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29

"Dai" sibilai buttandomi sulla valigia nella speranza di riuscire a chiuderla. Stavo combattendo con quel trolley da quasi mezz'ora, avevo perso il conto di quante volte l'avessi disfatto per poterlo chiudere con facilità, ma niente da fare.

Mi ero svegliata tardi, cosciente di non aver ancora finito di preparare tutto per il viaggio, e con un po' di mal di testa, causato dai miei capelli ancora un po' umidi dalla sera prima.

Il mio torace era premuto contro la superficie rigida mentre, sotto mille imprecazioni, le mie dita forzavano la cerniera a muoversi nel tentativo di poterla chiudere. Il mio momento di rabbia fu però interrotto da una risata proveniente da dietro di me.

"La solita ritardataria" sorrise il ragazzo dagli occhi smeraldo. Era decisamente l'ultima persona che mi aspettavo, e speravo di vedere in quel momento.

La verità era che quando ero sola, sentivo la sua mancanza, ma anche i sensi di colpa per come stavo precludendo a mia madre una relazione felice con Marc. Eppure se eravamo insieme, non potevamo stare lontani l'uno dall'altra, era più forte di noi.

Ero stanca di mentire, di mettere la mia felicità all'ultimo posto. Tanto lo sapevo che, seppur non avessimo nessun legame di parentela, chiunque avrebbe pensato male...insomma due fratellastri insieme? Mai sentito.

"Tu non eri uscito con gli altri?" Chiesi confusa facendo sorridere il ragazzo

"Buongiorno anche a te Abigail, sto bene grazie, tu come stai?" Ridacchiò Timothée mettendo le mani nelle tasche dei suoi jeans.

Di riflesso arrossii, rendendomi conto della mia scortesia, ma realizzai poi ben presto che il calore sulle mie guance era dovuto a quel nostro modo di stuzzicarci. Poggiai una mano sulla nuca, cercando di far passare inosservata la mia reazione.

"Per questo non sei venuta anche tu?" Si riferiva alla valigia
"Vedi che avevo ragione, eri uscito con gli altri" gli puntai un dito contro facendolo ridere
"Si, ma mi stavo annoiando, così sono tornato qui." Ammise. Di certo i miei pensieri non mi aiutavano, così cercai di metterli da parte con un commento sarcastico
"Non ci sai stare senza di me, eh?" Ghignai facendo sorridere di sfida l'altro.
"Neanche un minuto" mi sorprese Timothée avvicinando il viso al mio con espressione impertinente.

Fu inevitabile per me lasciar cadere il mio sguardo sulle labbra del moro piegate in quel ghigno provocatorio e non potei far nulla per evitare la sensazione che scosse il mio corpo, simile a quando sogni di cadere svegliandoti poi all'improvviso. Come sempre, era bastata  quella sua piccola vicinanza a farmi mancare la terra sotto ai piedi. Alla stessa maniera della sera prima, il riccio conscio delle mie debolezze si allontanò.

"Ti serve una mano?" Chiese poi poggiando la sua spalla sinistra contro lo stipite della porta. Annuii distrattamente realizzando solo dopo pochi attimi ciò che aveva detto.
"Magari grazie" mi feci da parte urtando contro la parete di fianco. Continuai "Non riesco a chiuderla, sto impazzendo" borbottai riferendomi alla valigia, facendolo sorridere.
"Ti aiuto io, ma sei consapevole del fatto che non puoi partire con il pigiama, si?"
"Merda" imprecai prendendo i primi abiti che mi capitavano in mano dal trolley
"Cambiati, ci penso io qui, come pensavi di chiuderla? Questo è il tuo modo di piegare i vestiti? E poi che ci fa il passaporto qui?" Chiese sollevando una felpa del tutto spiegazzata, decisamente messa male nella valigia, e tenendo tra le mani il documento.

Mi limitai a sorridere prima di liberarmi della maglietta del pigiama.

"Sei così disordinata, io non ci posso..." la voce di Timothée si interruppe.
"Cosa?" Sorrisi compiaciuta rendendomi conto di aver invertito i ruoli di poco prima.
"Niente, niente" borbottò iniziando a piegare sul letto i miei vestiti con gesti rapidi; io decisi di dargli le spalle.

Dopo poco sentii la zip della mia valigia, nel frattempo avevo finito di prepararmi e avevo raccolto i capelli in uno chignon veloce. Mi girai per prendere la valigia, ritrovandomi nuovamente il ragazzo di fronte, che stavolta mi mise le mani ai fianchi e mi portò più vicino a se. Mise la fronte contro la mia, cercando il mio sguardo.

"Le Chambon-sur-Lignon?"
"Le Chambon-sur-Lignon." Tentai di imitare la sua pronuncia francese facendolo sorridere.

Nonostante tutto, il nome di quel paese poteva divenire per noi sinonimo di libertà: lì dove nessuno ci avrebbe visto strettamente come sorellastra e fratellastro, non sarebbe stato più necessario nascondersi, o almeno era ciò che speravo.

I nostri sguardi si miscelarono, ed ora non eravamo più nella mia camera, ma nel nostro vuoto cosmico. Chissà se la provava anche lui questa sensazione.

"Ragazzi, ho chiamato il taxi, scendete" la voce di mia madre risuonò dal piano di sotto, rovinando il momento. Dopo aver tentato di spostare il mio trolley da terra, ed esserci riuscita con l'aiuto di Timothée, scesi. Lui intanto andò a prendere la sua valigia, che aveva probabilmente preparato con un po' più di anticipo, diversamente da me.

Mi sedetti ad una delle sedie della sala da pranzo, poco distante dall'ingresso, e mentre attendevo il mio fratellastro presi il telefono tra le mani. Mentre scorrevo le mie dita sullo schermo illuminato, mi arrivò una chiamata.
"Pronto?"
"Ei Abi!" Era la voce di Olivia.
"Liv! Non mi aspettavo una tua chiamata"
"Che fai di bello?"
"Aspetto il taxi per andare in aereo porto" il mio tono di voce si esaltò. Mi era sempre piaciuto viaggiare.
"Uh, e per dove partirai?"
"Andiamo in Francia, nel paesino dei nonni di Timothée"
"Wow!...perché non mi hai detto niente?"
"Scusa, pensavo te ne avesse parlato Noah..."
"Em...." la sentii di colpo silenziosa, senza però capirne la ragione "...no" concluse dando l'impressione di non avere nessuna intenzione di proseguire quel discorso e lasciandomi sorpresa.
"Ora devo andare" si congedò "ci sentiamo, però..."
"Ciao" chiusi la chiamata.

Nel frattempo era sceso mio fratello
"Chi era?"
"Olivia" inclinai leggermente il capo, continuando "Che succede tra di voi?"
"Nulla...."
"Noah..."  Perché mi stava mentendo? " non mi dire bugie, sai che me ne accorgo"
"Io....non..." Sospirò sconfitto "ok...beccato, ti ho mentito"
"Perché ? Lo sai che puoi dirmi tutto no?"
Si fermò per qualche secondo
""Ti...ti ricordi che mi avevi detto che ti sembravamo strani in questi giorni?" sentendo dei passi si fermò di colpo per poi realizzare che si trattava solo di Timmy.  "Ehm...possiamo parlarne quanto tornerai?" concluse. Non risposi, anzi lo guardai incuriosita sperando cambiasse idea, ma uscì dalla stanza per poi constatare l'arrivo del taxi.

Entrambi salutammo tutti con un abbraccio, ed uscendo dalla porta non feci altri che pensare su ciò che aveva detto Noah. Perchè aveva deciso di rispondere così misteriosamente? Dalla morte di papà avevamo deciso di dirci sempre tutto: il bello, il brutto, l'indifferente, e seppur io fossi la prima ad avere dei segreti, la sua improvvisa riservatezza mi aveva colto di sorpesa.

Scossi la testa per allontanare quei pensieri negativi, non volendo rovinarmi la vacanza già dall'inizio.

Sembrava impossibile che la settimana di Natale fosse già giunta al termine e che stessimo partendo. Giurai a me stessa di non fare nulla di cui avrei potuto pentirmi, ma già sapevo che quella promessa, sarebbe stata infranta.

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