50. Nuovo inizio
-Mio padre non era la stessa persona che mostrava a voi. Quello non era realmente lui.
La ragazza si bloccò facendo scorrere lo sguardo su tutte le persone che aveva di fronte.
Adulti avidi di sapere, muniti di telecamere e registratori.
Ma Piper non li vedeva davvero, non vedeva i flash che quasi la accecavano, per lei era importante solo una persona: Jason.
E il ragazzo in questione era proprio li, sul fondo della sala, quasi nascosto, come se fosse una delle persone più normali di sempre, non uno di quei ragazzi che aveva salvato tutta la popolazione americana.
Piper prese un bel respiro e riprese fermamente a parlare cercando i suoi occhi azzurri.
-I suoi sorrisi di circostanza, le sue belle parole, erano tutte false. I suoi interessi erano solo economici, non aveva nessun problema a mettere in pericolo centinaia di persone per il suo fine.
-Cosa è successo ora a suo padre, signorina McLean?- Arrivò la domanda di un uomo.
-L’hanno fermato, una società segreta aveva scoperto prima di tutti quello che voleva fare e sono riusciti a fermarlo. Ovviamente non è stata una passeggiata, ci sono stati molti sacrifici. Non dirò i nomi di chi ha preso parte a questa missione, non potrei mai rivelare delle informazioni tanto importanti, ma vorrei che non li dimentichiate, se oggi voi siete al sicuro è solo grazie al sacrificio di questi ragazzi senza nome e senza volto.
-Che farà lei adesso?- Questa era invece la voce di una donna.
-Volete sapere se prenderò in mano le aziende e tutto ciò che era di mio padre?- Piper abbozzò un sorriso –Bè, forse un giorno, penso di essere ancora giovane per il momento e devo abituarmi a tutti i cambiamenti che in pochissimo mi hanno stravolto la vita. Per adesso se ne occuperanno persone di cui mi fido ciecamente e delle quali so che non faranno nulla che a me non possa andare a genio.
-Ci racconterà mai tutta la storia? Cosa è successo dall’inizio alla fine?- Domandò qualcun altro e tra la sala scese un parziale silenzio.
Alla fine era solo quello che volevano, notizie e dettagli per scrivere il miglior articolo di sempre.
Piper sorrise –No, non penso che i dettagli di questa storia usciranno mai alla luce del sole.
La conferenza finì dopo qualche altro minuto.
La ragazza riuscì a sfuggire a tutte le domande e a tutti i paparazzi, uscì fuori dall’edificio che era ormai il tramonto, il cielo di una bellissima sfumatura di viola e arancione.
Corse sul retro dell’edificio e li ci trovò Jason, la stava aspettando poggiato allo sportello di una macchina nera.
Non appena la vide sorrise e aprì le braccia.
La ragazza gli si fiondò contro aggrappandosi al suo collo e sospirò di sollievo, finalmente si sentiva a casa.
-Te la sei cavata benissimo, sei stata fantastica, ora è tutto finito.
Lei sorrise e annuì fissandolo in volto –Dove mi porti?
Lui sorrise a sua volta.
-In un posto speciale.
Poi salirono in macchina.
Il viaggio fino al mare non fu lungo, quando Jason posteggiò era però quasi del tutto scesa la notte, per questo fu semplice per loro adocchiare il falò che i loro amici avevano accesso.
Esattamente nello stesso posto in cui l’avevano acceso mesi prima.
Piper fece un sorriso sincero vedendoli, togliendosi le scarpe afferrò la mano che Jason le stava porgendo e si avvicinarono.
Erano tutti seduti in cerchio.
-Ce l’avete fatta!- Commentò Percy con un sorrisetto senza guardarli, troppo concentrato ad accendere la canna che aveva tra le mani.
-Percy…- l’ammonì la ragazza al suo fianco, più per il tiro che aveva appena aspirato che per quello che aveva detto.
Ma il ragazzo le sorrise e passò un braccio intorno alla sua vita tirandosela contro.
-Tranquilla, faccio solo un tiro, infondo era la nostra tradizione, no?
Poi porse la canna a Jason continuando a tenere gli occhi puntati su quelli grigi di Annabeth.
Quando le sue mani furono entrambe libere si sporse verso di lei e le lasciò una serie di baci a schiocco sulle labbra.
Annabeth fece una smorfia schifata per il sapore dell’erba, ma alla fine scoppiò a ridere, soprattutto quando il ragazzo iniziò a sfregare il suo naso contro il collo niveo di lei.
Rimasero stretti l’uno all’altra anche quando finirono di giocare.
Percy aveva deciso che non si sarebbe staccato da quella ragazza per almeno una settimana di fila.
Non riusciva ancora a credere di averla tra le braccia, aveva davvero creduto che non sarebbero arrivati in tempo per salvarla.
Ma forse il destino alla fine non era così crudele, inoltre l’aveva salvata l’intruglio che gli aveva fatto prendere Will, quello aveva rallentato il veleno più del dovuto e solo quello aveva fatto in modo che arrivasse in ospedale.
Accanto a loro, poggiati a un altro tronco stavano Frank ed Hazel.
Il primo seduto sulla sabbia con la schiena poggiata al tronco, la ragazza era sdraiata a terra e fissava le prime stelle che iniziavano a spuntare nel cielo sempre più scuro.
Aveva la testa sopra le cosce del ragazzo e quest’ultimo le intrecciava i capelli con le mani.
-Allora hai deciso di lasciare tutto alla CIA?- Domandò infine Hazel girandosi su un fianco per fissare Piper.
La ragazza in questione si era seduta quasi di fronte a lei, dall’altro lato del falò, accanto a Jason che stava prendendo una boccata di fumo a occhi socchiusi.
Annuì –Si, penso che sia la scelta migliore. Non credo di essere adatta a gestire una cosa così grande e dopo tutto quello che hanno fatto, penso di potermi fidare.
Hazel le rispose con un sorriso sincero –Ti divertirai con noi. Benvenuta nella squadra.
E il discorso finì li, infondo non c’erano bisogno di altre parole.
Ormai erano un gruppo più che unito, dei veri amici.
Jason allungò la mano oltre Piper e passò la sigaretta che stringeva.
L’afferrò Will con due dita.
Il biondo stava con la schiena contro il legno del tronco, ma era più sdraiato che seduto.
Al suo fianco stava Nico, il ragazzo era completamente appoggiato al più grande, sdraiato quasi sopra di lui. La testa appoggiata al suo petto e le braccia a circondargli i fianchi.
Anche lui era riuscito a salvarsi per puro miracolo, erano riusciti a fargli una trasfusione di sangue in tempo, poi era rimasto in bilico tra la vita e la morte per 24 ore, ma alla fine i suoi parametri si erano ristabiliti.
Si poteva notare la lunga fasciatura che gli circondava la spalla e il busto anche dal bordo della maglietta, gli faceva ancora male ovviamente, ma quella posizione era perfetta, non si sarebbe staccato tanto facilmente da Will, non che il biondo si lamentasse.
Proprio quest’ultimo passò al suo ragazzo la sigaretta che aveva appena afferrato, ma Nico scosse leggermente la testa.
-Sto già in pace così- sussurrò come spiegazione –Con te.
Will schiuse le labbra stupito, poi si aprì in un vero sorriso e lo strinse a se ancora di più schioccandogli un bacio tra i capelli scuri.
Nico continuò a fissare il fuoco con gli occhi socchiusi, ma una luce nuova si accese nei suoi occhi e le sue labbra si tesero in un principio di sorriso.
La canna dalle mani di Will l’afferrò Calypso e fece per portarsela alla bocca, ma un’altra mano glielo impedì.
Leo strappò la sigaretta dalle mani della sua ragazza, ne aspirò velocemente un tiro e la gettò tra la sabbia spegnendola.
Calypso gonfiò le guancie indispettita, ma non riuscì a rimanere seccata per troppo tempo, soprattutto quando Leo si mise in ginocchio e iniziò a darle leggeri pizzicotti sui fianchi, facendole il solletico.
La risata della ragazza si diffuse nell’aria.
Leo aveva ancora parti di pelle completamente rossa e ustionata, molto probabilmente quelle cicatrici gli sarebbero rimaste per sempre.
Ma a Calypso non importava, lo amava. Incondizionatamente.
Soprattutto dopo che il ragazzo era stato in coma per tre giorni, nessuno sapeva se si sarebbe svegliato o meno. Quella era stata la vera tortura. Il non sapere.
Ma ora stava bene.
Stavano tutti bene.
Non riuscivano a capacitarsi di come avessero concluso quella missione senza nessun morto, fin da subito avevano capito che sarebbe stata una missione suicida. Ma avevano tutti accettato.
Nessuno di loro aveva qualcosa da perdere.
Solo pochi mesi prima si trovavano nella stessa identica posizione, attorno a quel fuoco scoppiettante e sotto quel cielo stellato.
Nessuno di loro immaginava che si sarebbero legati così tanto, che avrebbero dipeso l’uno dall’altro. Che avrebbero temuto di più la morte di un compagno che la propria.
I legami che si erano creati li rendevano quasi deboli, ma era quell’unica cosa che gli dava un vero motivo per continuare a vivere.
Non sopravvivere, come avevano sempre fatto.
Ma vivere.
Godersi tutto ciò che si erano persi, tutto l’amore che non avevano mai avuto, semplicemente godersi la compagnia di un’altra persona che ti può capire, che non ti giudica, che ti ama.
Era un nuovo inizio.
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