39
Adesso non solo Camila vedeva il Mondo in nero, anche il Mondo la vedeva dipinta di nero, anche se solo con un occhio.
«Ho quasi fatto.» Disse Lauren, sofferente maggiormente lei per l'ematoma sul suo viso che Camila.
«Tranquilla, non fa male.» Sorrise tenuemente, vanificando le sue bugie in una smorfia.
Lauren inclinò il capo e le rivolse un'occhiata dolcemente sinistra. Camila incassò le spalle con aria furba ma non colpevole: non era colpa sua se era cresciuta nascondendosi.
«Se fossi tornata al campo, non sarebbe mai successo.» Sospirò, di nuovo tacciando più sé stessa per la superficialità che Camila per l'ostinazione.
«Sarebbe successo comunque.» Bugiarda, i sensi di colpi erano il vero ematoma che temeva di non saper nascondere.
«Sarebbe successo... ma non te.» Il sorriso di Lauren, invece, non parve affatto pentito.
Camila la colpì gentilmente sul braccio, strappandole una risata. Lauren tamponò interamente la zona contusa, applicò una pomata con precisione chirurgica e poi la liberò dalle incombenze.
«Affiderò i tuoi incarichi a qualcun altro.»
«No.» Si oppose recisa. «Posso farcela. Le braccia mi funzionano bene.»
«Camila, devi riposare.» Stavolta l'occhiata obliqua non fu per niente dolce. «Sei in piedi da tante ore, sei svenuta a seguito di un'aggressione e hai ancora l'adrenalina in corpo a causa di quello stronzo. Non lavorerai oggi.»
Camila incrociò le braccia al petto; il livido violaceo smontava l'attitudine superba. «Okay, stai facendo il capo con me.»
Lauren roteò gli occhi al cielo. Depositò il quaderno sulla scrivania, si avvicinò a lei scuotendo piano la testa e le prese il viso fra le mani. Camila si cullò sul suo palmo, pareva rincasare dopo tanto tempo, ritrovare posto nel suo letto, sotto il suo tetto. Lauren le stampò un bacio sulla fronte, stringendola al suo petto. Camila si adagiò come volesse davvero dormire lì, anche in piedi ma lì, e Lauren la sostenne come se fosse pronta a restare immobile per ore, immobile come un letto, avvolgente come delle coperte. Quei momenti di quotidianità erano quelli in cui morire le faceva più paura perché si sentiva effettivamente viva.
Camila inspirò profondamente contro il suo petto. Qualcosa in lei non andava, lo sapeva, lo sentiva. E sapeva cosa. Si incolpava per aver perso un ostaggio, pensava di essere responsabile perché si era sentita così dal primo momento che aveva attraversato il muro, ma Lauren era lì per farle capire che le sconfitte potevano smezzarle a metà. Camila si aggrappò saldamente alle sue spalle, circondandole la schiena. Malgrado il batticuore, Lauren ebbe un brutto presentimento, come se gli addii li recitasse in silenzio.
Delicatamente le afferrò il viso fra le mani, la guardò dritta negli occhi e le disse: «Sistemeremo anche questa.»
«Avremmo tante cose da sistemare, Lauren.» Sorrise, ma non l'aveva mai vista più scoraggiata.
«Una alla volta. I passi si compiono una alla volta, sia in pace che in guerra.» Aspettò un segnale positivo da parte sua prima di riportarsela al petto.
Non seppe dire quanto tempo trascorse, ma più la stringeva più si detestava. Poteva vincere tutte le guerre per Lei, ma doveva arrendersi a quella che stava germinando nel suo cervello...
*****
Aveva camminato lentamente, passo dopo passo, pozzanghera dopo pozzanghera, senza perdere nemmeno un centimetro della strada che avrebbe sradicato. La stessa strada che gli aveva portato via Camila. La sua amica, la principessa, l'erede al trono adesso non era altro che una ribelle. E mentre Shawn ripassava la storia tentando di comprendere come fosse potuto succedere, non poteva far altro che conficcare le unghie nel pugno, quello dei ricordi: era stato lui a condurla lì.
Erano iniziato tutto come uno scherzo, era finito per essere una guerra.
Le loro vite erano cambiate in una notte, come per miliardi di persone centinaia di anni fa; un fenomeno del tutto sconosciuto aveva raso al suolo le loro vite senza preavviso. Ugualmente era successo loro o, meglio: sarebbe successo a breve.
Il muro era ancora flagellato al suolo. Gli avevano detto di aver ritrovato lì il corpo di suo padre. Non aveva avuto il coraggio di parlarne con Camila, perché se ne fosse stata al corrente e avesse comunque imbracciato il fucile contro di lui, non avrebbe mai trovato il modo di ricordarla senza odio, e desiderava preservare almeno la nostalgia di chi aveva perso.
Gli uomini sul confino non lo riconobbero subito, ma si precipitarono da lui appena lo identificarono. Una macchina lo scortò verso il palazzo. Rivedere le strade familiari, non lo consolò; aveva perso un'altra parte della sua famiglia quel giorno, ma invece di piangere sulla sua tomba, avrebbe dovuto scavargliela. I soldati lo scrutavano furtivamente, domandosi quale impatto avrebbero avuto il suo resoconto sulle loro vite. Shawn non li degnava di attenzione; contemplava imperterrito il panorama sfilargli sotto il naso, pensando a quante altre cose si era fatto sfilare da sotto il naso. La macchina decelerò. Lui non attese neppure fosse completamente immobile per precipitarsi verso la scalinata regale. Gli uomini, assieme alle guardie, seguirono i suoi passi gradino dopo gradino, trattenendo il fiato come se bastasse a salvarsi la vita -o almeno a ricordarla nel momento in cui era cambiata-, ma il distintivo cucito sul loro petto gliela avrebbe presto portata via.
Shawn alzò una mano verso il colonnello, preposto a scortarlo nella sala del Re. Proseguì tronfio e in solitudine, non permettendo a nessuno di conoscere i dettagli prima di aver scremato quelli da dire da quelli da seppellire assieme al suo corpo.
Alejandro stava sorseggiando tranquillamente una tazza di infuso, seduto comodo comodo a capotavola. Anche se questa restava spoglia, lui occupava sempre il medesimo posto, come faceva col Mondo: anche se non sarebbe rimasto altro che mare da comandare, lui si sarebbe seduto in cima al suo trono. Shawn interruppe il suo momento idilliaco, affacciandosi con espressione torva nella mattinata soleggiata del Re.
«Buongiorno Shawn.» Sorseggiò. «Vuoi che aggiunga un posto a tavola?»
«Nossignore, la ringrazio. Sono qui per riferirle che parte dei suoi uomini hanno attraversato il muro conducendo un'offensiva non legittimata verso Island Side.» Parlava e si atteggiava come un soldatino, ma i muscoli si tendevano troppo per assomigliare a suo padre; lui non perdeva mai il sangue freddo, mentre a Shawn ribolliva.
«Ah si, quello.» Sospirò annoiato, talmente tanto da volgere l'attenzione al giornale per ricevere notizie più interessanti: «Com'è andata alla fine? »
Shawn strinse i denti per non conficcarglieli nel collo. Quell'uomo governava il Mondo da un po' troppo tempo per ricordarsi che girava ancora e non attorno a lui. Poteva comandarlo, ma non fermarlo, e quel semplice moto gli strappava qualsiasi parvenza di invincibilità.
«Nessun morto e nessun ferito. Tutti ostaggi.»
«Ah!» Rise con la bocca piena e lo sguardo basso. «Che cosa ce ne facciamo di quattro ragazzini ridicoli legati a delle sedie? Chiediamo un riscatto? Non hanno soldi nemmeno per pagarsi il pane, figuriamoci un figlio. No, lasciateli...»
«Signore, i nostri soldati sono stati presi in ostaggio, non i ribelli.»
Lo sguardo dell'uomo zampillò nella sua direzione, come una cascata sospinta dal vento. Shawn deglutì.
«Quanti soldati?» Scandì.
«Otto, signore. Otto soldati dei reparti speciali.»
«Dei reparti speciali...» I suoi occhi si abbassarono stavolta non per cercare novità, ma ricordare vecchie memorie. I reparti speciali detenevano le informazioni più salienti e cruciali. Se interrogati bene o anche solo a lungo, avrebbero potuto rivelare la posizione dei generatori, spegnendo ogni luce su River Side... Ma quello era solo il minimo. L'eventualità che lo spaventava di più era scoprire la posizione dei labirinti. Era vero che aveva posto un muro invalicabile, ma solo per chi si trovava dall'altra parte. In caso di inondazioni, disastri naturali o guerre, i suoi abitanti potevano scappare attraverso il dedalo scavato sotto la terra e rifugiarsi sull'altra sponda, protetti dal muro. Se i ribelli avessero scoperto la rete di corridoi sotto i loro piedi, sarebbero sbucati ai suoi, di piedi.
Scattò in piedi, battendo un pugno sul tavolo. Lanciò verso Shawn un'occhiata gelida e impietosa: «Che cosa diamine vi dice il cervello?! Siete addestrati per eseguire gli ordini, i miei ordini! E nessuno vi ha detto di condannarci a morte, razza di imbecilli!» Il suo grido furioso faceva tremare il tavolo, ma entrambi sapevano che a far tremare il Mondo non era più lui. Shawn abbassò gli occhi per non dirglielo.
«Signore, dobbiamo inviare dei rinforzi a salvare i nostri uomini. Allontanarli da Island Side è l'unico modo per non comprometterci.»
«Siamo già compromessi, per colpa vostra, stupidi idioti!» Il pugno riposava davanti alla bocca; prima bastava solo quello per primeggiare, ora per sopravvivere; doveva servire a comandare, non alla lotta. Avrebbe dovuto scomodarsi dal trono per ricordare a tutti chi era, e questa onta non la tollerava. Doveva dimostrare a tutti contro chi si stavano mettendo, esagerando la sua forza solo per mostrarla. «Faremo di più.» Dichiarò inflessibile: «Schiereremo tutte le forze a nostra disposizione lungo il muro. Manderemo un messaggio. O ci riconsegneranno i prigionieri, o moriranno. Tutti.»
Shawn deglutì, sbattendo le palpebre come unica colpa ma già troppo grande per essere ignorata. Alejandro lo fulminò con occhi glaciali, minacciandolo tacitamente: da che parte del muro voleva stare?
«Sissignore.» Annuì infine, stringendo i pugni dietro la schiena. Lotta e ricordi ora si univano in un'unica parola: resilienza.
Alejandro apparve pensieroso. Era strano vederlo dubbioso dopo aver preso decisioni drastiche; non era da lui preoccuparsi per conseguenze che non gli ricadevano addosso, ma in quella stanza tutti sapevano su quali spalle si sarebbero abbattute e forse, per un attimo, si ricordò di essere anche padre.
«Hai saputo qualcosa di Camila?» Non era da lui nemmeno dare voce alle sue incertezze, ma con un piede sul confine della guerra, forse anche il suo cuore tremava.
Shawn assimilò lungamente le parole, le udì risuonargli in testa anche dopo averle pronunciate. Adesso doveva essere leale, ma a chi? Camila era una sua nemica, ma Alejandro era mai stato suo amico? Seguiva i suoi ordini perché suo padre avrebbe voluto cosi, ma non c'era altro a legarlo alla fedeltà della memoria. E nella memoria era sempre stato fedele a Camila. «No. Non ho saputo nulla.» E le fu fedele anche nei fatti.
Alejandro inspirò profondamente. La sua espressione si incupì ancora di più, se possibile. Quando l'ombra tramontava sul suo volto, anche nel Mondo scendeva il buio.
«Procederemo ugualmente.» Declamò solenne, stringendo i pugni, stavolta però per appellarsi a sé stesso e non al Mondo: lui era il Re e la Regina aveva rifiutato il trono; lui ci aveva provato, ma lei non glielo aveva permesso, ora solo il destino poteva salvarla.
Shawn annuì nuovamente, ma prima di lasciare la sala rammentò un dettaglio che avrebbe potuto cambiare le sorti della guerra e degli innocenti. «Un'ultima cosa,» disse, attirando gli occhi di Alejandro solo per timore di altre pessime notizie. «Ci sono buone probabilità che il capo dei ribelli si chiami Lauren.»
Le pupille di Alejandro si dilatarono come un fuoco d'artificio e con altrettanta rapidità si ridussero.
«Non sono certo, solo un'intuizione, ma mi é stato raccomandato di fare attenzione a lei e credo il motivo possa essere solo questo.» Camila aveva tradito lui e lui le aveva restituito il favore.
L'aveva protetta finché aveva potuto, ma anche proteggerla pareva uno sbaglio, dunque aveva scelto la confessione meno peggiore per compensare quella sottaciuta.
«É un'informazione cruciale, Shawn.» Era la prima volta che lo chiamava col suo nome da quando onorava la divisa. Non gli fece alcun effetto, ma sperava suo padre potesse vederlo da lontano, come aveva fatto quella sera prima che tutto capitolasse.
«Sissignore. Pensavo di poterci appellare a lei, prima di ricorrere all'esercito. Potremmo negoziare... Ci sono tanti innocenti, signore.»
«Non possiamo indietreggiare ora, ma é un'informazione molto preziosa. Ci tornerà utile. É tutto.» Lo allontanò nuovamente con un gesto lesto della mano, incurante delle sue proteste e delle sue proposte. D'altronde, cosa ci poteva aspettare da un un uomo pronto a devastare il Mondo un attimo prima e immerso nella lettura del giornale l'attimo dopo?
Shawn lo salutò marzialmente. Il rumore dei suoi passi mentre si allontanava rimbombava nella reggia, ma ne era bastato uno per cambiare le sorti del Mondo. Ed era stato compiuto.
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