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18. Consapevolezze

-Forse è meglio se te le lavi una terza volta.
Will lo fissò male, ma rimise di nuovo le mani sotto il getto di acqua calda.
Nico era appoggiato con la spalla allo stipite della porta del bagno, le mani dentro la grande tasca della felpa.
-Mi spieghi che diavolo ci avete fatto con quella cravatta?
Nico abbozzò un nuovo sorriso ricordando quell’episodio.
Fu dopo circa 10 minuti che Leo tornò in stanza.
Aveva una terribile faccia da ebete, Nico era abbastanza certo che le cose con Calypso stessero andando a gonfie vele, ma non indagò oltre.
Si stavano sistemando per andare a letto quando Leo lanciò un’imprecazione e saltò indietro con una faccia schifata.
-Che c’è?- Domandò Nico curioso.
-Guarda li. Che schifo.
Con il dito indicò un punto nel muro che si trovava leggermente più sopra del suo cuscino.
Uno strano insetto grande quanto quattro dita e con delle lunghissime antenne sostava li tranquillamente.
-Schiaccialo- commentò incurante Nico.
-Ma che schifo! Io non me la sporco una mano, bleah!
-Che esagerato…
-Fallo tu.
Nico si limitò ad alzare le spalle –Non è mica sopra il mio letto, problemi tuoi.
-Oh e va bene!
Leo, sempre senza staccare gli occhi dall’orrendo animale, afferrò la prima cosa che trovò sotto mano, ovvero la cravatta verde che aveva indossato fino a pochi attimi prima e che aveva lanciato sul suo letto dopo averla tolta.
-Muori!
Quello fu il suo grande grido di battaglia, urlato mentre schiacciava l’animale con la mano coperta dall’indumento.
Fece un rumore terribile e schifoso.
Quando Leo ritirò la mano teneva la cravatta con due dita da un piccolissimo angolo di tessuto.
Il sangue e gli organi interni dell’insetto, ormai morto, spiccavano sul tessuto verde.
Entrambi i ragazzi fecero un verso schifato e Leo lasciò andare di scatto la cravatta che finì a terra indisturbata, in mezzo ad altri vestiti sporchi.
-Io quella cosa non la tocco più- commentò il riccio storcendo il naso.
-Ah! Non guardare me.
Nico se ne tornò al suo letto, si buttò sotto le coperte e borbottò –Buonanotte.
Nessuno dei due si era più preoccupato di quella cravatta fino a quando Will non l’aveva tranquillamente maneggiata.
-No, non penso che te lo dirò mai.
Rispose Nico con un nuovo sorriso in volto.
Will alzò gli occhi al cielo e fece un sospiro esasperato, ma sorrise a sua volta. Gli piaceva vedere Nico sorridere, sembrava quasi tenero.
Anche prima era riuscito a farlo ridere.
Certo, non era stata proprio una cosa volontaria perdersi a fissarlo e andare a prendere in pieno un pilastro di pietra.
Nico l’aveva fissato quasi impassibile, poi era scoppiato a ridere.
Quando infine Will si fu lavato le mani così bene da aver sicuramente perso diversi strati di pelle, i due ragazzi si diressero in cortile.
Nico voleva fumare, era questo che aveva preso in camera, l’erba che nascondeva quasi meglio delle armi.
C’era freddo, ma Will lo seguì comunque.
Erano seduti uno di fronte all’altro, ognuno appoggiato contro il tronco di un albero.
Nico respirò una lunga boccata, mentre teneva il fumo nei polmoni fissò il biondo che aveva di fronte.
Era tutto racchiuso in se stesso, le guancie rosse per il freddo e i capelli smossi dal vento.
Non lo stava fissando a sua volta, ma dopo qualche secondo domandò –Perché mi fissi?
-Sei … Diverso …
Nico si morse la lingua dopo che, con quelle due uniche parole, lasciò andare il fumo che ancora tratteneva nel suo corpo.
Will corrugò la fronte.
-In che senso?
Il moro scosse la testa e fissò da un’altra parte –Ignorami.
Chiuse così il discorso e cambiò argomento.
In realtà la frase completa era “Sei diverso rispetto a Percy”.
Perché Percy e Will erano due poli totalmente opposti.
Nico si era preso una cotta per il moro dal primo momento che l’aveva visto seduto intorno a quel tavolo dove Era li aveva fatti conoscere, quasi neanche si era accorto di Will. Era uno qualsiasi degli altri.
Ma la consapevolezza che adesso il biondo non gli fosse più così indifferente lo colpì in pieno.
 
Era già abbastanza tardi quando Chris decise di andare finalmente in bagno a medicarsi il labbro e il naso.
Non voleva incontrare nessuno che avrebbe ingenuamente fatto delle domande che non avrebbero avuto nessuna risposta.
Dopo diversi secondi fu però raggiunto da Reyna.
I due ragazzi non si scambiarono nessuna parola mentre la ragazza lo aiutava a disinfettare per bene le ferite.
Per loro era abbastanza normale aiutarsi a vicenda, solo in questo modo sarebbero potuti sopravvivere in un posto del genere.
-Non possiamo continuare per tutta la vita così, prima o poi ucciderà anche noi.
Reyna lo sussurrò pianissimo all’orecchio dell’amico.
Erano soli, si, ma non eri mai certo di chi fosse in ascolto.
Ormai erano entrambi consapevoli che sarebbe finita in quel modo.
-Forse possiamo ucciderlo.
Mentre rispondeva Chris strinse le mani a pugno, non avrebbe avuto nessun rimorso a farlo, lo odiava con tutto il suo cuore.
-No, troppo rischioso, però …
-Però?
-Possiamo aiutare qualcun altro in questa missione.
Lo fissò intensamente negli occhi, in modo che capisse cosa intendeva.
Un sorriso sadico comparve sulle labbra del moro.
-Al momento giusto … Capiremo da che parte stare.
 
-Will.
Silenzio.
-Will…
Ancora silenzio.
-Will … Will …
Percy non si dava per vinto.
Fu dopo il decimo richiamo, circa, che la voce del biondo arrivò attutita da sotto il piumone.
-Mh?
-Sei sveglio?
E Will avrebbe imprecato, mandandolo a quel paese, lasciandogli correre una qualsiasi cosa. Il moro doveva ringraziare il fatto che fosse troppo assonnato.
-Si, Percy.
-Uhm, anche io.
Will fece un mugolio depresso, perché era capitato in stanza proprio con quel ragazzo?
-Che c’è?
Il moro ci mise un po’ a rispondere –No tranquillo, non voglio disturbarti.
Will si morse la lingua per non mandarlo davvero all’inferno.
-Oh tranquillo! Tanto, come hai notato, non riesco a dormire neanche io.
Doveva essere una risposta ironica, ogni singola parola sprigionava ironia.
Naturalmente Percy non lo capì.
-Va bene allora.
Will sospirò di nuovo, poi si girò per fissare l’amico dall’altra parte della stanza.
-Cosa pensi che succederà alla fine di tutto?
Will non si aspettava una domanda del genere.
-Che intendi dire?- Chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
-Sai, no? Quando salveremo l’America e bla bla bla, ognuno tornerà nel suo paese, pensi che non ci rivedremo più?
-Io … Non ci avevo pensato …
-Mi piace essere vostro amico, è divertente, non voglio tornare alla vita monotona di prima. Io … Non voglio stare lontano da Annabeth …
-Magari anche lei la pensa come te, non è detto che vi dovrete dividere per forza.
-Forse. Però non so, è stato crudele pretendere di diventare amici e creare questi legami, quando alla fine Leo tornerà in Messico, Hazel in Canada e Nico in Italia.
E Will non aveva pensato soprattutto a quello. Quanto poteva essere distante l’Italia?
Trattenne il respiro e non rispose, Percy la interpretò in modo diverso.
-Scusa, hai ragione, è tardi e hai sonno, ignora tutto quello che ho detto.
Poi gli diede le spalle, pronto ad addormentarsi.
Ma il sonno di Will era scomparso del tutto, come sarebbe potuto tornare a dormire dopo quella consapevolezza?

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