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The Sweet Sound Of You



It's get hard to find the time to say
The things we know we should be saying.
But when I think it's gone
I still hear the sweet sound of you.

————

Nella penombra della stanza cerco i miei vestiti tentando di non svegliare la ragazza nel letto. Le luci della città rischiarano ancora la notte e per qualche istante mi perdo nel ritratto delle tenebre. 

«Stai andando via?» Una mano mi trova nell'ombra. É strano come lo stesso tocco che ha esplorato il mio corpo mi risulti indifferente adesso.

«Si, non volevo disturbarti.» Non volevo parlarne, sarebbe la verità, ma la verità non ha bisogno di essere pronunciata se serve solo a ferire.

«Puoi restare.» Abbozza un sorriso, ma nella sua gentilezza non c'è niente per me.

«Un'altra volta.» Sorrido dolcemente, ma sposto il braccio. Questa notte è tua, io no però. Sgattaiolo fuori dalla camera. Osservo come la sua sagoma si lasci inghiottire dal buio assieme al ricordo.

Quando esco in strada, non ho idea che parte di città sia questa. Il freddo mi congela il respiro. Mi stringo nelle spalle dirigendomi verso il nulla. Le luci accecanti disperdono la città. I mozziconi delle sigarette conservano insulti, lacrime, motteggi e sogni di voci sconosciute. Quando ne calpesto sposto il baricentro di una vita. Mi immergo in una strada secondaria e per evitare ombre e passi, mi intrufolo in un bar solitario.

Alcuni avventori stanno consumando l'ennesimo sbaglio della giornata, mentre altri stanno sorridendo del primo. Mi siedo al bancone e ordino un Manhattan.
Notando l'alone grigio all'interno del locale, accendo una sigaretta indisturbata. Che strana fine fanno i sogni quando li hai già vissuti.

«Posso?» Una voce soave mi si fa vicina.

Mi volto verso di lei. Attraverso il fumo e i pensieri emerge una donna dai capelli corvini e gli occhi verdi. Sembra una strega. É solo la magia.

Le faccio segno di accomodarsi. La donna mi domanda se ho da accendere, poi approssima la sigaretta al mio accendino. La fiamma le schiarisce il viso. É molto bella. Come ci é finita tanta bellezza nel luogo più sordido del mondo? Si siede al mio fianco e aspira lentamente. Se un quadro avesse preso vita, le somiglierebbe. É così che mi sento.

«É una bella serata per stare altrove.» Il suo tono melliflue é sfuggente.

«Non sono mai stata qui.» Mi difendo miseramente.

«Oh, no di certo.» Un sorriso indiscreto corrompe il suo volto. Mi chiedo cosa intenda, ma me lo dirà solo il tempo. Non è una donna da domande.

«Mi sono persa qualcosa?» Azzardo. Continuo a contemplare il suo profilo avvolto nel fumo del suo stesso respiro.

«Resta per scoprirlo.» Abbozza un sorriso e per la prima volta mi degna di uno sguardo seppur parziale. Spegne la sigaretta nel posacenere e si allontana flessuosa verso il piccolo palco dall'altra parte della stanza.

Ticchetta sul microfono come se qualcuno, oltre me, la stessa davvero ascoltando, poi inizia a cantare. Un pianoforte la segue librando nell'aria una melodia baritonale e onirica. La donna intona una sinfonia irriconoscibile ma ipnotica. Nessuno le presta davvero attenzione il che amplifica la sensazione di sentirla cantare solo per me. É esoterica per quanto sia bella. Vorrei questa notte non finisse mai. Vorrei che cantasse per sempre. É probabilmente in quel momento, aggrovigliata fra sogni e fumo, che decido di volerla. Rimango fino alla fine della performance e aspetto si cambi, poi aspetto ancora che torni da me e lo fa. Mi propone di accompagnarla a casa e mi sembra di essere qui solo per questo.

Camminiamo attraverso la notte adesso aggredite dal freddo della sera ma con le spalle dritte. Ancora non mi ha detto il suo nome ma mi ha raccontato come sia finita a fare la cantante in periferia, di come tutto le appaia lontano ora che é cresciuta e il mondo é divenuto un imbuto. Quando arriviamo sotto casa sua, mi chiede se abbia voglia di salire e si scusa in anticipo per il disordine.

La sua casa é come lei. Grande, ma a soqquadro. Bella, ma ingarbugliata. Artistica, ma segreta. La immagino a vivere qui, me la figuro in tanti modi e sono tutte proiezioni di me stessa.

«Vuoi bere qualcosa?» Anche nella sua cortesia c'è un che di freddo.

«Si, grazie.» Mi guardo ancora attorno quando mi porge il calice di bollicine.

«C'è qualcosa che ti piace?» Chiede sorseggiando.

«Le piante, i vinili.» Scrollo le spalle sorridendo impacciata. Sento di aver sconfinato in una cosa più grande di me. Lei é magnetica, io sono solo curiosa.

«Mettiamo su un disco.» Distrattamente ma con studiata precisione fa scivolare il braccio sul mio polso mentre mi supera e la mia mano si stende per cercare la sua ma le sfugge. In quel gesto piccolo ma disperato c'è una confessione che il tempo non rivelerà in modo migliore.

Scorre con l'indice le coste dei vinili fino a scorgerne uno di suo gradimento. Il disco sguscia dalla copertina e un sorriso fievole le contorna il volto. «Questo é il mio preferito.» Dichiara premendo play.

Riconosco subito la melodia perché é la stessa che mi ha portato qui. Non é la sua voce, ma sono le stesse parole. Questa musica che mi accompagnerà per tutta la vita, che mi perseguiterà nelle notti di passione ricordandomi dell'amore. Sarà terribile, ma sarà per sempre.

La osservo ondeggiare sinuosamente a ritmo di musica. Il suo bacino mi tormenta e mi dileggia, mi ispira e mi avvince. Nessun movimento é malizioso, ma tutti sono sensuali. Questa donna, sono sempre più convinta, sia parte di una fantasia. Probabilmente sono ubriaca, ma forse è solo fortuna. Si volta verso di me. Il calice contro le labbra sorridenti, le braccia in aria e lo sguardo fisso sul mio rossore. Nessuna donna mi ha mai imbarazzato prima. Mi sento una musa, mi sento una vittima. Che poi sono la stessa cosa.

«Danza con me.» Allunga la mano. Un demone che ti invita in paradiso, come dire di no?

Mi approssimo timidamente, incerta persino del corpo con il quale, qualche ora fa, ho saputo lusingare qualcun altro. Eppure ora mi sembrano tutti ricordi lontanissimi, di un'altra vita. Mi sembra di non aver amato nessuno, di non aver mai sofferto, di non essere finita nei letti sbagliati per aver avuto il cuore spezzato. Di non aver spezzato il cuore a qualcun altro solo per dispetto. Mi sembra di essere un'altra e di potermene vantare. Tutto questo solo perché la sua mano ha afferrato la mia.

Il suo petto sfiora il mio, il suo alito mi solletica la pelle. Brividi e bollicine sono la stessa cosa ora. Il suo bacino lambisce il mio di tanto in tanto, mentre le sue dita scivolavano fra le mie per non discostarsi mai del tutto. Penso di volerla più vicina, penso di non potermelo permettere. I suoi smeraldi sdrucciolano sulle mie labbra e proferisco sommessamente il mio nome.

«Camila.»

La corvina poggia le dita sulla mia bocca come per stringere le sillabe o ricacciarle indietro: «Lauren.» Non mi capacito di come la mia malia sia identica alla sua. Lei é intoccabile, io sono inconsistente. Chiunque morirebbe per lei, nessuno tornerebbe in vita per me. Perché? Perché ora, mentre mi guarda, sento che non c'è differenza nel nostro modo di volersi? Se la stringessi rovinerei tutto?

Lauren accarezza le mie labbra con le sue, ma nessuna delle due preme per incontrarle. Restiamo sospese per un po'. Non ha smesso di ancheggiare. La sua mano é ancora nella mia. Ci ripenserò infinite volte. Alla fine é lei a baciarmi. La sua lingua tocca la mia, che non aspettava altro e glielo comunica con voracità, con avidità. Il suo braccio si arpiona al mio collo e il mio palmo si schiaccia sulla sua schiena. La voglio vicina, la voglio mia. É mentre assaggio il suo respiro che il mondo si capovolge. É un attimo di sregolatezza. Un attimo di bramosia. Un attimo di follia. E io non sono più la stessa. Tutto si immobilizza, rimango attonita per il desiderio, sconcertata per averlo sempre cercato nel posto sbagliato.

La musica resta in sottofondo fino alla sua camera, poi il disco squittisce e nessuno pensa a rimettere la canzone daccapo perché siamo già cadute in un desiderio sfiancante che ci terrà sveglie fino alla mattina. E nessun altro mi avrà di nuovo in questo modo.

Quando mi sveglio, il sole mi incolpa dei miei peccati eppure li fa risplendere d'oro. La donna é ancora accasciata al mio fianco, nuda e libera. Scosto la ciocca di capelli corvini dal suo viso. É reale. Non ci avrei giurato. Un mugolio interrompe il mio farneticare.

«Sei qui.» Proferisce con voce arrochita, e con la mano trova la mia. É diverso dalle altre volte. Non sento il peso estraneo di una donna sconosciuta sulla passione della mia pelle. Sento il bisogno delle sue dita persino sui miei lividi.

«Si, scusa.» Sospiro dandomi un contegno.

«Ti volevo qui.» Dice e io le credo. Le credo. Che magnifica sensazione d'abisso.

Mi bacia il dorso della mano. Porterò con me quest'immagine per tutta la vita. Le labbra di tante altre donne mi baceranno in posti proibiti, ma nessuna si ricorderà dei luoghi alla luce del sole.

Mi alzo dopo un tempo indefinito ma lungo. Lauren resta sprofondata nel calore delle nostre carezze. Se potessi farle una promessa, sarebbe quella di non dimenticarla. Invece, stavolta, invece di vestirmi e andare via, cammino scalza e nuda nella sua cucina. Le preparo la colazione, spengo il giradischi, osservo la città svegliarsi senza coprire un centimetro della mia lussuria. Quando i suoi passi mi trovano sono già pronta a chiederle di restare.

«Vuoi restare per la colazione?» Anche lei non si è vestita.

«Si.» La ringrazio.

Consumiamo il pasto ancora nude, sedute al tavolo della cucina, ridacchiando di noi stesse. É difficile non volerlo per il resto dei miei giorni. Credevo il cuore non potesse più ripararsi, ma ora mi sento talmente bene che nessun dolore mi pare averlo toccato.

«Camila, é stato bello, ma non puoi restare.» Dice improvvisamente e ne rimango sorpresa.

«Perché?» Suono stupida, ma almeno sorrido.

«Perché tra poco tornerà mia moglie.»

Aspetto che il colpo disintegri tutto. Aspetto di tornare a soffrire, di sentire l'apatia pervadermi subito dopo il terrore, ma invece niente di tutto ciò succede. Fuori c'è ancora il sole e sento che anche dentro di me si é accesa una luce che avrà sempre il suo nome ma la mia voce.

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