Gli occhi del passato
GLI OCCHI DEL PASSATO
All'inizio Levy non sorrideva più, quasi non parlava ne mangiava, per lei la scomparsa della madre era stato come perdere un pezzo dell'anima, aveva anche pensato al suicidio, ma alla fine riusciva a tirare avanti solo pensando e ripensando alle sue ultime parole.
Dopo qualche mese ricominciò a comportarsi come prima, mangiare, parlare, dormire e sorridere, a tutti sembrava la solita ragazzina sorridente, alcuni avevano anche commentato che i bambini si riprendevano fin troppo in fretta dai lutti, ma solo il mercante sapeva. Sapeva che i sorrisi che Levy mostrava erano solo per cortesia e non solari e spontanei come quello che aveva visto quando gli aveva comprato la rosa del deserto, senza contare che non la vide mai ridere.
La piccola Levy scoprì che il mercante si chiamava Smim e aveva due gemelline, di 5 anni, a cui doveva badare tutto da solo, in quanto la moglie lo aveva abbandonato anni prima per un nobile. Lei cercava di pesare il meno possibile e di aiutarlo come poteva, con la cena, le pulizie o mandare a dormire le bambine, ma ormai aveva capito che solo i più forti e i più ricchi sopravvivevano in questo mondo.
Il tempo sembrava trascorrere felice per loro, ma Levy sapeva che non era così, Smim aveva sempre meno soldi e lei sapeva perfettamente che era colpa sua, così quando compì 12 anni gli scrisse un biglietto, in quanto non riusciva a dirgli di persona, che se ne sarebbe andata e avrebbe vissuto per conto suo dove aveva vissuto con sua madre, facendo qualche lavoro e chiedendo l'elemosina magari.
All'inizio la nostra piccola protagonista se la cavava anche, ma non passò molto tempo che iniziò a capire sulla pelle cosa voleva dire soffrire la fame. Dovette ingegnarsi.
6 ANNI DOPO
In una stanza spoglia, con un tavolo, due sedie e una piccola libreria ma ricolma di libri, stava una ragazza di circa diciotto anni con i capelli di un colore molto particolare, un azzurro turchese, era intenta a disegnare su un quadernetto, ormai logoro dal passare del tempo.
«Vediamo... No così non va bene... Gli occhi sono più distanziati... Mmmh...»
Stava disegnando il volto di una donna, dai lunghi capelli e con uno sguardo che ti scaldava il cuore nonostante fosse un disegno, le assomigliava molto.
«AH! Oddio sono in ritardo! Onsan stavolta mi uccide!»
Levy si alzò di scatto abbandonando tutto sul tavolo, prese un zaino che sembrava molto pesante, ed uscì iniziando a correre per le strade di Tanril.
La città non era cambiata molto in quegli anni, tutti vivevano le loro vite e cercavano di farsi solo i fatti propri, in quanto Polz, il nobile che si era trasferito lì, aveva instaurato il suo potere con la paura. La madre di Levy non fu l'unico caso di persona uccisa, anche se era stata la prima, e ora tutti stavano lontano, da lui e dalle sue guardie, che si divertivano a derubare la gente che non gli andava a genio, oltre a divertirsi con le ragazze più disponibili.
Levy si stava dirigendo poco fuori le mura in un luogo isolato, dove c'era Onsan, un mercante viaggiatore che aveva incontrato anni prima, e la stava aspettando da ormai una decina di minuti.
Arrivò poco dopo con il fiatone e qualche goccia di sudore sul viso, anche se con il sole che picchiava sul terreno tutto il giorno tutti i giorni, non era una rarità.
«Finalmente sei arrivata! Allora cosa mi hai portato stavolta?»
Annaspando in cerca d'aria la ragazza si tolse lo zaino e senza dire una parola glielo porse, e mentre lui analizzava il contenuto lei osservava lui.
Era un ragazzo di qualche anno più grande di lei e molto più alto di lei, lui sarà stato circa un metro e settanta mentre lei uno e cinquanta, dai capelli corti e biondi ramati, le erano sempre piaciuti i suoi capelli, anche perché non erano appariscenti come i suoi, gli occhi invece erano verde scuro e spesso sembrava di guardare una di quelle foreste di cui spesso leggeva nei libri.
«Beh stavolta hai rubato roba buona...»
Sì, Levy aveva iniziato a rubare, era l'unico modo che aveva trovato per sopravvivere, oltre fare qualche lavoro in giro, si era ispirata a Robin Hood e alle Mille e una notte, e si era data forza leggendo i loro libri dato che derubava solo le guardie e mai una persona comune, era diventata anche abbastanza brava.
«Ma?...»
Ormai lo conosceva troppo bene, sapeva sempre che quando le faceva dei complimenti sulla "roba", come diceva lui, che aveva rubato c'era sempre un ma.
«Ma non basta... Mi stanno chiedendo cose più... Più... Raffinate!»
"E dove pensa che io possa trovare roba più raffinata?!... Le guardie non sono così ricche..."
Come se le avesse letto nella mente Osnan le diede la risposta mostrandole il suo miglior sorriso.
«Potresti provare con quel nobile che c'è qui... Polz giusto? Lui avrà di sicuro qualcosa che possa soddisfare i miei clienti!»
A sentire quel nome a Levy si gelò il sangue, non aveva mai derubato Polz, solo ad avvicinarsi alla sua residenza iniziava a tremare e voleva allontanarsi da lì il prima possibile.
«Se mi porti qualcosa di buono entro domani mattina... Ti darò 1000 monete d'oro! Ti farebbero comodo no?...»
Lo guardò, ragionando, non poteva rifiutare, 1000 monete d'oro erano una cifra che poteva solo sognare, avrebbe potuto vivere per quasi un anno con quella cifra.
«Accetto... A domani mattina...»
«A domani! E non fare tardi! Se no...»
Onsan con la mano imitò un omino che camminava, o meglio se ne andava.
«Me ne andrò e dovrai aspettare un altro mese prima di poter vendermi qualcos'altro...»
Detto ciò Levy lo salutò con la mano e se ne andò persa tra i suoi pensieri, cercava di capire come fare e dove trovare il coraggio per entrare nella residenza di Polz, a distoglierla dai suoi pensieri fu il miagolio di un gattino e le chiacchiere di due bambini.
«Guarda che brutto!»
«E' nero! Ci porterà sfortuna! Scappiamo...»
«E tu ci credi pure? Che idiota! Uccidiamolo e basta così ci divertiamo anche!»
L'ultimo bambino che aveva parlato prese un bastone da terra e lo sollevò per picchiare il micio, ma Levy gli afferrò il braccio prima che potesse farlo.
«Che cosa stai facendo?... Lasciami!»
«Solo se lasci cadere il bastone e te ne vai...»
«Dai andiamocene... La mamma sarà preoccupata...»
Il commento dell'altro ragazzino sembrò convincerlo, così fece cadere il bastone e se ne andò, probabilmente verso casa, sbuffando e insultando la ragazza.
Levy si accucciò verso il gattino che la guardava perplesso, come se cercasse di capire cosa volesse fargli questa umana, era completamente nero tranne per il musetto bianco, e una cicatrice a forma di semiluna sopra l'occhio sinistro, che era di un paio di tonalità più chiara del resto del corpo.
«Certo che hai delle orecchie strane... Sembrano quella di una pantera, non di un gatto»
Continuarono a fissarsi per un pochino, finché lui non si sedette sulle zampe posteriori e le miagolò con forza.
«Che ne dici di venire da me? Ti posso dare qualcosa magari»
Miagolò di nuovo come per risponderle di sì e le saltò in braccio per farsi portare verso casa sua.
«Gattino non so proprio come fare... Non mi è rimasto molto e quei soldi mi servono... Ma derubare Polz... Ho paura... Ed è anche sicuro che venga catturata e uccisa...»
L'ascoltatore stava bevendo tranquillamente un po' del latte che Levy aveva trovato, anche se era un cibo quasi prelibato da quelle parti, si era detta che era meglio darlo a lui piuttosto che tenerlo lì ad ammuffire se tanto sarebbe morta quella sera.
«Tanto non ho scelta, è inutile che sto qui a crogiolarmi nella paura... Sono più forte di Polz! Posso farcela! E... non è nemmeno detto che mi catturino... no, micino?»
Si girò a guardarla come se volesse risponderle, ma l'unica cosa che fece fu miagolare e scappare via dalla finestra, lasciando sola Levy e i suoi dubbi.
«Beh... Almeno mi sono convinta ad andare...»
La notte arrivò prima del previsto e Levy era ferma da dieci minuti davanti a una finestra al secondo piano della residenza di Polz, ci era arrivata facilmente e sarebbe stato altrettanto facile aprirla e sgattaiolare dentro, ma non riusciva ancora a fare il grande passo. Ogni volta che ci provava le assalivano mille dubbi, magari sua madre non sarebbe stata fiera di lei a vederla rubare, magari ce l'avrebbe fatta anche senza entrare in quella casa maledetta; e alla fine smetteva e ricominciava a fissare quei vetri trasparenti.
"Levy... Coraggio... Non succederà nulla, anzi! Se ce la fai potresti chiedere a Onsan di portarti via e iniziare una nuova vita, magari senza rubare!... Forza..."
Ripetendosi queste parole nella testa aprì finalmente la finestra e quando sentì un TAC, entrò più silenziosamente che poté.
Levy aspettò qualche istante, per essere sicura di non essere stata sentita da nessuna guardia di passaggio, prima di iniziare a cercare qualcosa di valore. La stanza in cui si trovò era una specie di studio, su un tavolo enorme c'erano fogli e inchiostro ovunque, alcuni anche per terra, mappe appese alle pareti o buttate sul pavimento, un mappamondo e un teschio.
"Non credo ci sia nulla di valore qui... Forse quel teschio, ma non credo ci sia qualcuno con gusti così raccapriccianti... Dovrei uscire e andare a cercare in un'altra stanza..."
Guardò dalla serratura e non vedendo guardie aprì la porta ed uscì nel corridoio, per tutto il pavimento c'era un tappeto di velluto rosso scuro con alcuni ghirigori dorati, che avrebbe attutito il rumore dei suoi passi facendola diventare ancora più silenziosa, a questa scoperta Levy gioì mentalmente, magari sarebe stato più facile del previsto.
Nella seconda stanza fu più fortunata, si ritrovò nella camera armadio, ma con tanto di gioielli e orologi d'oro. Cercò qualcosa di piccolo di cui non si sarebbe notata subito la mancanza, trovò un paio di gemelli con smeraldo, una molletta per capelli d'oro con un disegno particolare e un orologio da taschino, sempre d'oro, che trovò buttato in fondo ad un cassetto.
Si mise tutto nello zaino e, soddisfatta del bottino, stava per tornare nell'altra stanza per andarsene come era arrivata, ma quando toccò la maniglia sentì dei rumori di passi e gente che urlava provenire da fuori.
«Presto! Trovatelo!»
«Ho visto un'ombra, sarà andato di là!»
«Voi due cercate in ogni stanza! Deve essersi nascosto da qualche parte!»
«Presto!»
Levy iniziò a tremare, in fondo sapeva che l'avrebbero presa, ma non così presto e non sapeva nemmeno come l'avessero scoperta, si nascose in mezzo ai vestiti e pregò che le guardie non entrassero in quella stanza, ma dopo poco sentì il cigolio della porta e dei passi sempre più vicini, infine pregò che non guardassero lì e che se ne andassero senza trovarla. Ma a quanto pare non c'era nessuno che stesse ascoltando le sue preghiere.
«Qui c'è qualcuno! Presto prendetelo!»
Levy venne presa brutalmente per i capelli, facendole cadere alcune ciocche, da una delle due guardie, e la trascinarono al piano di sotto, sbattendola contro ogni, singolo, gradino delle scale.
«Lasciatemi! Posso ridarvi tutto!»
«Tzé e come credi di resuscitare la vita che hai preso?»
«Vita?... Ahi! Mi fai male!»
«Hey si è già dimenticata di aver ucciso Polz!»
Le due guardie scoppiarono a ridere e continuarono a chiacchierare, ignorando la turchina, sempre più confusa, che scalciava e graffiava la mano che le continuava a tenere la testa, per potersi liberare.
«Certo che ha avuto coraggio ad ucciderlo!»
«Vero!... Ma aveva anche una gran voglia suicida! Ahaha»
«Ahaha! Hey ragazzi!»
Erano arrivati al piano terra e le due guardie la buttarono al centro della stanza, in mezzo a quelle restanti, Levy aveva la vista offuscata per il dolore, ma ne riuscì a contare circa una decina. Era fottuta e morta.
«E sarebbe questa qui che l'ha ucciso?»
«Beh non abbiamo trovato nessun altro!»
«Non è un po' troppo gracilina?»
«Magari è solo una puttana con cui Polz si è divertito prima di morire eheh»
Le guardie non se ne erano accorte, ma Levy sì, dietro di loro si stava aggirando un'ombra che aveva già ucciso due di loro senza fare alcun rumore, lei non riusciva a vedere chi fosse ma immaginò essere il vero assassino.
«Potrebbe essere una complice... Forse è meglio prenderla in ostaggio...»
Detto questo l'uomo che aveva parlato la prese in malo modo e la fece alzare, puntandole la sua sciabola alla gola.
«Allora sei un complice o... Ma che cazzo succede?!»
Lui fu il primo ad accorgersi che erano rimasti in quattro, ma fu troppo tardi.
Uno schizzo di sangue finì sul pavimento, seguito a ruota da una guardia con il petto aperto in due, Levy non fece in tempo a vedere il cadavere cadere che un'altra guardia si era accasciata al suolo senza testa. L'ultima, lasciando cadere a terra la balestra, cercò di fuggire inutilmente, finendo uccisa pochi istanti dopo, rimaneva soltanto quella che teneva la sciabola sul suo collo, ma stava tremando e l'arma si era abbassata, Levy decise di tentare.
Gli morse la mano facendogliela ritrarre, approfittò di quel momento per liberarsi della presa dell'uomo e si diresse verso la porta che aveva davanti, ma non riuscì ad andare lontano, era chiusa a chiave.
Si girò per cercare un'altra via di fuga ma la guardia l'aveva raggiunta, bastò un colpo, con la sciabola che aveva ancora in mano la colpì sul petto facendole vedere tutto rosso e nero, solo in quel momento si accorse che dal petto dell'uomo usciva la punta di una spada.
Lui cadde, rivelando una figura che a lei appariva sfocata, infine fu lei a cadere, non sentì nemmeno il rumore o il dolore della caduta, a un certo punto vide solo il soffitto della stanza, che prima doveva essere bianco o grigio, ma ora lo vedeva solo rosso.
Non seppe quanto tempo passò, istanti, secondi o minuti, ma vide la figura di prima avvicinarsi a lei sempre di più.
"Vorrà finirmi... Che senso ha lasciarmi qui morente..."
L'ultima cosa che vide furono due occhi, rosso sangue.
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