10.
Fabrizio sospira. Leandro lo squadra, interrogativo.
«La tua faccia è un libro aperto per me, ormai» gli spiega, calmo. «Stai per darmi uno dei tuoi giudizi tranchant, come se avessi in mano la chiave dell'universo e io fossi un povero coglione che non sa stare al mondo.»
Leandro rimane per qualche secondo zitto, con la bocca socchiusa, immobile: «Ma sei tu che mi racconti le cose, è ovvio che mi venga spontaneo darti un parere.»
«Non è una critica, la mia. Dai, spara.»
«C'è poco da sparare» taglia il discorso Leandro. «Ragiona: vi vedete stasera e lei, per puro caso, ieri passava dalla stazione proprio all'ora in cui sei arrivato tu dall'ufficio. È normale?»
«Te l'ho detto, anch'io sono rimasto perplesso» ribadisce Fabrizio, sistemando le mani dietro la testa e stendendo le gambe sulla sedia davanti a lui. Leandro alza gli occhi al cielo.
«Ti ho regalato un pouf a Natale, non puoi usare quello?»
«Non ho voglia di alzarmi a prenderlo. Comunque ti dico, anche a me sembra strano che di mercoledì pomeriggio passasse per la stazione senza un vero motivo, però...»
«Bizio, guarda in faccia la realtà:» lo interrompe Leandro, secco, «era lì per vedere te.»
«Ma che senso avrebbe, scusa? Ci vediamo tra...» alza gli occhi all'orologio appeso sopra la porta della sua stanza, a forma di gatto nero, che oscilla la coda come un pendolo, «due ore e mezza, quindi per quale logica avrebbe dovuto...»
«Perché. Gli. Piaci!» scandisce Leandro con gesti secchi delle mani. «Solo che non ha potuto dirtelo perché tu, piccolo genio del male, hai subito dovuto parlare di Amelia.»
Quel nome gli perfora il petto come uno stiletto, ma ormai ha imparato a dissimulare il dolore; Leandro, comunque, non sembra far caso a Fabrizio.
«Scopatela» sentenzia, secco. Fabrizio lo squadra.
«Ma magari.»
«Non Amelia, cretino, Silvia!» azzecca i suoi pensieri. Fabrizio si spinge all'indietro sulla sedia, come se provasse un improvviso moto di repulsione, poi scoppia a ridere.
«Sei come i bonobo, per te il sesso è la soluzione per ogni male.»
Leandro si alza in piedi e si sistema davanti a Fabrizio, dall'altra parte del piccolo tavolo in finto legno.
«Perché è così!»
Gesticola ampiamente per esaltare la sua teoria, mentre le grandi iridi azzurre si accendono di entusiasmo ed esaltazione.
«Viviamo in un'epoca meravigliosa, in cui per fare del sano, spensierato sesso non serve più usare fiori, cioccolatini e promesse non mantenute, perché le donne, grazie al cielo!, hanno rivendicato il loro sacrosanto amore per il cazzo.»
«La tua raffinatezza mi sconvolge ogni volta» commenta sarcastico Fabrizio, inascoltato. Leandro si avvicina e gli pone una mano sulla spalla con vigore.
«Rifletti: come si dice in inglese, è un win-win.»
«No, no e ancora no» lo interrompe Fabrizio, fermo. «Potrebbe solo peggiorare la situazione e farla affezionare ancora di più.»
Leandro fa spallucce e assume un accento bislacco: «No è problema tuo.»
All'occhiata interrogativa di Fabrizio, sorride sornione: «È semplice: tu stasera le parli e le fai un discorso onesto, diretto e senza giri di parole. Qualcosa come:» si schiarisce la voce e adotta un timbro grave, fintamente solenne. «"Mia cara Silvia, come ti ho già detto non nutro qualsivoglia attaccamento sentimentale nei confronti tuoi, ciononostante mi attrai. Indi per cui, che ne diresti di dare il via a una relazione scevra dal sentimento e mossa dalla mera voglia di raggiungere gloriosi picchi di piacere carnale"?»
Fabrizio scoppia a ridere, spontaneo, quasi giocoso: «Tu fai questi discorsi?»
«No, io sono più sul "Ti va di scopare?", non mi piacciono i fronzoli.»
«E non ti sei mai beccato una sberla?»
Leandro fischia: «Una volta anche un calcio lì in mezzo, ma dopo un po' passa. Comunque, l'onestà paga, non ti credere. Perché, benvenuto nel ventunesimo secolo, anche alle donne piace il sesso e non hanno sempre voglia di legarsi in noiose relazioni per farlo.»
«La trovo comunque un'idea distante dal mio pensiero.»
«Oh, ma dai!» lo zittisce Leandro. «Non sarebbe la prima, credi che non lo sappia?»
«È vero» ammette Fabrizio, anche se il pensiero lo intristisce un poco: la sua prima volta e tutte quelle che gli sono succedute sono sempre state con ragazze diverse, senza rapporti duraturi e velati da un costante alone di tristezza e disagio dopo il rapporto. «Ma mai con qualcuno che provasse qualcosa per me.»
«La moretta con gli occhiali gialli?» lo interrompe pronto Leandro.
«Con lei non ci sono andato appunto perché sembrava provare qualcosa per me.»
Leandro sembra sul punto di ribattere, ma tace. Fabrizio approfitta di quell'indugio per spostare il centro del discorso su altro, pur essendo conscio del fatto che Leandro non vorrebbe, ma glielo concede per cortesia.
*
Ginevra spalanca la bocca, stupita.
«Sei andata a cercarlo in stazione?» ribadisce, appoggiata all'armadio in cui Silvia ha appena iniziato a rovistare. Silvia annuisce con vigore.
«Perché?»
«Mi andava di fargli una sorpresa, farlo sentire speciale» spiega Silvia, calma. «Però aspetta, perché quando l'ho visto non gli ho detto che ero lì per lui, perché come mi hai insegnato tu bisogna fare un pochino le preziose.»
Ginevra saggia l'espressione soddisfatta dell'amica.
«E che gli hai detto?»
«Che passavo di lì.»
«E lui se l'è bevuta?»
Silvia sospira grave e si siede sul bordo del letto, l'aria soddisfatta di poco prima svanita: «Perché devi sempre essere così sospettosa e piena di domande?»
Ginevra trattiene a fatica l'impulso di alzare gli occhi al cielo: detesta quando Silvia ha i suoi momenti di vittimismo e si lascia trascinare dall'emotività.
«Non si tratta di essere sospettosi» spiega, sedendosi accanto a lei, «ma rifletti: tu non sei mai passata dalle parti della stazione, non vi siete mai incontrati, e guarda caso ieri eri lì, all'ora di uscita dall'ufficio, vicino al binario dove si è fermato il suo treno. Non può non aver pittato qualcosa, perché altrimenti scusa, ma sarà un grande giornalista ma per il resto è scemo.»
«Ma non ti va mai bene nulla!» gnaula Silvia con esasperazione. «Dimmi cosa dovrei fare stasera, allora, almeno lo so già.»
«Dichiararti.»
La risposta di Ginevra esce in un tempo tanto ridotto che Silvia è certa che se la sia preparata.
«Ma sei matta?» si oppone. «Mi ha raccontato della sua amichetta, delle sue turbe e tutto e io dovrei dichiarare che ho una cotta per lui dal primo momento in cui l'ho visto per sentirmi dare un due di picche grosso come un condominio.»
«Per un due di picche non è mai morto nessuno che fosse sano di mente.»
Ginevra è tanto serafica e distaccata che Silvia vorrebbe quasi prenderla a schiaffi.
«Rifletti» la invita con pacatezza. «Quanto vuoi che duri questa situazione? Vi vedete ogni settimana, tu fai la strana, lui è strano, diventa tutto stranissimo. Gli dici la verità, vedi cosa dice lui e valutate di conseguenza come comportarvi.»
«Ma se dicesse che non vuole vedermi mai più?» pigola Silvia, atterrita.
«Vuol dire che non ti merita e che ti sei tolta subito il sasso.»
«Tu non valuti i sentimenti, vero?» prosegue il suo lamento Silvia, mesta.
«No, perché in questo tuo delirio ci vuole qualcuno che ti faccia ragionare. A proposito, perché stasera non ti metti quei jeans che hai comprato ieri? Ti fanno un culetto tutto da mordere.»
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