17.
Il telefono squillò ancora un paio di volte prima che riuscissi a reagire in un qualunque modo, ero immobile come paralizzata dalla paura all'idea di dovergli parlare.
«Tutto ok?» mi domandò Brian preoccupato, dovevo essere sbiancata come un lenzuolo candido, quell'uomo dall'altra parte del cellulare era il mio costante tormento e quando non lo sentivo per me era una vera liberazione, mi sembrava quasi che tra noi non ci fosse nessun tipo di legame. Purtroppo per me era solo un'innocente illusione, in cui a volte mi piaceva crogiolarmi.
Avevo parlato di lui a Brian, gli avevo detto che non avevamo un bel rapporto e che mi aveva ferita in ogni modo possibile, ma ascoltare quella chiamata sarebbe stato diverso.
Avrebbe chiarito una volta per tutte che persona fosse realmente mio padre, avrebbe ascoltato con le sue orecchie l'odio che provava nei miei confronti e forse non ero ancora pronta per quello, anche se non ero certamente io quella che avrebbe dovuto dispiacersi o provare vergogna.
A volte mi trovavo a ripensare ai mostruosi discorsi che avevo dovuto ascoltare in silenzio, senza la possibilità di replicare a mia volta, alle parole odiose che mi aveva affibbiato e ogni singola volta riusciva a farmi sentire colpevole nel suo modo subdolo, di colpe che in realtà non mi appartenevano.
Sembrava come se ogni volta descrivesse se stesso guardando la sua immagine riflessa dentro ad uno specchio, ma invece di rivolgersi lui stesso quei pensieri li girava ad altri e il suo bersaglio preferito ero sempre stata io. Forse perché il mio carattere tranquillo e introverso era un bersaglio semplice a cui ambire, non avrei mai risposto alle sue offese mentre invece i miei fratelli gli avrebbero urlato contro. Non sarebbero di certo rimasti in silenzio ad ascoltare parole che un padre non avrebbe neanche dovuto pensare.
Spesso mi capitava ingenuamente di sperare in un suo cambiamento nei miei confronti, ma sapevo bene dentro di me che se prima non fossero cambiate le sue abitudini sregolate che prevedevano fiumi di alcool a non finire, lui non avrebbe potuto cambiare, diventando il padre che avevo sempre sognato di avere.
«Perché non rispondi?» insistette Brian di fianco a me con delicatezza, dovevo essermi persa nei miei pensieri come spesso mi succedeva di fare, senza prestargli l'attenzione che meritava e destando la sua preoccupazione.
«Non mi va e poi tu sei qui con me, sarebbe sgarbato nei tuoi confronti. Chiamerò più tardi, non ti preoccupare...» cercai di accampare una scusa che risultasse credibile, ma non riuscii a mascherare bene l'ansia che sentivo crescermi dentro.
«Voglio la verità...» specificò guardandomi con uno sguardo incoraggiante, era come se riuscisse a leggere i miei pensieri, rispondendo senza che io avessi detto nulla.
«È mio padre, non ho molta voglia di sentire le sue cattiverie in questo momento...» sospirai rumorosamente, era davvero duro per me ammettere quelle cose ad alta voce, per di più di fronte a qualcun'altro e che per giunta conoscevo così poco.
«Basta non rispondere se non ti fa piacere sentirlo...» mi consigliò, non conoscendo per niente il carattere irascibile del mio genitore.
«Sarebbe peggio...» confessai timorosa, dopo aver fatto un bel respiro presi coraggio spingendo sul pulsante di risposta e in un attimo la voce di mio padre fu catapultata nelle mie orecchie.
«Si può sapere quanto ti ci vuole per rispondere ad una chiamata?» sembrava più furioso del solito, probabilmente era anche molto più ubriaco di come fosse di norma, me ne accorsi da come strascicava in maniera troppo esagerata ogni singola parola. Ero proprio una ragazza davvero fortunata ad avere lui come padre.
Perché non si rassegnava al fatto che i suoi stessi figli avevano timore di lui? Che quegli stessi figli, loro malgrado erano costretti a sopportarlo nonostante non volessero più avere niente a che fare con lui? Perché non riusciva una volta per tutte a mettere da parte il suo dolore come avevamo invece fatto tutti noi? A cercare di trasformarlo in qualcosa di positivo? Era stata una perdita dolorosa per chiunque, ma questo non giustificava affatto i suoi modi.
«Scusami papà, non avevo sentito lo squillo del cellulare...» cercai una giustificazione semplice, per non farlo infuriare ancora di più o la conversazione sarebbe peggiorata, degenerando ancora di più se possibile.
«Pensi che verrai questo fine settimana a trovare il tu povero padre, oppure te ne infischierai come fai sempre?» scostai un poco il cellulare dall'orecchio, stava praticamente urlando. Cercai di allontanarmi da Brian per far si che non ascoltasse oltre quella conversazione che stavo avendo. Non me ne sarebbe importato nulla in realtà se non stesse strillando cose di quel genere, ma lui mi trattenne accanto a se, togliendomi il telefono dalle mani e mettendo in viva voce la chiamata. Sapevo bene che tanto aveva già sentito tutto comunque, quindi non faceva alcuna differenza.
«Papà sono molto impegnata, penso proprio che non ce la farò a venire mi dispiace. Magari posso vedere il prossimo fine settimana...» non avevo la benché minima intenzione di tornare a trovarlo, per fare cosa poi? Tornare sotto il suo regime dittatoriale che mi aveva sempre suscitato paura? Che mi aveva terrorizzata sin da piccola? Rimasi tranquilla almeno nella voce, per sembrare per lo meno credibile, il mio animo ero inquieto e non vedevo l'ora di poter mettere fine a quella chiamata.
«Sei solo una ragazzina stupida ed egoista, se sei dove sei lo devi solo a me, non dimenticartelo mai! Mettitelo in quella tua testolina vuota, capito?» ma di cosa dovevo essergli riconoscente? Proprio non riuscivo a trovarlo un motivo valido per cui dovevo essergli grata. Forse per i suoi modi da genitore amorevole? O forse per tutto l'affetto che mi aveva sempre dimostrato negli anni?
Vidi Brian accanto a me stringere i pugni talmente forte che le nocche delle sue mani sbiancarono, i muscoli del viso erano irrigiditi e contratti. Respirava troppo velocemente, potevo sentire la rabbia montargli dentro invaderlo completamente. Presi una sua mano tra le mie, pregandolo silenziosamente con gli occhi di non reagire a quelle provocazioni, era come se stesse cercando di trattenersi dal reagire per non spaccare la prima cosa che avesse trovato davanti a sé.
«Papà puoi smetterla per favore?» trovai il coraggio di dire, anche se il mio tono era più supplichevole e vicino alle lacrime che un rimprovero vero e proprio. Non volevo che Brian intervenisse per difendermi, avrebbe solo peggiorato le cose, rendendo mio padre ancor più irascibile di quanto non fosse già.
Non capivo perché doveva sempre umiliarmi in quel modo, cosa gli avevo fatto in fondo?
«Smetterla di fare cosa? Forse sentire la verità ti da fastidio Allison? Tu non saresti nulla se non fosse per me...» pronunciò quelle frasi con rabbia e attaccò la chiamata come d'abitudine senza darmi modo di rispondergli, lasciandomi frustrata e amareggiata come sempre d'altra parte, ormai avrei dovuto esserci abituata.
Rimasi a testa bassa guardandomi le punte dei piedi completamente in imbarazzo, le lacrime che non volevo uscissero, scorrevano silenziose sulle mie guance senza che potessi fare niente per fermarle.
Provavo vergogna per il fatto che Brian avesse ascoltato ogni parola di quella conversazione così imbarazzante, ma ancora di più mi vergognavo di quel padre che non si comportava da tale.
«Guardami...» disse strofinando teneramente il naso sul mio collo, mi faceva morire ogni volta che tirava fuori improvvisamente quel suo lato così estremamente dolce, ma allo stesso tempo adoravo quando lo faceva.
In quei momenti era come se sul mondo ci fossimo soltanto noi due e nessun altro, era bello averlo tutto per me anche se per poco, non sapevo con certezza se fosse solo mio oppure no, non c'era ancora un'etichetta concreta tra noi e non mi interessava neanche averla sinceramente.
Per una volta nella mia vita volevo vivere come la ragazza incosciente e spensierata che non ero mai stata, senza prendermi troppo sul serio, senza pensare alle conseguenze delle mie azioni. Volevo vivere davvero, buttarmi irrazionalmente nelle cose, cogliere l'attimo e più di ogni altra cosa volevo farlo con lui. Condividere con lui ogni mia nuova esperienza, anche la più stupida e infantile che fosse, ma quello che era appena successo, le dure parole che ancora aleggiavano tra noi mi impedivano di farlo.
«Non posso...» sussurrai piano, mi accarezzò la guancia e sfiorandomi il mento mi fece alzare il viso, appena incontrai il suo sguardo lessi un sentimento di sofferenza che non mi sarei mai aspettata di trovare. Sembrava esserci rimasto male almeno quanto me.
«Non si meriterebbe di avere una figlia come te! Se io avessi dovuto sentirmi dire quelle cose ogni volta, avrei smesso di rispondergli già da un pezzo...» le sue parole mi toccarono nel profondo, perché forse spingevano dei tasti scomodi e dolenti per me. Sapevo per certo quale era la realtà dei fatti, ma accettarla e andare oltre, avrebbe significato ammettere una verità che non volevo ancora accettare. Forse aspettare che mio padre si ravvedesse, sarebbe stato uno sforzo vano, ma forse con pazienza magari un giorno qualcosa sarebbe cambiato. «Non ascoltare le sue parole, non sei affatto una persona egoista anzi tutto il contrario e per quel poco che ho potuto vedere, non devi assolutamente nulla a nessuno. Ti sei guadagnata da sola tutto quello che hai e continui a farlo ogni giorno. Dovrebbe essere molto orgoglioso di te!» restai particolarmente colpita dalle sue parole, l'avevo giudicato male fin da quando l'avevo visto per la prima volta. Invece lui in maniera più saggia, era riuscito a vedere le cose per come erano veramente, era andato oltre ogni pregiudizio.
Andai a sedermi sulle sue gambe, stando bene attenta a far salire troppo il vestito e lo abbracciai forte, come forse non avevo mai fatto. Così forte che i nostri corpi si fusero insieme e nessuno avrebbe più potuto capire dove finissi io e dove iniziava lui.
Potevo sentire il suo cuore agitarsi, il battito irregolare e accelerato, restai in ascolto con l'orecchio poggiato sul suo petto era bellissimo ascoltarlo. Mi prese il viso tra le mani dove scendevano ancora calde lacrime e lui le asciugò con le sue labbra, singhiozzai ancora di più per quel momento di dolcezza così inaspettata. Sfiorò il mio naso con il suo, sorridendo nello stesso momento in cui lo feci io, le nostre labbra non erano mai state così vicine. Solo un paio di centimetri in più e si sarebbero sfiorate, lasciandoci assaporare l'uno quelle dell'altra e viceversa, per non staccarsi tanto presto.
Non ero spaventata da quello che sarebbe potuto succedere, l'avrei lasciato fare senza opporre alcuna resistenza ma a lui questo ovviamente non lo dissi. La mia fronte toccò la sua e restammo così ad osservarci, occhi negli occhi per un tempo infinito.
*
Più tardi quella sera preparammo insieme qualcosa da mangiare, fu divertente vederlo armeggiare con in cucina dato che era una vera frana, non sapeva tagliare neanche una foglia di insalata. Era bello scherzare e ridere in modo spensierato con lui.
Beth che doveva tornare per cena, pareva essersi volatilizzata senza neanche avvisare, provai un paio di volte a chiamarla ma non ricevetti alcuna risposta, mi arrivò solo un messaggio.
"Sto bene, non preoccuparti per me. torno a casa più tardi!"
Durante la cena parlammo di argomenti non troppo impegnativi e le ore passarono in un soffio, senza che me ne accorgessi. Persi totalmente il senso del tempo, non mi resi conto che si erano fatte quasi le undici solo quando Brian mi disse che doveva andare perché si stava facendo tardi e il giorno dopo aveva lezione presto.
Quando uscì fuori per tornare al suo appartamento, uscii anche io per accompagnarlo alla macchina.
Sulla porta mi diede un bacio sul collo che mi fece arrossire e si allontanò senza mai staccarmi gli occhi di dosso camminando all'indietro. Lo guardai mentre metteva in moto il suo pick-up e se ne andava lentamente, prima che sparisse alla mia vista lo vidi salutarmi con la mano dallo specchietto.
*
Sdraiata nel buio della mia camera ripensavo a quel pomeriggio passato insieme. A tenermi compagnia c'era una confezione di buonissimi biscottini al burro olandese, di solito quando ero di buon umore come in quel momento, mi si apriva un grande appetito soprattutto di cose golose e dolci.
Sentii il cellulare vibrare sul comodino di fianco a me e vidi lo schermo illuminare tutta la stanza con la sua luce azzurra, segno che era arrivato un messaggio. Lo lessi era di Brian.
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:35. "Che fai? Dormi?"
Forse anche lui se ne stava ad occhi aperti sdraiato sul suo letto, a fissare il soffitto riflettendo su tutte le cose che ci eravamo detti, su tutto quello che era successo tra di noi.
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:37. "Sono sdraiata sul letto..."
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:38. "Che fai pensi a me? Ammettilo!"
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:40. "No, mangio biscotti..."
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:41. "E se fossi lì nel letto accanto a te?"
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:43. "Te ne offrirei uno e continuerei a mangiarli, per chi mi hai presa?;)"
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:44. "E se i biscotti non ci fossero affatto?"
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:47. "Ne preparerei un po', tu potresti darmi una mano se fossi qui!"
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:48. "Sei senza cuore! Io invece avrei coccolato te e avrei lasciato stare i biscotti..."
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:50. "Sei dolcissimo! Avrei lasciato stare i biscotti se fossi qui vicino a me a dirmi queste cose..."
Messaggio da Brian.
Giovedì, ore 23:51. "Verrei subito se non fossi così stanco, una ragazza oggi mi ha fatto davvero affaticare, sai? Buona notte Occhioni verdi, mi farò perdonare per le coccole che ti devo!"
Messaggio a Brian.
Giovedì, ore 23:53. "Chissà chi sarà questa ragazza così fortunata! Aspetterò le tue coccole, per ora ti do la buona notte Brian..."
Posai il cellulare sul comodino, rimettendolo in carica e mi addormentai quasi subito.
*
Avvertii una lieve pressione sul mio braccio sinistro, fu così leggera che non capii se fosse stato solo un sogno o se l'avessi sentita per davvero.
La stanchezza prese il sopravvento su ogni tipo di ragionamento razionale e continuai a dormire, senza preoccuparmi di capire cosa avessi realmente sentito. Sentivo gli occhi troppo pesanti per riuscire ad aprirli, tirai ancora di più la trapunta sulla mia testa e me ne restai nel mio stato di dormiveglia comoda e al caldo sotto le coperte.
Di certo non poteva già essere mattina, dato che non avvertivo nessuna luce dietro le palpebre chiuse. La stanza pareva ancora immersa nel buio più totale, come quando mi ero addormentata.
Sentii le coperte sollevarsi e qualcuno sdraiarsi accanto a me, era troppo reale quella sensazione per essere solo frutto della mia immaginazione. Mi girai sull'altro fianco per vedere chi mi fosse accanto, aprendo piano un occhio mi ritrovai di fronte il volto sorridente di Beth, aveva un'espressione sorniona su cui più avanti avrei dovuto indagare.
«Ma che ore sono?» domandai con voce ancora impastata dal sonno, infastidita da quell'incursione notturna. Ero ancora quasi del tutto addormentata e sapevo bene che non mi avrebbe lasciata tornare a sonnecchiare indisturbata,senza ottenere prima qualche informazione da me.
«È l'una meno un quarto Elle, sono appena ritornata a casa...» spiegò con voce bassa, per non infastidire ulteriormente il mio brusco risveglio. Per i suoi standard appariva quasi come un sussurro.
«Perché non sei tornata prima e non rispondevi neanche alle mie chiamate?» chiesi sospettando già quale fosse la sua risposta.
«Ho avuto un contrattempo in biblioteca...» disse senza guardarmi negli occhi, potevo ben intuire che fosse solo una scusa la sua e non mi sarei accontentata di quella.
«Inventatene un'altra Beth questa scusa non regge, sono insonnolita non stupida. Gliel'hai detto te che mi avrebbe trovato a casa, vero?» stava trattenendo un sorriso, sapevo che aveva tutto per farmi restare da sola con lui. Non la rimproverai troppo dato che alla fine ci eravamo chiariti e avevamo passato una bella serata insieme, escludendo qualche "piccolo" dettaglio.
«Ok, sapevo che sarebbe venuto da te e ho preferito lasciarvi soli, così potevate chiarirvi...» ammise alla fine, capendo che non mi avrebbe tirato fuori una sola parola se non avesse confessato prima lei. «Allora non vuoi proprio dirmi com'è andata?» si lamentò quando vide che non mi apprestavo a parlare. Volevo lasciarle credere almeno per un po' che non avrei rivelato nulla, così me ne restai in silenzio, poi mi decisi a parlare guardando l'espressione dei suoi occhi. Capivo che non avrebbe resistito un attimo di più.
«Non dovrei raccontarti nulla dato che hai tramato alle mie spalle, non si fanno queste cose alle amiche sai?» la canzonai scherzosamente, volevo farla penare un po' prima di dirle come erano andate le cose tra me e Brian.
Ormai ero totalmente sveglia e vigile, era quasi diventato impossibile ultimamente dormire nella stessa casa con lei. Pensai che prima avrei parlato, prima sarei tornata al mio tanto agognato sonno, la mattina dopo avrei avuto lezione presto e dormire un po' non mi avrebbe fatto male di certo.
Sprofondai la testa fra i cuscini e mi accoccolai meglio sotto le coperte mettendomi comoda, Beth mi poter una sua mano come incoraggiamento ad iniziare il mio racconto.
«Allora?» domandò quando vide che io tardavo a raccontare, era davvero troppo curiosa. «Siete riusciti a chiarirvi?» mi incalzò ancora per spronarmi ed io mi decisi a darle una risposta.
«Sì...» dissi forse un po' troppo stringata, ma sapevo bene che se avesse saputo tutto il resto, avrebbe tratto di sicuro conclusioni sbagliate.
Pareva indispettita dalla mia risposta evasiva.
«Vuoi raccontare oppure no? Sembra quasi che ti diverti a non dirmi nulla...» e forse era un po' così.
«Abbiamo parlato molto e lui mi ha spiegato alcune cose, preferirei non dirtele non so se posso, sono cose private e delicate...» non volevo tradire la sua fiducia raccontando i fatti suoi a qualcun'altro, anche se era della mia migliore amica che stavamo parlando e per me era come una sorella.
«Spiegati un po' meglio...» mi esitò dicendo.
«Abbiamo parlato di Victoria, mi ha spiegato i motivi del perché lui non la contraddice mai e sono validi Beth...» feci una pausa ripensando a tutto quello che mi aveva detto riguardo a quella ragazza, non l'avrei mai immaginato una cosa del genere con tutta la fantasia possibile. «Alla fine sono contenta di averlo ascoltato anche se all'inizio non ne avevo la minima voglia, ho capito molte cose sul suo conto. Devo ammettere che ho cambiato idea su di lui, l'avevo giudicato male...» ammettei arrossendo, per fortuna eravamo al buio, così non poteva accorgersi che le mie guance stavano andando a fuoco.
«Non hai altro da dirmi?» insinuò con convinzione di punto in bianco, ma come poteva sapere cos'altro era successo tra noi? E se avesse raccontato ogni particolare di quello che ero successo tra noi su quel divano? Arrossii in maniera incontrollata.
Le soluzioni possibili al fatto che la mia amica sapesse, erano due: o era una veggente e questo lo escludevo a priori, oppure Brian doveva aver parlato, forse facendo delle confidenze a Josh e Beth ne era stata informata. Mi scocciava che avesse raccontato particolari così privati, ma non potevo fargliene una colpa, in fondo si era solo confidato con un amico e Beth era troppo impicciona.
«Cosa sai?» domandai cauta.
«Brian si stava confidando con Josh appena è arrivato a casa e io ero lì, non penso si fosse accorto di me. Sul più bello mi è venuto da starnutire, con tutto il casino che ho fatto ha capito che c'ero anche io e a smesso di raccontare. Gli ha detto: "Ne riparliamo poi..." ed era tutto sorridente, mi spieghi cosa è successo?» ringraziai mentalmente la fortuna che mi aveva assistito, se avesse scoperto dei baci che mi aveva dato sul divano e della telefonata di mio padre, sarebbe stata la fine per me. Avrebbe tratto le sue conclusioni per quanto riguardava Brian e mi avrebbe spinta a buttarmi, in una cosa che non avrei saputo come sostenere. Mentre invece io avevo bisogno di andare piano e di avere delle certezze.
«Dopo aver parlato l'ho invitato a restare per cena e lui ha deciso di rimanere. Ci sono stati dei baci tra noi, ma non sulla bocca...» ammisi un po' controvoglia. «Ad un certo punto mi ha baciato il collo e io non l' ho fermato...» non riuscii neanche a finire la frase che Beth saputa quell'informazione, mi riempii di domande.
«Come è stato? Voglio la verità, te non ti faresti baciare da chiunque...» si afferrò poi a chiedere e aveva ragione su tutta la linea, non potevo mentire proprio a lei.
«Beth...» la rimproverai, sapeva bene quanto mi vergognassi di fare quel tipo di discorso così apertamente. «È stato bellissimo, però io voglio andare piano e lui mi ha assicurato che non farà nulla che non voglio anche io...» ripensai alla sua dolcezza e mi venne da sorridere.
«Ma come siete rimasti?»
«Non siamo nulla Beth, Brian non mi pare proprio il tipo da legami stabili anche se quando è con me sembra diverso. Ho sentito parlare molto delle sue avventure in giro e non voglio restarne scottata, quindi forse sarebbe meglio lasciar stare tutto ora, finché sono in tempo...» avevo paura di come ne sarei potuta uscire, sicuramente con il cuore in pezzi.
«Non è così! Brian ha detto che...» cosa aveva sentito? Perché di sicuro aveva sentito qualcosa per parlare in quel modo. «Niente, niente...» balbettò in modo confuso. Di sicuro Brian doveva aver parlato di me e lei aveva ascoltato, non capivo perché me lo volesse tenere nascosto.
«Cosa hai sentito Beth dimmelo per favore...» la pregai, ma non servì assolutamente a niente, non si scosse dalla sua decisione.
«Dovresti solo fidarti di più di lui...» mi rassicurò. «Sarà lui a dirti quello che ho sentito quando se la sentirà, gliel'ho promesso...» aggiunse come a cercare una giustificazione al fatto di non volermi dire nulla di più.
Accettai di buon grado la sua decisione non volendo insistere ancora, ero sicura che non avrebbe detto niente di più di quello.
Resterammo in silenzio per qualche momento, immerse completamente ognuna nei propri pensieri, fino a quando il sonno non ebbe la meglio e gli occhi si chiusero.
Quella notte sognai i suoi morbidi baci, le sue carezze dolci, i quei suoi modi di fare così teneri e in quel momento desiderai che non si allontanasse più da me, desiderai che fosse solo mio. Forse però non era il momento giusto, ero troppo presto e noi eravamo troppo vigliacchi per dircelo apertamente.
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