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A riportarli entrambi alla realtà ci pensò la campanella, che si udiva chiaramente anche fuori dall'istituto.
Yoongi gli accarezzò una guancia con un dito, vedendolo sorridere e sorridendogli a sua volta.
— Credo che dovremmo andare in classe — disse.
Il minore annuì e raccolse la sua cartella da terra, mettendosela poi in spalla. Face per andarsene, ma l'altro lo fermò nuovamente.
— Jimin, aspetta — cominciò — Ti... Ti va di vederci questo pomeriggio? Stesso bar e stessa ora dell'altra volta — propose, vedendo poi il più piccolo annuire nuovamente con entusiasmo.
— Certo Hyung — e gli rivolse un ampio sorriso, nonostante le lacrime secche ancora presenti sulle sue guance.
Lui gli sorrise di rimando, vedendolo poi sparire dietro all'angolo dell'edificio. Rimase lì ancora per qualche secondo, poi si avviò pure lui verso la sua classe, pregando che la professoressa non fosse già arrivata.
Sospirò di sollievo quando vide che nell'aula c'erano solo i suoi compagni di classe e si sedette al suo posto.
— Dov'eri finito? — gli domandò Taemin, il suo vicino di banco — Sei corso fuori senza dire nulla, è successo qualcosa? —
— Non è successo niente — rispose lui, alzando le spalle.
— Ma stai sorridendo — constatò l'altro — Smettila, ti prego. È inquietante — scherzò.
— Non sto sorridendo — ribatté Yoongi.
— È per quel ragazzo del primo anno? — continuò il suo vicino di banco, ignorando ciò che l'altro gli aveva appena detto.
— Non so di chi tu stia parlando — fece finta di niente, girandosi dall'altra parte.
Taemin avrebbe voluto continuare ad insistere, sicuro di aver fatto centro, ma subito dopo l'insegnante entrò in classe, richiamando il silenzio. Si alzò in piedi per salutarla, sospirando. Una volta seduto, tirò fuori il quaderno e cominciò a prendere appunti, dimenticandosi in poco tempo della loro conversazione ancora in sospeso.
Yoongi, dal canto suo, non riuscì a prestare attenzione ad una sola parola pronunciata dalla professoressa, quasi come se fossero in una lingua a lui sconosciuta. Fisicamente era in aula, ma la sua mente era molto lontana da lì. Era già proiettata a quel pomeriggio, che avrebbe passato in compagnia di Jimin.
Cominciò a pensare a possibili scenari e ad ogni eventualità. In alcune andava tutto bene, ma in altre c'era sempre qualcosa che non andava, e questo lo fece prendere dall'ansia. Non aveva mai tenuto così tanto a qualcosa - o meglio, a qualcuno - e questa volta doveva essere tutto perfetto.
L'unico problema ora era che non era completamente sicuro di poter resistere fino alle cinque del pomeriggio senza vederlo. Non si erano parlati per quasi tre giorni, e ora desiderava poter passare ogni singolo secondo con il minore. Quei pochi minuti prima delle lezioni non gli erano bastati; non gli aveva detto nemmeno la minima parte di tutto quello che aveva da dirgli.
Era una situazione nuova per lui, quasi strana. Non era mai stato innamorato prima, e l'amore gli era sempre sembrato una cosa frivola di cui non aveva bisogno. Non credeva avrebbe mai potuto cambiare idea a causa di una sola persona, e invece eccolo lì, davanti alla classe di Jimin, ad aspettare che lui uscisse.
Alla fine non aveva resistito ed era corso giù al primo piano non appena era suonata la campanella dell'intervallo. Si era fermato davanti alla classe del minore, appoggiandosi con la schiena al muro in corridoio.
Quando il più piccolo finalmente uscì e lo vide, fece segno a dei sui amici di andare avanti senza di lui, poi lo raggiunse.
— Ciao Hyung — lo salutò il minore, sorridendogli.
Lui lo prese per una mano e lo fece avvicinare a sé. Si spostò vicino alla finestra lì accanto, in modo da potersi sedere sul calorifero sottostante, allargando leggermente le gambe in modo da poter posizionare Jimin nel mezzo. Dopodiché portò le sue mani sui fianchi del più piccolo e gli lasciò un bacio su una guancia, ad appena pochi centimetri dall'orecchio.
— Non potevo aspettare fino a questo pomeriggio per poterti vedere di nuovo — gli sussurrò, facendolo arrossire.
— Pensavo non volessi che gli altri ci vedessero insieme — disse l'altro, un po' per stuzzicarlo ma ciò nascondeva un fondo di verità.
Con quella frase, lo sguardo di Yoongi si addolcì e con una mano spostò una ciocca di capelli dalla fronte del più piccolo. — È per quello che ti scrivevo nei biglietti? Quando non volevo ancora dirti chi ero? Ho sbagliato, l'ho capito già da un po' — disse, non senza una velata nota di amarezza nella voce — In oltre, stiamo per avere il nostro primo appuntamento, ricordi? Non voglio più nascondermi, Jimin. Non potrei mai chiederti una cosa simile — lo rassicurò.
Il più basso gli mostrò un ultimo sorriso, poi appoggiò la testa sul petto dell'altro e lo abbracciò, lasciandosi coccolare dalle lente carezze del maggiore sulla sua nuca.
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