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Atterrammo a Lione che erano ormai le 8 di mattina, il fuso orario era di 9 ore. Ero tutta scombussolata ma ciò non smorzava la mia felicità. Avevo sempre sognato di visitare la Francia, paese delle luci, paese dell'amore.

Stavolta fu Timothée ad aiutarmi a prendere le valigie, ma ciò non mi fermo da dare il mio numero a Nic, per tenerci in contatto. Vidi dalla sua reazione che ne fu molto contento, a differenza del riccio che mi lancio un occhiataccia. Io ignorai Timothée ed il suo atteggiamento: perché fare il geloso se, quando voleva, faceva la stessa identica cosa anche lui?

Salutai il ragazzo dagli occhi scuri e mi allontanai dall'aereo, uscendo dall'aeroporto ed entrando successivamente in un taxi con il mio fratellastro; l'hotel era a circa mezz'ora da lì.

Avremmo alloggiato lì per riprenderci dal jet lag, terribilmente duro da sopportare, per poi prendere l'indomani il treno per le-Chambon-sur-Lignon. Dalle foto sembrava un hotel carino, apprezzato dalle recensioni, e si trovava proprio a pochi passi dal reno, il fiume che divideva Lione.

Durante il percorso in auto mi rilassai guardando fuori dal finestrino il paesaggio di quella bella città francese, inoltre Timothee non sembrava aver voglia di parlare nonostante fosse più abituato al fuso orario di me : mi aveva detto che aveva passato qui quasi tutte le sue estati durante l'infanzia, ma non ci pensai troppo, non volevo.

Scesi dal mezzo entrammo nel maestoso hotel Ibis Lyon Caluire e ci dirigemmo verso il banco della reception. Un volantino esposto tra i tanti catturò la mia attenzione: sulla sua copertina era presente uno dei vari musei d'arte presenti nella città, il museo d'arte contemporanea. Lo sfogliai subito scoprendo una informazione che mi sarebbe servita a breve. Nel frattempo la donna addetta arrivò interrompendo la mia lettura del foglio di carta. Timothee iniziò a parlare in francese tentando di facilitarci la vita, ma non sembrò molto soddisfatto dalle risposte della castana. Mi tradusse che la stanza non sarebbe stata pronta fino ad ora di pranzo, chiedemmo almeno di potere lasciare le valigie ed uscimmo sconfitti.

"Cosa dici se andiamo a fare colazione al bar?"
Accettai, pochi minuti dopo eravamo già seduti ad un tavolo di un piccolo baretto a pochi passi dall'hotel. Dopo aver ordinato iniziai ad osservare fuori dalla grande vetrata, la città che sarebbe stata nostra per un giorno.
"Che ne pensi?" Fece cennò all'esterno
"Siamo qui da pochissimo però..." mi girai a guardarlo negli occhi "...qui è davvero bello..." sorrisi "...c'è una così bella atmosfera"
"sapevo che ti sarebbe piaciuta la Francia" Ricambiò il mio sorriso poggiando l'avambraccio sul tavolo. Le sue mani sfiorarono le mie "E sono sicuro che ti piacerà ancora di più il mio paesino"
Giocai con le sue dita ma fui interrotta dal cameriere. Entrambi ordinammo caffè e croissant. Ci furono dei momenti di silenzio nei quali mangiammo.

"Cosa volevi fare stamattina?" Chiese
"Avevo visto che qui vicino c'è un museo d'arte moderna, pensavo di andare lì"
Annuì mentre prendeva un sorso dal suo cappuccino per farmi capire che mi stava ascoltando.
"Non devi sentirti obbligato a venire comunque" ci tenetti a precisare
"Scherzi? Andiamo insieme."
"Sicuro? Magari sei stanco per il jet lag, non lo so"
"Cerchi un modo per non farmi venire con te?" Rise "vengo in Francia da più tempo di te, ormai mi sono quasi abituato al fuso orario"
"Giusto" sorrisi un po' imbarazzata prima di abbassare lo sguardo cercando sul telefono la strada giusta da prendere "è a una ventina di minuti da qui"

Dopo qualche minuto di camminata ci trovammo ad oltrepassare la passerelle de la paix, necessaria ad oltrepassare il Reno. La città da quell'angolazione era davvero bella così chiesi a Timothee di farmi una foto da mandare a Noah. Poggiai la mia schiena sulla ringhiera e sorrisi. Scattò la foto per poi riavvicinarsi a me, forse più di prima, ridandomi il telefono. Avrei voluto mandare subito la foto a Noah ma mi resi conto di non avere campo. Rimandai quella azione alla sera stessa e rialzando lo sguardo notai il riccio accanto a me guardami intensamente. Lo guardai di riflesso, inclinando leggermente la testa.

"Aspetta, hai una ciglia qui" disse togliendomela con il dito dalla guancia per poi mostrarmela "Esprimi un desiderio." Io mi sforzai di rimanere calma "Sono certo che sì avvererà"
Sorrisi "Speriamo"

Procedemmo e durante la camminata le nostre mani si sfiorarono più volte anche se io per evitare imbarazzo tra di noi, mi allontanavo leggermente o spostavo il braccio, infondo noi non stavamo insieme, ci divertivamo e basta. Nessun sentimento, giusto?

Arrivati a destinazione ci trovammo davanti alla facciata, sulla quale c'era un bellissimo graffito. Appena lo vidi mi sentii a casa, poiché l'arte era sempre stata la mia passione e mi era sempre stata accanto, nei momenti belli, ed in quelli brutti.

Mio padre mi aveva comprato la prima tavolozza e il primo cavalletto. Mi aveva insegnato le basi e da quel momento era diventata la nostra attività: passavamo ore a dipingere insieme colori, forme...tutto ciò che vedevamo. Mi aveva promesso che finite le scuole superiori mi avrebbe portato a Parigi, per iscrivermi ad un Accademia d'arte, e nonostante se ne sia andato prima di quando avrebbe dovuto, eccomi qui, anche se non a Parigi sono in Francia, anche se non in un Accademia sono al museo di arte contemporanea, con il mio fratellastro, a vivere la mia vita forse come avrebbe voluto papà.

Mi commossi per ciò che avevo pensato ed anche se cercai di non darlo troppo a vedere Timothée se ne accorse. Mi cinse la vita con un braccio, avvicinandomi a lui, feci dei respiri profondi. Dopo qualche minuti mi staccai, e mi schiarii la voce "allora, entriamo?"

Lui annuii così ci facemmo strada. L'edificio non era grande, ma i quadri esposti erano davvero bellissimi.
"Wow" dissi senza nemmeno accorgermene
Ogni opera mi attirava per una ragione diversa, ed io ero così intenta a comprenderne ogni aspetto che non mi resi nemmeno conto del tempo che passava.

Mi fermai davanti all'ultima opera per più tempo rispetto alle altre; non volevo uscire da quel posto che mi aveva fatto sentire come se papà fosse stato lì ad ammirare le opere con me.

Ero talmente immersa nei miei pensieri che mi spaventai leggermente quando sentii Timothée abbracciarmi da dietro. Poggiò il mento sulla mia spalla e mi sfiorò il collo con un bacio. Inevitabilmente la mia pelle si increspò al suo tocco "Ehi tu"
Mi voltai verso di lui senza che smettesse di cingermi.
"Che dici usciamo?"
Guardai un ultima volta quel posto che mi aveva fatto sentire in qualche modo più completa di prima.
"Si" sorrisi

Tornati all'hotel, ci recammo alla reception a prendere le chiavi elettroniche. La donna, la stessa di prima, ce ne diede solo una.

"Mi scusi ma non dovrebbero esserci due chiavi?" parlai di getto senza realizzare che l'addetta forse non mi avrebbe subito capito, in quanto non ci trovavamo più a Los Angeles. Timmy tradusse ciò che avevo detto ma non c'era nulla da fare, per via di un malinteso alla prenotazione avremmo dovuto condividere la stanza...non che me ne lamentassi infondo.

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