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Capitolo 33

Marinette osservò la calca di gente che era ammassata di fronte al locale dove Jagged Stone si sarebbe esibito, inspirando profondamente: «Paura, my lady?» le domandò Adrien, prendendole una mano e tirandola verso di sé sul sedile posteriore dell'auto, mentre il Gorilla accostava al marciapiede: «In verità dovrei essere io quello terrorizzato.»
«E perché?» Adrien le sorrise, facendole scivolare addosso lo sguardo verde e Marinette si mosse a disagio sul sedile: «Che c'è?» domandò, dopo un po' e sentendosi le guance in fiamme.
«Nulla. Stavo solo pensando che con quella minigonna e questa maglia...» il biondo si fermò, scuotendo il capo: «Forse stasera potrò finalmente far valere il mio status di fidanzato.»
«Vuoi menare qualcuno?»
«Solo se ci provano con te, my lady.» dichiarò Adrien, facendole l'occhiolino e poi, bloccato dal grugnito dell'autista, diresse la sua attenzione su di lui: «Ti chiamo appena usciamo.» decretò, osservando l'uomo annuire: Adrien aprì lo sportello, uscendo dall'abitacolo e aiutando la ragazza a fare altrettanto. Ridacchiò, osservandola tirarsi giù l'orlo della gonna: «Stai benissimo.» le mormorò all'orecchio, prendendole la mano e posandosela nell'incavo del braccio: «E adesso andiamo a caccia di pennuto.»
«Chi vorresti cacciare tu?» sbottò Rafael, facendosi strada con Sarah e Alex al seguito.
«Non hai proprio senso dell'umorismo...» sospirò Adrien, scuotendo il capo biondo e sorridendo al terzetto: «Siamo solo noi?»
«Vicino all'entrata ci sono gli altri.» spiegò Sarah, ridendo allegra e avvicinandosi all'amica: «Marinette, sei...»
«Incredibilmente bella? Straordinariamente sexy?» buttò lì Adrien, sorridendo alle due ragazze che lo guardarono un attimo, prima di allontanarsi e chiacchierare fra loro: «Bello. Uno le fa i complimenti e viene mollato così...»
«Sono donne, amico.» sentenziò Alex, sistemandosi gli occhiali: «Quando si ritrovano devono spettegolare.»
«A sentire quelle due là - tre se ci aggiungiamo anche l'italiana - siamo noi quelli che spettegolano.» mormorò Rafael, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans e fissando il suo ospite: «E solo perché quando eri Mogui avevi una signora armatura.»
«Ero figo?»
«Parecchio, amico.» sentenziò Adrien, annuendo con la testa: «Volevo la tua armatura. Veramente! Stavo già pensando al mio nuovo nome da eroe!»
«Perché avresti dovuto prenderla tu? Sarebbe stata benissimo a me!»
«Io ho un costume nero.»
«Nero su nero fa schifo.»
«Scusate...» mormorò Wei, avvicinandosi ai due e interrompendoli: «Lila chiede se posso entrare.»
«Beh, Wei. Se vuoi entrare in Lila, entra pure.» sentenziò Rafael, scuotendo il capo e ridendo, alla faccia del cinese: «Tranquillo, amico. Ho capito, ho capito. Sì, andiamo.» decretò, dirigendosi verso il gruppetto vicino la porta de Le Cigale e parlottando con un tipo che indossava una maglietta nera con il nome del locale scritto sopra.
«Che cosa ho detto?» domandò Wei, voltandosi verso Adrien e trovandolo piegato in due dalle risate: «Ho sbagliato...»
«Tecnicamente non hai sbagliato niente, amico.» sentenziò il biondo, portandosi indietro le ciocche della frangia e ridacchiando ancora: «Solo...»
«Solo?»
«Dobbiamo assolutamente farti un corso accelerato di francese.» sentenziò Adrien, raggiungendo il resto del gruppo e ridacchiando ancora; Wei guardò Alex, osservandolo negare con la testa e dirigersi anche lui verso l'entrata, seguito da Wei.
«Siamo tutti?» domandò Rafael, voltandosi verso il gruppetto e annuendo poi con la testa: «Andiamo. Jagged Stone ci aspetta!» esclamò, facendo cenno di entrare: Nino li superò tutti, prendendo Alya per mano e sorridendo al buttafuori; subito seguito dagli altri che, uno dopo l'altro, lo seguirono tranquillamente.
«Dove è il nostro posto?» domandò Adrien, osservando la calca di gente che aveva riempito la zona centrale e poi le due logge, che abbracciavano il centro e il palco; Rafael indicò un punto e il biondo annuì, prendendo una mano di Marinette: «Per non perderti, my lady.»
Marinette annuì, osservando il loro compagno farsi strada fra la folla che aveva iniziato a occupare anche la loggia, arrivando alla fine - praticamente davanti il palco - e sorridere ai nove posti a sedere che erano stati lasciati liberi: «I nostri posti.» dichiarò Rafael, allargando le braccia e sorridendo: «Ringraziamo Alain, se possiamo ammirare Jagged Stone in tutta la sua magnificenza da vicino.»
«Chi è Alain?» domandò Sarah, accomodandosi a sedere e poggiando la borsetta sulle ginocchia, mentre Alex si sedeva alla sua sinistra e parlottava con Nino e Alya, accomodati proprio dietro di lui.
Rafael sorrise, sedendosi accanto all'americana e allungando le gambe davanti a sé: «Il proprietario.» spiegò, guardando il palco: «E' un amico di mio padre ed è quello che si occupa di controllare che io sia vivo, di tanto in tanto.»
«Perché? I tuoi dove sono?» domandò Marinette, prendendo posto accanto al ragazzo e osservandolo interessata, mentre Adrien si accomodava al suo fianco.
«Mia madre è a New York, mentre mio padre al momento penso sia da qualche parte in Africa.»
«Ma dai? Tua madre è nella nostra città!» esclamò Alex, sorridendo e dando una lieve gomitata a Sarah: «Se vuoi, quando torno a casa posso portare un tuo messaggio o qualcos'altro.»
«Terrò presente, bro.»
«Cosa vuol dire che tuo padre è da qualche parte in Africa?» domandò Lila, sedendosi dietro Rafael e scuotendo la testa: «Non...»
«E' una specie di avventuriero: hai presente Indiana Jones? Ecco, immaginatelo meno figo e avrai mio padre.»
«Fa l'archeologo?»
«Un qualcosa del genere sì. Penso sia laureato in archeologia, sinceramente l'unica cosa che so è che va a giro per il mondo, trova vecchie reliquie e le molla a qualche museo; nel mentre scrive libri sulle sue avventure, che vendono un casino.»
«Quindi tu vivi da solo?» domandò Nino, allungandosi sui sedili davanti e sorridendo: «Forte.»
«Già. Forte.» esclamò il ragazzo, abbozzando un sorriso e notando poi lo sguardo di Sarah fisso su di sé: «Non è male, veramente. Sono libero di fare quel che mi pare, mi manca solo un po' di compagnia quando torno a casa, fortuna che ho Fl...»
Adrien tossì, fissando male il moro e scuotendo il capo, che abbozzò un sorriso: «Fortuna che ho Flaffy, il mio cane.» spiegò, sorridendo a Nino e Alya: «Senza di lui sarei perso.»
I due annuirono e Rafael tornò a fissare il biondo, scuotendo poi il capo: «Sta per iniziare.» sentenziò, indicando il palco ove i tecnici avevano appena finito di montare il tutto; alcuni membri della band di supporto presero posizione e le luci della sala si abbassarono lentamente, facendo cadere l'oscurità.
Un fascio di luce viola si accese, puntato verso il palco e un urlo si levò dalla folla, quando Jagged Stone fece la sua entrata in scena: un braccio alzato per aria a mo' di saluto per i fans, si avvicinò al microfono: «Buonasera Parigi!» gridò e una nuova risposta si alzò dalla calca.
Adrien si appoggiò al bracciolo della sedia, osservando il cantante e poi ridacchiando, quando il suo sguardo si spostò su una persona ferma al margine del palco che, macchina fotografica alla mano, stava scattando parecchi scatti all'inglese: «Marinette...» bisbigliò, osservando la ragazza voltarsi verso di lui: le indicò la persona in questione, osservandola scuotere la testa quando lo ebbe notato.
«Vincent Asa!»
«A quanto sembra lo segue ancora.»
La ragazza ridacchiò, voltandosi verso il biondo e portandosi una mano sinistra alla tempia: «Guarda l'obiettivo.» mormorò, ricordando quando il fotografo stalker di Jagged era stato akumatizzato.
Adrien uggiolò, scuotendo la testa: «Non ricordarmelo!» dichiarò, abbassandole la mano e baciandole la punta del naso: «Devo rinfrescarti la memoria su chi era stato rinchiuso con Chloe in quello posto assolutamente assurdo? Bianco e infinito. Un incubo.»
«Il posto o essere rimasto con Chloe?»
«Entrambi.»

Fu sorseggiò il the, tamburellando le dita sul tavolino e osservando il gruppetto di kwami: Tikki e Mikko stavano parlottando fra loro, una intenta a mangiucchiare biscotti e l'altra gustandosi generose cucchiaiate di miele; Vooxi e Plagg, dopo aver ritrovato l'amicizia perduta a causa della scommessa fatta in passato, avevano decretato che sarebbe stato divertente inseguire Nooroo e così stavano facendo, volando per tutta la stanza dietro il kwami della Farfalla; infine, Flaffy stava convincendo Wayzz sulla bellezza della trilogia de Il signore degli anelli.
«Perché non vi hanno portato con loro?» sentenziò l'anziano elevato, per quella serata, a kwami-sitter: «E se Coeur Noir attaccasse proprio stasera?»
«Marinette ha detto che avrebbe chiamato immediatamente in caso di attacco.» dichiarò Tikki, sorridendo al Gran Guardiano: «Ma io spero che non succeda niente: si meritano un po' di pace per una serata.»
Fu sospirò, vedendosi passare davanti Nooroo e, subito dopo, i suoi due inseguitori: «Voi tre...» iniziò, venendo zittito subito dal rumore di qualcosa che si rompeva.
Non il vaso Ming...
Non il vaso Ming...
Si voltò, osservando i tre kwami che guardavano colpevoli il vaso caduto e distrutto in millepezzi: «Quello era un Ming!» esclamò Fu, balzando in piedi e indicando il pezzo di antiquariato ormai andato: «Avete una minima idea di quanto valeva?»
«Maestro...» mormorò timidamente Wayzz, fluttuando vicino all'uomo: «Quella era la replica. Il vaso Ming l'abbiamo venduto negli anni '20 per andare a Charleston.»
«Ah.»
«E cosa ci siete andati a fare là?» domandò Plagg, inclinando la testolina mora e scuotendo poi il capo, fissando l'anziano: «Maestro!»
«Non è come pensate!»
«Ha sempre avuto un debole per quei vestitini corti e luminosi.» sentenziò Wayzz, scuotendo il capo e sospirando: «Dovevate vederlo mentre ballava Yes, We Have no Bananas

Lila si strinse nella giacchina, osservando il ragazzo, che camminava tranquillo al suo fianco: «Non eri tenuto ad accompagnarmi.» mormorò, chinando la testa e mordendosi il labbro inferiore: dopo la scenata del giorno prima si sentiva tremendamente in imbarazzo e non sapeva cosa fare o dire.
Quasi sembrava Marinette nei sui tempi d'oro.
Ci mancava solo che balbettasse parole senza senso.
«Non è un problema.» sentenziò Wei, infilando le mani nelle tasche dei jeans e alzando la testa verso il cielo stellato: «Poi mi è di strada.»
«Wei, tu abiti dalla parte opposta.» sbuffò Lila, sorridendo: «Se vuoi mentire bene, devi metterci un pizzico di credibilità! Qualcosa tipo: Non è un problema, devo andare a trovare un amico che sta in questa zona.» spiegò, voltandosi e fissandolo: «Non sapendo se fosse vero o no, ci avrei creduto. Ma mi è di strada? Quando so che abiti dalla parte opposta della città? Dai!»
«Sei esperta di bugie, per una che le odia.»
«Quando ero piccola non facevo altro che raccontare bugie: ero bravissima.» mormorò Lila, alzando la testa e sospirando: «Fingere di essere stata in un posto? Niente di più semplice. Mi bastava imparare qualcosa della zona, qualche locale e il gioco era fatto. Far credere che un cantante mi aveva dedicato una canzone? Ehi, sai che Jagged ha scritto una canzone che si chiama Layla? E' dedicata a me, ma purtroppo non poteva mettere il mio vero nome.» si fermò, voltandosi la vetrina di un negozio di ottica: «Sapevo sempre come rigirare la verità a mio comodo: quando avevo quattordici anni, avevo perso la testa per Adrien e mi fu facile avvicinarlo: era pazzo di Ladybug, quindi perché non fingersi la migliore amica del suo idolo? Non avevo valutato le doti di stalker di Marinette e il fatto che lei e l'eroina fossero la stessa persona. Mi chiamò Super Bugiarda e devo ammettere che me lo meritavo come appellativo.» Lila si bloccò una seconda volta, inclinando la testa: «Diventai una delle vittime di Papillon: Volpina, mi chiamava.»
«Il tuo nome...»
«Sì, lo stesso nome che porto ora.» mormorò Lila, abbozzando un sorriso e voltandosi verso il ragazzo: «Divenni una vittima della mia rabbia: più e più volte. Perché Ladybug mi aveva umiliata? Perché? Io volevo solo avere un punto in comune con il ragazzo che mi piace! Questo pensavo ogni volta e quella maledetta farfalla mi trovava sempre, mi trasformava ed io combattevo contro Ladybug e Chat Noir. Sempre. Ah, fra l'altro stavo rendendo una vita impossibile anche a Marinette: avevo notato come Adrien la guardava e facevo di tutto per mettermi in mezzo.»
«Accidenti...»
«Già. Ho reso la vita un inferno a Marinette, in ogni modo possibile. Eppure lei ha sempre cercato di salvarmi e ce l'ha fatta alla fine; l'ultima volta che sono stata akumatizzata, mi disse di rendere vere le mie illusioni...» Lila si fermò, scuotendo il capo e riprendendo a camminare: «Sinceramente non capii cosa mi disse: rendere vere le mie bugie? Perché di questo si trattava, alla fine; comunque riuscì a dissolvere la mia rabbia e, poco dopo, tornai in Italia ma quelle parole mi martellavano la testa. Rendere vero ciò che era falso? Come potevo? Ci pensai e ripensai, poi alla fine qualcosa scattò in me: mi accorsi del mondo finto che mi ero creata attorno; tutto ciò che mi circondava era fasullo. Ecco, cosa aveva voluto dirmi Ladybug: dovevo crearmi un mondo vero, tangibile. O, almeno, io l'ho inteso in questo modo.»
«E fu allora che il Maestro Fu...»
«Non proprio immediatamente ma sì, dopo un po' mi ritrovai in camera il Miraculous della Volpe.» spiegò la ragazza, sorridendo: «Da quel giorno ho cercato di crearmi verità attorno a me, non voglio più essere la ragazza che faceva del male con le sue bugie, voglio essere una persona che fa del bene con le sue ver...»
Wei la fermò, sfiorandole le labbra con le proprie e poi tirandosi su: «Sei una persona meravigliosa: hai fatto tuoi gli errori del passato e sei cresciuta. Sono orgoglioso di conoscerti e di piacerti, non potevo trovare compagna migliore.»
«Ho la sensazione di dovermi sentire offesa e felice al tempo stesso.»
Wei sorrise, chinando leggermente la testa: «Ti sto scusando per avermi gettato addosso la tua borsutta ieri e di accettare i tuoi sentimenti e te come compagna.»
«Ho sempre quella sensazione.»
«Come posso dire...» mormorò il ragazzo, massaggiandosi il mento e guardando verso l'alto: «Come si dice in francese? Ah! Ti sto chiedendo di stare insieme a me.»

Rafael osservò l'insegna del negozio di calzature, poi spostò l'attenzione sulla ragazza davanti a lui che si stava guardando attorno: «Hai un'idea di dove stai andando?» le domandò, indicando poi la bottega alla sua sinistra: «Perché sono convinto di essere già passato davanti Mephisto.»
«Era un altro negozio.»
«No.» sbottò il ragazzo, incrociando le braccia: «Ti sei persa?»
«Diciamo di sì...»
«Diciamo di sì? Come hai fatto?»
«E' l'uscita della metro!» sbottò Sarah, iniziando a gesticolare e guardandosi attorno confusa: «Faccio sempre confusione quando esco da là sotto! Di solito ho Mikko che mi dirige ma...»
Il moro sospirò, massaggiandosi il volto: «Questo succede quando faccio il cavaliere e decido di accompagnare una ragazza a casa.» sentenziò, prendendo il cellulare: «Dammi il tuo indirizzo.»
«Eh?»
«Navigatore.» spiegò Rafael, mostrandole il cellulare: «Così vediamo da che parte andare.»
«Ah! Ok! Rue Bezout.»
Rafael annuì, inserendo il nome della via e osservando l'app mettersi in funzione: «Sarah! Stiamo andando dalla parte opposta!» esclamò, mostrandole lo schermo: «Come cavolo...»
«Te l'ho detto! Quando esco dalla metro perdo il senso dell'orientamento!»
«No, come hai fatto finora a muoverti per Parigi?»
«Mikko!»
«La tua kwami è un navigatore satellitare?»
«Fra le altre cose sì.» mormorò Sarah, stringendosi nelle spalle: «E poi cerco sempre di evitare di prendere la metro; le poche volte che l'ho fatto ero sempre con qualcuno, preferisco i bus o andare a piedi.»
«Come hai fatto a venire a...»
«A Sacré Coeur? Semplice, con il bus!»
«Ma ci metti una vita!»
«Ma almeno non mi son persa.»
Rafael sbuffò alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo: «Da oggi in poi ti è negato andare a giro per la città!» sentenziò, indicandola e marciando spedito nella direzione giusta: «Minimo se c'è un attacco di Coeur Noir, ti ritroviamo nella parte opposta di Parigi!»
Sarah sbuffò, correndo e affiancandolo: «Ti ho già detto che mi succede solo quando esco dalla metro e poi c'è Mikko!»
«Sì, sì.»

Marinette ridacchiò, osservando Tikki completamente addormentata sul suo cuscino e, facendo il più silenziosamente possibile, si cambiò, sostituendo gli abiti che aveva indossato quella sera con una camicetta da notte; l'aveva cucita da poco e le piaceva molto: era corta, in stoffa viola, con le spalline sottili e un nastro bianco che decorava la scollatura: «Questo è il mio paradiso personale! Altro che due Ladybug!» esclamò la voce di Adrien alle sue spalle, facendola sobbalzare: si voltò, incontrando la figura di Chat incastrata nell'oblò della finestra.
«Chat!» sbottò, andando a chiudere la botola della camera rimasta aperta e osservando il ragazzo entrare dentro.
«Oops. Non me n'ero accorto.»
«Lo noto.» bofonchiò Marinette, rialzandosi e venendo subito stretta nell'abbraccio del biondo: «Che cosa...?»
«Dimmi chi devo ringraziare per questa meraviglia.» sentenziò Chat Noir, spostandole le ciocche more e baciandole il collo, risalendo verso l'orecchio e catturandole il lobo fra i denti: «Farò una statua in suo onore.»
«La vorrei in platino, grazie.»
«L'hai cucito tu?» domandò il ragazzo, allontanandosi e osservandola nelle iridi celesti, mentre lei annuiva orgogliosa: «Marinette...»
«Avevo bisogno di prendermi qualcosa di nuovo con cui dormire e...» si fermò, intrecciando le mani dietro al collo di Chat: «E ho pensato di farmelo da sola.»
«Sei stata bravissima.» dichiarò Chat, passandole le mani sotto le natiche e sollevandola di peso, ridacchiando quando sentì le gambe avvolgersi attorno al suo bacino: «Molto brava. Devo dire che pretendo tu indossi questa meraviglia ogni notte!»
«Pretendi?»
«Già.» annuì il ragazzo, posandola sulla chaise longue e sdraiandosi sopra di lei: «Pretendo.»
Marinette sorrise contro le labbra del compagno, allungando una mano a quella destra del ragazzo e facendo scivolare sull'anulare l'anello del Gatto Nero: «Ciao, Adrien.» mormorò, quando la trasformazione si fu sciolta e sorridendo al volto libero dalla maschera del giovane.
«Ciao, Marinette.» la imitò Adrien, catturandole nuovamente le labbra con le proprie, mentre le mani s'intrufolavano sotto l'orlo della camicetta da notte.
Plagg osservò un attimo la scena, sbuffando e raggiungendo la sua compagna sulla scrivania: «Che succede?» domandò Tikki, svegliandosi e notando il kwami nero, mentre dietro di lui i due giovani salivano verso il soppalco che ospitava il letto: «Plagg?»
«Fammi posto Tikki.» sbottò il felino, spintonando leggermente la kwami e acciambellandosi: «Anche stanotte si dorme qua.»
«E' interessante notare come i portatori del tuo Miraculous ti assomigliano sempre...»
«Io non ero in calore perenne.»
«Plagg, vorrei ricordarti di quando eri umano...» mormorò Tikki, acciambellandosi anche lei e ridacchiando: «Io mi ricordo perfettamente di quella volta in cui la Gran Sacerdotessa dovette cercare nuove vergini da consacrare alla dea Farfalla, perché qualcuno aveva passato la notte con tutte le loro...»
«Che cosa hai fatto, Plagg?» urlò Adrien, affacciandosi dal soppalco e fissando il kwami sconvolto: «Quante erano, Tikki?»
«Una decina, più o meno.»
«Dieci ragazze? In una notte?»
«Tu non eri venuto qua con una cosa in mente? Ecco, falla!»

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