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Capitolo 2

Le giornate e i mesi passarono sereni e il mio insegnate era stupito dal fatto che ero riuscita a raggiungere gli altri sia nella lettura e scrittura, sia nei calcoli.

Io e Erwin passavamo le pause insieme e a volte decidavamo di stare anche il pomeriggio in nostra compagnia a casa di uno o dell'altro.

Non era più solo la lettura ad unirci, ma, anche se erano 3 anni a separarci, riuscivamo a giocare e divertirci comunque creando avventure e storie tutte nostre.

Suo padre era uno degli insegnanti della scuola e, dopo che Erwin insistette tanto, finalmente riuscii ad ascoltare una delle sue famose storie di cui il mio amico parlava sempre entusiasta.

Rimasi affascinata dalle idee quasi impossibili che riecchieggiavano nella testa di quella famiglia.

Un mondo oltre le mura? Chi è lo scemo che pensa di poter vivere al di fuori di esse?

Ma anche io piano piano iniziai a pensarla come loro, o almeno a sperare che ci possa essere davvero una vita migliore di quella che stiamo vivendo adesso.

Non ne parlavamo con nessuno se non a casa sua, e questo mi faceva sentire importante.

Chi mai poteva dire di avere delle informazioni segrete in una classe di bambini giocherelloni e infantili?

A casa mia invece passavamo il tempo sulla quercia poco fuori il giardino di casa mia.

Lui solitamente stava sotto di essa a leggere ad alta voce un libro mentre io mi arrampicavo sui rami tramite le corde che aveva legato mio padre.

Nelle giornate piovose ci mettevamo a costruire con la carta delle barchette più o meno robuste prima di uscire a cercare la pozzanghera perfetta per farle navigare.

Erano delle attività semplici, ma a noi piaceva passare il tempo così, il fattore essenziale era la presenza dell'altra persona, tutto il resto passava in secondo piano.

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Erano passati due anni da quando io iniziai la scuola, quella volta avevo preso un bellissimo voto in un tema e raggiunsi il cortile trotterellando pronta a sfoggiare il voto al secchione della coppia.

Raggiunsi l'albero e aspettai il suo arrivo.

Aspettai...

Aspettai...

Perchè non arriva?

Mi guardai intorno cercando di capire se la sua classe fosse già uscita.

Notai tre dei sue compagni giocare con dei ramoscelli.

"Forse sta male ed è rimasto a casa..." pensai allontanandomi dall'albero per raggiungere la mia compagna Marie.

Non mi preoccupai molto.

E nemmeno il giorno dopo...

Infatti lui non si presentò nemmeno lì, ma non si può guarire subito, perciò decisi di stare insieme agli altri.

Passarono quindi tre giorni...

Poi quattro...

E si arrivò al nono giorno...

Non capivo perchè mancasse, e se chiedevo ai suoi compagni non ottenevo alcuna risposta convincente.

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-Mamma andiamo da Erwin?-

Erano ormai tre giorni che facevo questa domanda a entrambi i miei genitori, e nessuno dei due mi dava la soddisfazione di dirmi di sì.

-Tesoro, magari sta male, anche il padre non va a lavoro da un pò, è meglio aspettare che tornino loro.- rispose lei forse per paura si fossero presi qualcosa di grave e contagioso.

Sbuffai e risbuffai, non era da lui fare tante assenze...

Questa situazione mi distraeva molto e maggior parte delle mie azioni erano accompagnate da sospiri e sguardi diretti nel vuoto.

-T/n! Non buttare i semi sulle galline! Si metteranno a beccarsi a vicenda e si faranno male!- scossi la testa appena mi accorsi di ciò che stavo facendo.

"Basta non devo più pensare a Erwin... Di certo starà bene."

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Il giorno dopo mi alzai di malavoglia dal letto per via della tarda ora in cui ero andata a dormire a causa del libro che stavo divorando con gli occhi.

Infilai gli stivaletti che ormai non stavano più a Tudor, la giacca calda e misi a tracolla la sacca che conteneva libri e matite.

Giunta a scuola seguii le lezioni in cui il maesto ci insegnava a moltiplicare il numero tre e, dopo aver pranzato con purea e carote, ci portò per la nostra pausa quotidiana in cortile.

Il mio sguardo si posò sotto l'albero notando finalmente il ragazzo che speravo da giorni di rivedere.

Egli non aveva nessun libro tra le mani le quali erano messe nelle tasche della giacca scura, il suo sguardo quindi non puntava in basso su delle pagine inchiostrate, ma in alto, verso il cielo leggermente nuvoloso.

Arrivai trotterellando verso di lui urlando il suo nome con tono allegro.

-Come mai non sei più venuto?- dissi stringendolo in un abbraccio -Ti sei ammalato?-

Erwin non rispose subito, con le mani mi spinse leggermente allontanandomi da lui per poi farle tornare al caldo dentro le due tasche.

-Ey... Tutto bene?- la mia testa si chinò verso destra cercando un contatto con i suoi occhi i quali però sembravano fuggire da me -Ti ho fatto arrabbiare io?-

Finalmente le due pozze d'acqua limpida si posarono su di me facendomi provare un brivido per la fermezza del suo sguardo glaciale.

-No.- il suo petto si alzò e si abbassò in un grande sospiro prima di proseguire -Mio padre non c'è più.-

Non capii le sue parole, mi guardai in giro soffermandomi nel punto in cui era solito stare il signor Smith il quale però era vuoto.

-Sta male?- chiesi ingenua.

-No-

-Ha cambiato scuola?-

-No-

-Lavoro?-

La sua risposta fu la stessa e io ancora non capivo e aprii la bocca per provare a dare un'altra opzione ma fui fermata dal suo sbuffare.

-Perchè non capisci T/n?!- disse rabbioso -Lui non c'è più, è volato via!-

Iniziai a collegare le sue parole affiancandole a quelle che mi aveva detto mesi prima la mamma quando il mio gatto fu seppellito in giardino.

-Lui è...-

-Morto...- concluse lui la frase che stavo balbettando un pò impaurita ed entrambi restammo in silenzio per un tempo che sembrava infinito.

Il rumore dei bambini allegri sembrava ovattato e sentii le mie lacrime iniziare a scendere incontrollabili sulle mie guance arrossate dal freddo.

I miei occhi erano rivolti al terreno vicino ai piedi del mio amico e se non fosse per le piccole chiazze scure che si formarono in quel punto forse sarei rimasta tutto il tempo della pausa immobile.

Alzai lo sguardo verso il volto lucido del biondo che cercava il più possibile di non dar a vedere la sua tristezza.

Il fatto è che non era riuscito a controllare le lacrime e scorrevano tiepide lungo la sua pelle.

Mi avvicinai e con la manica del mio maglioncino verdognolo, la quale spuntava dalla giacca, asciugai la pelle umida del ragazzo sollevendomi sulle punte il più possibile.

-mi devi promettere una cosa T/n.- Erwin ruppe il silenzio mantenendo una voce più o meno rigida -Devi dimenticarti dei racconti di mio padre.-

Rimasi sorpresa dalla sua richiesta e solo dopo pochi secondi diedi la mia risposta -No.-

-Devi promettermelo!- si arrabbiò di nuovo lui.

-Non posso... Io voglio ricordare tutto...-

Sbuffò cercando di ritornare calmo -Allora fai come abbiamo sempre fatto. Non parlarne mai con nessuno.-

Annuii mantenendo lo sguardo dritto sui suoi occhi limpidi.

-Promettimelo-

-Lo prometto-

Erwin sospirò riappoggiandosi al tronco dell'albero e io lo affiancai asciugandomi velocemente le lacrime che pian piano si stavano già incrostando.

-Voglio arruolarmi...- disse tutt'ad un fiato.

-Cosa?-

-Voglio diventare un soldato e verificare se le sue storie sono vere o no.- mi irrigidii in pochi attimi quasi sentendo fermarsi anche il sangue che scorreva tra le mie vene.

-Ma non puoi...-

-Tra un pò di anni potrò, mia madre non può controbattere e io sono convinto della mia scelta.-

Pensai alle sue parole, sentivo di aver già vissuto una situazione simile, e lunica cosa che sentivo di poter dire era solo una.

-Va bene.-

Il mio sguardo tornò ai miei stivali e poco dopo sentii il ragazzo muoversi al mio fianco fino ad arrivare a cingermi con le braccia.

-Grazie T/n...-

-Non ho fatto niente.- dissi interdetta alzando il mio viso alla sua altezza.

La sua mano si appoggio sulla mia testa, uno dei suoi modi per farmi le coccole.

-Non importa... Ti voglio bene, T/n-

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