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"Cara, hai provato a guardare sotto il divano?" la signora Chalamet, Adeline, voleva aiutarmi
E come cazzo ci sarebbe finito sotto il divano?! Mi morsi la lingua "si, li non c'è" sorrisi forzatamente ritornando a cercare tra le mie cose. Ero sicura di non aver lasciato quel pezzo importante di me in giro. Sapevo di averlo portato a casa, nella mia camera. Qualcuno doveva averlo preso.
Certo, Abigail, e cosa se ne farebbe chiunque di un quadernetto pieno di stupidi disegni e insignificanti pensieri?
Continuai ossessivamente a ispezionare la camera finché, sfinita, dopo un ora di ricerche mi arresi. Forse ero davvero stata disattenta e lo avevo lasciato alla festa?
Presi il giaccone e senza nemmeno un filo di trucco uscii. Non mi ero curata nemmeno di vestirmi particolarmente bene come di solito facevo, perché quel libro era la cosa più importante della mia vita dopo tutto. In tuta e con una mezza coda abbozzata mi avvia con passo veloce ai tavoli che alcuni ragazzi stavano rimuovendo. Guardai in ogni possibile posto e dovevo sembrare davvero una pazza
"Abigail? Abigail tutto bene?"
"Si..." mi girai ma il mio volto non era in grado di nascondere la preoccupazione "No, Cecile non trovo una cosa devo averla persa ieri sera" ammisi
"Ti aiuto io! Cosa hai perso?"
La pazienza? La dignità?
"Un quadernetto, il mio quadernetto, è piccolino ma non troppo, in pelle, ha una specie di elastico per tenerlo chiuso....li dentro ci sono tutti i miei disegni, tutti i miei pensieri, ci sono io" sentivo un vuoto nello stomaco proprio come se avessi perso un pezzo di me, il pezzo più importante.
Probabilmente notò che stavo per scoppiare a piangere nonostante facevo di tutto per nasconderlo ed evitarlo
"Ei senti se per te è così importante faremo di tutto per trovarlo, abbiamo tutto il tempo ok?...io cerco qui tra le cose che abbiamo trovato mentre mettevamo apposto, tu resta qui ok?"
Annui ma la mia mente farneticava. E se lo avessi lasciato sotto quell'albero dove mi ero messa a disegnare ieri notte? In effetti non lo avevo tirato fuori fino a quel momento.
Mi diressi verso il posto sperando che nonostante la leggerà pioggerella di quella notte fosse comunque rimasto qualcosa da salvare.
Girai l'angolo e non potei crederci.
Niente.
Non volevo crederci. Girai intorno a quel luogo diverse volte prima di rassegnarmi. Come aveva potuto scomparire nel nulla? In quel quadernetto c'era l'ultimo disegno che avevo mostrato a mio padre, il primo che avevo fatto per sfogarmi dopo la sua morte. C'erano i miei pensieri prima di trasferirsi, i ricordi delle stronzate fatte con Noah la prima volta che siamo usciti insieme come amici oltre che come parenti, e poi c'erano tutte le bozze di pensieri di speranze, li c'ero io. La me del passato del presente e forse anche del futuro. Tutto era stato perso senza una ragione, senza nemmeno volerlo.
Iniziai a sentire una lacrima dopo l'altra rigarmi le guance e così decisi che forse avrei dovuto smetterla almeno per quel momento di comprimere le mie emozioni e lasciar andare la tristezza e l'angoscia di quel momento così da avere una mente più lucida poi.
Mi sedetti sotto l'albero ma comunque non volendo sentirmi troppo vulnerabile, tirai su il cappuccio e nascosi il volto tra le ginocchia.
Passati cinque minuti o forse un'ora mi alzai. Nessuna traccia di Cecile così immaginai non avesse trovato nulla. Mi incamminai per il sentiero che avevo intrapreso anche la sera prima, sperando ancora che quella minima probabilità di trovarlo lì sarebbe divenuta realtà.
Arrivata a casa passai per il retro. Odiavo quando le persone notavano i miei occhi rossi dopo aver pianto, perché mi avrebbero trattata diversamente, avrebbero notato la mia fragilità.
Mi fermai sulla panca che dava sull'orto del signor Chalamet, e rimasi a riflettere su come quelle piante erano per loro un po' come i miei disegni. Un eredità, dei ricordi, la testimonianza di una vita passata li.
Dei passi mi riportarono alla realtà.
"Ciao"
Non risposi sapendo che la mia voce avrebbe reso terribilmente ovvio il mio stato d'animo. Feci quindi un semplice cenno con la testa, forse nemmeno così evidente.
"Non ti chiederò come stai, lo so già..." il silenzio del ragazzo mi confuse, alzai di poco lo sguardo notando con la coda degli occhi l'unica cosa che non avrebbe mai dovuto avere "mi dispiace se ho preso questo..."
Allungo la mano ridandomi il mio quaderno, rendendomi completa di nuovo.
"Come fai ad averlo?"
Il mio tono come ciò che sentivo era un misto di euforia e totale confusione. Perché lo aveva lui, l'unica persona al mondo che avevo esplicitamente sperato non vedesse quelle pagine? Non disse nulla così ipotizzai
"Te lo ha dato Cecile? Lo ha trovato lei tra gli oggetti smarriti?" Silenzio, "Timothee.." finalmente alzai lo sguardo per guardarlo in faccia. Più non rispondeva e più dovevo accettare l'idea che era stato lui a prenderlo.
"...lo hai preso dalle mie cose?!"
"Io.." sospirò "..ieri sera..quando sei tornata hai lasciato la porta della tua camera aperta"
"E così giustamente hai pensato che fosse un invito a frugare tra le mie cose!" Lo interruppi
"No!" Quasi urlò per poi tornare ad esprimersi con toni più calmi "io sono entrato li perché volevo parlarti, ma quando stavi per rientrare..." si fermò per guardami negli occhi "...non potevo...così me ne sono andato ma ho preso il tuo quaderno..."
Continuo dopo una leggera pausa "dopo quello che ci siamo detti, volevo sentirti con me, perché..." il suo tono si affievolì, sospiro per poi ricominciare a parlare "...mi dispiace non avrei dovuto farlo"
Sapeva quanto io tenevo a quello stupido insieme di fogli. Sapeva che prenderlo, portarlo via da me senza dirmelo mi avrebbe fatto stare male perché non era un semplice oggetto, una maglia o una penna da usare e restituire senza nemmeno chiedere.
Volevo andarmene da li perché il sangue stava iniziando a ribollirmi nelle vene; volevo correre via, eliminare tutte le energie negative, tutti i dubbi, ma la sua mano mi trattenne.
"Abigail non scappare via io, lo so che non avrei dovuto farlo, ma..."
"Ma cosa Timothée? Chi pensi di essere! Pensi di poter fare ciò che vuoi con me solo perché ti ho detto che ti amo?!" Era così strano, sentire nuovamente quelle parole fuori dalla mia testa, dirle a qualcuno, dirle a lui. La prima volta che l'avevo fatto non era andata bene e forse anche adesso le mie parole non avrebbero cambiato nulla, ma mi uscirono di bocca senza che me ne rendessi conto. Anche ora che mi aveva innervosito sapeva comunque di avermi in pugno, e ciò non mi piaceva. Lo guardai dritto negli occhi forse anche per mostrargli che la sua indecisione mi stava ferendo. Non volevo piangere ne volevo dirgli cose che non pensavo davvero così mi scansai dalla sua presa e me ne andai.
"Abi.." il suo tono di voce si ammorbidii ma prima che potesse dire qualsiasi cosa me ne ero già andata
Mi allontanai di poco dalla proprietà famigliare e feci una camminata sulle rive del fiume che attraversa il villaggio il 'Lignon du Velay'. Per quanto si trattasse di una tratto d'acqua dolce, la riva leggermente rocciosa mi ricordo delle scogliere che avevo visto in qualche spiaggia di Los Angeles. Mi ricordai degli appuntamenti in spiaggia con Cole...di come lo conobbi. Oh se avessi saputo di quello che avrebbe scatenato accettare l'invito alla sua festa...se solo non avessi conosciuto il suo migliore amico. Oltre al futuro dei nostri genitori, io avevo portato a rovinare anche la loro amicizia; difatti da un po' si parlavano davvero di rado.
Risi di me stessa; persino la spiaggia mi ricordava Timothee; ad esempio nel giorno perfetto in cui io e lui andammo a surfare. Quel giorno mi permise di capire che per Timo sentivo davvero qualcosa, e non avrei potuto nasconderlo; forse fu anche per quello che lo disegnai, riversando il mio cuore sul foglio e lasciando una piccola dedica che non avrebbe mai visto.
Di colpo, però, ricordai anche dove avevo nascosto quel disegno che non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Si, lo avevo strappato dal quaderno, ma lo avevo nascosto nella copertina di quest'ultimo. La pelle sintetica che lo ricopriva, infatti si era staccata leggermente sul retro; solitamente utilizzavo quel minuscolo vano per posizionare matite o cose utili alla mia arte, e forse avevo messo il disegno li proprio nella speranza che si rovinasse, che sparisse...un po come avevo sperato facessero i miei sentimenti per il mio "fratellastro".
Realizzando poco dopo chi era stato il custode di quel pezzo di me nelle ultime ore, controllai ma per mia sorpresa non trovai nulla.
Pregai fosse uscito e caduto insieme alla matita che tenevo sempre li, dato che anch'essa era scomparsa. Mi guardai intorno sperando di trovarlo tra qualche roccia o accanto a qualche filo d'erba; ripercorsi il mio intero percorso con gli occhi fissi a terra finché non sbattei contro qualcosa.
Inizialmente pensai si trattasse di un albero ma poi vidi delle scarpe e capii che avevo sbattuto contro qualcuno, qualcuno che stavo evitando.
Alzai lo sguardo abbastanza da notare che aveva in mano il disegno.
Sospirai, non sopportando più la situazione. Perché mi aveva seguito? Anche se mi ero pentita di come me ne ero andata via prima senza ascoltarlo, ora io avevo bisogno di tempo. Non chiedevo tanto, infondo gliene avevo dato fin troppo ed ora era il suo turno di lasciarmi un po' di spazio. Tentai di superarlo, ignorarlo ma mi bloccò la via tendendo il braccio verso l'albero che distava di poco da lui.
"Posso passare, Timothée?" Ero seccata dal suo comportamento
"No, Abigail" sospirò, infastidito di riflesso
"Ho bisogno di un po' tempo, perfa-"
Mi interruppe "Smettila di scappare!"
Non aveva intenzione di muoversi dalla posizione che aveva assunto precedentemente; non avendo modo di andarmene fui costretta ad ascoltarlo, ma non senza protestare
"Perché lo stai facendo Timothée? Perché mi torturi così?" Questa volta lo guardai negli occhi. Non avrei accettato una risposta che non avesse concluso una volta per tutte queste situazione, spiegando il suo comportamento. "Se non mi vuoi perché non mi lasci andare?" Affinai la mia domanda
"Pensi davvero che io voglia allontanarti da me? Pensi che ti avrei baciato se tu non mi piacessi? Pensi che non ti avrei già lasciata andare se non mi importasse?" Da un lato ero sollevata che finalmente stesse rispondendo alle mie richieste e fu proprio per questo che tentai di spiegargli la mia posizione in modo calmo
"Forse hai ragione, forse ciò che penso tu provi per me è reale, ma non posso continuare a vivere di dubbi Timmy. Io...io ho bisogno di conferme, di sapere che non mi sto immaginando ogni tuo sguardo, ogni tuo trattamento speciale" i miei occhi si mischiarono con i suoi "ho bisogno di sentire chiaramente quello che..." mi interruppe scompiacente
"Cazzo Abigail, sai perfettamente quello che provo per te, lo sai da quando sono tornato dalla disintossicazione!"
Smisi di fare resistenza poiché le sue parole mi avevano colpito.
"Che cosa stai dicendo?"
"Lo sai cosa sto dicendo" abbasso i toni, poi continuò il suo discorso, ed io questa volta evitai di intervenire
"Quando ti ho aiutata a cercare il passaporto prima di partire...io ho visto una lettera, c'era scritto il mio nome sopra così l'ho presa...."
Sospirò
"non sono bravo in queste cose" mormorò per poi continuare "ho letto i tuoi pensieri su di me, sui miei occhi, ma ciò che non sai è che anche i tuoi occhi mi hanno colpito....da quando ti ho visto a quella festa non sono più riuscito a dimenticare il tuo sguardo...." ricercò con i suoi smeraldi l'oggetto del suo discorso "i tuoi occhi, sempre, anche nei miei momenti peggiori mi hanno guardato con empatia, comprensione e...amore. Il tuo sguardo, il tuo modo di fare, io non riesco a trovarlo in nessun altra...ma io..." si avvicinò di qualche passo ed io gli permisi di accarezzami la guancia "..io non posso stare senza..."
finora mi era sembrato davvero sincero
"...in spiaggia..." agitò il disegno che teneva in mano "...o a Lione...sappiamo entrambi cosa abbiamo provato..." non potevo credere che lo avesse sentito anche lui "...eppure, sul tetto non ho potuto risponderti, non ci sono riuscito...l'ultima volta che mi sono innamorato ho sofferto..." scosse il capo come per dimenticare la sensazione che stava ricordando "...ti ho ferito per paura che ferissi me" riprese le parole che avevo usato nella lettera scritta quando avevo tentato invano di lasciarlo, di dimenticarlo.
Era tutto così bello, e fu proprio per questo che ricominciai a pensare a tutte le azioni che mi avevano disilluso. Tra tante cose, per andare avanti avevo bisogno di capire il motivo, di sentire la verità, su una questione soltanto
"Io..." iniziai dolce ma poi tornai razionale "...io...no, non è possibile, sennò perché quel giorno in spiaggia mi avresti portato in quell'appartamento?" So che se lo ricordava "Là ci portare le ragazze per scopare, non è così?" Lo vidi sorridere, e ciò mi infastidì "E poi perchè mi avresti..." nuovamente mi interruppe ma questa volta in una maniera molto più piacevole, le sue labbra si erano poggiate sulle mie.
Ero rimasta imbambolata, forse Timothée lo sentii e finalmente mi rispose "dove altro avrei potuto passare del tempo con te senza temere di essere visti?" Ancora rideva del mio overthinking.
Sospirai di sollievo; ora mi sentivo davvero stupida.
Avrei voluto scusarmi, dirgli che era tutta colpa di Charles Zac; che quest'ultimo mi aveva usata e buttata via ed era per questo che temevo da sempre che lui avrebbe fatto lo stesso. Sentivo di dovermi scusare specie ora che sapevo che anche lui aveva patito per amore; ora che avevo la certezza che quella che avevo visto alla festa di Cole era una maschera che usava con tutti, e che le pillole che assumeva facevano sembrare convincente.
Comunque, decisi di non dire nulla.
Anzi, mi avvicinai e lasciai parlare le mie azioni.
Mi avvicinai veloce a lui e finalmente lo baciai. Da un po' attendevo, speravo, di poter baciare di nuovo le sue soffici labbra, ed ora che lo stavo facendo mi sembrava di toccare il paradiso con un dito.
Non era un bacio passionale come i primi che ci eravamo dati; era dolce e calmo come se entrambi avessimo bisogno solo di quello.
Intrufolai le mie mani nei suoi capelli, li accarezzai dolcemente e sentii un gemito di approvazione provenire dalle sue labbra. Lui porto le mani sul mio fondoschiena ad avvicinarmi ancora a lui, quasi a diventare un essere unico. Sentii il suo calore avvolgere tutto il mio corpo, e mai avrei pensato di potermi sentire così stimolata ma amata, protetta tra le sue braccia.
Non avrei mai voluto staccarmi ma mi ricordai che ci trovavamo all'aperto, in un piccolo paesino dove le voci volavano veloci e chiunque avrebbe potuto vederci ed iniziare a spettegolare.
Ci sorridemmo, entrambi con il fiatone, ancora a pochi millimetri di distanza. Non ci eravamo mai dati un bacio così.
"Sei il mio ragazzo" affermai euforica sollevata di aver risolto la situazione che tanto mi aveva preoccupato
Non mi importava più nulla di cosa sarebbe successo tra un ora, un mese, un anno a noi, ai nostri genitori; avevo deciso di vivere questo amore, che tanto avevo cercato di rinnegare, in pace perché non era giusto sacrificare la mia felicità per quella di mia madre, anche se volevo che entrambe fossimo felici.
"Sono il tuo ragazzo" confermò. Per la prima volta da quando eravamo arrivati in Francia lo vedevo nei suoi occhi pura felicità, e per me era lo stesso.
Mi avvicinai al suo orecchio, sussurrai "Ti va di uscire con me stasera?"
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