27
Il silenzio respirava nelle stanze. Cercavano negli specchi l'ultimo riflesso della loro umanità. Volti che avrebbero avuto la stessa pelle, ma mai più la stessa espressione. La guerra lavava via le ingiustizie col sangue, ma incideva la giovinezza con lo stesso coltello. Non tutti i tagli sarebbero divenuti cicatrici. Non tutti gli uomini sarebbero rimasti umani. Solo i morti. Solo coloro che perivano prima delle lodi, che ricevevano fiori e non medaglie, che non avrebbero camminato un solo passo sulla testa dei loro fratelli; solo loro avrebbero conservato l'umanità intatta. La vittoria non donava pace ai cuori dei combattenti, prometteva solo riposo ai figli, ai caduti, agli oppositori. Camila si guardò allo specchio un'ultima volta. Addio.
Avevano stilato delle priorità. Attraverso la descrizione di Camila, avevano abbozzato una mappa su cui muoversi e studiare. Le opinioni erano tutte diverse, ma erano tutti concordi su quale fosse l'obiettivo primario: riportare a casa i ragazzi. Camila aveva offerto una mappatura sommaria dell'ambiente, lasciando ai ragazzi solo l'immaginazione come via alternativa. Non una tattica militare impeccabile. Nessuno si era perso d'animo, ma erano incrementate le occhiatacce da parte di Normani. Non solo si stavano avventurando dall'altra parte del muro, ma lo stavano facendo anche alla cieca.
«Perché non possiamo scegliere uno degli edifici che abbiamo già fatto perlustrare dai nostri infiltrati?» Aveva chiesto.
«Perché è arrivato il momento che anche loro ci temano.» Aveva risposto Lauren. Per quanto quell'abito si addicesse alle curve della verità, nascondeva una tasca piena di bugie. Normani lo sapeva. E anche Lauren.
Aveva cambiato idea perché Camila lo aveva proposto. Aveva più fede in lei che in una pistola carica, e non era solo la pericolosità della cieca fiducia a turbarla, ma anche vederla regalata ad una persona che non sarebbe mai stata lei, che non aveva mai fatto sforzi per guadagnarla e che non le sarebbe mai nemmeno somigliata.
Non ne avevano più parlato. Normani, recalcitrante ma diligente, si era presentata a tutte le riunioni e aveva esaminato minuziosamente il piano assieme agli altri. Adesso erano giunti ad una conclusione e dovevano solo metterlo in atto. Tre squadre composte da sei ribelli si sarebbero nascoste nei camion di ritorno a River Side. I ragazzi infiltrati al confine, si sarebbero assicurati di essere presenti quella notte. Una finta perquisizione dell'abitacolo avrebbe permesso ai gruppi di sconfinare senza rogne. La parte difficile arrivava dopo. Una volta raggiunto River Side, sarebbero stati da soli con le loro forze... E le loro prigioni. Sbarre di pensieri imprigionavano azzardate speranze. Le armi erano alla pari, ma anche la rabbia. Per la prima volta dopo innumerevoli anni, anche dall'altra parte del Mondo qualcuno soffriva. E soffriva dello stesso dolore inflitto agli ultimi: la perdita.
Avrebbero cercato di limitare i danni, ma sapevano di non poter sperare nello stesso trattamento dalla parte nemica. Per loro morire era una triste abitudine, ma per il nemico era un'inaspettata vergogna. C'era disonore nell'essere simili. Ignominia nel cadere tutti ugualmente. Se avessero potuto chiedere qualcosa al Cielo, avrebbero chiesto una morte diversa fra loro e gli altri.
Lauren sapeva quanto la rabbia fosse dannosa. Capiva perché la malattia sollevasse così tanta paura: perché non c'è male al Mondo che non sia figlio della collera. E i loro vicini erano indicibilmente arrabbiati. Non solo avevano seppellito i propri fratelli, ma avevano anche capito che non sarebbe stata l'ultima volta. Lauren sapeva, perciò, quanto sanguinosa sarebbe stata quella prima battaglia. Si scontravano generazioni di dolore, proiettili di sofferenza avrebbero rintronato orecchie sorde. Nessuno uomo si sarebbe salvato, nemmeno i vivi. Soprattutto i vivi.
Si appoggiò contro la scrivania e contemplò il paesaggio fuori dalla finestra. Per quanto le cose stessero cambiando, il palazzo restava sempre lo stesso. Ogni fuoco scatenato fino ad allora era solo un'altra luce che illuminava le finestre d'oro. Strinse più forte il bicchiere nella mano. Una sete che non si sarebbe placata. Potevano abbattere l'intero muro, ma solo quando le fiamme avrebbero finalmente avvolto le guglie intoccabili del castello, il Mondo avrebbe riconosciuto il Cielo estendersi più in alto di esse. Fino ad allora, nessuna nuvola passeggiava più in alto della bandiera. Lauren immaginò quel momento. Era un lusso che si concedeva da qualche tempo ormai. Da quando Camila aveva concretizzato le loro utopie. Ora la guerra non era più una dolce illusione dove trincerare le proprie amarezze: era divenuta una realtà dove rivendicarle tutte.
Tra qualche ora si sarebbe trovata a combattere dall'altra parte del muro. Provava a convincersi che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma siccome ogni verso era una canzone a sé, non conosceva le parole per intonare la melodia della rassicurazione. Però conosceva un luogo dove le avrebbe trovate tutte. Però, prima di recarsi lì, si diresse verso la stanza di Taylor. Era peggiorata di colpo. Aveva rifiutato le cure ogni giorno. Con un gesto mesto della mano e con gli occhi le diceva ciò che la voce non le concedeva più: "non otterrò altra vita con la vita tolta ad altri". Un po' la odiava per la sua integrità, ma capiva. Capiva che il rifiuto imitava la sua lotta. Era l'unico modo rimasto alle sue mani per non arrendersi.
Ormai era troppo tardi per rivedere anche quello. Taylor si era addormentata, dopo una violenta crisi. L'ultima. Respirava, ma non era più vita. L'unico rimpianto che l'avrebbe seguita per il resto dei suoi giorni, era quello di non esserci stata nell'ultimo attimo di lucidità della sorella. Aveva chiuso gli occhi conoscendone la sofferenza e anche la solitudine. Non poteva perdonarselo, ma non poteva nemmeno rimediare. Poteva solo combattere.
Lauren inspirò a fondo mentre entrava nella stanza. Fece un passo indietro sulla soglia, corrugando la fronte. Camila sedeva accanto al letto di sua sorella, le teneva la mano e le sussurrava parole di cui non carpiva la fisionomia ma ne riconosceva la dolcezza. Camila si voltò di scatto al cigolio dei cardini. Emise un sospiro di sollievo scovando il volto perplesso di Lauren. La corvina si sentì quasi la terza incomodo. Si scambiarono uno sguardo eterno, poi la corvina prese il coraggio di affiancarsi.
«Che..» Scosse flebilmente la testa. Non sapeva neanche articolare le domande senza apparire scortese.
«Scusa, non volevo rubarvi del tempo.» Mormorò, mantenendo intatta l'immobilità tacita della stanza.
«No.» Disse recisa. «No, non è... Vieni qui spesso?» Domandò infine, occhieggiando la mano della ragazza ancora stretta in quella della sorella.
Camila annuì: «Si.» Dedicò uno sguardo malinconico a Taylor. Lauren comprese che avevano condiviso più parole di quante ora potesse immaginare. «Mi spiace non avertelo detto.»
«No.» Scosse il capo con fare affabile. «C'eri tu con lei quando... Quando ha detto le sue ultime parole?» Deglutì a fatica.
Camila avrebbe voluto portarsi quel segreto in tomba, ma ne aveva già uno da seppellire con sé, preferiva alleggerire il peso almeno della terra sopra la sua testa. E poi, sapeva che Lauren non aveva più visitato quotidianamente la sorella perché non riusciva ad accettare che tutte le volte potevano essere l'ultima, ma sapeva anche che non si sarebbe mai perdonata di non essere stata presente nell'ultimo barlume di lucidità di Taylor. Anche per quello Camila aveva preso il suo posto. Aveva fatto per lei ciò che le era stato negato per Sofia. Sperava che smussare la solitudine di Taylor potesse in qualche modo arrotondare anche i sensi di colpa di Lauren.
«Si,» ammise, «ero con lei.»
Lauren sussultò. Quella ragazza non le prometteva solo una nuova vita, custodiva anche quella passata. Non riuscì stavolta ad andare oltre la costrizione del respiro, ma dal ritmo mozzato Camila intuì tutte le domande.
«Abbiamo parlato della sua giornata.» Ripercorse mentalmente quel momento. «Le ho raccontato dei nostri piani, di quanto fossi impegnata...» Camila la cullò gentilmente nelle braccia del suo perdono. «Era emozionata e ha detto che avremmo vinto. E penso che avesse ragione.» Sorrise tenuamente. Lauren non si muoveva. Pareva una statua, ma di sale ma per i mari nei suoi occhi.
«Ha detto altro?» Farfugliò tremando.
Questo Lauren, non posso dirtelo, pensò afflitta. Le pesava più nasconderle altre consolazioni che nasconderle il suo segreto, ma purtroppo essi coincidevano. Camila aveva rivelato il suo segreto a Taylor, prima che si addormentasse del tutto. La ragazza aveva già poca forza a quel punto, ma le aveva sorriso dicendole con l'ultimo filo di voce: «Credevi non lo sapessi?» Poi le aveva teso la mano e non aveva più aperto gli occhi. Da quel momento Camila, andava a trovarla e le stringeva la mano come quella volta, aggrappandosi più lei a Taylor che il contrario. Era stata l'unica a conoscere il suo segreto e a non condannarla. Le aveva teso la mano. L'aveva salvata prima di abbandonarsi. Lei l'aveva salvata.
«No, mi spiace.» Abbassò lo sguardo.
Lauren annuì mogia: «Grazie.» Disse in un sospiro. «Grazie per non averla abbandonata.»
«Non l'hai fatto nemmeno tu.» Camila la rimirò dritta negli occhi, non ammettendo smentite alle sue convinzioni. «Lo sapeva pure lei.»
«Cosa?»
«Che questa guerra l'hai scatenata in suo nome.»
Gli occhi di Lauren tremarono. Le onde dei suoi mari bagnavano le sponde delle sue ciglia. Deglutì faticosamente e fece un singolo cenno del capo. Non la stava solo ringraziando, le stava promettendo riconoscenza. Non avrebbe dimenticato la sofferenza di cui si era fatto carico in silenzio per toglierla dalle sue spalle. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di tanto altruistico per lei, soprattutto senza ostentarlo. Erano sempre i gesti taciuti a rivelare il vero eroismo. Nemmeno spodestando il Re avrebbe eguagliato il valore di Camila in quel momento.
Camila lasciò loro un momento di solitudine, ma Lauren le chiese di non allontanarsi. Attese pazientemente oltre la soglia. Quando la porta si aprì, pensò che la corvina volesse riascoltare i dettagli della storia, con la stessa tenacia di chi ha perso qualcuno prima di poterlo salutare, ma invece le disse solo: «Seguimi.»
Camila aggrottò le sopracciglia, ma non replicò. Camminava svelta per i corridoi, conducendola verso zone inesplorate. Imboccò una rampa di scale diroccate. «Non era inagibile?» Chiese confusa Camila.
«No, ho solo deciso di tenere per me la verità.» Confessò la corvina, scaturendo una viva curiosità in Camila. Anche lei occultava segreti fra le mura del suo regno?
Lauren non si voltò mai a vedere se Camila tenesse il passo. Sembrava impaziente di raggiungere il luogo. Le mura di quel corridoio apparivano più vecchie delle altre. La fuliggine aveva dipinto quadri astratti sulla roccia e il tempo aveva rosicchiato le assi del pavimento. Non si sentiva sicura, ma la curiosità batteva il timore. Lauren proseguì a dritto fino in fondo. Sulla destra si trovava solo una finestrella. Svoltò a sinistra. Una porta le separava dalla meta. Lauren estrasse la chiave legata al collo.
«La nascondi come un crocifisso?» Scherzò dolcemente Camila.
Lauren si voltò con le labbra incurvate allegramente: «Questo è meglio di ogni preghiera.»
Finalmente fece scattare la serratura, schiudendo le porte ad un Mondo di carta... letteralmente. Lauren nascondeva scaffali pieni di libri, custodendoli gelosamente per sé.
«C'è anche una copia delle Leggi?» Le rivolse un sorriso giocoso, ma Lauren scosse seriamente la testa.
«Non sono libri.» Dichiarò, facendo inchinare le sopracciglia di Camila verso il centro. «Sono diari.»
«Diari?» Scrutò la stanza con un volo di ciglia. «Com'è possibile che qualcuno abbia scritto così tanto in una sola vita?»
«Non l'ha fatto. Sono diari di più persone e sicuramente non di questa vita.» La fissò dritta negli occhi, proprio dove Camila cercava risposte. «Appartengono alle persone vissute prima di noi.»
«Prima del Muro?»
Scosse la testa: «Prima di questo Mondo. Prima delle radiazioni.»
Camila sgranò gli occhi, balbettando frasi insensate. L'emozione l'aveva sbigottita. Era già improbabile stanare scritture prima del muro, figuriamoci risalenti a tempi ancora più lontani.
«Io non conosco molto del vecchio Mondo.» Incespicò. Aveva trascorso intere nottate a chiedersi come vivessero prima di lei. Le pareva impossibile trascorrere la giornata senza preoccuparsi delle radiazioni, eppure qualcuno era stato abbastanza fortunato da conoscere anche quel privilegio.
«Nemmeno io.» Ammise umilmente Lauren. «Ma ho imparato tanto sbirciando.» Le fece un cenno verso gli scaffali, spronandola a fare lo stesso.
«Posso?» Domandò con aria infantile, provocando un sorriso spontaneo nella corvina che annuì incoraggiante.
Camila lesse ancora una volta gli occhi della corvina, sincerandosi di avere il suo permesso, ma soprattutto evincendone le rassicurazioni. Adagia si approssimò agli scaffali. Fece scivolare prudentemente le dita sulle costole dei diari. Secoli perduti le carezzavano la pelle. Le mancava il respiro. Non poteva credere di poter dare una risposta alle sue vecchie domande. Trattenne il respiro mentre sceglieva un diario da cui cominciare. Estrasse lentamente le pagine rilegate. Uno strato di polvere ricopriva una vita. Aprì cautamente. Le pagine incartapecorite conservavano ancora immacolate le parole
18.06.2007
Oggi Jacob non ha parlato con me. Assurdo. Lo odio, ogni giorno di più. Lui e i suoi riccioli castani. Perché non può parlarmi come fa con tutte le altre? Vorrei tanto che si accorgesse di quanto mi impegno per essere alla sua altezza, ma pensa solo al rugby e al collage. Ah, uomini.
Un risolino sfuggì dalle labbra di Camila: «Non posso credere che questi fossero i loro pensieri.»
«Già.» Sorrise la corvina. Si rilassò contro uno scaffale, a braccia conserte spiava l'espressione fascinata e stupita di Camila alternarsi sul suo volto.
Ne sfogliò un altro: «Una festa a cui non essere invitata era il loro massimo problema?»
«Scommetto che anche scegliere la musica non fosse così facile.» L'assecondò spiritosamente l'altra, ottenendo dall'altra una debole gomitata nel fianco che non le tolse il sorriso.
«Mio Dio.» Camila era esterrefatta. Era esistito davvero un Mondo prima di loro ed erano stati anche fortunati, ma a quanto pare nessuno se ne era accorto. Beh, non prima dei venticinque anni almeno, che era l'età in cui i diari assumevano un tono più spensierato.
Alla stessa età a cui le ragazze piangevano per aver perso il primo amore, lei non aveva già più lacrime per le prossimi lapidi.
«Perché non hai detto agli altri di questo posto?» Chiese Camila, appoggiandosi contro lo scaffale. Spalla contro spalla a Lauren.
«Perché certe cose è meglio non saperle. C'è già troppa rabbia al mondo di oggi, per detestare anche quello di un tempo.»
Camila alzò il naso dal diario per spostarlo su Lauren. Anche lei era un libro aperto. «Tu però non lo detesti.» Disse sommessamente, scandagliando la sua espressione tranquilla.
Abbozzò un sorriso tiepido: «No. Io no.» Si voltò verso di lei. Era più vicina di quanto credesse.
«Perché?»
I loro occhi non si erano staccati nemmeno per un secondo. Acque dentro le acque si mischiavano senza confondersi, ma battevano la riva mai uguali. «Perché a loro è stato tolto tutto da un giorno all'altro, come a me.» Proclamò. Camila abbassò lo sguardo, annuendo. «Come a noi.» Si corresse Lauren.
Guizzò nuovamente nel suo sguardo, fulminea. Soppesava le loro sofferenze sullo stesso piatto della bilancia. Le era grato di quello. Forse, col tempo, tutti l'avrebbero accettata, ma nessuno avrebbe mai riconosciuto la sua sofferenza come la propria. Nessuno tranne Lauren. Avrebbe voluto abbracciarla. Forse avrebbe voluto anche qualcosa di più... Ma non poteva rischiare di perdere quel legame con lei, l'ultimo nodo a legarla all'umanità. Senza era solo una vagabonda nella sua stessa vita. Così distolse lo sguardo, scegliendo l'unione piuttosto che l'impatto.
Si girò di spalle con la scusa del libro e lo ripose al suo posto: «Li hai letti tutti?» Chiese senza voltarsi.
«No. Solo i primi due scaffali e alcuni qua e là degli altri due, ma non tutti ancora. Non ho abbastanza tempo. A proposito...» Consultò l'orologio. «Dobbiamo andare, gli altri ci staranno aspettando.»
«Certo.» Ma non si mosse. Non voleva girarsi e incontrare il suo sguardo di nuovo. Così vicino, così caldo. Attese che la corvina si fosse allontanata di qualche passo per seguirla.
Osservò le sue spalle defilarsi verso la soglia. Giurò di proteggerle. Quella notte e anche per tutte le altre battaglie. Non era vero che per sconfiggere il Re ci volevano due Regine: ne bastava una sola ed era Lauren.
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