act i - scene ii
Doppo osservava sovrappensiero il suo collega. Quel giorno, Osamu era stato insolitamente calmo. Il biondo era sorpreso da quel repentino cambio di comportamento da parte del moro, mai disposto a svolgere seriamente gli incarichi affidatigli.
"Che si trovi sotto l'effetto di qualche veleno con cui possa aver tentato di togliersi la vita?" espresse i propri dubbi, parlando con Akiko; eppure alla donna non sembrava che Osamu stesse male, al contrario, azzardò, pensava fosse particolarmente di buonumore.
Lo sguardo del moro, a cui i vari membri dell'Agenzia dei Detective Armati avevano completamente rivolto la loro attenzione durante l'intero corso della mattinata, era concentrato sulla tazzina in ceramica appoggiata sulla scrivania di fronte a lui. Non sembrava avesse intenzione di berne il contenuto, soffermandosi all'osservare le zollette di zucchero, che occasionalmente lasciava ricadere all'interno del caffè, dissolversi al contatto con il liquido.
Abbandonata sulla superficie lucente del cucchiaino metallico, una zolletta di zucchero seguiva lo stesso destino di quelle che il giovane aveva distrattamente messo all'interno del proprio caffè, senza curarsi dell'eccessiva dolcezza a cui questo avrebbe condotto.
La superficie bianca del cubetto di zucchero impiegò pochi secondi prima di tingersi della stessa colorazione del caffè con cui era entrata in contatto. Gli occhi castani di Osamu continuavano a seguire con interesse il fato della zolletta, che si sgretolò completamente, andando a disporsi sul fondo della tazza, assieme agli altri resti dello zucchero precedentemente messi dal ragazzo.
Doppo si trattenne dal rimproverare il moro a causa dello spreco di zucchero di cui si stava rendendo protagonista da ormai più di un'ora. Fu la dottoressa a frenarlo dall'accanirsi sul collega, senza però riuscire a trovare nulla che potesse giustificare la quiete in cui era assorto il moro.
Osamu mosse il cucchiaino, distorcendo così il suo riflesso, formatosi sulla superficie del caffè. Osservò pensieroso la sua immagine mutarsi, seguendo il movimento del liquido, per poi ricomporsi nel momento in cui cessò di spostare il cucchiaino.
Abbandonò la tazza sulla scrivania, senza berne il contenuto, da lui giudicato come 'troppo dolce perché fosse bevibile'.
Durante un momento dei suoi due colleghi presenti al momento, lasciò l'edificio, causando la successiva irritazione di Doppo, quando questo si accorse della mancanza del moro. Osamu si preannunciò mentalmente l'ennesimo rimproverò da parte del biondo una volta che avesse fatto ritorno, nonostante, come al solito, non avesse intenzione di ascoltarlo.
Non sapeva come avrebbe trascorso quella giornata; non fosse stato previsto l'arrivo di (T/n) per quella serata all'Aeroporto Haneda, sarebbe probabilmente andato alla ricerca di qualche ragazza disposta a compiere un doppio suicidio con lui.
Mentre camminava in direzione della stazione, dovette fare più volte attenzione, rischiando di essere investito, non prestando attenzione a ciò che lo circondava. Sentì il clacson di alcune auto suonare al suo passaggio, dopo aver attraversato la strada senza prima accertarsi che non ci fossero veicoli in arrivo.
Si vergognava del suo comportamento passato ed odiava l'essere stato perdonato così velocemente. Al contempo, ciò lo rendeva immensamente felice. (T/n) non lo aveva dimenticato, esattamente come lui non aveva mai dimenticato lei. Si chiedeva cosa avrebbe dovuto dirle una volta che l'avesse incontrata. Non aveva idea di come approcciarla dopo quattro anni trascorsi senza alcun contatto tra loro, soprattutto perché il moro aveva fatto il possibile affinché lei non riuscisse a rintracciarlo.
Si era pentito di ognuno di quei giorni che aveva trascorso senza averla al suo fianco, senza poter vedere il proprio riflesso negli occhi (c/o) della ragazza, soliti guardarlo con dolcezza ogni volta lui fosse nei paraggi. Gli era mancata quella sensazione, come gli era mancato lo svegliarsi la mattina, senza alcun calore a riscaldare lo spazio vuoto accanto a lui.
Gli mancava ogni singolo momento trascorso assieme. Si domandava quanti altri momenti così insignificanti avrebbero potuto vivere, se solo lui non avesse allontanarla dalla vita della Port Mafia, a cui lui non l'aveva mai considerata adeguata.
Non aveva mai voluto che una persona come lei vivesse nella parte più oscura della città di Yokohama; per quanto fosse riuscita a rischiarare le giornate del moro, lui temeva più di qualunque altra cosa che, un giorno, quella sua luce venisse assorbita dall'oscurità in cui si erano ritrovati entrambi costretti a vivere. Un'oscurità macchiata dal sangue di coloro che cadevano nella mani della Port Mafia, sangue di cui (T/n) non avrebbe mai dovuto sporcarsi le mani. Osamu non desiderava che la (c/c) vivesse quel genere di vita. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggerla dal male che albergava in quei luoghi ed evitare che venisse corrotta, come lui.
Non aveva mai pensato a sé stesso, non finché le parole di un amico non raggiunsero il suo cuore. C'era ancora speranza. Poteva ancora tornare indietro.
Osamu aveva ancora la possibilità di redimersi e (T/n) avrebbe aspettato fino a che lui non fosse stato pronto.
Quattro anni dopo, il moro credeva di essere stato in grado di trovare un luogo a cui appartenere, che non implicasse lo sporcare nuovamente le proprie mani del sangue altrui.
Una volta preso posto a bordo del treno, Osamu osservò le porte automatiche chiudersi, domandandosi se fosse effettivamente riuscito a diventare un uomo migliore.
Chiuse gli occhi. Solo poche ore lo separavano dal poter udire quella risata cristallina che aveva tanto amato e che continuava a sentire più e più volte nei momenti in cui gli altri non avrebbero potuto ascoltare altro se non il silenzio.
Un lieve sorriso si accennò sulle sue labbra, mentre il rumore del treno in partenza offuscò il suono della risata gentile che Osamu desiderava disperatamente sentire realmente e non all'interno della propria fantasia.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro