Capitolo 8. Black Out
Il mio corpo non reagiva.
Il suono di statico continuava a fischiarmi nelle orecchie. Non potevo udire nessun altro rumore al di fuori di quello. Avevo alzato lo sguardo e in lontananza, al centro della radura, ho visto una sagoma umana sdraiata sull'erba. Non avevo dubbi che fosse Timmy.
Un barlume di speranza mi riaccese l'animo prima di spegnersi di nuovo quando il mio sguardo, nel tornare indietro, rimase incollato alla canna di una pistola. La mente e il corpo avevano reagito allo stesso modo: paralizzandosi completamente e congelando ogni impulso, ogni reazione e ogni idea di fuga.
Avevo seguito il movimento fluido di quella mano esperta che tirava indietro il carrello e l'indice che si piegava intorno al grilletto. Aveva già preso accuratamente la mira. Mi trovavo appena a qualche metro dalla figura incappucciata. La sua mano era ferma e la postura decisa; era chiaro che questa volta non ci sarebbero stati errori o ripensamenti. Solo un colpo secco che mi avrebbe spedita all'altro mondo.
E io, non riuscivo a reagire... ero diventata una bambola di carne.
No... forza Jenny! Avanti! ― Una voce dentro di me tentò di riscuotermi. Non avevo mai provato nulla del genere prima d'ora, era come se... avessi appena visto la morte in faccia.
Attaccare o prepararsi a incassare il colpo?
Reagire o... morire?
Frazioni di secondo passavano mentre il suono di statico cresceva e si faceva sempre più disturbante. Nonostante questo, la mia mente sembrava ignorarlo e francamente, era troppo occupata a elaborare una via d'uscita per preoccuparsene.
Se non mi davo una mossa la mia vita sarebbe finita con una pallottola nel cranio. Sentii un frusciare di foglie in lontananza, e guardai un punto della foresta.
Forse, avevo ancora qualche speranza.
«TOBY!!!».
Avevo gridato con tutta l'aria che avevo nei polmoni.
La figura incappucciata perse la concentrazione e tentennò. Avrebbe voluto guardarsi alle spalle, ma non si voltò indietro. Quell'attimo di distrazione mi era bastato per scattare verso di lui. Stringendo lo zainetto con tutte e due le mani lo riuscii a colpire violentemente alla testa.
― BANG! ―.
Era partito il colpo in canna.
Lo avevo colpito così forte da farlo cadere al suolo. L'urto con le cesoie all'interno della borsa aveva provocato un sonoro tonfo, e quest'ultime erano scivolate fuori dallo zainetto cadendo a qualche metro di distanza. La pistola era caduta in terra e la spazzolai via col piede, facendola andare a finire in mezzo ai cespugli. L'uomo incappucciato era rimasto immobile al suolo, apparentemente incosciente. Era stato incredibile quello che avevo appena fatto. Non avevo mai messo K.O. nessuno. A dirla tutta, non avevo mai colpito qualcuno in vita mia o almeno, non così forte da fargli perdere i sensi.
Quando il rumore di statico iniziò a regredire nel silenzio, capii che era il momento di darmi una mossa. Dovevo prendere Timmy e allontanarmi alla svelta... ma c'era qualcosa che non mi faceva andare avanti.
Guardai l'uomo incappucciato che si trovava supino sul tappeto d'erba.
― Sarà morto? ―.
Perché mi stavo preoccupando di questo? Aveva tentato di uccidermi non meno di un minuto fa! E io avevo reagito per legittima difesa. Poi, non avrei avuto torto neanche se lo avessi ammazzato per davvero.
Ma i sensi di colpa erano di tutt'altro parere.
― Merda... cosa faccio adesso?! ―. Avevo alzato gli occhi al cielo e mi ero guardata intorno, come se la mia coscienza sarebbe sbucata fuori all'improvviso per dirmi quello che dovevo fare.
Tornai a fissarlo. Non riuscivo a capire se stava respirando. Il suo viso era completamente coperto e il petto era immobile. Pareva davvero morto. Tentai di elaborare in fretta un'idea. Andai a recuperare rapidamente le cesoie senza mai staccare lo sguardo o chiudere le palpebre su di lui. Poi, mi riavvicinai titubante, serrando il manico delle cesoie da giardinaggio. Le mani stavano sudando freddo.
Posai tre dita sul suo polso, sentendo la pelle dura e coriacea, notai che aveva una cicatrice. Era di forma particolare. Un cerchio che recava una X al suo interno. Ignoravo il suo significato. Spostai le dita qualche centimetro più in là e riuscii ad avvertire un flebile battito.
TUM – TUM – TUM
Era ancora vivo... e con questo, realizzai che si sarebbe ripreso da un momento all'altro. Nonostante questa amara constatazione, il mio cuore si sentiva più leggero. Ero sollevata di non essere un'assassina.
Mi rialzai in fretta, pronta per andarmene, raggiungere Timmy e... ma qualcosa mi aveva afferrato la caviglia.
[Masky's P.O.V.]
― Oh avanti, perché non glielo dico e basta? ―.
Me lo stavo ripetendo da quando mi ero accorto che Toby aveva aumentato il passo. E conoscevo bene il motivo di quella reazione; ma perché continuavo a fingere di non aver capito le sue intenzioni? Perché continuavo a comportarmi come il fratello maggiore che protegge l'anello debole della famiglia?
Questa faccenda non avrebbe portato nulla di buono ― a nessuno di noi. Avanti, non gliene avevo già lasciate combinare troppe? Aveva risparmiato una umana. Ok, lo aveva fatto già altre volte. Non le aveva cancellato la memoria, ma questo non era grave... non quanto il fatto che l'aveva portata fino alla radura e le aveva permesso di riprendersi il marmocchio! Oh, ma sicuramente ne aveva combinate altre a mia insaputa. E ora?
Non potevo credere che per colpa di questa sua... "tresca amorosa" stava mettendo a serio repentaglio tutti i nostri propositi di non farci scoprire. E che cazzo! Era servito un anno e mezzo per organizzare le cose.
Precisamente, otto mesi per depistare le tracce e mandare a vuoto le ricerche dell'SCP. Considerando che non era stato facile manomettere i loro droni, senza farsi scoprire. Altri sei per trovare un altro capro espiatorio e far ricadere le scomparse di ben settantadue bambini su tre disgraziati con precedenti penali. Gli ultimi mesi erano serviti per imparare questa fottuta lingua che ha quindici declinazioni e una grammatica improponibile!
Eravamo qui da neanche tre settimane, e già eravamo sul punto di farci scoprire. Ero troppo occupato a controllare le mosse di quello scienziato pazzo per tenere d'occhio Toby. E mai, mi sarei aspettato che la situazione sarebbe degenerata fino a questo punto.
Toby era chiaramente inesperto sul campo, e ancora non aveva appreso il significato di essere un Proxy. A differenza di noi, lui non era stato scelto per qualche 'dote' particolare. Credo che tuttora non abbia capito l'unicità del dono che gli è stato concesso.
Pazienza...
Io l'avevo scoperto da solo e così, era stato per Brian. Col tempo, ero certo che avrebbe compreso l'importanza del nostro compito. Ma ora, era più importante fargli imparare una lezione fondamentale: mai interferire con le Sue prede. Dovevo fermarlo, ma sapevo che le parole non lo avrebbero scalfito a questo punto. E come si suole dire ― a mali estremi, estremi rimedi. Ero alle sue spalle e lui, era troppo distratto dai suoi pensieri per accorgersi che stavo sfilando il piede di porco dalla cintura. Sarebbe bastato un colpo preciso alla nuca e...
― BANG! ―.
Uno sparo aveva interrotto il filo dei miei pensieri. Toby e io, ci eravamo fermati al centro del sentiero, e lui si era voltato indietro verso di me. Non avevo ancora sfilato dalla cintura l'arma, così non si era accorto delle mie intenzioni. Ci siamo scambiati uno sguardo, perché sapevamo bene che Brian non falliva mai il tiro.
Quando lui ha iniziato a realizzarlo, si è afferrato la testa tra le mani mentre alcuni tic nervosi avevano preso a tormentargli una spalla.
«Toby... forse è il caso che tu non vada oltre».
Non ero stato capace di trovare parole più confortanti di quelle.
[Toby's P.O.V.]
«Fermati qui». Aveva aggiunto.
Quelle parole, mi erano parse vuote, e prive di qualsivoglia significato. Cos'era una vita umana, in fin dei conti? C'è chi la ama, e chi la odia. Ma per noi, questi termini non hanno alcun significato. Oramai, veniamo al mondo con la consapevolezza di morire. Perciò, che differenza fa andarsene oggi o domani? Masky mi aveva fatto questo discorso più di una volta, da buon mentore.
Ma da qualche tempo, aveva realizzato da solo che... è il modo in cui ce ne andiamo che fa la differenza.
Le mie mani stavano tremando, mentre la testa mi scoppiava. Troppi pensieri si stavano accalcando nella mente. Scene vecchie di tanti anni fa si susseguivano a un ritmo febbrile, incontrollate, come la pellicola di un vecchio film in bianco e nero proiettata nei reconditi recessi del mio inconscio. E io, ero lo spettatore costretto sulla sedia a guardare l'opprimente spettacolo che mi si parava dinanzi.
Il petto mi stava bruciando.
Ho sentito una voce urlare dentro di me. Non era la mia.
Auto rovesciata.
Vetri rotti.
Una pozza nera sull'asfalto.
Mi ero portato una mano al petto, cercando di contenere quel bruciore irrefrenabile che mi stava corrodendo dall'interno, continuando ad aumentare ogni secondo di più. Mi stava togliendo il fiato. Sembrava di avere dell'acido in corpo che mi stava sciogliendo gli organi interni. L'ultima volta che avevo provato una sensazione simile, era stato quando...
La sua fronte trafitta dai vetri,
i fianchi e le gambe schiacciate sotto il peso del volante,
il busto pressato contro l'air-bag che si era gonfiato in ritardo...
L'ultimo ricordo del mio passato.
«Lyra... ».
Il bruciore al petto svanì all'improvviso, allo stesso modo di come era comparso, lasciando solo il vuoto e un segno indelebile. E che lo volessi o no, quelle immagini erano diventate l'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento.
Il ricordo di Lyra... che sorrideva, e di un abbraccio inaspettato. Se mi concentravo, potevo ancora sentire il suo calore sul mio corpo, e il profumo di camomilla che emanavano i suoi capelli raccolti sempre in quella coda di cavallo. Il ricordo di un 'grazie' detto in fretta quando era uscita di casa a cercarmi, e io mi ero nascosto tra le siepi per non farmi vedere ― perché lo stavo facendo? Al ricordo della sua espressione sorpresa e spaventata, quella volta che mi ha visto nel cortile di casa... ― perché Lyra ha avuto quella reazione?
Perché mia sorella... aveva paura di me?
Le domande avevano iniziato ad affollarsi, mentre acquisivo consapevolezza che la sua morte era stata una farsa. Sembrava che una pesante tenda di velluto nero si fosse appena sollevata sulla mia vita, mostrandomi finalmente la Verità che mi era stata ingiustamente preclusa.
Mia sorella... non era morta.
E non l'avrei persa una seconda volta.
[Jenny's P.O.V.]
Fui trascinata a terra con forza.
Come diavolo aveva fatto a riprendersi così in fretta? Era questa l'unica cosa futile di cui si era preoccupato il mio cervello, quando una mano guantata aveva iniziato a stringermi alla gola. In un paio di mosse, si era avventato su di me e mi aveva bloccato i gomiti con le ginocchia, impedendo ogni libertà di movimento. E mi ero anche preoccupata di averlo ucciso? Solo io potevo essere tanto scema da poter serbare pietà anche per il peggiore degli assassini.
Un suono di statico iniziò a fischiarmi nelle orecchie. Questa volta era fortissimo e prorompente, al punto che avevo iniziato a urlare per cercare di superarlo. Era inutile. Non potevo sentire la mia voce. Era rimasta intrappolata tra le corde vocali. E io sapevo il perché. Non potevo più respirare.
Tra qualche minuto, sarei collassata.
In mano impugnavo ancora le cesoie: la mia unica possibilità di salvezza. Non potevo muovere l'arto, in nessuna direzione e così ho iniziato a scalciare, ma ogni mossa era vana. Lui non si spostava di dosso.
E mentre i sensi andavano via via scemando, ho potuto sentire una bassa risata provenire da sotto quel cappuccio. Segno che per lui, la vita non era nient'altro che un gioco. Una preda da soffocare e guardare morire, crogiolandosi nella sua lenta agonia, solo per il gusto di farlo.
Questo era un assassino.
Tutto aveva preso a girare nella testa, e avevo iniziato a vedere ombre indistinte danzare intorno a noi. Non ero sicura che ciò che stavo vedendo fosse reale. Una di queste ombre, si stava avvicinando a noi.
Non riuscivo più a pensare.
Il suono di statico era troppo forte.
― ZAAAP! ―
D'un tratto il mio aguzzino ha mollato la presa.
Ho sentito il suo peso spostarsi bruscamente, per crollare in un tonfo poco più in là. Il suono di statico si è interrotto, e i miei polmoni hanno richiamato avidamente aria. Quando ho riaperto gli occhi non riuscivo a vedere nitidamente l'ambiente circostante, ma potevo intuire chi fosse venuto in mio soccorso.
Ho sentito qualcosa raschiarmi la gola.
Qualche istante dopo ho cominciato a tossire, perché il mio corpo doveva rigettare qualcosa. Mi sono drizzata a sedere, e dopo uno spasmo alla gola ho sputato qualcosa sull'erba, che mi aveva lasciato un retrogusto amaro e ferroso in bocca.
Era sangue.
Cercai di non andare nel panico, ma piuttosto di concentrarmi su quello che mi stava capitando attorno. Ho visto Toby avventarsi sul tizio che prima mi aveva aggredita. I miei occhi si sono spalancati per l'orrore. Aveva sollevato l'accetta fin sopra la sua testa, pronto a conficcarla nel corpo del mio aggressore. Non lo avrei mai creduto capace di una cosa del genere. Non volevo assistere alla scena... non volevo che lo facesse... ma non avevo il cuore di fermarlo.
«TOBY!!!».
Ha gridato una voce maschile alle nostre spalle.
C'era qualcun altro con noi. Mi sono voltata, e ho visto un uomo in giacca di pelle e jeans, con il volto celato dietro una maschera bianca dai lineamenti femminili, tentare di fermare Toby. Ha iniziato a correre verso di lui.
«FERMATI TOBY!». Ha insistito.
Toby sembrava fuori di sé. Non potevo assistere a una esecuzione tanto orrenda, quanto crudele. Ma nonostante avessi letto le sue intenzioni, le mie palpebre rifiutavano di abbassarsi e gli occhi di guardare da un'altra parte. Non volevo credere Toby capace di un gesto simile. La mia mente continuava a rigettare l'idea che Toby fosse un... che Toby fosse un...
Una contrazione involontaria dei muscoli della spalla aveva anticipato la sua mossa successiva, quella che aveva fatto scattare il braccio in avanti come una leva, facendola rassomigliare al famigerato meccanismo di una ghigliottina. Era troppo tardi per fermarlo...
― ZAAACK! ―
La lama si era piantata in qualcosa di solido. Ero riuscita a chiudere in tempo gli occhi per risparmiarmi la scena, ma quando gli ho riaperti c'era qualcosa che non andava. Qualcosa che non capivo.
Dov'era finito lui?
Ci siamo tutti guardati intorno, ma dell'incappucciato non c'era traccia. Era sparito nel nulla, ma io non potevo capire quello che era successo. Poteva essersi... smaterializzato? No, che assurdità, non era poss―
«AAAAAAAAAH!». Ho gridato.
Qualcosa mi stava tirando per i capelli, ed ero stata costretta a seguire il movimento di quella presa e alzarmi in piedi. Ho provato a divincolarmi, finché due mani non mi hanno afferrato il collo in una presa che potevo ben immagine a cosa servisse. «Se ti muovi ancora ti spezzo il collo». Aveva sentenziato una fredda voce, annullando ogni mio tentativo di opporre resistenza.
«Adesso, da brava ragazza getta in terra quella cesoie e calciale via col piede». Mentre ero costretta ad eseguire i suoi ordini, Toby e l'altro tizio mascherato ci stavano guardando.
«Bravo angioletto».
Ha detto, quando avevo terminato l'ultima operazione. Toby, era rimasto inerme, e incapace di reagire. Non avevo il coraggio di guardarlo. Avevo disobbedito ai suoi ordini ed era tutta colpa mia se mi trovavo in questa situazione. A quest'ora lui avrebbe salvato Timmy e io, sarei stata al sicuro in città.
Che cosa mi ero messa in testa di fare?
«Ci sono due regole essenziali che deve imparare un Proxy». Riprese a parlare l'incappucciato. «La prima, è di non avere nessun legame con il passato». La presa si fece più stretta. «La seconda regola, di non mettersi mai tra Lui e una Sua preda».
Di cosa stava parlando? Cos'era un Proxy? Perché dovevano seguire queste rigide regole? Quali prede? Il mio cervello stava elaborando troppo in fretta quelle informazioni per riuscire a collegare tutto e capire la situazione.
«Non mi interessa la Sua preda». Aveva risposto Toby.
«Lascia andare Lyra, e prometto di non spezzarti le gambe».
[Masky's P.O.V.]
Lyra?
Oh dannazione... perché non ci avevo pensato subito? Toby mi aveva parlato di lei solo in qualche sporadica occasione, senza mai scendere nei dettagli o raccontare altro. Era evidente lo sforzo che faceva nel parlare di sua sorella. Ma quella volta che mi aveva mostrato la sua foto...
Adesso che ce l'avevo sotto agli occhi potevo comprendere la sua reazione. Non era più in sé. Provare a farlo ragionare sarebbe stato uno sforzo vano, e non era da escludere che sarebbe stato capace di offrire la sua stessa vita pur di salvarla. Era a questo che voleva arrivare Brian? Se ne doveva essere accorto prima di me, e chissà da quanto tempo stava progettando di usarla per dare una lezione a Toby. Non potevo lasciarglielo fare...
«Calmati, ho intenzione di lasciarla andare». Sono stato costretto a tornare coi piedi per terra, alla fredda realtà. «Ma prima, voglio insegnarti una lezione».
«No Brian!». I miei timori si stavano rivelando fondati.
«Non rompere Tim! Il ragazzo deve imparare». Sbottò lui.
«Non farle male». Ha risposto Toby, mantenendo un tono incredibilmente calmo.
«Non le farò nulla... voglio soltanto guardarti mentre ti strappi un pezzo di faccia davanti a lei». Era stata la sua macabra richiesta di riscatto.
«Brian che cazzo stai dicendo?». Non potevo credere allo scempio che era uscito dalla sua bocca. Perché? Perché gli aveva appena chiesto una cosa del genere? Sapevo che tra loro non correva buon sangue, ma non lo credevo capace di arrivare a una cosa simile per qualche futile litigio.
«Avanti, lo sai anche tu che non può sentire male. Che cosa gli cambia?». Ha risposto freddamente.
In quell'istante, la ragazza aveva cercato di nuovo di divincolarsi, ma Brian ha stretto ancora di più la presa rendendole impossibile un altro movimento.
«TOBY! Non lo fare!!». Ha gridato lei, con la voce spezzata dalle lacrime. Fino a prova contraria, non sarei stato capace di pensare che le importasse qualcosa di Toby. Ho creduto che lo avesse solo manipolato per arrivare al moccioso, invece si preoccupava per lui. Realizzare questa scoperta non aveva fatto che scuotermi ancora di più, sollevando ulteriori dubbi. Era assurdo che in così poco tempo si fosse instaurato un legame tra di loro. A Toby ricordava la sua defunta sorella e conoscendo com'era fatto, non ero sorpreso del suo "interesse". Ma lei, che ragioni aveva per attaccarsi a uno come Toby?
«Sta zitta! Non parlare o ti spezzo il collo». La voce di Brian aveva nuovamente interrotto i miei pensieri. L'ho guardato mentre la metteva a tacere, tappandole la bocca con la mano.
Poi, sono tornato a fissare Toby.
«Se lo faccio...» ha iniziato «...dovrai giurare di lasciarla andare e di non farle del male».
Merda... stava dicendo sul serio.
«Lo giuro sul mio onore di Proxy». Ha ribattuto Brian, anche se ovviamente, per come lo avevo conosciuto io e sapendo il tipo di persona che era diventata, non avrebbe mantenuto la promessa.
«Brian, non farglielo fare! Cosa credi penserà l'Operatore?». Cercai di dissuaderlo dall'idea. Effettivamente, Toby era il suo pupillo e non avrebbe tollerato bene la cosa.
Guardai Brian tirarsi su la maschera fino al naso, lasciando intravedere metà del suo vero aspetto. Era da tanto che non lo vedevo più, ed era peggiorato. Il tessuto cutaneo era quasi assente, ed erano rimasti muscoli e qualche brandello di pelle disseminato qua e là, a rivestire le mandibole, le mascelle e il mento. Le labbra erano inesistenti, ed esponevano interamente le due arcate dentali.
«Con me non si è fatto questi problemi».
Sapevo che aveva esagerato ad abusare troppo dei suoi doni, ma non pensavo gli avrebbero costato così tanto. Oltre al suo aspetto, aveva perduto ormai anche la sua umanità.
[Toby's P.O.V.]
Va bene.
Mi ero deciso.
Lo avrei fatto.
«Per favore, falle chiudere gli occhi». Non volevo che Lyra fosse costretta ad assistere ad una scena tanto rivoltante. Mi sono tolto la maschera e l'ho gettata in terra. Poi, ho sfilato l'accetta più affilata dalla cintura guardando la sua lama scintillante.
«Così non vale Toby, deve vedere cosa saresti disposto a fare per lei».
Esitai qualche istante. Hoody le aveva afferrato la testa, costringendola a tenere gli occhi spalancati. Non avevo altra scelta se volevo che la liberasse. Non dissi nulla. Potevo solo sperare che fosse abbastanza forte da reggere... come lo sarei stato io per lei. I suoi occhi erano lucidi. Stava piangendo per me.
"Ehi, sorellina... non piangere".
Utilizzai la lama affilata dell'accetta per provocarmi un taglio lungo la guancia sinistra, che andava dall'angolo della bocca fino al lobo dell'orecchio.
"Sono io il fratellino piccolo, ricordi?".
Iniziai a sforzare i tessuti, premendo due dita verso l'interno della guancia. Non sentivo niente. Solo il mio sangue caldo e il suo odore inebriante.
"Eri tu a dirmelo sempre".
Lyra continuava a piangere. Era dura continuare a guardarla in quello stato. Ho abbassato lo sguardo. Ho sempre odiato vederla soffrire... ma tutto sarebbe finito presto.
"Non volevi mai farti vedere piangere da me, perché volevi essere tu quella forte che mi consolava". Quando le dita hanno perforato il tessuto, ho cominciato a scavare all'interno della cavità neoformata e a scollare i tessuti, slargando e aprendo la carne.
"Mi abbracciavi e dicevi che saremmo andati via di casa, che non avremmo più rivisto i nostri orribili genitori e, ci saremmo lasciati alle spalle tutte le sofferenze".
Il sangue stava grondando sulla mia felpa. Significava che avevo colpito una zona molto irrorata, ma il sangue colava lento e se avessi bloccato l'emorragia in tempo, non sarei morto dissanguato.
Ho iniziato a strappare qualche lembo di pelle e a gettarlo non curante in terra. Alcuni tic nervosi avevano iniziato a farmi contrarre tutta la parte del viso su cui stavo "operando".
Dannati tic nervosi...
Dannata Tourette...
― CLANG! ―.
Un suono sordo e metallico mi ha costretto a fermarmi. Ho alzato lo guardo. Ho notato che Hoody era a terra. Masky lo aveva appena colpito con il piede di porco. Lyra era crollata a terra e sembrava aver perso i sensi.
Poverina, non aveva retto l'orrore della scena.
Avevo fatto qualche passo per avvicinarmi verso loro due, quando ho iniziato a sentire dei capogiri. Avevo perso troppo sangue, forse. Tra il foro alla spalla che mi aveva procurato quella pallottola e poi, questo...
I miei guanti erano imbevuti di sangue. Ho sentito un altro capogiro, questa volta talmente forte da farmi vedere le stelle. Ho sentito le mie gambe tremare e poi, mi sono reso conto che sarei crollato da un momento all'altro. Nel mentre che mi preparavo per l'impatto col suolo, mi sono sentito afferrare da qualcosa.
Un paio di lunghi viticci neri mi hanno avvolto e poi, un pallido volto non definito mi stava fissando, proprio nel momento in cui avevo chiuso gli occhi.
«Che cosa hai fatto?»
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