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diciassette

- non devi andare a scuola? -
- no papà, oggi è Sabato - rispondo ironicamente e fa una risata.
È ormai novembre, ma è una bellissima mattinata. Il sole penetra dalle grosse vetrate e riflette perfettamente sui colori chiari della stanza.
- sai pensavo non ti piacessero i colori, visto il salotto -
- questa casa è come la ho trovata, non mi piace particolarmente ma dato che non credo di stare qui per molto tempo mi accontento - fa spallucce.
- chiamalo accontentarsi - rido - vivo da una vita nella stessa casa e posso giurati che per quanto carina non è neanche lontanamente paragonabile a questa -
- be, se vuoi stupirti davvero dovresti vedere dove ho passata la mia infanzia a New York. Hai presente una di quelle ville bianche con le colonne in stile greco all'ingresso? - lo guardo sbalordita - si, come quelle dei film - sembra leggermi nel pensiero.
- e c'è un grande parco con l'erba verde scintillante, che scende fino ad un tratto di spiaggia. Da li i tramonti sono qualcosa di magico -
- ci tornerai? - chiedo leggendogli la malinconia negli occhi.
- quella casa mi ricorda mia madre, lei è morta quando avevo quindici anni - mi accarezza il volto - con mio padre non ho mai avuto un buon rapporto, così non si è poi tanto dispiaciuto quando ho deciso di andarmene. Si è risposato e non avrei sopportato di vederlo con un'altra donna - lo abbraccio forte.
- andiamo a fare colazione? -
- si ho tanta fame - mi alzo dal letto e corro verso la cucina.
Lo sento sorridere.
Facciamo colazione parlando di cose stupide, poi vado in bagno a prepararmi.
Vado in salotto e lo trovo già vestito e pettinato intento a studiare.
- io vado - dico avvicinandomi per baciarlo.
- ci sentiamo dopo - dice mentre chiudo la porta.
Esco dal palazzo e cammino fino alla metropolitana.
Vado verso casa perché mi sento piuttosto scema ad andare in giro vestita da sera.
Cammino a passo spedito ma mi interrompo quando le vedo.
Cosa ci fa Roza con Jessica Lonati e un altra gallina di quel gruppo.
Giro la testa e cerco di confondermi fra la gente.
- Vita - urla Roza, ora usa anche lei quella finta vocina insopportabile.
- Roza, quanto tempo - fingo di essere felice di vederla.
- ragazze, andate a prendere un tavolo da Bon Bon, io arrivo subito - cinguetta e le altre due se ne vanno.
- allora come te la passi? - è davvero insopportabile.
- benissimo e tu? - rispondo.
- molto bene, dove vai vestita così? - vorrei tanto farle sapere che no, a differenza sua ieri sera non sono andata a battere.
- ieri sera sono rimasta dal mio ragazzo - rispondo.
- ahhhh, hai un ragazzo... com'è dimmi dai - se non la smette fra cinque minuti le infilo una forbice nella pancia.
- un uomo - annuisco.
- ti sono spuntate le palle Vita? Adesso ti fai anche quelli più grandi - ride.
- sai Roza, si cambia è normale. Guarda te ad esempio, che hai cominciato ad abbaiare - resta di stucco non aspettandosi la mia reazione poi si riprende.
- senti chi parla, quella che se la fa con mezzo mondo per colmare il vuoto di uno che non l'ha mai voluta - risponde - sai, per tutti questi anni ho sopportato te e tutta la merda che mi raccontavi su di lui e a me invece? A me non mi facevi mai parlare. C'eri sempre e solo tu. Magari se mi avessi ascoltato avresti capito che ero innamorata di Federico e anche che mi dava fastidio che non andassi in quell'agenzia perché è una vita che io sono sempre meno di te in tutto e non mi va di vederti buttare via possibilità per cui io darei qualunque cosa -
Resto di sasso, è riuscita a rispondere alle domande e ai vuoti di una vita in trenta secondi, però forse avrei preferito non sapere. Mi sarei sentita meno stupida, meno tradita.
- ormai non conta più - mi sorpassa e se ne va.
Ed io rimango li, su quel marciapiedi a guardare la persona che più volte mi aveva salvato andarsene via.
Prima è vicina, poi sempre più lontana, fino a quando non si confonde con il resto della gente e la perdo di vista.
Un attimo c'è, e un attimo dopo scompare.
Rimango a fissare le persone per un tempo lunghissimo chiedendomi perché pur essendoci così tanta gente io mi sento profondamente sola.
Sono vuota, mi mancano persino le parole, e quelle a me di solito non mancano mai.
È come quando ti trovi davanti ad un foglio bianco, in testa mille pensieri e nel cuore troppe emozioni.  Vorresti trasferirle su quel foglio ma non riesci a disegnare o scrivere niente. E rimani li, seduta davanti a quel foglio destinato a rimanere vuoto.
Poi ricomincio a camminare, veloce, con passo deciso. Il vuoto ha preso il posto della rabbia, e quando quella si impossessa di te in qualche modo è anche peggio.
La gente non si fotte con le lacrime ma con il sorriso.
E allora sorridi, anche quando non ne hai nessun motivo, quando pensi di non farcela più, tu sorridi.

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Posso essere chi voglio.

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