3.
Ginevra le gira intorno più volte, emettendo qualche piccolo verso pensoso.
«Sì, sì, lo stenderai» decreta infine. «Vi siete sentiti in questi giorni?»
Silvia agita la mano, come se volesse scacciare quanto ha appena detto Ginevra: «Non ho voluto disturbarlo, ma è stato lui a chiedermi conferma per stasera, e mi ha proposto di vederci qui vicino per non farmi spostare la macchina. In realtà la sposto lo stesso, ma non fa niente, basta che non lo sappia, che non voglio farmi vedere così sottona.»
In realtà, Silvia è ben conscia di aver già perso un po' di lucidità: se non si fosse data dei limiti, di sicuro avrebbe passato ogni istante del proprio tempo libero a spulciare il suo profilo Facebook fino all'anno di creazione.
«Scelta interessante le parigine. In molti le trovano arrapanti.»
«Ginevra!» la redarguisce Silvia. L'altra scoppia a ridere.
«Sappiamo benissimo entrambe che ti sei preparata un look tattico: maglietta bianca, scollata a V che fa giusto vedere la riga tra una gemella e l'altra» inizia a elencare, «gonnellina svolazzante coi dettagli di pizzo, che maschera i fianchi e se si alza il vento mostra tutto, parigine e un bel paio di tacchi non troppo alti che sennò sembri troppo in tiro» conclude. «O sbaglio?» la pizzica infine con una strizzata d'occhi.
Stavolta è Silvia a ridere: «L'altra volta ero impresentabile, voglio solo riscattarmi.»
«Dicono tutte così. Parti già?» le domanda, mentre Silvia si infila il suo fedele cappottino in panno blu. «Avete appuntamento alle nove, dovresti farti aspettare invece di partire un quarto d'ora prima.»
«La puntualità è un ottimo biglietto da visita» spiega Silvia. «Non ho mai creduto nei giochetti, e immagino che aver fatto il primo passo faccia capire bene come la penso. Fammi gli auguri!» le domanda infine, ricevendo in risposta un pollice alzato e un invito a raccontare tutto l'indomani mattina.
***
Al suo arrivo Fabrizio è già presente davanti al locale, impeccabile nella sua camicia bianca, stavolta accompagnata da un panciotto nero senza fronzoli e jeans neri. Silvia non può fare a meno di sorridere, notando quanto i loro abiti quasi formali siano in contrasto con il locale: un posto semplice, con grosse panche di legno e tavoli massicci, illuminato da lampadine a incandescenza e con una TV in un angolo che trasmette un canale di musica pop.
«Sono curioso:» esordisce lui, dopo che la cameriera ha portato loro le ordinazioni, «come mai hai scelto di venire al cineforum? Insomma, ami il cinema, è stato un caso, è stata curiosità...»
«Non avevo di meglio da fare» confessa Silvia con un sorriso affabile: si è ripromessa di essere del tutto onesta durante tutta la durata della serata e di non tentare di impressionarlo passando per qualcuno che in realtà non è. Poi ridacchia: «Oltre a quello c'è un effettivo interesse verso il cinema: sai, sono sempre stata un tipo da commedie, da film semplici, poi mi è venuta voglia di approfondirlo.»
«E hai deciso di partire da "2001: Odissea Nello Spazio"?» incalza Fabrizio curioso, prendendo un paio di patatine con un gesto molle.
«È capitato» ammette. «Mi ripromettevo di vederlo da un po', c'era questa edizione restaurata e tutto, non costava molto, ne ho approfittato. E tu?» devia il discorso, curiosa. «Da dove nasce questa tua passione per il cinema?»
Fabrizio chiude gli occhi, alza un poco il mento e spalanca la bocca in un sorriso soddisfatto.
«Non lo so, mi piace e basta» ammette. «Del resto quando qualcosa ti piace non sai dire perché ti piaccia, no?»
Il viso illuminato di passione del ragazzo, la palizzata di denti piccoli ma regolari, le rughe di espressione che gli hanno incorniciato gli occhi verdi, la voce più acuta di un'ottava appena l'ha invitato a parlare di cinema.
Tutto questo è il perché di Silvia.
«Certo, credo nel cinema ma non pratico» spiega con aria scherzosa. «Ho provato a seguire qualche corso per qualsiasi ruolo, che fosse attore, cameraman o regista, ma non sono tagliato per nessuno. E per certi versi, essere un cosiddetto "cinefilo"» mima le virgolette alte con le dita «ha rovinato alcune esperienze: tendo a fissarmi sui dettagli, sui movimenti di macchina, sul taglio delle luci e simili, magari non mi riesco a godere anche film che sarebbero semplici ma piacevoli, per via di questi miei tecnicismi.»
Si ferma un momento per bere un sorso del suo cocktail, un miscuglio fruttato dal vago retrogusto di prosecco, poi riprende parola.
«Hai mai visto "Birdman"?» si informa. Silvia scuote la testa.
«Premio Oscar» spiega con aria seria. «Michael Keaton, Edward Norton e la bella Emma Stone, diretti da Alejandro Iñárritu. Due ore di piano sequenza, un lavoro magistrale, davvero.»
«Cos'è un piano sequenza?»
Non che le interessi davvero, in realtà, ma le piace ascoltare Fabrizio con quella sua aria seriosa, la voce limpida e gli occhi scintillanti di passione. Per la prima volta da quando si è ripromessa di approfondire la Settima Arte, essa le appare affascinante, fulgida e degna di una considerazione maggiore.
Fabrizio snocciola nomi, nozioni, consigli, con rare pause, più che altro per rinfrescarsi la gola bevendo o spizzicare qualcosa: nonostante la sua aria ligia data dall'esteriorità, via via si mostra per essere sì serioso, ma allegramente logorroico e appassionato. Silvia prende parola molto meno spesso, quasi malvolentieri: vorrebbe che Fabrizio passasse tutta la sera a chiacchierare degli argomenti più disparati, lui che sembra tanto sapiente.
«Che ora si è fatta?» si informa a un certo punto lui, aggrottando un poco la fronte che si spiegazza in morbide rughe d'espressione. Silvia getta un'occhiata al cellulare, per la prima volta da quando è uscita di casa, al contrario del suo solito. Il display le segnala due messaggi di Ginevra, ma li leggerà in un secondo momento.
«Le undici e tre minuti» annuncia con un sorriso cordiale. Lui le sorride di rimando.
«È meglio se andiamo, anche perché domani lavoro e alle sei sono già in piedi» spiega, senza darle tempo e alzandosi dalla sedia, diretto verso la cassa.
«Che lavoro fai?» incalza lei, trottandogli dietro e sorridendo curiosa, senza che lui neanche ci faccia caso.
«Gestisco la rubrica di cinema del Franco.»
«Il giornale, dici?»
In realtà, Silvia lo sa bene grazie a Facebook, ma finge di ignorarlo per non farlo sentire braccato.
«No, Franco, l'ortolano sotto casa mia» scherza lui con sarcasmo aspro. «Sì, il giornale, che altro, sennò?»
Nato nei primi anni Novanta come giornale universitario del campus locale, "Il Franco" si era affermato come una bella realtà locale, capace di restare al passo coi tempi e con i media di comunicazione: non era raro che ne fossero richieste delle copie anche fuori dalla provincia.
«Be', allora ti lascio andare» sorride Silvia, mentre Fabrizio la ignora, rivolto al ragazzo alla cassa.
«Ciao, eravamo seduti a quel tavolo là, pago tutto.»
Nonostante non sia una sostenitrice dell'importanza della cavalleria, Silvia non può non sorridere.
«Ma no, perché?» tenta di bloccarlo, estraendo il portafoglio. «Ti ho invitato io!»
«Mi va di farlo» la liquida lui con semplicità. «Arrivederci, buona serata!»
«Grazie, allora.»
È intimidita da quella svolta. Intimidita, rallegrata e speranzosa.
«Però non sopporto essere in debito. La prossima volta offro io.»
Fabrizio stende le labbra in un sorriso leggero: «Sei davvero testarda! Io se vuoi ci sono anche giovedì prossimo.»
«Andata!»
Forse ha parlato troppo in fretta, forse ci ha messo troppo entusiasmo, in quella voce più acuta del suo solito, ma non le importa.
«Allora ci aggiorniamo per l'orario» conclude lui, prendendo una chiave e premendo il pulsante in alto, facendo accendere le frecce di una Volkswagen Polo nera parcheggiata poco distante dal bar.
«Sì, mi sembra perfetto» concorda lei. «Allora ci...»
Esita, incerta su come congedarsi: baciarlo sulle guance? Stringergli la mano?
«Ci vediamo giovedì» conclude lui per lei, salutandola con un lieve gesto della mano. «Scusa la fretta ma davvero, ho bisogno di dormire. Buona serata!»
Silvia agita la mano in risposta: «Ciao, allora.»
Lui sale in auto, mette in moto e parte, senza notare Silvia che abbassa lo sguardo.
«GC 204 SM. GC 204 SM. GC 204 SM...» si ripete a mezza voce, appuntandosi la sigla sul cellulare e dirigendosi verso la sua vecchia Matiz color carta da zucchero.
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