She's not dead pt2
«Quando é stata l'ultima volta che hai fatto davvero quello che volevi fare?»
Io la guardo. Lei mi guarda. Nemmeno essere qui é una mia decisione, ma una necessità. Almeno che la voce nella mia testa non sia divenuta la mia volontà.
Quanto é breve il passo fra il volere in quanto oggetto e il volere in quanto raziocinio? Ho come l'impressione che ciò che desideriamo divenga, prima o poi, il modo in cui pensiamo, agiamo, parliamo. Più stai lontano da ciò che vuoi, più quella cosa ti possiede. Ma quando stai a distanza da ciò che sei, chi é il tuo padrone?
Scuoto la testa, intimidita e imbarazzata. Ho paura di affrontare il tempo ripercorrendolo indietro e avvampo all'idea di quantificare il baratro in numeri. É molto più facile quando la grandezza della voragine non é categorizzata.
«Non me lo ricordo.»
«Balle.» Il sibilo gelido é inconfondibile. «Lo sai, ma hai paura di tutto ciò che ricordi.»
«É stato tanto tempo fa, comunque.» Non so a chi stia rispondendo delle due, ma sto cercando di sbarazzarmi di entrambe in un colpo solo.
«Prova a sforzarti. É importante riconoscere il momento in cui perdiamo noi stessi. É il primo passo per venirsi incontro.» La dottoressa si aggiusta gli occhiali sul naso e io penso solo che vorrei romperglielo. Il suo sorriso affabile mi fa sentire solo peggio. Adesso abbisogno dell'accondiscendenza degli altri per essere coraggiosa? No grazie.
«Ho detto che non lo so.» Suono più scorbutica di quanto vorrei, ma quando le cose si mettono male ergo un muro sopra le mie crepe.
La dottoressa occulta malamente un sospiro. É la terza settimana, forse la quarta, che resisto alle sue pressioni. Vorrebbe aiutarmi, ma io non so come accettare ciò che potrebbe salvarmi solo attraverso il dolore. Si guarisce solo con la ferita aperta, mi ha detto qualche mese fa, ma io mostro cicatrici anche dove zampilla il sangue. L'importante é suturare, apparire interi, compatti, a chi importa cosa c'è sotto?
«Puoi mentire a lei, ma non a me.» Lauren si inginocchia vicino alla mia poltrona e solo allora mi accorgo di aver stretto i braccioli fino alle unghie. «L'ultima volta che sei stata te stessa, io ero ancora viva. É questo il problema? Hai perso la tua identità cercando di non dimenticare la mia? Dovrei sentirmi in colpa o chiederti scusa? Perché non farò nessuna delle due.»
«Adesso sta' zitta!» Grido a pieni polmoni. Il respiro mozzato é l'unico rumore a frangere l'aria.
«Lauren é qui con noi?» Domanda la dottoressa, squadrando il vuoto accanto a me come se avesse da dire più della mia persona. Un fantasma é più espressivo del mio volto, ma questa non é una novità: siamo fatte della stessa ombra. «Che cosa ti sta dicendo, Camila?»
I nostri sguardi non si sono abbassati e la voce della donna é solo un suono fuori campo. Lauren solleva le sopracciglia aspettando che dia forma alle sue parole. Sono venuta qui per annientarla, ma ogni volta ne esce più forte di prima. Finché la sua voce rimane nella mia testa, ha dei confini circoscritti; ma quando la traduco in realtà, é come se le allungassi la vita. Eppure. Non posso azzittirla con un coltello, dunque dovrò essere brava al suo stesso gioco.
«Ha detto che l'ultima volta che sono stata me stessa era con lei.» Dichiaro ad alta voce. Ci ho messo un po', ma adesso non arrossisco a parlare per lei come se lei fosse davvero qui. «Sono bipolare, dottoressa?»
Un sorriso gentile colora le sue labbra più del rossetto aranciato: «No, Camila.»
«Ho un disturbo di personalità? Una crisi d'identità? Insomma, perché cazzo mi succede questo?» Indico la donna al mio fianco, ma le mie mani cadono nel vuoto. Quanto vorrei colpirla. Anche solo una volta. Sentire la sua mascella crocchiare. Almeno saprei di poter combattere ad armi pari, invece nemmeno questo mi é dovuto.
«Niente di tutto questo, temo.» Il mio silenzio la sprona a proseguire. «Credo si tratti di una proiezione. Invece di riscontrarla negli altri, la crei in Lauren. Lei ti dice tutto quello che il tuo inconscio sa, ma che il tuo conscio non accetta. Essenzialmente, sono i tuoi sensi di colpa fatti persona. Ciò che lei pensa di te, viene da te.»
«E allora perché la vedo e la sento così vividamente?» Ne approfitto per lanciarle uno sguardo truce, ma il suo sorriso sardonico é immune alle mie minacce.
«Il dolore si manifesta in tanti modi, più di quanti conosceremo mai. So che la sua presenza é una tortura, ma se non fosse qui dove sarebbe? Te lo sei chiesta?» Inclina la testa e assottiglia gli occhi. Sta aspettando la mia reazione come si aspetta l'esplosione di una mina: é già carica, deve solo fare boom. Io sono la mina o il piede che ci sta sopra?
Mi focalizzo sulle sue parole e, paradossalmente, fatico davvero ad arrivare alla risposta più semplice. Le risposte più evidenti... Non sono sempre quelle che evitiamo di più?
La mia bocca si schiude, ma non spiccica parola. Rimane tutto dentro. Al secondo tentativo i miei occhi sono già lucidi. Per quanto mi sforzerò, non riuscirò ad obbligare me stessa a dirlo ad alta voce. Ci sono cose che non sussurriamo nemmeno all'orecchio della notte. Bisbìgli sulle labbra che chiamiamo parole ma sono solo respiri a metà.
«Stai piangendo per me?» Lauren scoppia in una risata fragorosa, contorcendosi come un pupazzo a molla. «Dio, Camila. Sei la persona più spassosa sulla faccia della Terra.» Lo penso io? Lo sto dicendo a me stessa per tutte quelle volte che mi sono sentita un pagliaccio nel Mondo normale? Non c'è stata nemmeno una situazione in cui non mi sia sentita fuori posto, comica nella mia esistenza, ridicola nella mia perseveranza.
«Piangi per la donna che odi? Mio Dio.»
«Io non ti odio.»
Lauren gira di scatto la testa verso di me e il frastuono si decompone in silenzio. Questa non se l'aspettava, così lo ripeto di nuovo. «Non ti odio.»
La corvina mi squadra e, con passo cadenzato, si approssima a me. Sono l'ostaggio del suo tempo o del mio?
«Spiega a Lauren perché non la odi.» Mi esorta la dottoressa, ma il volto della ragazza ha già interferito con la ha traiettoria. Riesco a vedere solo i suoi occhi e sono così simili a come li ricordavo che un'altra lacrima mi tradisce.
«Non ti odio perché odiare te significherebbe odiare me stessa.» Digrigno i denti. Fingo ci sia uno specchio al posto del suo viso, ma il suo ghigno é l'opposto del mio.
«E quando le dirai che ti odi già?» Si imbroncia mefistofelica.
Se lei é me, allora ha ragione? Se io non lo sento esiste comunque, da qualche parte del mio essere? Esistono molte parti nell'uomo che agiscono senza far rumore, questa é una di quelle?
«Ti stai chiedendo se abbia ragione?» É attonita. Non é il mio beneficio del dubbio a sconvolgerla, ma il dubbio stesso. «Per favore, Camila. Hai sempre agito contro te stessa. Mi amavi, ti sei dichiarata etero. Volevi una carriera insieme, te ne sei andata. Non volevi passassi del tempo con Lucy, mi hai detto di uscirci insieme. Shawn ti disgustava, l'hai baciato. Volevi starmi vicino, hai rifiutato tutte le mie chiamate. C'è mai stata una cosa, una sola cosa, che tu abbia fatto senza auto-distruggerti?» Adesso ho capito perché é qui. La morte é l'unica certezza nella vita e lei é venuta a insegnarmi quanto chiara più essere.
Ma se io sto parlando a me stessa, allora posso anche rispondere.
«Si, una cosa c'è.» Annuisco e la fisso dritta negli occhi. «Conoscere Lauren.»
«Lauren sono io, stupida imbecille! E Dio mi riporti in vita se non sono la tua più grande distruzione!» Allarga le braccia come ad indicare il posto dove siamo. Questo dovrebbe riassumere tutto, é vero, ma é anche il contrario. Sono venuta qui per salvarmi, per conservare i ricordi di Lauren, per allontanarmi da questa versione sadica che la mia testa ha creato come Tartaro personale. Cercare di essere migliori non é già amore?
«Tu non sei lei. Non lo sarai mai. Per quanto tu voglia convincermi, io non vedo Lauren quando ti guardo.» La corvina torna più vicina e mi fissa imperterrita. «Lei non era cattiva. Non era meschina. Non mi avrebbe mai parlato così. Io invece sì. Parlo così a me stessa da tutta la vita.» Un sorriso amaro increspa le mie labbra, le sue si sono appiattite. «Quindi, se vuoi assomigliarle, inizia ad usare parole d'amore, altrimenti non sarai mai come lei. Vuoi essere il mio tormento? Accomodati. Ma saprò sempre la tua bugia. Vuoi essere Lauren? Allora dovrai accettare l'opposto dell'odio che cerchi in me.»
Il trillo dell'orologio vibra nell'aria e sono talmente immersa nelle particelle della realtà che quasi posso discernere le onde attorno a me riportarmi a galla e, proprio come se uscissi dall'acqua, riprendo aria.
«La seduta é terminata, Camila.»
Questa non é una seduta, é un ring. Non vince chi colpisce più forte, ma chi incassa meglio i colpi. Oggi nessuna delle due. Entrambe avremo qualcosa a cui pensare, e se pensiamo con lo stesso cervello, ci incontreremo nello stesso posto stanotte e continueremo a lottare. Decideremo cosa perdere. Insieme.
A volte quello che muore diventa più tuo di quanto sia stato mai. Non perdi niente, lo ritrovi solo in modo diverso e sempre dentro di te.
Ma a volte é proprio questo il problema.
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