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Non sapeva dire quanto fosse trascorso dai primi fuochi. Le orecchie erano già ovattate e la polvere da sparo bruciava negli occhi, formicolava sulla pelle; sembrava di essere sepolti ancora prima di morire.

Gli schiamazzi confondevano esultanze a disperazione, mischiando i caduti con i sopravvissuti. Camila non sapeva più dove guardarsi; non distingueva il dolore dei nemici da quello degli alleati, e non trovava altro colpevole oltre sé stessa. Il riverbero del suo respiro era l'unico suono ad ammutolire il resto, ma non era più confortante del Mondo in pezzi.

Una mano le toccò la spalla. Non si domandò neppure se dovesse sguainare l'arma; era troppo frastornata per difendersi. Lo sguardo severo di Dinah non era mai stato così simile a quello di Normani. Impettita e valorosa la guardava dall'alto della sua fierezza.

«É una guerra, Camila. E adesso bisogna combatterla.» Non c'era rimprovero nella sua voce. «Fallo per chi darebbe la vita per essere qui.» Entrambe sapevano di chi stesse parlando e fu proprio l'immagine di Lauren a rinvigorirla e scuoterla disgelandole i muscoli.

Dinah e Camila celavano nello sguardo lo stesso dolore: vivevano per chi non lo faceva più.

Dinah annuì registrando il suo repentino cambiamento e con un grido si lanciò nella lotta. Camila sfoderò l'arco e a passo deciso la seguì. I suoi occhi iracondi precedevano il passo marziale. Qualche soldato la riconobbe subito. Erano lì per lei, non si sarebbero lasciati sfuggire la possibilità di spedirla sottoterra. Camila imbracciò l'arco e interruppe la corsa di due di loro. Si aiutò con la pistola per difendersi dagli altri tre. I proiettili erano centellinati, perciò proseguì nella coltre umana con l'arco spianato e il coltello alla mano. Ciò che accadeva attorno la riguardava solo se la coinvolgeva, altrimenti camminava determinata verso il muro, intenzionata a sorpassarlo.

I suoi uomini avevano fatto faticosamente breccia nell'esercito, aprendosi un pertugio verso River Side. I più di loro erano morti cercando di raggiungerla, ma una trentina di uomini combatteva strenuamente sull'altro lato. Camila doveva unirsi a loro. Aveva quasi raggiunto il confine quando sulla soglia dei due Mondi si frappose una figura.

Shawn appariva come una formica sotto l'arco di cemento. L'aspettava. Camila si immobilizzò, ma non perse il suo ardore. Rinfoderò l'arco e la pistola; così fece anche Shawn. Si guardò attorno e raccolse la prima spada improvvisata abbandonata da qualche compagno caduto. Shawn sguainò la sua fedele arma scintillante. Era così, dunque, che la loro inimicizia si sarebbe sigillata per sempre: in una ferita profonda quanto la vita che li aveva uniti.

Camila inspirò a fondo e avanzò lentamente verso di lui. Shawn non esitò a imitarla. In pochi attimi si trovarono a corrersi incontro, spezzando la propria strada solo col rumore delle lame. Camila digrignava i denti sforzandosi di non cedere alla forza di Shawn, ma lui, inclemente, pressava sempre di più la spada, spingendola in ginocchio. Nei loro sguardi sfavillava la rabbia e la vitalità, concorrendo a tenere in vita entrambi solo per veder perire l'altro.

Camila comprese che non avrebbe mai vinto una sfida di forza, quindi si ingegnò per ribaltare la situazione. Appena fu abbastanza genuflessa, allentò improvvisamente e del tutto la forza esercitata, rotolando di lato prima che la lama la sfregiasse. Ferì Shawn al polpaccio, rendendolo più vulnerabile e instabile. Trattene un grido di dolore fra i denti macchiati di sabbia. Shawn si voltò di scatto, rabbrividendo d'ira. Sventolò la spada nella sua direzione, ma Camila si rimise in piedi prima di essere colpita. Fece due passi indietro, assestandosi nuovamente sul terreno.

«Ti ricordi chi ti ha insegnato a combattere con la spada?» Domandò trafelato Shawn, contraendo i muscoli in spasmi violenti. «Tuo padre! Il Re! Lui ti ha insegnato ad usarla, a difenderti. E tu adesso la muovi contro la sua testa?! Con quale coraggio?»

Camila inspirò a pieni polmoni e non osò deflettere lo sguardo dal suo mentre proferiva: «Il coraggio degli sconfitti.»

«Ma tu non lo eri! Non lo sei! Non sei mai stata una di loro! Eri destinata alla gloria, quella non era una vittoria abbastanza grande per te, principessa?!» Sbraitava fuori di sé, incapace di comprendere perché li avesse trascinati fino a lì.

«La principessa é morta.» Dichiarò senza il fervore violento della sua voce, ma con il medesimo ardore dello spirito. «E l'avete uccisa voi. Adesso é qui per ricambiarvi il favore.»

Shawn serrò la mascella: «Hai proprio ragione,» si pulì la faccia sporca con la manica ancora più sporca. «Tu appartieni agli sconfitti.»

«Allora vieni a conoscere di cosa sono capaci i vinti.»  Sibilò senza remore.

Shawn alzò un grido famelico al cielo, sferrando un attacco nella sua direzione. Camila saltò a destra, schiavando il primo affondo, ma venne sfiorata dal secondo. Solo il tessuto venne lacerato. Shawn faticava visibilmente a sostenersi sulla gamba ferita, ma tentava di nasconderlo per non esporre i punti deboli. Camila sbandierò la lama nella sua direzione, ma senza l'intenzione di colpirlo. Quando fu costretto a indietreggiare sulla gamba dolente, ebbe un leggero fremito; quello era il momento di ferire. La lama si conficcò nel suo fianco, ma fu abbastanza veloce da rendere il taglio poco più di superficiale. Il dolore, però, non lo fu. A malapena tratteneva le lacrime, ma non si arrendeva. Sapeva però che un dolore tanto lancinante consentiva al massimo altri pochi minuti di fortuna. Doveva impiegarli tutti.

Si rimise in posizione di attacco e attese stavolta fosse Camila a fare una mossa, ma la ragazza non gli diede la soddisfazione. Sapeva bene di non poter restare in piedi a lungo con quelle ferite, dunque fu costretto a muoversi per primo. La lama tagliò solo un raggio di Sole, ma Camila l'allontanò prontamente con la sua, tentando un affondo di fortuna. Non andò a segno. Shawn, sollecitato dalla ferita, si espose ancora una volta, ma la gamba cedette prima di arrivare al bersaglio. Camila aveva già teso la propria spada per difendersi, ma involontariamente il suo fu un attacco letale. L'ultimo.

La lama si conficcò nel suo sterno, stavolta senza lasciare via di scampo. Shawn strabuzzò le pupille e afflosciò le braccia. Camila si permise finalmente di lasciar scorrere le lacrime.

Al ragazzo restavano solo pochi battiti prima di riunirsi a suo padre e usò l'ultimo alito del suo respiro per dirle: «La tasca. Vai e vinci.»

Il peso morto del suo corpo si schiantò al suolo; era caduto a terra senza rialzarsi più. Camila singhiozzò, ricacciando un rigurgito di vomito. Si asciugò rapidamente il volto, notando la battaglia infuriare attorno a sé. Si chinò sul corpo del suo vecchio amico. Tastò le tasche, proprio come lui le aveva suggerito. Una mappa sgualcita le riempì la mano sporca. Camila faticò ad interpretare le immagini, ma poi capì. Era una mappa dei sotterranei di suo padre. Era il modo per arrivare a lui. Sussultò, rendendosi conto di stringere nel palmo non solo un pezzo di carta, ma anche la vittoria. Abbozzò un sorriso che Shawn non vide mai, quindi gli chiuse gli occhi. Avrebbe voluto donargli un'ultima parola per favorire il suo viaggio, ma non ne trovò una degna. Lo lasciò lì, mentre lei proseguiva la lotta. Non sapeva dire chi dei due fosse stato più fortunato; il suo petto sarebbe stato sempre più pesante di qualsiasi spada.

Si fece strada verso la soglia assieme ad un gruppo di alleati. Alcuni di loro giunsero assieme a lei a River Side, altri morirono provandoci.

Dunque, dopo tutto quel tempo, dopo tutto quell'orrore, era tornata dove tutto era iniziato. Sia la sua vita che la sua guerra.

Alzò lo sguardo sull'orizzonte. Il palazzo era di nuovo protagonista indiscusso del panorama; talmente vicino da non sembrare possibile. Lei era lì per renderlo anche reale.

I soldati dell'esercito faticavano a tenere a bada i ribelli. Erano più allenati di quanto credessero e anche più accaniti. Le armi recuperate dalle loro riserve aggiungevano potenza al loro impeto; una forza quasi inarrestabile. Camila si aggiunse alla loro battaglia, aiutandoli a sfondare le difese. La strada verso il centro della città era più accessibile adesso.

«Andiamo!» Gridò bellicosamente, fomentando i suoi alleati.

I ribelli si unirono con un coro di urla, sventolando la spada verso il cielo. Avrebbero fatto sanguinare anche quello, se avessero potuto. Camila stava per seguire i loro passi, quando il suo sguardo cadde distrattamente sul lato di una casa. Appoggiata contro il muro, Dinah sedeva a terra, ferita.

Camila non dovette pensarci due volte. Si precipitò verso di lei, inginocchiandosi al suo cospetto.

«Principessa, lei non dovrebbe inchinarsi a nessuno.» Mugolò fra rantoli di dolore, abbozzando un sorriso, il primo più amichevole che le rivolgesse.

«Che cosa hai fatto?» Chiese, notando le mani imbevute di sangue ma non carpendo da dove provenisse.

«Che cosa mi hanno fatto.» Mostrò un sorriso rosso sangue. «A quanto pare le nostre spade sono ben affilate, ma i loro proiettili sono più veloci.» Sollevò la mano mostrando il buco d'entrata.

Camila imprecò, ma non si diede per vinta. Aveva già perso troppe persone per permettersi un'altra sofferenza. «Devo controllare il foro d'uscita.» Disse recisa.

Dinah non disse niente, ma nemmeno si oppose. Camila l'afferrò delicatamente per le spalle e la girò per controllare la schiena. Dinah si maledì per aver uggiolato.

«C'è il foro d'uscita. É una buona notizia.» Annuì fiduciosa.

«Lo so, principessa. Te l'ho insegnato io.» Sorrise ad occhi semichiusi. Tanto tempo prima le aveva tenuto un corso di prima sopravvivenza; non avrebbe mai creduto che l'allieva avrebbe dovuto applicarlo su lei stessa.

Camila strappò un lembo della sua giacca abbastanza lungo da fasciarla su entrambi i lati e lo assicurò con un nodo ben saldo.

«Adesso devi metterti in piedi. Ti porto in un luogo sicuro.»

«Principessa.» Le faceva effetto sentirsi chiamare con l'appellativo che Normani aveva usato nel suo ultimo alito di vita. C'era solo una differenza: una delle due sapeva, l'altra non aveva avuto tempo di scoprirlo. «Lei ha aspettato fin troppo.» Mormorò, annuendo placida, rassegnata con pace al suo destino.

«Ascoltami bene.» Camila afferrò le sue spalle con veemenza stavolta, scuotendola leggermente per schiuderle le palpebre. «Normani deve vedere la vittoria di questo giorno e non può farlo se tu chiudi gli occhi. Solo attraverso di te conoscerà la vittoria del suo sacrificio. Se adesso muori, renderai vana la sua morte. Ha ancora bisogno di te.» Frenò le lacrime dando la precedenza al vigore, ma la voce le si ruppe mentre adduceva: «E anche io ho bisogno di te.»

Dinah inspirò rumorosamente. Le parole della ragazza avevano scosso qualcosa dentro di lei. Era vero. Si era fatta occhi per Normani e non poteva serrare le palpebre ora, ad un passo dal suo sogno.

«Maledizione.» Mormorò.

«Dammi la mano, andiamo. So dove portarti.» L'aiutò a sollevarsi, ignorando i lamenti di dolore profondo.

Sfruttò le abitazioni per proteggerla dal fuoco, ma sapeva di non poter allungare troppo la strada. Dinah cedeva maggiormente ad ogni passo, pesando sempre di più sulla sua spalla. Drake le notò quando furono quasi a meta. Sfidando anche il fuoco incrociato si prodigò per sollevare Dinah sull'altro fianco. Camila gli indicò dove dirigersi.

«Che posto é questo?» Domandò Drake mentre scendevano dei gradini, imboccando un tunnel oscuro.

«I corridoi sotterranei del Re.» Dichiarò Camila, poggiando Dinah a ridosso della parete.

«Che cosa ci facciamo qui?» Domandò il ragazzo, spaesato.

«Aspettate che la battaglia si plachi. Da qui puoi scortarla alla prima tenda di soccorso.» Disse.

«E tu cosa farai?»

«Io andrò a palazzo.»

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