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Kirishima.

Midoriya's pov
Ebbi dei problemi a tornare a scuola.
I professori mi guardavano come se fossi una feccia, un quacosa che doveva sparire.
Mi sentivo male in quella classe, tutti gli sguardi addosso.
Mi venne un attacco di panico e scappai in bagno a vomitare per la tensione.
Di certo un reinzio interessante no?
Kirishima venne subito a controllare e mi fece sentire meglio la sua presenza.
Mi accoccolai nell'incavo nel suo collo, sentendo tutto il suo calore.
Ero appena tornato a scuola e già avevo pianto e vomitato. Finii la giornata di scuola in classe ma all'ultimo banco, da solo pur rimanere calmo. Alla mensa mi sedetti vicino a kirishima ma... c'era anche kacchan. Mi urlò contro subito e kirishima mi fece stare calmo tenendomi la mano. Guardai Shouto da lontano, facendomi notare da tutti. "FROCIO!" urlò kacchan. Kirishima prese le mie difese, ma non ricordo come. Tornai a casa da solo prendendo il mio fratellino.
Mangiai poco, come tutti i giorni e ricevetti una chiamata da shouto. Voleva parlarmi e mi fece scendere sotto casa. Eravamo tutti e due senza parole,gli dissi un semplice "scusa" lasciandolo con tantissime domande. L'avevano sempre fatto con me, perché io non posso? Vidi mia madre dalla finestra farmi dei gesti,era spaventata. C'era qualcosa che la spaventava. Nel giro di 10 secondi ero a terra, sopra Shouto con un uomo davanti. Non lo conoscevo e non volevo conoscerlo, neanche rivederlo. Mi apostrofò con "Bastardo", non era il primo a farlo. Chiesi un flebile "perché" con una risposta secca "tu sei figlio di un altro."
Da quella risposta capii che era qualcuno che conosceva bene mia madre, a tal punto da intimorirla. Shouto mi reggeva da dietro,per non abbandonarmi. Aveva sbattuto contro un albero,però non si muoveva, pur di Non farmi male. Un rametto nella gamba avevo. Siciliano tattico
La polizia arrivò dopo poco e lo addormentarono all'istante, era parecchio pericoloso a quanto pareva. All might era lì a guardarci, ma durò pochi secondi. Ci portarono nel primo ospedale, lasciando lui e mia madre a parlare. O almeno, gesticolare senza risposta.
Mi levarono il rametto, medicarono shouto e ci misero nella stessa stanza. Nel giro di un anno eravamo nella stessa posizione, nello stesso ospedale e insieme.
Ci guardammo negli occhi, per poi scoppiare a ridere. Una risata isterica, che precedeva un pianto. Io piansi chiedendo scusa tantissime volte e lui mi abbracciò. Non era proprio bravo in questo, sicuramente non l'aveva mai fatto. Ma per me significò molto. Mi sentivo al sicuro.
Nessuno poteva dividerci.

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