Capitolo 1
Osservavo Michael sbuffare via il fumo, seduta sul muretto di fronte alla scuola. Quel giorno faceva abbastanza caldo, difatti indossavo una maglia a maniche corte, abbastanza larga perché era di Michael. Mi piacevano i suoi vestiti, quindi li rubavo sempre.
«Devi smetterla di prenderti i miei vestiti», si lamentò, sbuffandomi una nuvola di fumo in faccia, «Poi penseranno che stiamo insieme».
Scacciai via il fumo, infastidita. «Che vuoi? Mi piacciono le tue magliette», mi difesi, fissando il logo dei Misfits stampato sulla maglia.
«Non sai neanche chi sono i Misfits».
«Ma la maglietta mi piaceva».
Michael mi fissò scuotendo la testa, accantonando però l'argomento magliette rubate di band che neanche conosco per sfoderare un argomento persino più spinoso: la questione Hood.
Era passata una settimana da quando Rowin mi aveva imposto di baciare Calum entro un mese, e non avevo la più pallida idea di cosa fare. Non che la cosa interessasse a qualcuno, visto che, dopo il bacio che si erano dati al bar, Rowin aveva cominciato ad uscire con James Longbridge e a Michael non interessava niente fino a che gli passassi sigarette sottobanco. Infatti, mi stupii quando Michael mi chiese se avessi in mente un piano o meno.
«Per adesso, ancora niente», sospirai, osservando la punta delle mie All Stars, «È Rowin quella che partorisce piani geniali, non io».
«Per come la vedo io, ti servirebbe un cambio di look», suggerì Michael, la sigaretta ancora tra le sue labbra mentre parlava, «A Calum non piacerai mai se ti conci in questo modo».
Gli lanciai un'occhiataccia. «Non cambierò il mio modo di vestire per piacere ad un ragazzo. E poi cosa c'è che non va nei miei vestiti?», chiesi, incrociando le braccia al petto. Quel gesto mi faceva sentire sicura di me, per qualche strano motivo.
«Sei un po' - tantissimo - trasandata. E indossi magliette che non ti valorizzano. Davvero, oggi sembri una barbona».
Fantastico, ora mi faccio criticare da un ragazzo che indossa gli anfibi ai matrimoni. Però, aveva ragione, il mio look era un tantino trascurato. Il punto è che non avevo soldi per comprare quello che volevo indossare, quindi cercavo di arrangiarmi più che potevo.
«Anche se volessi cambiare il mio look, non avrei idea da dove cominciare. E non ho soldi».
«A cosa servono gli amici?».
Trasalimmo entrambi a quella voce, voltandoci per trovare Rowin che ci fissava divertita. Avanzò verso di noi, affiancando Michael e rubandogli la sigaretta dalle labbra, facendo un tiro. «Ti vorrei ricordare che ho una carta illimitata».
«Hai una carta illimitata e mi scrocchi ancora le sigarette?», si lamentò Michael infastidito, mentre si riprendeva la sigaretta.
Rowin roteò gli occhi. «A cosa mi servirebbe un pacchetto di sigarette? Sai che fumo una volta ogni tanto, Mike», ribatté, volgendo il suo sguardo su di me, «Allora, oggi pomeriggio dopo la scuola passo a prenderti e andiamo a fare shopping», disse, baciandomi la guancia ed affrettandosi a raggiungere James, che l'aspettava sorridente sugli scalini del portone. Insieme si incamminarono dentro.
«Sono così carini», sospirai, volgendo di nuovo il mio sguardo a Michael, che adesso stava calpestando la cicca di sigaretta sotto la suola delle scarpe, «Che ne dici di cominciare ad entrare? Le lezioni cominciano tra venti minuti».
Michael si guardò intorno, mordendosi il labbro inferiore. «In verità, pensavo di saltare la prima ora», rispose, lo sguardo ancora assente, «Se quel coglione di Hemmings si facesse vedere, magari...».
Concentrai la mia attenzione su di lui. «Hemmings? Quell'Hemmings?», chiesi, spalancando la bocca.
«No, un altro», sbuffò sarcastico Michael, cercando di accendersi un'altra sigaretta, «Conosci altri Hemmings, idiota?»
Luke Hemmings era il migliore amico di Calum, e ora Michael stava dicendo che doveva saltare la prima ora con lui. Da quando in qua Michael era amico di Luke Hemmings?
«Come lo conosci?», gli chiesi, scendendo dal muretto per entrare nell'enorme edificio malandato.
Michael fece spallucce. «Abbiamo il corso di algebra insieme ed è simpatico», rispose.
«Perché non mi hai detto che lo conosci?».
«Perché devo dirti tutto quello che faccio?», replicò, voltandosi per salutare il ragazzo che stava cercando prima.
Lo guardai parlare con Luke, prima di entrare di corsa nella scuola per raggiungere il mio armadietto; dopo aver preso il mio libro di storia mi diressi all'aula, arrivando puntuale per un pelo. Mi sedetti accanto a Sabrina Beckett, una ragazza dai capelli rovinati dalle tinte con cui non avevo mai realmente parlato al di fuori dell'aula di storia, ma con cui andavo d'accordo abbastanza, aspettando il professore. Quando entrò, mi stupii del fatto che era di buonumore. Si sedette alla cattedra, guardandoci attraverso le lenti spesse degli occhiali.
«Va bene, ragazzi, oggi comincia il progetto che vi avevo accennato all'inizio dell'anno. Vale il cinquanta percento della valutazione finale, quindi vi consiglio di prenderlo sul serio. Ora, dopo aver assegnato le coppie, vi spiegherò come funziona».
Io e Sabrina ci guardammo, sapendo già che saremmo finite in coppia insieme.
«Ovviamente, le coppie saranno scelte da me, e ho deciso di unire gli studenti più meritevoli a quelli... un po' carenti».
Il sorriso svanì dalla mia faccia di colpo. Sarò assegnata di sicuro a qualche idiota che farà fare tutto il lavoro a me.
Il signor Paulson si prese cinque minuti per stabilire le coppie. Quando ebbe finito, ci guardò velocemente e cominciò a chiamare i ragazzi. Morris e Somerset. Beckett e Gilbert. Hayes e Thompson. Mardsen e Hood. Mardsen e Hood...?!
Ma quindi... Oh mio Dio, mi ha messo in coppia con Calum!
Restai scioccata finché il prof non smise di chiamare tutte le coppie, che avrebbero dovuto sedersi vicine per tutta la durata dell'anno scolastico. Camminai lentamente verso il banco di Calum, in fondo all'aula, e mi sedetti accanto a lui, cercando di fargli notare il meno possibile quanto fossi nervosa. Fortunatamente il signor Paulson cominciò a spiegare come funzionava il progetto, permettendomi così di distogliere l'attenzione da Calum - per quanto ci riuscissi.
«Tutte le coppie sceglieranno un argomento da questa pagina», disse, sollevando un foglio A4, «E dovranno scrivere una relazione su di esso. È prevista anche una gita per conoscere meglio i luoghi in cui si sono svolti i fatti».
«Cioè?», chiese Lee Thompson, in evidente confusione.
Il signor Paulson sospirò, sapendo che ci sarebbero state domande del genere. «Per fare un esempio, se tu e il tuo compagno scegliete l'olocausto, sarete affiancati da un tutor e farete una gita in Germania».
«Fico», mormorò il ragazzo, ottenendo un'occhiataccia dal professore.
«C'è anche qualcosa che riguardi l'Olanda? Una bella gita ad Amsterdam non farebbe per niente male».
Mi voltai, fissando Calum incredula. Aveva battuto il cinque al suo amico seduto nel banco avanti al nostro. Quando incrociò il mio sguardo, mi fece un occhiolino. «Dai che ti piacerebbe, io e te soli soletti ad Amsterdam».
Oh cazzo. La mia prima interazione con Calum Hood dopo anni e tutto quello che mi dice è che mi piacerebbe andare ad Amsterdam con lui. C'è bisogno di lui per saperlo, poi? Amerei andare ad Amsterdam con lui. Amerei andare anche all'inferno con lui...
Scossi la testa. «Considerando che farei tutto il lavoro da sola mentre tu poltrisci, no. Non mi piacerebbe», mentii, mordendomi il labbro inferiore e fissando il mio sguardo sulla pagina del mio quaderno che avevo riempito di disegni.
Calum afferrò la matita dalla mia mano, cercando di completare il mio disegno. «Chi ti dice che faresti tutto il lavoro da sola, bambolina?», chiese retorico, sorridendo sghembo e facendo colorare le mie guance di rosso. Scossi la testa, pensando che mi aveva chiamata bambolina perché di sicuro non sa il mio nome e che fa così con tutte.
Alzai lo sguardo, fronteggiandolo. «Sappiamo entrambi che non sei esattamente una cima, in questo corso... o negli altri».
Lui rise. «Quindi le voci corrono, eh?», disse, tornando serio, «Puoi dirmi il tuo nome, bambolina?»
Piuttosto ovvio. Sospirai. «Danielle», risposi, tornando con lo sguardo al quaderno, notando che Calum aveva completato - e decisamente migliorato - il mio disegno.
«Io sono Calum», si presentò, «Ma credo che già lo sapevi, questo».
Lo fissai scettica, guadagnandomi una risata. «Chiunque ti conosce, Calum».
«Giusto», il sorriso sghembo sulla sua faccia non accennava a sparire, «Però sappi, bambolina, nessuno mi conosce veramente».
«Mi chiamo Danielle», ribattei, «Non chiamarmi bambolina».
«Ti da fastidio?», mi pungolò lui, strofinando il suo naso contro la mia guancia. Lo spinsi via, nonostante avessi sentito un brivido lungo la mia schiena non appena mi aveva toccato e volessi che continuasse.
«Quante ragazze hai chiamato così?», gli chiesi, accusatoria.
Calum si leccò le labbra. «Io non uso mai lo stesso soprannome per più ragazze», disse, strigendo il suo labbro inferiore tra i denti e dannazione, volevo baciarlo, «Tu sei l'unica bambolina».
Ridacchiai nervosamente alle sue parole, «Ci credo, guarda».
«Va bene, va bene, non credermi», si arrese, sbuffando ma senza perdere l'espressione sghemba dal viso, «Ho l'impressione che ci divertiremo insieme, bambolina», aggiunse, avvicinando le labbra al mio orecchio.
Roteai gli occhi, arrossendo per l'ennesima volta.
Io di certo non mi sarei divertita.
***
[A/N] Buongiorno (a chiunque stia leggendo, se c'è qualcuno)
Ho deciso di postare anche il primo capitolo perché sento che solo con un misero prologo (che fa anche abbastanza schifo, se posso essere sincera) non si possa valutare una storia. So che è un tantino noiosa all'inizio, però spero che abbiate fede in me e continuate a leggerla (pls)
Ehm, detto questo, vi lascio. A giovedì! (se non decido di cancellarla prima)
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