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-DEJA VU-

Si librava in aria con maestria e grazia. Sembrava quasi danzare nel cielo tra il vento freddo di quella mattina invernale. Il falcone, mi guidava col suo volo, mentre le sue penne corvine illuminate dal sole scoprivano riflessi bruni; quasi tendevano al viola o forse era solo una mia impressione. Correvo tra la neve fresca da quasi un'ora, ma non sentivo stanchezza e neanche freddo. Ero strano, lo sapevo, i ninja me lo dicevano sempre; ma non pensavo fino a questo punto. Non sapevo nemmeno perché stessi seguendo quel falco. Sentivo come... un'affinità con quella creatura, un legame. L'istinto mi disse di seguirlo e io, incuriosito, lo ascoltai.

Ci addentrammo in una foresta di betulle. Gli alberi spogli e la mancanza di colori rendevano il misterioso paesaggio quasi inquietante, ma io sapevo di averlo già visto.  Mentre a passo svelto cercavo di non perderlo di vista, con la coda dell'occhio scorsi un cartello di pericolo, ma non ci feci molto caso. il falco iniziò a rallentare, fino a fermarsi a mezz'aria, ne approfittai per riprendere fiato. Un verso stridulo e potente spezzò la quiete, mettendomi sull'attenti. Il falco mi stava avvertendo di qualcosa, o qualcuno. Alzai la testa verso l'alto; incrociai lo sguardo con sei occhi iniettati di rabbia.Rossi come il sangue fresco.

Mi pietrificai dalla paura. Non avevo mai affrontato prima d'ora un tricorno, pensavo fossero una leggenda. In equilibrio sulle sei zampe con gli zoccoli affondati nella neve, mi scrutava. Il suo manto cortecciato ricordava una betulla. La sua altezza mi metteva in soggezione. Abbassò il muso senza staccarmi gli occhi di dosso. Le tre corna ramificate incastonate nel cranio dell'animale mitologico spiccavano per la loro bellezza ed eleganza. Eravamo a pochi centimetri l'uno dall'altro. Il suo fiato gelido mi scompigliò i capelli; io ancora immobile, non cedevo alla tentazione di scappare più veloce della luce. Ero incuriosito, quasi ipnotizzato, dalla sua maestosa figura. Aprì le fauci; due zanne ghiacciate, più grandi e affilati di una spada, luccicavano, gelandomi il sangue nelle vene. Un silenzio assassino avvolse l'atmosfera.

Un grido straziante e acuto mi perforò i timpani, feci un balzo all'indietro e preso da un giramento di testa dovuto all'urlo troppo forte della bestia, finii di faccia nella neve. Mi rialzai subito, cercando di capire cosa stesse per succedere, mi avrebbe attaccato? In ogni caso mi ripresi dallo shock, ero pronto a qualsiasi evenienza. Il tricorno, dandomi un'ultima occhiata, rialzò la testa e ripartì nella sua lenta marcia nel candido nevischio. Ero salvo.
Il falco, in tutto questo, mi aspettava pazientemente su un ramo alto di un albero li vicino. Quando notò che lo stavo osservando riprese il suo volo verso l'ignoto, ed io, ovviamente lo seguivo fedelmente a piedi. Il viaggio non durò molto; presto mi ritrovai davanti alla betulla più grande che abbia mai visto. I rami privi di foglie toccavano il cielo e la nebbia della foresta copriva la loro fine. Le grosse radici emergevano dalla terra innevata creando una trama di intrecci. L'albero era vecchio, si poteva notare dalle striscie nere scolorite sulla corteccia del tronco, ma ancora non cedeva alla morsa della morte. L'albero aveva una porta. Si mimetizzava alla perfezione, ma quando la aprii rimasi sbalordito. Era una casa abbandonata da tempo. Il falco entrò appollaiandosi su di un trespolo attaccato al soffitto. Il mobilio era vecchio di almeno vent'anni e fogli di tutti i tipi ricoprivano il pavimento e un tavolo da lavoro. La scrivania attirò la mia attenzione; era piena di attrezzi, chiavi inglesi, cacciaviti, bulloni e componenti come ingranaggi e cavi elettrici. trovai, sepolto tra alcune cianografie, un quadretto rotto. La foto mi ritraeva con il falco sulla spalla e un uomo anziano alla mia sinistra che non conoscevo. Curiosando tra le cianografie rimasi scioccato. Il mio cuore saltò un battito.
C'erano degli schemi, dei disegni, su di me. Iniziai a mettere insieme tutti gli indizi e un dubbio presto, si trasformo in realtà".
"E quindi è così che hai scoperto di essere un nindroide" Disse Jay mentre stavamo giocando a scacchi.
"Ma dimmi una cosa, alla fine hai scoperto chi era quel vecchio nella foto?"
Sospirando risposi alla sua domanda:
"Era il dottor. Julien. Mi ha costruito lui. Era come un padre per me, ed è per questo che ha voluto disattivare i miei ricordi, prima di ecco... spegnersi. Per non farmi stare male. Lui mi ha insegnato tutto quello che so-"
"Anche cucinare?" Mi interruppe bruscamente Jay. So che non lo fa apposta, è nato fastidioso. Gli risposi:
"No, imparai a cucinare da solo, ma comunque mi insegnò molte cose, come gli scacchi. Era il suo passatempo preferito, ed ora è il mio"
"Ecco perché mi batti sempre! Siamo cento a zero, non ho ancora vinto una sola, singola volta!"
Si mise a ridere e continuammo a giocare.
Entrò il Maestro Wu. Ci avvisò che l'indomani sarebbe andato a cercare l'ultimo membro della nostra squadra e quindi ci saremmo dovuti allenare tutto il giorno finché non sarebbe ritornato. Detto questo se ne andò.
"Zane dimmi un'ultima cosa, perché ti ha costruito?"
"Vedi Jay mio padre diceva sempre "sei stato costruito per proteggere chi non può proteggersi da solo" e comunque; scacco matto"
"OH MADDAI!"
"E siamo centouno a zero".

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