?» mi chiese ancora.

«Dylan.» presi le sue mani e le riportai sui miei fianchi, in modo che tornasse più vicino a me «Te lo garantisco.»

Lui sorrise, poi mi baciò di nuovo.
Sembrava di vivere un sogno, era tutto così perfetto.

«Vuoi che andiamo sul mio letto?» disse.

«Va bene.» risposi, e in un secondo mi sentii sollevata dalle braccia di Dylan che, tenendomi da sotto le natiche, mi aveva presa in braccio.

Scoppiammo entrambi a ridere, mentre lui camminava verso la sua stanza.
Una volta arrivati, mi lasciò cadere sul letto e si buttò sopra di me, quasi soffocandomi.

«Dylan!» ridevo, e mi sentivo al settimo cielo.

Ci trovammo di nuovo avvinghiati, il suo bassoventre contro il mio bacino, e dopo un paio di minuti sentii le mani di Dylan raggiungere la cerniera dei miei jeans.
Inizialmente, fu strano lasciarlo fare, ma cercai comunque di rilassarmi e non pensare che ero quasi nuda di fronte al ragazzo che amavo.

«Non lanciarli.» dissi, riferendomi agli shorts che Dylan mi aveva appena sfilato «Nelle tasche c'è il mio telefono!»

Lui cercò a tastoni il cellulare, poi lo sfilò da una delle tasche e lo appoggiò sul comodino, e infine lancio dietro di sé i pantaloni.

«Scusami.» aggiunse «Dovevo provare l'ebbrezza di questo gesto.»

Scoppiammo entrambi a ridere, ma subito dopo Dylan si fiondò sul mio ventre e iniziò a baciarmi i fianchi e la pancia, mentre con una mano armeggiava con gancetto del reggiseno.

In quel momento, il mio cellulare iniziò a vibrare ininterrottamente, e sul display si susseguirono le notifiche di una moltitudine di messaggi inviati da una stessa persona.
Sbuffai, se c'era un momento in cui avrei davvero voluto distruggere quell'aggeggio, era quello.

«Rispondi.» disse Dylan, tra un bacio e l'altro «Abbiamo tutto il tempo...»

Presi il telefono, e mi risultava terribilmente difficile concentrarmi sulla sequenza di numeri che dovetti digitare per sbloccare il telefono, dato che tutta la mia attenzione era rivolta agli eccitanti baci di Dylan sulla mia pelle.

Controllai i messaggi, e mi stupii non poco di quello che vidi.
Un numero sconosciuto mi aveva inviato almeno un centinaio di messaggi, tutti quanti contenenti un'immagine.
Aprii l'immagine, e solo qualche secondo dopo desiderai di non averlo mai fatto.

La foto ritraeva Dylan e Emily.
Erano quasi sicuramente al parco, dato il verde sullo sfondo.
Erano vicini, troppo vicini.
Si stavano baciando.

-angolo autrice💕
Perdonate la mia assenza, ma ho iniziato da poco il liceo e voglio concentrarmi un po' di più sulla scuola...
Spero comunque di aver compensato con questo capitolo💥
Cosa ne dite degli ultimi sviluppi della relazione tra Lindsey e Dylan?🙊
Per qualunque cosa, non esitate a scrivermi nei messaggi privati, e io cercherò di rispondere a tutti il prima possibile💭
Al prossimo aggiornamento💋

;justobrien❤️

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