14.
Arrivata a casa mi affrettai a raggiungere la mia camera. Spazzolai i capelli con foga e indossai il mio comodo pigiama, come se fare questo mi avrebbe fatto dimenticare tutto quello che era successo. Era come cercare di togliere ogni segno di quella sera che mi avrebbe ricordato quel brutto episodio.
Provai a stendermi a letto con il desiderio di chiudere gli occhi e addormentarmi, ma non riuscii a fare altro che girarmi e rigirarmi nel letto. Sempre più lontana da ogni possibilità di riuscire a prendere sonno.
Mi alzai dal letto e scesi al piano di sotto per prepararmi una tisana o qualcos'altro che mi calmasse.
In cucina mi sedetti su uno sgabello, aspettando che l'acqua nel bollitore si scaldasse. Giocai con la cordicella della tisana che avevo messo nella tazza. Non riuscivo a concentrarmi su niente, neanche su una banale cosa. Che lo volessi ammettere o meno il mio pensiero finiva sempre a lui. Era inutile negarlo, per lo meno a me stessa. Sapevo benissimo che già da un po' popolava i miei pensieri, anche se avevo cercato di reprimerli il più possibile. Non mi spiegavo quale motivo mi riconducesse sempre a Brian. C'era come se un filo invisibile che ci univa sempre e non ci dava modo di stare lontani. La sensazione di dejavu che mi accompagnava, era destabilizzante. Troppo spesso mi trovavo a pensare di conoscerlo già, ma questo era praticamente impossibile.
Nonostante la familiarità che sentivo, nonostante il legame che avvertivo, nonostante i miei pensieri portassero spesso a lui tra noi non c'era nulla a legarci. La sua incostanza non portava altro che a diffidenza nei suoi confronti. Come potevo fidarmi di una persona che non prendeva mai una volte le mie difese, anche quando diceva di sentirsi protettivo nei miei confronti? I suoi comportamenti incostanti mi facevano pensare cose completamente in contrasto tra loro. Nella mia testa c'era sempre uno scontrarsi continuo delle cose più diverse.
Dopo aver sorseggiato metà della mia tisana e averne gettata nello scarico l'altra metà, uscii dalla cucina.
Risalendo al piano di sopra da sotto la porta chiusa della camera di Beth filtrava una tenue luce, doveva essere ancora sveglia. Bussai piano nel caso si fosse addormentata con l'abatjour accesa.
Sentii la sua voce che mi arrivò in un sussurro. Mi disse di entrare, allora feci capolino all'interno aprendo un poco la porta. Era sdraiata sul letto sfogliando una delle sue riviste di moda, lo sguardo intento a studiare la pagina di un articolo. Entrai silenziosamente andandomi a sedere di fianco a lei.
«Non riesci a dormire?» mi chiese Beth rompendo il silenzio. Scossi la testa in segno negativo. «Cos'è che non ti fa dormire? Hai avuto degli incubi?» alluse al fatto che ero quasi affogata, ma non era per quello che non riuscivo a scollegare il cervello per riposarmi un po'.
«Non lo so...» risposi mentendo. Sapevo bene cosa mi turbava e mi causava mancanza di sonno.
«Io invece sì! Penso di sapere cos'è che ti turba...» la guardai dubbiosa, come a chiedere di spiegare meglio quello che voleva intendere. Rimase silenziosa per qualche momento, sembrava volesse decifrare le mie emozioni. «Brian!» affermò alla fine con cautela. Per fortuna ebbi la prontezza di negare, scuotendo energicamente la testa.
«Ti stai sbagliando...» dissi per rimarcare il mio pensiero. Ma dalla sua faccia capii che non servii a nulla, se non ad alimentare ancora di più la sua idea.
«Non è vero, non prendermi per una stupida! Sta sera hai sbagliato con lui...» affermò con convinzione. «Non dovrei essere io a dirtelo, ma non posso restare in silenzio. Vedi quando Victoria ha detto a quel ragazzo di buttarti in acqua lui l'ha minacciata, non so cosa si siano detti di preciso. L'ho sentito solo dire che chiunque ti avesse anche solo sfiorata, se la sarebbe vista con lui. Quando ha capito che non sapevi nuotare e quel deficiente di Hunter tratteneva Tyler, non ci ha pensato due volte a correre da te e buttarsi. Era terrorizzato! Non si stava facendo tranquillamente il bagno mentre tu annegavi...» cosa? Come? Era proprio Brian la persona che dovevo ringraziare. Non ricordavo assolutamente nulla di chi mi avesse tirata fuori dall'acqua, non potevo credere che avesse fatto una cosa del genere per me.
«Perché?» domandai. Mi sentivo stupida a fare quella domanda, ma non capivo perché l'avesse fatto. Questo voleva forse dire che a me ci teneva almeno un po'?
«A volte penso che tu sia cieca, altre solo un po' sciocca. Questa sera sei stata tutte e due le cose insieme. Non avevo mai visto quel ragazzo così...come dire...preoccupato è proprio la parola giusta per descriverlo. Da quando ti ha conosciuta è diverso, sembra un'altra persona quando è con te!» ero stata una vera stupida a dirgli quelle cose. Mi chiesi perché non me ne fossi rimasta zitta in silenzio. Come avevo potuto pensare una cosa del genere di lui? Era davvero troppo surreale il pensiero che avevo formulato, mi ero comportata da stupida. Mi sarei presa volentieri a schiaffi da sola, se solo fosse servito a qualcosa.
«Non ricordo niente di quello che è successo dopo che sono caduta nell'acqua...» era terrificante ricordare la paura che avevo provato.
«L'avevo capito da come gli hai risposto...» mi guardò dritta negli occhi come a cercare di confortarmi.
«Perché non me l'hai detto prima? Devo chiedergli scusa, ma come posso farlo...» la mia testa non riusciva a credere a quello che mi aveva rivelato Beth.
«Nella maniera più semplice, scusati! Sono sicura che non starà dormendo neanche lui. Si è preso uno spavento che non te lo immagini neanche, quasi non respiravi più...» proprio come era gia successo in passato, pensai. Allontanai quel pensiero prima che riuscisse a turbare la mia calma.
«Temo che questa volta non basterà un semplice messaggio...» Beth annuì concordando con il mio pensiero. La abbracciai forte e dopo averle dato un sonoro bacio sulla guancia, feci per tornarmene nella mia stanza. Ma un pensiero mi colpii e non potei fare a meno di girarmi e di porle una domanda. «Perché non me l'hai detto prima?» le chiesi a bruciapelo.
«Non voleva che ti sentissi obbligata a ringraziarlo, mi ha chiesto di non dirti niente se non lo ricordavi. Non vuole condizionare le tue scelte, ti ha visto parlare con Chase e ha visto come lui ti guardava...» sembrava in difficoltà forse per la prima volta in vita sua. Cercava di sfuggire al mio sguardo, cosa stranissima per lei.
«Condizionarmi? In che cosa...» volevo capirci qualcosa, ma più cose diceva la mia amica, più andavo in confusione e la mia testa si riempiva di pensieri disordinati. Tutti i concetti incasellati al loro posto, si mischiavano e si fondevano tra loro, creando un gran caos dentro di me.
«Non posso rispondere io per te a questa domanda, devi arrivarci da sola...» uscii dalla sua stanza accompagnata da questo consiglio.
Una volta tornata nella mia camera, mi sedetti sul letto cercando di dare un senso ai miei pensieri.
Le parole pronunciate da Beth, risuonavano ancora nella mia testa. Perché non voleva mi sentissi obbligata a ringraziarlo? Io non lo vedevo come un obbligo. Forse voleva che la cosa mi venisse spontanea, ma io avevo agito da stupida complicando parecchio le cose. A mia discolpa potevo dire che non ricordavo proprio nulla, ma non sarebbe servito a chiedergli scusa o a farmi perdonare.
Non capivo che cosa gli importasse di come mi osservava Chase, a me personalmente non interessava affatto. Perché avrebbe dovuto interessare a lui? Una risposta ovvia fece capolino di fronte a me, ma preferii non coglierla. Mi spaventava pensare all'intesa e alla complicità che sentivo con lui.
Avevo come l'impressione che ci conoscessimo da tanto tempo, invece che da poche settimane. Questo mi spaventava parecchio. Non volevo affezionarmi ad una persona per poi perderla, preferivo che le cose tra noi si mantenessero tranquille.
Girai e rigirai il cellulare tra le mani, come se questo movimento avesse potuto consigliarmi e farmi vedere le cose con più chiarezza. Mandargli un messaggio banale, era del tutto fuori discussione. Ero davvero molto infastidita dal il mio comportamento e volevo che capisse davvero quanto mi dispiaceva. Non cercavo di scusarmi per pura formalità.
La soluzione giusta sapevo quale era, ma allo stesso tempo mi faceva sentire inquieta. Decisi di non pensarci troppo su e agii d'impulso. Aprii l'armadio afferrando il primo giacchetto che mi capitò sotto mano, non volevo perdere altro tempo a vestirmi. Lo indossai sul pigiama non mi importava di come mi avrebbe vista, il mio obiettivo era chiarire con lui. Se ci avessi pensato su un altro po', magari avrei cambiato idea prima di riuscire a fare quello che sentivo dentro.
Prima di uscire di casa afferrai al volo le chiavi e il cellulare. Un attimo prima di chiudermi la porta di casa alle spalle, sentii Beth parlare come in un sussurro augurandomi buona fortuna. Ne avevo bisogno, immaginavo che sarebbe stato parecchio arrabbiato con me.
*
Non impiegai molto ad arrivare sotto casa sua. Quando spensi il motore della mia auto, iniziarono ad affollarsi dentro di me dubbi e paure. E se non avesse neanche voluto parlarmi? E se stesse già dormendo? Significava che di me non gliene importava poi così tanto. Anche se dopo la mia sfuriata, non potevo pretendere chissà cosa. E se invece era sveglio ma non voleva proprio vedermi ne parlarmi? Avrebbe avuto ragione. Non volevo pensare a quella eventualità, sperai tanto che non si comportasse così.
Contemplai per qualche minuto il suo nome sullo schermo, prima di toccare il tasto della chiamata. Il cellulare prese a squillare senza che nessuno rispondesse dall'altra parte. Uno squillo. Due squilli. Poi tre. Quattro. Fui quasi tentata di attaccare e tornarmene indietro da dove ero venuta, ma poi all'improvviso sentii una voce parlare e tirai un sospiro di sollievo.
«Ciao...» mi salutò titubante, forse non gli andava poi così tanto di parlare con me. Ne avrebbe avuta piena ragione.
«Scusa se ti chiamo a quest'ora nel bel mezzo della notte, so che è molto tardi...» iniziai dicendo, cercando intanto di formulare una frase di senso compiuto da dire. «Volevo chiederti scusa, non avevo alcun diritto di dirti quelle cose...» proseguii prendendo coraggio.
«Beth ha parlato?» chiese con stanchezza. Sembrava infastidito di sentire la mia voce, magari avrebbe preferito qualcun'altra al posto mio.
«Ehm...forse sì...» ammisi.
«Le avevo chiesto di non farlo, non volevo che fossi obbligata a dirmi grazie. Non ti ho aiutata di certo per questo...» la sua insofferenza a quel discorso pareva crescere ad ogni parola che pronunciavo. Lo infastidivo a tal punto?
«Perché l'hai fatto?» chiesi nascondendo la voce incrinata dalle lacrime che presero a scendere. Cercai di asciugarle in fretta prima che cadessero, forse avrei potuto far finta che non fossero mai scese.
«Perché che tu voglia accettarlo o no, io ci tengo a te! Mi sento protettivo nei tuoi confronti...» quella rivelazione mi spiazzò. «Sarebbe meglio parlarne di persona suppongo...» coglievo una nota di frustrazione nella sua voce. Forse quello che aveva detto era la verità e le supposizioni che avevo fatto nella mia testa erano del tutto errate.
«Sono sotto casa tua, puoi scendere se vuoi...» lo informai.
«Sei qui sotto?» mi parve di cogliere sorpresa nella sua voce.
«Sì...» acconsentii con un filo di voce. Non feci in tempo a dire altro che aveva già chiuso la chiamata.
Vidi accendersi una luce che rischiarava la parte alta del portone, fatta di vetro opaco.
Uscii dalla macchina avvolgendomi come meglio nella giacca leggera. Tirava una brezza fresca quella sera che mi faceva venire brividi di freddo. Mi appoggiai con la schiena sullo sportello in attesa che arrivasse.
Quando vidi una figura dietro la porta, non ebbi alcun dubbio che fosse lui. Uscii fuori con addosso solo il pantalone di una tuta. I suoi addominali e il suo fisico asciutto erano in bella mostra. Feci finta di non aver visto e almeno per il momento decisi di non preoccuparmene.
Mi venne incontro con un'insicurezza che non gli apparteneva, mai l'avevo visto così titubante. Si avvicinò con movimenti un po' goffi e quando fu a dieci centimetri da me, mi avvolse nel suo abbraccio caldo e sicuro. I suoi occhi sembravano volermi dire mille parole, ma le sue labbra rimasero in silenzio.
Appena mi tirò a se smisi di pensare a un qualsiasi pensiero e mi lasciai andare, svuotando la mente. Lo strinsi forte a me e restammo così per un tempo infinito, prima di scioglierci da quell'abbraccio.
La mia testa si incastrava perfettamente nell'incavo sotto il suo collo. Le sue mani grandi erano perfette, protettive e possessive allo stesso tempo sui miei fianchi.
«Scusami, non ricordavo nulla. Sono stata una stupida...» dissi sul suo collo mentre calde lacrime presero a rigarmi il viso. Bagnai la sua pelle nuda senza preoccuparmene, in quel momento niente contava tranne noi due.
«Non voglio più sentirti dire una cosa del genere...» mi avvertì con sguardo torvo. «Sei perdonata solo perché sei tu Occhioni verdi...» mi stampò un tenero bacio sui capelli, sapeva essere davvero dolce quando voleva.
Asciugai le lacrime che gli avevano bagnato il petto senza rifletterci, mi sentii accaldata. Il contatto con la sua pelle mi toglieva il respiro, facendo accelerare notevolmente il battito del mio cuore. Constatai con piacere che neanche lui non era rimasto indifferente a quella vicinanza. Deglutì come per togliere qualcosa che gli opprimeva il petto.
«Saliamo in macchina, sto gelando...» disse trascinando anche me all'interno della macchina. Mi face sedere sul suo stesso sedile, nello spazio libero tra le sue gambe. Ero quasi sicura che i suoi brividi così come i miei, non fossero dettati dal freddo. Lasciai correre senza farglielo notare. «Come ti senti ora?» mi chiese per allentare la tensione che si era creata.
«Meglio, cioè bene...» arrossii del mio lapsus. Non volevo intendere che stavo meglio perché c'era lui, stavo solo bene.
«Mi sono spaventato da morire, quando ti ho portato in superficie non respiravi quasi più...» non ne ero certa ma sembrava ci fosse un sentimento di paura nella sua voce. Prese ad accarezzarmi una coscia vicino l'orlo dei miei pantaloncini, con movimenti lenti e circolari, sembrava lo tranquillizzasse quel gesto. «Sai ti ho dovuto fare la respirazione bocca a bocca...» la paura era scomparsa, lasciando spazio ad un guizzo di divertimento che gli attraversò lo sguardo.
«Le tue labbra erano sulle mie?» domandai incredula, era davvero troppo da assimilare. Mi guardò sorridendo, il perché non lo sapevo.
«Stavo scherzando, non ti ho fatto la respirazione bocca a bocca! Ti prometto che quando sfiorerò le tue labbra sarai cosciente e te lo ricorderai...» mi promise smettendo di sorridere, era serio. Aveva intenzione di baciarmi? Per quale motivo avrebbe voluto farlo?
«Bisogna vedere se te lo lascerò fare...» riuscii a dire in un sussurro. Era arduo non arrossire in continuazione in sua presenza.
Restammo seduti in quella posizione in silenzio per molto tempo, non sentivo affatto il bisogno di allontanarmi da lui, anzi tutto il contrario. Non mi sarei mai voluta staccare, ma l'ora segnata sul quadro della macchina diceva che era arrivata l'ora di salutarsi. Erano quasi le due di notte.
«Sai dovremmo andare a dormire, domani abbiamo lezione...» lo dissi per ricordarlo un po' a tutti e due, neanche io dovevo dimenticarlo. Non sapevo a che ora fosse la sua prima lezione, ma la mia era molto presto.
«Resta a dormire qui con me...» mi colse alla sprovvista, era una richiesta abbastanza insolita. Non potevo e non volevo, sarei risultata per quella che non ero. Lui era abituato alle ragazze facili, quindi non mi meravigliai troppo della sua richiesta.
«Non posso...» iniziai a dire, però mi interruppe quasi subito.
«Giuro che se resti non ti tocco, voglio solo averti accanto e poterti guardare mentre dormi...» aveva delle uscite davvero fuori luogo. Cosa significavano le sue parole? Quale interpretazione dovevo dargli? Forse era una sua frase tipo che usava con tutte. Scossi la testa ferma sulla mia decisione, lui me la prese fra le mani facendomela fermare. «Ok, ho capito. Non cercherò di convincerti se non vuoi, ma non pensare che sia una cosa che dico a tutte. Non avere un'opinione così bassa di me. Io non dormo con chiunque, ricordatelo! È solo che mi piace dormire al tuo fianco, sto meglio se tu mi sei vicina...» rivelò senza guardarmi negli occhi. Quando si vergognava era davvero troppo dolce. Dovetti fermarmi dall'abbracciarlo ancora una volta.
Scavalcai con facilità la leva del cambio, passando sull'altro sedile. Aspettai per mettere in moto il motore.
«Allora dobbiamo salutarci...» disse impacciato.
«Pare di sì...» pronunciai quelle parole con un filo di voce. Mi prese una mano che tenevo poggiata sul volante e la sfiorò con le sue labbra morbide.
«Buona notte Occhioni verdi!» si congedò da me uscendo dall'auto.
«Buona notte Brian!» lo salutai a mia volta.
Partii piano in modo da continuare a vederlo nello specchiettoretrovisore, almeno ancora per un po'. Quando scomparve completamente alla miavista accelerai e andai dritta a casa. Dopo aver chiarito le questioni che mitenevano sveglia, sarei riuscita di certo ad addormentarmi.
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