Ancora Tu.
Stavo ascoltando una canzone a cui tengo molto e mi è balenata in mente quest'idea. Non potevo andare a letto senza averla scritta. Scusate l'orario.
Buona lettura.
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Non poteva essere più contenta di essersi finalmente alleggerita del cappotto. Aveva indossato i jeans per l'aria vespertina, ma adesso che era attorniata da minigonne succinte e scolli vertiginosi non riusciva a fare a meno di stringersi nelle spalle, ma non a causa del freddo.
«Camila!» Dinah le andò incontro a braccia aperte, sciogliendo la rigidità dell'amica in un abbraccio affettuoso. Erano passati solo pochi mesi, ma per come si stringevano sembrava trascorsa una vita. «Sei stupenda, come sempre. Sono così contenta di rivederti, non sai quanto.» Quel sorriso smagliante accompagnato dalla piacevole carezza sulla spalla annullava un po' le distanze temporali, ma i loro occhi si scrutavano solo per pochi secondi, proprio come due conoscenti senza alcun argomento in comune.
«Beh, com'è l'Europa? Bella come dicono?» Chiese Dinah, tentando di ignorare l'impasse di silenzi.
«Di più.» Annuì Camila, crogiolandosi nel ricordo delle mattina a Parigi e le sere a Roma. Era stata una decisione sofferta, ma alla fine era stata anche la migliore che potesse prendere,
«Bene, bene.» Il palmo si era arrestato sulla spalla di Camila, così come le parole sulle labbra di Dinah. «Vuoi salutare le altre? Ally non fa altro che parlare di quanto le sei mancata.» Roteò gli occhi al cielo, ma per come le dita si serravano sul suo braccio intuì che Ally non era stata la sola ad avvertire la sua mancanza.
«Certo, volentieri.» Disse abbassando lo sguardo.
«Coraggio, ti faccio strada.» Dinah salutò distrattamente qualche ospite e promise ad altri che avrebbe presto rifornito il barile di birra. Intanto Camila si guardava attorno spaesata. Non era più abituata alle feste, al rumore, alla musica alta nelle orecchie e al doversi scusare ogni volta che andava a sbandare contro qualche schiena. A Parigi vi erano marciapiedi abbastanza larghi per evitare cozzamenti.
«Guardate un po' chi vi ho portato.» Dinah introdusse Camila come se avesse appena estratto un coniglio dal cilindro. Per fortuna la reazione fu la medesima di quella ottenuta da un braco mago. Ally balzò in piedi e strillò più forte delle casse, sforzando gli alluci per abbracciarla senza remore. «Sembra passata un'eternità. La scuola senza di te non è stata la stessa. Devi raccontarmi tutto, eh! Non vedo l'ora di conoscere i dettagli e...»
«D'accordo, lasciala respirare magari.» Intercedette più flemmatica Normani, ma senza rinunciare ad un abbraccio. «Siamo felici di rivederti ancora tutta intera.» Le sorrise scrutando il suo viso con la stessa serietà di chi credeva di scorgerci qualcosa di nuovo.
«Sono partita per qualche mese sabbatico, non mi sono arruolata.» Ridacchiò Camila, scostando un ciuffo dietro l'orecchio. Tendeva a minimizzare le sue scelte, o addirittura a ridicolizzarle, per non doversi domandare perché aveva dovuto prenderle.
«Beh, hai affrontato il traffico di Roma... È più o meno lo stesso.» Soggiunse Normani, strappando un sorriso tiepido a tutte.
«Ah beh, certo... Certo.» Convenne Camila. Non avrebbe voluto voltarsi, ma era più forte di lei. Era un gesto del tutto disinteressato, ma bastò per innescare una ragnatela di occhiate fra le astanti, che credevano di aver dedotto perché Camila peccava d'attenzione.
«Perché non ti siedi con noi? Io devo rifornire qualche scorta di birra, ma dopo potremmo chiacchierare di.. qualsiasi cosa tu voglia.» Adesso che i saluti e gli abbracci erano terminati e la supremazia tornava in mano della parola, nessuna delle presenti deteneva la pretesa di saper di cosa parlare con l'altra, e per quanto tutte si sforzassero di farla sentire accolta Camila non riusciva a fare a meno di indietreggiare.
«Ah no, cioè mi piacerebbe, ma sono passata solo a salutare. Sono atterrata solo poche ore fa, e vorrei riposare.» Annuivano tutte senza addurre fiato. «Magari un'altra volta, ecco.» Si, la rattristava sentirsi così lontana da quelle che considerava le sue migliori amiche, ma sapeva a cosa andava incontro lasciandosi tutto alle spalle. Dal momento che aveva spento il cellulare, non aveva mai creduto che sarebbe stato facile rinsaldare il rapporto.
«Certo! Farebbe piacere a tutte, non è vero?» L'entusiasmo di Ally non si abbinava con i sorrisi di plastici delle altre due, ma Camila apprezzò lo sforzo collettivo.
«Fantastico. Non serve che mi accompagni, Dinah. Buonanotte allora.» Nemmeno la prima volta che si erano conosciute c'era stato tanto gelo.
Camila virò velocemente le spalle e venne inghiottita troppo rapidamente dalla folla per poter cambiare idea. Il cappotto era ancora dove l'aveva lasciato. Uscì talmente di fretta che non fece in tempo ad indossarlo, rabbrividendo alla prima folata. Il tessuto le riscaldò le spalle l'attimo dopo, ma prima che potesse bearsi del contatto, ve ne fu un altro, di contatto, che la raggelò più dell'ululato del vento.
«Mi disp...» Lauren non era mai stata brava con le scuse, figuriamoci se doveva farlo poi con un fantasma. «Camila?»
«Ciao.» Si limitò a rispondere, come se si fossero viste poco tempo prima e non sei mesi fa.
Le palpebre della corvina sfarfallavano attonite: si muovevano più fragili e rapide delle foglie scosse dalle raffiche. «Io.. Non sapevo fossi tornata.» Forse non era esattamente quello che immaginava di volerle dire dopo sei mesi di assenza, ma in quel momento tutti i suoi discorsi volevano via più celeri della polvere sulla strada.
«Sono tornata oggi.» Annuì la cubana, giustificando la lacuna della corvina.
«Oh beh, bentornata allora.» Lauren ingoiò il magone e le regalò un timido abbraccio. Camila si strinse alle sue spalle senza riconoscerne davvero le forme. Lauren pareva aver dimenticato come si stringevano un tempo, ma non per questo rimase meno a lungo fra le sue braccia.
Quando si allontanrono, entrambe si scrutarono negli occhi trovando sguardi sconosciuti. Camila dovette aggrapparsi a tutte le sue forze per non mettersi a piangere. Non aveva idea del perché le lacrime le pungessero gli occhi proprio adesso se in tutti quei mesi non ne aveva asciugata nemmeno una, ma probabilmente credere di essere preparati a perdere qualcuno è diverso che vederlo scivolare via direttamente davanti ai propri occhi.
«Scusami, sono un po' stupita, ma sono davvero felice di vederti.» Disse Lauren con quanta più sincerità possibile. A quello non faceva fatica a crederci.
«Anche per me, davvero.» Ci tenne a puntualizzarlo, visto com'erano finite le cose fra loro... Lauren aveva combinato un casino con lei, come sempre, solo che le scuse non erano state abbastanza e i fatti si erano rivelati essere mere parole a cui Camila non poteva più ancorarsi perché invece di un salvagente si erano rivelati un iceberg.
«Io.. Non so, è passato così tanto tempo. Cioè non così tanto, in fondo sei mesi non sono troppi, no? Però in sei mesi succedono tante cose. Molte.» Farfugliò la corvina, lottando contro i fruscianti capelli. Il modo in cui aveva sottolineato "molte" aveva indotto Camila a non approfondire l'argomento. Era andata via per non sapere, ma solo perché era tornata non significava che fosse pronta a sentire. Lauren non era il genere di persona che restava da sola a lungo, e il pensiero che qualcuno avesse potuto prendere la parte migliore di lei, la parte che in qualche modo Camila si illudeva di aver coltivato, era ancora troppo da accettare. Come annaffiare tutti i giorni un fiore solo per vederselo strappare da sotto il naso, radici comprese.
«Certo, indubbiamente.» Non aggiunse altro. I suoi occhi detestavano doversi spostare così spesso verso il basso, ma non poteva permettere alle guance di arrossarsi.
«Perché non ti fermi un po'? Mi farebbe piacere sapere che cosa hai combinato in Europa.» Lauren si mordeva il labbro quando credeva di aver detto qualcosa di sbagliato, e ora se lo stava torturando.
«Vorrei, ma sono davvero stanca, e la musica rock non concilia il sonno.» Ridacchiarono, ma fu un momento talmente plastico che Camila quasi si pentì di aver azzardato una battuta.
«Magari la prossima volta?» Scrollò le spalle Lauren, ma il modo in cui serrava i pugni lasciava carpire quanto disperatamente avesse bisogno che ci fosse un'altra volta.
«Magari.» Il tono sospirato sorprese anche la stessa Camila, ma ormai era da stupidi meravigliarsi di quanto difficile fosse per lei rimanere composta di fronte a Lauren. Non era mai stata una scelta andarsene, ma un dovere che spettava a lei siglare, visto quanto l'altra fosse ancora troppo debole per le decisioni forti.
See ne stavano lì, senza sapersi cosa dire, con gli sguardi frustati più dalle ciglia altrui che dal vento impetuoso. «Io..» Esordì Lauren prima di essere interrotta da una bionda ossigenata che si abbarbicò alla sua spalla troppo languidamente per essere un'amica.
«Ehi, stiamo facendo tardi. Ti aspetto dentro, avverto Dinah che siamo qui. Ciao.» Camila ricambiò il saluto con un rapido e insofferente cenno del capo. Quando il suono dei suoi passi fu abbastanza lontano, la cubana trovò il coraggio di alzare lo sguardo su quello di Lauren e di dedicarle addirittura un sorriso, ma dovette fare quello che le riusciva meglio per non scomporsi: scappare.
«È stato un piacere parlarti. Ci vediamo in giro.» Non attese risposta, si incamminò a passo svelto verso l'auto, ringraziando il suo giudizio per non aver indossato i tacchi.
«Camila, aspetta un momento.» La corvina viaggiò controvento per poterla raggiungere, ma non si arrese finché la sua mano non si chiuse sul polso della ragazza. Non si voltò per guardarla, però.
«È solo un'amica. Cioè si ok, cazzo, ci siamo divertite qualche volta, ma niente di più. Non vale niente, capito?» Un sorriso nervoso si era impossessato delle sue labbra arrossate.
«Non devi darmi nessuna spiegazione. Non lo facevi prima, figurati se devi farlo adesso.» Suonò sarcastica la cubana, probabilmente anche tagliente, ma era l'unico modo che conosceva per difendersi da Lauren: pretendere non le interessasse. Non riusciva a sopportare ciò che ancora sentiva verso di lei quando Lauren era già ad una festa con, cosa? La quarta ragazza? Quinta? Lei che numero era nella lista?
«Sei ingiusta.» Decretò sommessamente ma franca. «Te ne sei andata per sei mesi, mi hai lasciato tu, non...»
Camila rise di gusto. «Ti ho lasciato io? Ma ti senti quando parli?» La sua espressione adesso non lasciava indugi alle mani alzate di Lauren. «Mi hai trattato come se non valessi niente per te, sei andata a letto con mezza città mentre uscivamo insieme. Ti sei dimenticata del mio compleanno. Non hai mantenuto nemmeno una promessa. Mi hai lasciato da sola tutte le volte che avevo bisogno di te. E quando avevi bisogno tu correvo da te, perché credevo che potessi stare meglio solo con me, ma a quanto pare ti basta avere Barbie nei paraggi, quindi...» Fece per andarsene, ma Lauren non era ancora pronta a chiudere la conversazione.
«Hai ragione, su tutto, ho sbagliato le parole. Volevo solo dire che non credevo ti importasse con chi esco, non dopo tutto questo tempo, ecco.»
«Sei mesi non sono abbastanza per dimenticare, sia nel bene che nel male, perciò si.» Parigi era una bellissima città, ma non aveva alcun potere magico, e non le aveva cancellato la memoria, sfortunatamente, anche se sperava che così fosse. Avrebbe voluto solo svegliarsi nel letto di qualche sconosciuto con la memoria azzerata, invece strizzava gli occhi su ogni cuscino diverso ritrovandosi sempre la stessa quando li riapriva.
«Nemmeno per me,» confessò impavida Lauren. «Senti...» Dal sospiro si capiva che non era pronta, ma doveva pur partire. «Chissene frega della festa. Fanculo tutto. Andiamo via. Andiamo dove ti pare. Parliamo. Si fa così, no? Parliamo di quello che ci siamo perse, poi non so, poi qualcosa ci verrà in mente. Si.»
Camila inspirò a pieni polmoni. «Quando me ne sono andata, risolvevi i problemi andando a letto con una ragazza diversa ogni settimana. Adesso non è cambiato molto vedo. Anche io vorrei che fosse diverso, Lauren. Vorrei essere io la persona che può aiutarti a cambiare, o perlomeno insegnarti ad amare, ma non sono io, altrimenti lo avresti fatto da tempo. Me ne sono andata per pensare a me stessa perché c'eri solo tu per me. Non posso aver fatto tutto questo per niente.» Deglutì. Una parte di lei le diceva di lanciarle le braccia al collo e fanculo ciò che avevano perso, ma sapeva come sarebbe andata a finire. Non poteva permettersi di caderci ancora, non per qualcuno che la guardava come se fosse l'unica, ma la trattava come se fosse nessuno.
«Cambierò, promesso. Non andare via di nuovo, ti prego.» Avanzò un passo, ma Camila non si mosse dalla sua posizione.
«Quando cambierai davvero, quando ti troverò ad una festa da sola, quando sarò sicura che davvero tu voglia me, allora forse si, ma fino ad allora ti accontenterai di Barbie.» Era sempre difficile, anche dopo sei mesi, forse lo sarebbe stato anche dopo sei anni, ma certe scelte non hanno niente a che fare col cuore. «Sei stata tu a volerti accontentare, non io.» Camila la guardò ancora una volta prima di avviarsi verso l'auto.
Lauren non sapeva come girarsi e varcare la soglia come se non avesse appena perso ciò a cui teneva di più, ma mentre la guardava allontanarsi si chiedeva se davvero poteva essere migliore. «Un caffè!» Gridò prima che se ne andasse. «Un caffè, domani mattina. Stasera vado a letto presto, da sola ovviamente, e domani ti passo a prendere per un caffè. Che dici?» Per la prima volta si toruturava le labbra perché speranzosa.
Camila restò appoggiata alla portiera, senza decidersi. Continuava a fissarla e si chiedeva se le sue speranze non fossero malriposte anche quella millesima volta. Non lo avrebbe scoperto senza provarci, ma provarci era il rischio più grosso della sua vita. Amare qualcuno che forse l'amava, forse no... «Un caffè, Lauren. Se non arrivi puntuale, prendo il primo volo per Londra.» Poi si chiuse lo sportello alle spalle e sperò che il buio occultasse sia il suo sorriso che la sua paura.
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