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-PATTO DI MEZZANOTTE-

Era notte; solo i flebili raggi della luna illuminavano la stanza, facendosi strada tra le sbarre della finestra. Ero sveglio, contemplano la parete della mia cella, mentre pensieroso mi lisciavo il baffo, in cerca di un piano per la fuga.
Una strana sensazione interruppe i miei pensieri; qualcuno mi stava osservando. diedi un'occhiata veloce fuori dalla porta sbarrata; non vidi nessuno e neanche il mio occhio bionico rivelò la presenza di qualcuno. Stranamente neanche la guardia del turno di notte non si fece viva. Questo insolito dettaglio mi incuriosì ancor di più e, avvicinatomi alle sbarre fino a quasi impugnarle, osservai più dettagliatamente il corridoio circolare.
I carcerieri erano tutti scomparsi.
Era la mia occasione.
Da sotto il materasso della branda arrugginita tirai fuori una lametta, scambiatami da Ultra Violet in cambio di una marmitta. Iniziai a sfregare la lama contro le sbarre, una pratica estremamente rumorosa, ma tanto non c'era anima viva al di fuori delle celle. Pregustavo già il dolce sapore della libertà, mentre un ghigno malizioso scopriva il mio discutibile sorrido.
"Quell'aggeggio non ti servirà a niente, credimi"
Sobbalzai, sentendo una voce sconosciuta, proveniente dall'interfono; pensai subito di essere stato scoperto e preso da un impeto d'ira lanciai la lametta che cadendo emise un potente clangore metallico, che echeggiò per tutto il penitenziario.
"Calmati e ascoltami: cosa ne pensi di un patto? Il tuo aiuto in cambio della libertà"
Sentendo quelle parole capii che non si trattava di un carceriere, ma ancora non capivo chi era. Quasi urlando contro l'interfono dissi: "Prima dimmi chi sei"
In risposta la voce ripeté:
"È un patto?"
"Dimmi chi sei! Come faccio a fidarmi se-"
"È UN PATTO?!" tuonò la voce. Una scarica di energia fece accendere tutte le lampadine del secondo piano, che per la troppa corrente scoppiarono. Sussultai. Sicuramente si trattava di una mente criminale sopraffina se era riuscito a mandare in cortocircuito la sicurezza del Kryptarum. Ancora diffidente risposi:
"Sì... è un patto"
"Molto bene. Incontriamoci nell'arcade abbandonato. Il prima possibile"
"Ma com-"
Neanche il tempo di finire la frase che le sbarre meccanizzate iniziarono a scorrere e la porta blindata della prigione si spalancò di colpo. Presi lo stretto necessario e iniziai a correre verso l'uscita.

Sentivo il vento gelido del deserto dritto in faccia. Presi un respiro profondo e mi strozzai con della sabbia: "Dannata sabbia! Ma tanto chissene importa, sono libero!"
Mi collegai alla connessione del mio furgone i-tech, un Wi-Fi illegale di mia invenzione e, dando le mie coordinate al veicolo lo vidi arrivare in pochi minuti. Misi la cintura, spinsi il pedale dell'acceleratore al massimo e parti in tutta fretta verso Ninjago City. Arrivato sull'autostrada principale sentii delle interferenze provenire dalla radio. Una voce roca e profonda iniziò a parlare:
"Abbiamo un patto, non provare a scappare"
"Ma come hai...?! Non importa, sto arrivando"
Ancora incredulo su come abbia fatto ad accedere alla mia rete privata, iniziai ad accelerare, sempre più vicino alla mia meta. Il posto predetto si presentava abbandonato da almeno 30 anni. C'erano scartoffie dappertutto e un vecchio cabinato rotto spiccava nel piccolo negozietto. Di quella persona neanche l'ombra, ma di nuovo sentii la sua voce robotica:
"finalmente. Ti stavo aspettando Meccanico"
Spostai due pile di fogli sopra un bancone e un piccolo computer con un simbolo strano sullo schermo accesso si presentò davanti ai miei occhi:
"Ma... chi sei? E come fai a sapere il mio nome?!"
"Pazienta. Liberami e risponderò a ogni tua domanda"
Una stampante li vicino si accese e stampò un foglio bianco pieno di istruzioni. Confuso e spazientito chiesi: "Cosa dovrei fare con questa roba?" Il computer si spense di colpo, ma sullo schermo apparve una scritta:

"Trova la scheda madre. Unagami ne ha bisogno"

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