dance and blood
Credo che la sveglia stesse suonando da almeno venti minuti quando Allison entrò in camera mia e mi svegliò con una cuscinata.
«Cosa cavolo... Allis! Dai, ho sonno.» mugugnai cercando di ripararmi con il piumone perennemente sul mio letto nonostante la temperatura.
«Buongiorno anche a te, cadaverina. Su, sorgi e splendi. Lo sai che giorno è oggi? Venerdì!» disse allegra la mia amica, mentre iniziava a tirarmi per un piede per farmi alzare.
«Quindi? Qualcosa di speciale? Guarda che non mi alzo senza un valido motiv... Aah!» non feci in tempo a finire la frase che Allison perse l'equilibrio cadendo su uno delle centinaia di peluches ai piedi del mio letto, tirandomi per terra con lei.
«Wow, il buon giorno si vede dal mattino? Siamo messi proprio bene.» disse lei ridendo, mentre si rialzava per poi aiutare anche me.
«Questa me la paghi!» gridai, mentre Allison usciva a passi veloci dalla mia camera.
Lanciai uno sguardo alla sveglia, le 8.15, poteva andarmi peggio. Mi lavai, indossai una maglietta bianca e andai a rubare in camera della mia coinquilina un paio di jeans, sperando che non se ne sarebbe accorta.
«Linds, io esco. Oggi tocca a me sistemare l'aula di chimica, quindi devo muovermi. Ci vediamo a pranzo?» sentii Allison prendere le chiavi al piano di sotto, mentre ogni volta che camminava suoi stivali facevano sentire i suoi passi fino a qualche chilometro di distanza.
«Certo, baci!» gridai in risposta, ribaltando i cassetti del bagno per trovare la spazzola.
Scesi rapidamente le scale, mentre mi pettinavo, e cacciai in bocca una manciata di cereali.
Mi girai per prendere la tazza di latte che ogni mattina mi lascia Allison sul tavolo, quando feci un salto dalla paura.
«Ehi, calma. La tua amica mi ha fatto entrare, non era mia intenzione spaventarti.» Dylan rideva, mentre io cercavo inutilmente di far tornare la frequenza cardiaca ad un livello accettabile, premendomi una mano sul petto.
«Ho perso vent'anni di vita... Avevi detto che mi avresti chiamata, non che saresti piombato in casa mentre cercavo di rendere presentabili i miei capelli.» risposi, fingendomi arrabbiata.
«Se non sbaglio l'ultima volta eri tu quella piombata in casa, e io stavo cercando di coprirmi.» disse, mentre veniva verso di me.
All'inizio non ci feci molto caso, ma lo sentii avvicinarsi fino a sentire il suo fiato caldo, sovrastandomi decisamente in altezza.
Staccai lo sguardo dai miei capelli, e mi tuffai nei suoi occhi nocciola.
Quel mattino sembravano quasi più ambrati del solito, pensai.
Rimanemmo così per qualche secondo, come se fosse una gara a chi distoglie per primo lo sguardo.
Dopo istanti interminabili, si girò, prese una manciata di cereali e se li portò alla bocca.
«Ti accompagno a scuola» disse Dylan, mentre masticava i corn flakes.
«No, no. Hai già fatto abbast...»
«Non hai capito, è un ordine.» mi interruppe sorridendo dolcemente, rendendo inutile ogni mia replica.
Indossai le scarpe, presi lo zaino e il telefono e uscii preceduta da Dylan.
Salii in macchina, e in qualche minuto ci fermammo
di fronte a scuola.
Corsi subito all'ingresso, dovevo lasciare le chiavi ad Allison.
«Grazie di aver ringraziato, non c'è di che!» gridò Dylan, in piedi davanti alla macchina.
Sbuffai, lo raggiunsi e lo abbracciai.
«Grazie di avermi dato un passaggio.» dissi con tono poco convinto, solo per ripetere le sue stesse parole.
Lui mi sfiorò la tempia con un soffice bacio, mentre un ampio sorriso si faceva spazio sul mio viso.
La campanella ci interruppe bruscamente.
«Ti chiamo dopo, rispondi prima di piombarmi in casa.» dissi, dirigendomi rapidamente all'ingresso mentre Dylan salutò con un semplice cenno della testa.
La scuola pullulava di palloncini, gente con un sorriso da un orecchio all'altro e gruppetti di ragazzine urlanti.
Mi ero decisamente persa qualcosa, ma se non mi fossi mossa avrei perso l'ora di biologia.
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«Sei arrivato, finalmente.» dissi aprendo la porta a Dylan, intorno alle cinque di quel pomeriggio.
«Scusami, sembrava ci fosse un congresso di limousine in tutto il quartiere.» rispose, mentre mi lasciava un bacio sulla fronte piuttosto distratto.
Guardava un punto fisso oltre a me, e quello sguardo, dopo i recenti avvenimenti, non mi piaceva affatto.
«Lindsey, che giorno è oggi?» chiese, mentre mi accorsi che guardava il calendario della cucina.
«Il ventidue, perché?»
«Che giorno è il ballo?» chiese ancora.
«Venerdì, perch... Oddio!» corsi verso il calendario, in cui notai sotto la casella 22 un enorme disegno di un vestito blu fatto da Allison.
Mi cacciai le mani nei capelli, andando avanti e indietro, mentre ogni tre secondi ricontrollavo il calendario per assicurarmi di non avere le visioni.
«Cavolo, cavolo, cavolo... Cosa cavolo faccio?» mi rivolsi a Dylan, ma parlando più con me stessa che con lui.
«Ehi, tranquilla! Calmati.» rispose avvicinandosi, mentre gli davo le spalle contando le caselle del calendario nella speranza di starmi davvero sbagliando.
Poi ebbi un'illuminazione, e mi girai di scatto.
«Fammi da cavaliere al ballo! Dato che non andrò di certo con Lucas...» esclamai di punto in bianco, mentre Dylan sembrava dovesse assimilare tutte le parole una per una.
«Ma stai scherzando?»
«Non hai capito, è un ordine.» dissi, ripetendo le sue stesse parole di quella mattina.
Mi guardò male, poi sbuffò e sorrise, alzando le spalle.
«A che ore passo a prenderti?» chiese arrendendosi.
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Alle sei e mezza ero praticamente pronta, mentre lo stesso non si poteva dire di Allison che lanciava trucchi e scarpe in giro cercandone uno in particolare.
Lei aveva praticamente sorteggiato tra le decine di ragazzi che le avevano chiesto di andare al ballo insieme, e il fortunato sarebbe stato Scott, uno che faceva fisica con me l'anno scorso.
Alle sette spaccate uscii dalla porta salutando Allison, controllando per la centesima volta il vestitino azzurro che avevo scelto. Dopo nemmeno un minuto l'ormai conosciuta macchina di Dylan si fermò sotto casa mia per la seconda volta in quel giorno.
Lui scese, con un paio di jeans neri eleganti e una semplice camicia bianca.
Mentre mi avvicinavo all'auto, lui raggiunse la portiera del passeggero e la aprì per farmi entrare.
«Lindsey.» disse salutandomi.
«Ciao Dylan» ricambiai sorridendo, poi aggiunsi «Come siamo eleganti»
«Ahah, non fa ridere, signorina "mi-sono-scordata-del-ballo-e-cerco-disperatamente-un-cavaliere."» rispose, aggiungendo un soprannome alla lista infinita di quelli che già avevo.
Arrivammo rapidamente a scuola, e come all'andata Dylan scese prima di me per aprirmi la portiera e tendermi una mano per uscire dall'auto.
Gli sorrisi, non credevo possibile l'esistenza di un ragazzo che si curasse ancora di queste cose, non che mi dispiacesse affatto.
Entrammo, e la pista da ballo improvvisata in palestra era piena zeppa di gruppi di ragazzine dei primi anni e giocatori della squadra di football con qualche bicchiere di troppo già a inizio serata.
Ovunque mi girassi, era tutto perfettamente in ordine, ai tavoli a bordo pista i prof servivano analcolici, mentre bicchieri di superalcolici vari giravano abusivamente tra i ragazzi.
«Allora, mi concede questo ballo, signorina?» Dylan era dietro di me, con una mano tesa verso la mia.
«Certamente.» risposi con un sorriso sincero, mentre gli afferravo la mano e lo tiravo al centro della pista.
La musica era decisamente ritmata, quel dj del terzo anno aveva buoni gusti, ma avevo uno strano presentimento.
«Stai bene?» lui notò il mio nervosismo, e mi si avvicinò all'orecchio per sovrastare la musica.
«Si, prendo da bere, vuoi qualcosa?» mentii, e mi allontanai dopo un suo poco convinto cenno della testa.
Ero completamente distratta, non sapevo cosa mi prendesse, se prima mi sentivo estasiata ora mi sentivo compressa tra tutta quella gente.
Mi avvicinavo al tavolo degli analcolici, quando qualcuno mi tirò per un braccio facendomi girare verso di lui.
Mi ci volle un po' a riconoscere il volto, tra tutte le luci stroboscopiche e la penombra della sala.
«Lucas.» ero di ghiaccio.
«Lindsey, io ho bisogno di parlarti, so che sono stato uno stupido...»
«Credo che sia troppo tardi per le scuse.» lo interruppi, cercando di allontanarmi, ma la sua presa salda mi costringeva a mantenere solo qualche centimetro di distanza tra noi
«Senti io... Lo sai bene che ti amo, ho fatto una stupidata e anche tu, come cavolo ti è passato per la testa di fare tutte quelle cose a casa di Annabeth?» non ascoltavo per davvero nessuna parola.
«Amore, ti prego. Fatti guardare negli occhi e lasciati dire quanto ti amo.» continuava con tono smielato, quel trucchetto funzionava benissimo con me e lui lo sapeva benissimo.
Ero definitivamente confusa, non sapevo più cosa dire.
Lucas sapeva benissimo quali fossero i miei punti deboli, e non esitava a colpirmi proprio in essi.
All'improvviso la musica house che aveva dominato la serata lasciò bruscamente posto a un lento, e tutte le luci divennero rosa, mentre io continuavo a fissare Lucas sperando di inventarmi qualcosa in tempo.
«Ah, Linds. Ora balliamo!» Dylan arrivò all'improvviso e senza dare il tempo a nessuno di dire qualcosa mi trascinò sull'altro lato della pista, lanciando un occhiataccia a Lucas.
Arrivammo rapidamente il più lontano possibile dal mio ex fidanzato, mentre entrambi tiravamo un sospiro di sollievo.
Ci fissammo negli occhi, e lui ci fece avvicinare allacciando le braccia ai miei fianchi, mentre io di conseguenza poggiai le mani dietro al suo collo.
Non dicemmo una parola, in quel momento ci parlavamo con gli sguardi, trasportati dalla musica dolcissima.
«Baby your smile's forever in my mind, in memory... I'm thinking out loud...» leggevo sulle labbra di Dylan che canticchiava tra sé e sé la canzone che stavamo ballando.
Calò il silenzio, e ci continuammo a guardare, poi scoppiammo a ridere, senza un motivo apparente.
La canzone stava finendo, e noi sorridevamo come degli ebeti senza aver ancora capito perché.
Poi Dylan mi sollevò da terra e mi fece fare qualche giravolta in aria, e io guardavo tutti gli altri con la visuale di una trottola, mentre sentivo che avrei toccato il cielo da un momento all'altro.
Mi rimise dolcemente a terra, e lo abbracciai stretto, la testa mi girava e non mi reggevo in piedi, lui mi sorresse e sussurrò dolcemente:
«Magari abbiamo trovato l'amore proprio qui dove siamo.» riprendeva le parole della canzone, e non potei fare a meno di pensare che me le stesse quasi dedicando.
Ad un certo punto Scott, il cavaliere della mia amica, comparì dal nulla, e mi raggiunse velocemente con aria disperata.
«Ti prego, dimmi che sai dov'è Allison, è da quando siamo arrivati che la cerco» chiese.
«No, mi spiace, ma rilassati e bevi qualcosa, ti farà bene.» dissi premurosamente, e lui si allontanò ancora più velocemente di come era arrivato.
«Prendiamo una boccata d'aria? Qui divento claustrofobica.» mi rivolsi a Dylan, spostando le sue mani dai miei fianchi fino ad unirle con le mie.
«Certo, prendo qualche patatina e ti raggiungo fuori.» disse, lasciandomi lentamente le mani e dirigendosi a bordo pista.
Uscii, e sentii nettamente la differenza tra l'aria puzzolente di sudore dell'interno e quella fresca di qua fuori.
Feci due passi, quando notai una cosa per terra, a circa duecento metri dall'ingresso, e mi avvicinai.
Era tutto buio, e non riuscivo davvero a distinguere cosa fosse, ma sentivo un odore strano, e dovetti ragionare un po' per indentificarlo.
Poi capii, ed ebbi un'orribile presentimento:
Sangue.
Raggiunsi rapidamente la cosa, mentre sentivo distintamente i passi di Dylan che mi chiamava, qualche metro dietro di me.
Quando vidi cos'era, rimasi pietrificata, e l'unica cosa che seppi fare fu dire a Dylan:
«Ho le visioni o lo vedi anche tu?»
Lui sembrava dubbioso, poi arrivò affianco a me e comparse sul suo viso la stessa espressione incredula che c'era sul mio.
Davanti a noi, Scott era per terra in una pozza di sangue.
-angolo autrice💕
Capitolo bomba💥
Ahahah, vi lascio sulle spine, se vi è piaciuto commentate e lasciate tante stelline⭐️
Al prossimo capitolo💁
;justobrien❤️
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