CAPITOLO QUINDICI.
«Sophia, ma dove scappi? Aspettami!» è Brandon e mi sta seguendo mentre cammino a passo svelto per il corridoio dell'università. Non so nemmeno io dove sia diretta, so solo che ho bisogno di sfogare tutta la rabbia che sta ribollendo nelle mie vene.
Sento le dita di Brandon avvolgere il mio polso e la sua salda presa mi blocca, immediatamente. Così, sono costretta a voltarmi verso di lui.
«So che stai soffrendo, ma devi contenere ciò che provi. Devi elaborarlo...» mi dice, stringendo, ora, le sue mani sulle mie braccia, mentre mi guarda dritto negli occhi.
«Non sono una macchina, Brandon» gli dico semplicemente.
Non so perché, ma non riesco a percepire emozioni nemmeno con lui, ora. Nella vita ho perso troppo. Ho perso i miei genitori biologici, ho perso anni di vita in un orfanotrofio a domandarmi perché delle bullette mi perseguitassero e perché fossi stata destinata a qualcosa così fuori dall'ordinario. Ora ho perso Harry. Perché proprio lui?
«Lo so, ma sei forte e non puoi comportarti così impulsivamente. Hai dei poteri che neanche immagini qui dentro...» mi sfiora una tempia con i polpastrelli ed io, in un'altra situazione, mi sarei sciolta sotto quel tocco «Ma devi fare attenzione a come li utilizzi, Sophia...» conclude.
Capisco cosa intende, pensa che io possa farmi male. Ora come ora, non mi interessa: l'unico desiderio che ho è quello di vendicare il mio migliore amico.
«Lasciami andare, Brandon...» gli dico, a malincuore, sfilandomi dalla sua presa e dileguandomi verso l'uscita.
-
Posso localizzare il loro covo, devo poterci riuscire. Cerco di comprendere dove si trovino i sequax mentre analizzo le immagini che ricordo dalla mia visione. Non riesco a rammentare nulla se non un paesaggio di montagna che ho intravisto dalla finestra della stanza dove, ormai, il corpo di Harry starà giacendo, privo di vita.
Sono ormai lontana da Brandon ed un po' mi dispiace di averlo scaricato così, proprio il giorno dopo il nostro primo bacio. Non avrei mai voluto che le cose andassero, ma sento che Harry ora ha la priorità su ogni mia azione.
«Signorina White?» una voce adulta mi sta richiamando ed io so esattamente a chi appartiene. Il preside Halliwell è proprio di fronte a me quando mi volto. Siamo entrambi in giardino ed io maledico chiunque abbia fatto la spia con la persona più potente dell'intero istituto.
«Sta andando da qualche parte?» mi domanda, apparentemente tranquillo.
«Prendevo un po' d'aria» gli dico, assottigliando lo sguardo. Il mio corpo dondola sui talloni: non sono brava con le menzogne.
«Quindi non stava uscendo dall'Istituto per addentrarsi nel bosco ed andare chissà dove a stanare chissà chi?» mi domanda ed io alzo gli occhi al cielo.
Sicuramente è stato Raphael a fare la spia, lui proprio non sa quando fermarsi! Dovrei schiaffeggiarlo con le mie stesse mani quando lo troverò.
«Oh, signorina White... le confesserò un segreto: essendo un manipolatore a mia volta, non c'è bisogno che qualcuno mi venga a raccontare cosa accade all'interno della mia università... perché lo so già! Il signor Lloyd non c'entra» mi dice. Sembra più ironico del solito, ma noto un certo sforzo nei suoi occhi, come se stesse mascherando un sentimento più importante. Che sia preoccupato per me?
«Quindi sono in castigo? O mi lascerà andare? Sono qui da pochi mesi, non sono una risorsa fondamentale per questo posto. Voglio solo vendicare il mio migliore amico» gli dico, forse più sincera che mai.
«Ne sono consapevole» mi risponde grattandosi il mento mentre si guarda intorno «Ma la sete di vendetta è un sentimento che, se assecondato, si tramuta inevitabilmente in sofferenza»
A questo punto, non so cosa dirgli. Sono certa che si tratti di sofferenza, ma la redenzione è un sentimento più importante per me, soprattutto in questo momento.
«Non ti metterò in castigo, tantomeno ti lascerò andare, sia chiaro» continua a parlarmi facendo un passo verso di me. Di rimando alzo gli occhi al cielo. Non voglio, non posso permettermi di non far nulla «Ma, se ti va, potrei aiutarti a capire come venirne a capo» mi dice ed io sbarro immediatamente gli occhi, sorpresa.
«Aiutarmi?» gli domando, sporgendomi con il capo verso di lui, che ora sembra esser visibilmente rilassato.
«Aiutarti, sì. E' tempo di agire» mentre dice queste parole, mi sta guardando negli occhi ed io sono più incredula che mai «Raduna i tuoi compagni e ci vediamo tra dieci minuti nel mio ufficio»
Così annuisco e pochi secondi dopo sto tornando nella stanza Macabra dove tutti sono ancora perfettamente sistemati come quando sono uscita. Tutti tranne Brandon. Lui dov'è?
«Sophia? Ti sei rinsavita ed hai capito che stavi andando a suicidarti?» mi domanda Raphael ed io sospiro, scuotendo la testa: non sono in vena di scherzare ora.
«Brandon dov'è?» domando, per prima cosa.
« i ha seguita, pensavamo fosse con te» mi dice Kayleen ed io mi mordo le labbra. Non avrei dovuto respingerlo.
«Il preside ci vuole tutti nel suo ufficio tra dieci minuti» comunico, osservando i ragazzi.
«Che? Non avrà mica saputo delle nostre spedizioni segrete? Ho una media alta che voglio mantenere!» Mike è atterrito, preoccupato.
«Io penso che lui sappia tutto, ma che non voglia punirci. Vuole agire, parole sue. Credo che voglia che noi lo aiutiamo, evidentemente il pericolo è imminente e lui se n'è reso conto» spiego loro il mio punto di vista e vedo che, negli occhi di tutti, si è accesa una luce di desiderio, di forza. Sospiro rassegnata all'idea di dover essere paziente ed apro la porta.
«Cerco Brandon e vi raggiungo» dico, per poi ritrovarmi di nuovo nel corridoio.
Scendo velocemente le scale e mi guardo intorno, iniziando a preoccuparmi. E se fosse scappato nel bosco pensando di inseguirmi e, magari, di fermarmi? Ho paura che possa essersi cacciato in qualche guaio.
«Brandon?» grido il suo nome sperando che in qualche modo possa sentirmi. Le nostre menti sono collegate, eppure io non percepisco nulla che lo riguardi.
Devo avergli spezzato il cuore.
Quando esco in giardino, non c'è nessuna traccia del mio medium. Continuo a pronunciare il suo nome ad alta voce, ma tutto sembra vano. Dove può essere finito?
«Cazzo, Sophia!» la sua voce è familiare e, dopo aver girato un angolo del portico, diretta al dormitorio maschile, lo sento afferrarmi saldamente e incastonare le sue dita sulla mia nuca, come se avesse paura di avere una presa troppo debole per potermi mantenere.
«Mi hai sentita?» gli domando.
Brandon è letteralmente sconvolto. Non l'avevo mai visto così preoccupato, così pallido in volto, provato dalla nostra discussione.
«Credevo fossi scappata e stavo venendo a cercarti. Non potevo lasciarti andare da sola... poi ho sentito la tua voce e sono tornato indietro...» mi dice, io sorrido.
« Il preside mi ha trovata e costretta a fermarmi. Lui vuole che noi–» gli sto spiegando, ma lui mi blocca.
Mi lascia senza parole quando mi bacia. Sento il suo cuore palpitare nel petto vista la sua stretta. Sono avvolta tra le sue braccia e mi rilasso, ne avevo un tremendo bisogno. E' spaventato e lo percepisco, ma mi godo le sue dolci attenzioni, ricambiandole con estremo desiderio.
«Sono stata via solo per dieci minuti, Brandon...» gli dico ridacchiando contro le sue labbra che si sono appena staccate dalle mie.
«Pensavo non mi volessi accanto a te. Per un secondo, un fottuto secondo, Sophia, tu mi hai terrorizzato, mi hai messo paura e nessuno, ripeto, nessuno ci era mai riuscito prima» mi confessa ed io gli accarezzo il viso, sospirando.
«Lo so, scusami... sono scossa per quella dannata visione, dovevo essere completamente fuori di me. Ma tu ricorda sempre che non ne avrò mai abbastanza di te. E mi piace quando sei così... premuroso, ecco» gli confido. Una parte di me vorrebbe dimenticare per cinque minuti la guerra che ci circonda e godersi lui, in tutto e per tutto.
«Così come?» mi dice, accennando una risata.
«Umano...» mormoro quelle parole a poca distanza dalle sue labbra, che bacio nuovamente. Voglio rassicurarlo, perché non l'ho mai visto così vulnerabile.
«Ora dobbiamo andare, il preside ci aspetta...» gli dico e lui non fa domande, mi segue velocemente verso la nostra destinazione, non prima di avermi regalato l'ennesimo bacio.
-
Quando siamo tutti nell'ufficio del Preside, la tensione è alle stelle.
Ci sono altri professori nella stanza, alcuni non li ho mai visti e c'è anche la professoressa Dawson: credo che sia appena stata messa al corrente di tutto vista la sua espressione turbata.
«Vi ho fatti venire qui perché so tutto quello che sta succedendo, dentro e fuori quest'accademia. Mio padre non avrebbe mai voluto una guerra del genere e, io come lui, ho tentato fino alla fine di impedire che se ne scatenasse una, occupandomi personalmente di stanare spie e utilizzare sentinelle per la protezione dei miei studenti. Ciò nonostante, non tutte le cose si possono evitare, motivo per cui ora siete qui. Ho avuto una visione abbastanza strana dove ho riconosciuto una persona che credevo vicina a me ed ho scoperto che è coinvolta in questa storia. Io non ho idea di chi sia l'artefice di ciò, so solo che è arrivato il momento di affrontarlo una volta per tutte»
Il suo discorso è incoraggiante e, nell'uomo che ho di fronte, sono sicura aleggi un senso di redenzione, più di quello che percepisco io per Harry.
Lui saprà come fare, più di quanto non avrei saputo fare io.
«Nessuno ha idea di dove siano i sequax e chiunque si sia alleato con loro. E' compito nostro e vostro, i nostri migliori guerrieri, aiutarci a localizzarli. Mappe, scritture, tracce di qualsiasi tipo: dobbiamo trovare una risposta in brevissimo tempo» continua, il preside, che in questa parte della sua conversazione sembra esser meno tenace che nella prima.
«C'è qualcuno, qui, che possiede uno strumento che può aiutarci» e, detto questo, posa il suo sguardo su di me.
«Io? Io non ho niente...» gli dico, estremamente confusa.
Un leggero mormorio s'innalza all'interno della stanza ed io non ho minimamente idea di cosa stia parlando.
«Voi altri, sarete convocati di nuovo non appena rintracceremo quegli esseri squallidi e, mi raccomando, state pronti al peggio» così dicendo, liquida la maggior parte delle persone che si trovano nella stanza, compresi i miei amici, compreso Brandon e la professoressa Dawson.
Quando siamo soli entrambi, io lo guardo con fare interrogatorio.
«Può spiegarmi di cosa parla, per favore?» gli domando, facendo qualche passo verso di lui.
«Hai mai avuto la sensazione di essere osservata, in orfanotrofio come in casa tua?» mi chiede, mettendosi a sedere dietro la sua scrivania.
«Me l'ha già detto che mi avete osservata per tutta la vita prima di portarmi qui. Questo cosa c'entra ora?» gli chiedo, andando a mettermi in piedi di fronte a lui.
«Tua madre e tuo padre... loro ti hanno lasciato degli oggetti, oggetti che dovresti ancora possedere, se siamo fortunati...»
Mio padre? Cosa c'entra ora mio padre?
«Cosa? Può spiegarmi a cosa si sta riferendo?» gli domando mentre il cuore inizia a battere forte nel petto. Non avevo mai pensato che mio padre potesse aver preso parte a questo mondo, non lo avevo mai preso in considerazione.
«Tre oggetti, Sophia, tutti e tre creati e nascosti da tua madre. Hai mai avuto la sensazione di vedere oltre le cose? Pensaci su. Un libro, uno specchio...» mi dice ed io credo di aver capito a cosa si stia riferendo.
«Mi sta chiedendo se, tra le mie tante visioni, io abbia notato un messaggio criptato, una frase o .... una mappa? Come avrebbero fatto i miei genitori a consegnarmi una mappa per identificare i sequax oggi?» gli domando, mettendomi a sedere di fronte a lui. E' impossibile: non ho mai sentito parlare di un Augeo capace di prevedere il futuro.
«Pensaci, Sophia... è la nostra chiave...» mi guarda, chiedendomi di scavare nei meandri più profondi della mia mente.
«Come fa a sapere queste cose?» gli chiedo e lui si sporge verso di me, implorandomi di capire senza fare troppe domande. So già che non mi risponderà «Te lo dirò, un giorno. E' una promessa, ma ora cerca, Sophia...» mi dice ed io lo faccio, solo perché senza quest'unico appiglio, saremmo tutti perduti.
Chiudo gli occhi e cerco nella mia mente, frugando nei ricordi. E' semplice, l'ho già fatto con Breanna. Avere una mente potente ti permette di ricordare molto della tua vita e, mentre alcune rimembranze scorrono dinanzi ai miei occhi, finisco catapultata nella mia stanza, a Londra. Rivedo i White, percepisco le risate delle cene fatte in cucina, di come Jason mi abbia sempre guardato sospetto e di come mi sono sentita quando mi hanno accolta in casa loro. Rivedo il baule che ho sempre avuto con me in orfanotrofio e ripenso alle domande che non ho mai posto sulle sue origini, suj come fosse arrivato lì e su come facessi a possederlo.
Ricordo di come, una notte, non riscivo a dormire. Sento di aver trovato la giusta pista da seguire, mi spingo oltre e cerco di scavare nel mio stesso intelletto, per cercare una risposta che possa esser valida.
Ricordo di come i ghirigori disegnati dolcemente a mano, impressi sulle tende della mia camera si illuminavano flebilmente, mostrandomi svariate linee. Pensavo di star sognando o che qualcuno si stesse divertendo dall'altra parte della strada con qualche gioco che comprendeva i laser. Che sia quella la chiave? Non riesco ad identificare il luogo, le linee sono tante e sono tutte intersecate tra loro, ma posso affermare di avere un'ottima sensazione.Credo di aver trovato la nostra mappa o, almeno, qualcosa che vi assomigli.
Quando apro gli occhi, il preside è ancora immobile e mi sta fissando.
«Allora?» mi osserva.
«Credo di dover tornare a Londra, forse lì c'è una cosa che potrebbe aiutarci...»
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