Hold On
Spalancò gli occhi senza vedere nulla, cercava di abituare le pupille al buio ma non ci riusciva.
Il nero la circondava, e per la prima volta ebbe paura di esso. Paura dell'ignoto e di quella sconosciuta sensazione che le premeva sullo stomaco.
Dov'era?
Tastò la superficie su cui era sdraiata, era leggermente morbida e quando premette la testa all'indietro, affondando in una pezza deforme, capì di trovarsi in un letto.
Però non era il suo, quello su cui era coricata in quel momento aveva dei sostegni di metallo che andavano verso l'alto, allungò le braccia e poté toccare una specie di rete.
Un letto a castello.
Sospirò senza fare rumore, nonostante non fosse sicura di essere in compagnia, non voleva infastidire o interrompere quell'attività di scoperte che stava compiendo.
Dopo poco fece fatica a capire quando teneva gli occhi chiusi e quando aperti, il nero era così profondo e scuro che sembrava affogarla tra il materasso.
Quello non era il nero che aveva immaginato, quello non era il nero che aveva pregato di ottenere.
Quella stanza non aveva niente di simile a Niall, il suo tipo di nero era accogliente e rilassante, ci si poteva riflettere su di esso da quando era lucido.
Il nero di quelle mura e soltanto opprimente, quasi rendeva l'aria più pesante. Mentre il nero di Niall era una boccata fresca, come se stessi passeggiando all'aperto.
Cercò di immaginare di essere con Niall e prese una boccata profonda. Se ne pentì quando tutti i muscoli del suo addome si tesero, facendole emettere un gemito. Su portò una mano sullo stomaco mentre si morse il labbro inferiore.
Un dolore lancinante le trafiggeva tutta la parte centrale del suo corpo, e se tirava su gli zigomi, stringendo i denti, poteva sentire anche un fastidio alla guancia.
Cercò di riprendere un respiro normale, strizzò gli occhi, assicurandosi che fossero chiusi.
Strinse il lenzuolo sotto di lei, il suo corpo ogni tanto fremeva dal dolore.
Dolore.
Niall.
A palpebre serrate poteva ricordare meglio il viso del ragazzo, martoriato, patente. Lui piangeva e si scusava di un qualcosa che non poteva controllare, perché quello Niall non avrebbe potuto prevederlo. Non avrebbe potuto impedire a Marcus di farle del male, anche se voleva con tutto il suo corpo e la sua anima.
Era rimasto a guardare, quello secondo Mavis lo aveva distrutto, vederla soffrire senza fare niente.
E piangeva ancora, Mavis non ne aveva avuto il tempo. Con la fascia sulla bocca, in quella stanza non ebbe il tempo materiale per pensarci.
Era stata trascinata dentro a forza, cercò di urlare quando vide Niall inginocchiato davanti a Marcus, senza riuscirci.
E poi aveva visto gli occhi di Niall, fradici, come quando esci e di prendi un acquazzone. E la sua bocca era tesa e torturata dai denti bianchi.
E poi un rumore, freddo, di un qualcosa contro la propria guancia. E poi di nuovo Niall, questa volta erano coricati, lui le aveva baciato la fronte e l'aveva pregata di guardarlo.
Mavis si ricordava che lo fece, e quello che vide non le piacque per niente.
Il ragazzo dai capelli biondi e sudati le diede un bacio sulle labbra coperte dalla stoffa.
"Resisti."
Mavis aprì gli occhi, dopo quello non si ricordava più niente. Come se quella parola, pronunciata da Niall, fosse stato il via libera per lasciarsi andare. Come per dire che aveva lottato abbastanza per quella giornata, che ora poteva riposarsi.
E Mavis lo fece, si ricordava che aveva pensato proprio a quello, al fatto che lui le aveva lasciato il permesso di abbandonarsi a se stessa.
"Resisti." La voce di Niall riecheggiò ancora per la sua testa dolorante. Il tono di voce ancora spezzato, com'era stato nella realtà.
La ragazza sospirò, irrigidì tutti i muscoli quando sentì la serratura di quella che doveva essere una porta, aprirsi.
Una luce chiara e accecante le fece stringere gli occhi ancora più forte tra di loro. Si portò una mano sul viso, cercando di minimizzare la fonte di luce.
La porta sbatté contro il muro e una voce gridò : -Colazione!-
Mavis sentì il materasso sopra di lei muoversi bruscamente, due gambe penzolarono giù per lo spazio vuoto e sentì un respiro pesante provenire da una persona che non era lei.
L'uomo scese di colpo, spingendosi contro il sostegno di ferro del letto, prima di atterrare a terra con un rumore forte.
Dava le spalle alla figura ancora stesa e immobile di Mavis, lui si stiracchiò, portando le mani in alto e torcendo il busto coperto dalla maglietta arancione.
Sbadigliò vergognosamente prima di girarsi.
Fissò Mavis, lei lo osservava incuriosita e spaventata. L'uomo avrà avuto più di venticinque anni, portava una barba scusa abbastanza lunga.
Si tirò su una manica della tuta arancione, scoprendo la pelle macchiata di inchiostro scuro con qualche chiazza colorata.
-Jason.- disse l'uomo.
Il tono di voce era roco e basso.
Dopo qualche secondo di silenzio diede di nuovo le spalle a Mavis.
Si piegò sul materasso in basso dell'altro letto a castello, che la ragazza aveva notato solo qualche minuto prima.
Lui diede una pacca al mucchio di coperte.
-Jason!- disse più forte.
Le coperte si mossero velocemente, un ragazzo fece uscire la testa dal grumo di coperte, i capelli castani leggermente lunghi erano scompigliati.
-Che vuoi?- sussurrò con la voce impastata.
-La ragazza si è svegliata.- spiegò -Ora è un tuo problema.-
L'uomo si girò verso Mavis, ascoltò il ragazzo borbottare qualcosa e uscì dalla stanza.
Mavis si sedette, confusa, mentre osservava il ragazzo scendere dal letto e pasticciarsi la faccia con una mano, si tirò la maglia verso il basso per cercare di sistemarla.
Porse una mano alla ragazza paralizzata.
-Jason, piacere.- disse, facendo un piccolo sorriso.
Lei guardò la mano, la sfiorò e diede appena una stretta.
-Mavis.- sussurrò.
-Bene Mavis.- disse il ragazzo, la aiutò ad alzarsi e subito si fermò quando il suo viso fine fu esposto alla luce del corridoio -Oh Cristo.-
-È tanto brutto?- domandò con voce rotta.
-No, cioè- sospirò lui - chi te lo ha fatto?-
Iniziarono a camminare, il corridoio ormai vuoto era ancora più luminoso.
-Marcus.-
Jason annuì, strinse gli occhi grigi mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Sai dove ti trovi?- chiese.
-Dovrebbe essere l'Ala Est,- rispose -ci sono già stata qui.-
Si guardò intorno, le stanze erano uguali a quelle della sua Ala ma contenevano molte più persone. Si diressero in silenzio verso la mensa, guardò ogni tanto il ragazzo di fianco a lei cercando di capire il suo carattere.
Sembrava un ragazzo semplice, niente tatuaggi o piercing, il viso leggermente scavato e le tipiche occhiaie.
-Sai perché sono qui?- Mavis lo guardò.
-Marcus ha solo detto che sei in isolamento per una settimana e che dormivi nella nostra stanza.- spiegò aprendo la porta spessa.
Un vociare di gente investì le orecchie di Mavis, segui Jason a testa bassa. La sua tuta verde spiccava in quel momento, si sorprese nel vedere molte più ragazze li che nella sua Ala.
Jason le porse un piatto di plastica con dentro della pasta prima di sedersi davanti a lei.
In quella mensa i tavoli erano molti di più e potevano ospitare solo 2 persone.
-Ti spiace se ti faccio delle domande?- chiese lui dopo minuti di silenzio -È da tanto che non incontro una persona nuova.-
Sorrise.
Mavis annuì.
-Quanti anni hai?- Jason prese una forchettata di pasta.
-18. Te?-
-19. Hai fratelli o sorelle?-
Lei si irrigidì.
-Un fratello più piccolo, Killian.-
-Due sorelle, più piccole anche loro. Jennifer e Ronnie.- disse apatico.
Seguirono altri minuti di silenzio, Jason alzò uno sguardo ancora una volta sua ragazza dalla faccia contusa.
-Perché sei qua?- chiese Mavis, prima che lui potesse parlare.
-Alcolismo,- rispose -una volta sono salito in macchina mentre non ero in me e ho investito un ragazzo. Fortunatamente non è morto.-
Mavis dilatò le pupille.
-Non dovresti essere in cercare?- non voleva accusare ma solo chiedere. C'era tanta gente con tanti gravi reati in quell'istituto.
-Sovrappopolamento dei carceri. I più pericolosi stanno dietro alle sbarre, chi si sa controllare in questo posto di merda.-
Mavis annuì, poi, una piccola speranza le attraversò la mente.
-Conosci il ragazzo della stanza 105?-
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