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13.


Prima di andare alla festa, passammo a casa di Brian e Josh. Avevo scoperto che abitavano insieme, si conoscevano da anni. Andavano a scuola insieme dal liceo. Un po' come me e Elizabeth.

Dovevano lasciare i borsoni e mettere il costume da bagno, quindi salirono in casa.

Nel frattempo mi ero imposta di non pensare che avrei dovuto indossarlo anche io. Contavo sul fatto che Beth avesse pensato ad un copricostume, un pareo o qualcosa di simile per coprirmi almeno un po'. Non ebbi il tempo di continuare a rifletterci su che i ragazzi tornarono. Ci avevano impiegato pochissimo a cambiarsi.

Per fortuna eravamo sulla mia macchina, così potevo distrarmi concentrandomi sulla guida.

Quando mi dissero dove era la festa, non riuscii a trattenere qualche commento sarcastico. Quel tale Tim era il proprietario della villa sulla spiaggia. Me l'avevano taciuto fino all'ultimo momento, sapendo che l'ultima volta da lì me n'ero andata correndo. Era stata una mossa astuta da parte loro non dirmelo, se l'avessero fatto non ci sarei andata di sicuro.

Arrivata davanti al viale d'accesso, cercai un posto per la mia auto. Quella sera ci sarebbero stati solo i ragazzi della squadra e qualche ragazza della squadra delle cheerleader.

Non fu difficile posteggiare. In tutto c'erano una decina di macchine lì fuori. Scesero tutti dall'auto appena mi fermai, tranne Brian che restò seduto di fianco a me. Restò in silenzio, finché non fui io a romperlo.

«Tu non mi volevi qui...» sussurrai. Non era una domanda, ma una semplice constatazione.

«È vero in parte...» prese un bel respiro prima di continuare. «Volevo che venissi, ma devi sapere che si sarà anche Victoria. Mi ero convinto che se non fossi venuta avresti evitato le sue cattiverie...» capivo cosa voleva dire. Forse aveva ragione e non sarei dovuta andare.

«Cos'è lei per te?» non ero nella condizione di pretendere una risposta, ma nessuno mi vietava di chiedere anche se per lui non ero nulla. Non mi aspettavo che mi rispondesse, non era tenuto a farlo. Stavo per scendere quando sentii la sua voce.

«Lei per me non significa niente. Un giorno quando me la sentirò ti racconterò tutto, per ora penso che questo può bastarti...ora scendiamo?» annuii scendendo dall'auto. La sua voglia di tagliare di netto quel discorso mi aveva stranita. C'era certamente qualcosa che lo legava a quella ragazza, ma non me ne voleva parlare. Era chiaro. La mia voglia di entrare lì, era diminuita ancora di più. Sarei voluta tornare sui miei passi, fare dietrofront e tornare sull'auto, guidando finché non fossi arrivata a casa.

Ignorando ogni sensazioni mi avviai all'entrata.

Dentro la casa non regnava la stessa atmosfera della volta precedente. Il salone era ingombro di mobili e non c'era traccia di alcun dj. Era quasi troppo silenziosa, per come la ricordavo.

Dei rumori attutiti venivano da fuori nel giardino. Mi guardai attorno, alla ricerca di Beth. Non c'era traccia della mia amica.

«Al piano di sopra, seconda porta a destra...» rispose alla mia domanda mentale.

Lo vidi uscire di fuori dalla portafinestra. Prima di richiuderla dietro di se mi sorrise incoraggiante.

Mi avviai alla grande scalinata che portava al piano di sopra. Bussai alla porta che mi aveva indicato Brian e sentii una voce familiare invitarmi a entrare.

Beth aveva tirato fuori l'intero contenuto della borsa che si era portata. Poggiando tutto con cura sul letto. Guardando bene i due costumi, sapevo già quale sarebbe stato il mio e quale il suo.

Il mio era un due pezzi rosa pallido con una stampa floreale in tinta. Era davvero delizioso, si incrociava davanti al seno e non aveva bretelle. Lo slip era molto semplice. Il suo era praticamente uguale, ma aveva una fantasia maculata sui toni del nocciola. Da qualche tempo l'animalier era diventato una sua fissa.

Mi porse il costume rosa come avevo immaginato e mi disse di cambiarmi, raccomandandomi di tenere i sandali. Obbedii facendo come aveva detto. Nel frattempo anche lei aveva indossato il suo bikini, insieme ad un simpatico copricostume nelle stesse nuance nocciola.

Il mio invece era completamente trasparente, se non l'avessi messo sarebbe stato quasi uguale. Per fortuna dei fiori di filo ricamati sopra coprivano abbastanza. Sembrava una specie di kaftano, in versione ridotta, dato che era cortissimo. Dovevo ammettere che nonostante tutto mi piaceva molto.

Dopo aver riposto i nostri vestiti con cura nella sacca, scendemmo al piano di sotto.

Il giardino era più popolato di quando ero salita a cambiarmi. Ma niente di paragonabile alla volta precedente. Appena mettemmo piede sul prato, vidi Tyler farmi cenni con le mani indicandomi di raggiungerlo. Vicino a lui c'era Josh e anche un altro ragazzo che ricordavo vagamente. Il suo nome rimaneva un mistero per la mia mente.

Prima di poter arrivare da Ty, sentii qualcuno poggiarmi una mano sulla spalla. Mi girai istintivamente per vedere chi fosse e trovai il bel sorriso di Chase e le sue fossette fare capolino.

«Ciao Elle! Anche tu qui?» sembrava genuinamente sorpreso di vedermi.

«Sono stata quasi costretta...» giustificai la mia presenza lì.

«Sono contento che lo abbiano fatto. Così ho avuto l'opportunità di incontrarti. Non siamo più riusciti a prendere quel famoso caffè...»

«È vero, hai ragione!» mi sentii quasi intimidita da lui. Era sempre così gentile nei miei confronti, anche troppo a volte. Mi metteva quasi a disagio. «Sono stata davvero molto impegnata tra lo studio e il lavoro in questi giorni...» non amavo particolarmente giustificarmi con le persone, ma non farlo in quella situazione sarebbe stato scortese.

«Non preoccuparti, ci riusciremo...» affermò con un po' troppa sicurezza nella voce. Cosa lo spingeva ad avere questa certezza? Avrei anche potuto cambiare idea, mi dissi tra me e me.

Beth arrivò alle mie spalle e mi tirò per un braccio, portandomi via da lui. Pensavo le piacesse quel ragazzo. Cos'era cambiato in così poco tempo? Salutai con gesto della mano Chase mentre mi allontanavo, eravamo alla stessa festa di sicuro ci saremmo rincontrati.

Una volta che ci fummo allontanate abbastanza, ringraziai la mia amica per avermi tolto dall'impaccio. L'ultima frase che aveva detto, mi aveva infastidita non poco.

Tyler intuì subito il mio umore ma lasciò correre la questione, non era poi di così fondamentale importanza. Mi passò un bicchiere che conteneva un liquido ambrato e mi invitò a bere. Appena ne sentii il sapore glielo ripassai, era troppo amaro. Non ero una grande estimatrice della birra.

*

C'erano dei ragazzi seduti a terra radunati in circolo e una bottiglia ormai vuota giaceva nel mezzo. Non capivo cosa stessero facendo. Mi sembravano troppo cresciutelli per giocare ancora al gioco della bottiglia, quindi lo esclusi.

Brian sedeva al lato opposto a dove mi ero fermata a guardare io. Avevo una visione perfetta da dove mi trovavo, pareva essere tornato la persona scostante e arrogante di sempre. Di sicuro non era la persona che avevo abbracciato quel pomeriggio. Quella dolce e tenera che ogni tanto mi lasciava intravedere.

Me ne restai in disparte per i fatti miei, in modo da non venire coinvolta da quello stupido gioco. Mi accomodai su una poltroncina poco più in là, mentre gli altri miei amici si sedevano a giocare.

Erano circa una decina intorno a quella bottiglia. Riconobbi Logan seduto di fianco ad una bella ragazza bionda, i suoi lineamenti mi parevano familiari ma non persi troppo tempo a cercare di ricordarne il nome. Dall'altro lato di Logan c'era seduto Liam, mi pareva si chiamasse così quel ragazzo anche se non ne ero del tutto certa.

Una voce mi distrasse dalle mia riflessioni.

«Non invitate anche le bambine a queste feste se poi non vogliono giocare...» disse la ragazza bionda. Chissà a chi alludeva, mi domandai. Accantonai in fretta quel pensiero, dato che non mi riguardava. Quando vidi Beth lanciarle uno sguardo truce e Josh fare lo stesso, la cosa mi insospettii.

Guardai meglio quella ragazza, ad una visione meno accurata non mi ero accorta che quella fosse proprio Victoria. Mi era passata completamente inosservata, dato che non risultava appariscente come al suo solito.

Non ebbi dubbi che stesse parlando di me, era evidente che non riuscivamo a coesistere nello stesso luogo. Ero io la bambina a cui alludeva, non capivo il motivo per cui mi dovesse insultare ogni volta. Soffriva forse di complessi d'inferiorità? Forse le bruciava ancora per quello che le avevo detto in precedenza. Peggio per lei. Di una cosa ero più che certa, non le avrei porto le mie scuse.

«Fai finta di niente?» domandò compiaciuta. Come se il mio volerla ignorare, decretasse la sua vittoria.

«No, mi dispiace davvero! Ma sai io purtroppo non capisco lo stronzese, potresti tradurlo con parole adatte ad una bambina come me?» chiesi sarcastica, con finta innocenza nella voce. Ma era così superficiale da credere che le persone sarebbero rimaste zitte davanti a lei? Chi era forse la principessina Victoria?

Lei non aveva ancora ben chiaro in testa che non era un cavolo di nessuno, per fare quello che faceva.

«Non hai le palle...» ringhiò tra i denti. Di sicuro non aveva apprezzato appieno le mie parole, ero molto contenta del risultato ottenuto. Non riuscivo a spiegarmi cosa le avevo fatto di male, per meritare questo trattamento ogni volta che la incrociavo. Dovevo aver fatto qualcosa di davvero riprovevole nella mia vita precedente, per meritare una condanna del genere in questa. Probabilmente ero stata una persona cattiva e senza cuore e ora mi toccava scontare. «Gioca con noi se hai coraggio...» disse lanciandomi uno sguardo di sfida, non potevo tirarmi indietro in quel momento. Se l'avessi fatto avrebbe vinto lei.

Presi posto accanto alla mia amica. Beth mi spiegò a bassa voce in cosa consisteva quel gioco: la bottiglia serviva per decidere a chi toccasse scegliere tra obbligo e verità. Se si rispondeva obbligo chi l'aveva girata, si veniva costretti a fare una cosa qualsiasi che veniva decisa, anche la più assurda. Se invece si sceglieva verità si doveva rispondere ad una domanda che ci veniva posta, anche se chiedeva di confessare cose molto private. In che guaio mi ero andata a cacciare, pensai.

Restai molto sorpresa che non avesse iniziato Victoria. Il primo fu proprio Logan che scelse obbligo. Dovette leccare un drink dal corpo di una ragazza. Lui ovviamente fu ben felice di farlo, lei un po' meno. Tenevo le dita incrociate perché non capitasse una cosa del genere anche a me.

Poi toccò a Brian che fu obbligato a baciare me. Cosa? Doveva baciare me? Ero sicura che da un momento all'altro mi sarei svegliata, scoprendo che si trattava solo di un incubo. Ma non fu così. Victoria rivolse uno sguardo a Logan che avrebbe potuto incenerirlo. Era fumante di rabbia, fu fantastico guardarla. Quasi mi dimenticai del bacio per la soddisfazione.

Quando Brian mi si avvicinò il mio cuore prese a battere fortissimo, come sempre ultimamente in sua presenza. Vidi le sue labbra avvicinarsi sempre di più, ma non puntavano alla mia bocca. Mi sfiorarono il collo, leccando e succhiando la pelle delicata con estrema lentezza. Dalla base del collo arrivò fin dietro l'orecchio, sentii un fuoco invadermi e a stento trattenni un gemito di piacere.

«Non vale!» si lagnò Logan. «Non era quello che avevo detto...» le sue proteste vennero completamente ignorate da tutti, non aveva specificato bene come doveva essere il bacio.

«Per oggi mi fermerò a questo, non preoccuparti piccola...» mi confidò all'orecchio. Cosa aveva voluto intendere? Sentivo la testa nella più totale confusione. Uno volta tornato al suo posto ero ancora tutta in subbuglio, ma cercai di nascondere bene quel sentimento. Nessuno doveva intuire il mio stato d'animo.

Prima che arrivasse il mio turno, dovetti aspettare molto. Con mani tremanti girai la bottiglia che puntava proprio verso Victoria. Un ghigno di soddisfazione mi invase attraversandomi il viso.

«Obbligo o verità?» chiesi compiaciuta.

«Obbligo...» rispose titubante. Era astuta la ragazza, non voleva rischiare che le facessi domande indiscrete. Anche se non sarei stata così carogna da chiedergli cose assurde. Ero consapevole che lei al mio posto non si sarebbe di certo fatta troppi scrupoli.

«Allora vediamo, ti obbligo a baciare in bocca e con la lingua...» specificai con cura per non essere fraintesa. Feci una pausa riflettendoci un po' su. Sembrava particolarmente stranita da quella situazione. «Quel ragazzo laggiù...» indicai con la mano un ragazzo poco distante da noi. Era intento a parlare con un paio di amici, ignaro di tutto. Purtroppo lì i ragazzi erano tutti carini, per cercare di farle un dispetto. Lui era quello che mi sembrava esserlo meno.

Victoria non parve gradire molto le mie parole, si alzò con espressione quasi schifata per raggiungerlo. Non avrei permesso per nulla al mondo che si tirasse indietro. Se fosse servito l'avrei costretta personalmente.

Fu il bacio più rapido della storia, forse sarebbe rientrato addirittura nel Guinnes World Record. Il ragazzo gradì parecchio la mia decisione, lei evidentemente molto meno. Mi sentii soddisfatta di me stessa.

Una volta tornata indietro afferrò la bottiglia come se stesse impugnando un'arma. La girò e neanche a farlo apposta puntò dritta verso di me. Ero spacciata, mi dissi. Dopo avermi fatto la solita domanda di rito, a cui risposi obbligo, lei si voltò verso un ragazzo che le sedeva poco distante. Iniziai a rabbrividire, era un energumeno grande e grosso. Incuteva decisamente terrore, anche se non pareva cattivo.

«Hunter sai cosa fare, mi raccomando...» ordinò come stesse parlando con il suo fido cagnolino. Le permetteva davvero di farsi trattare così?

Sbarrai gli occhi, non sapendo cosa fare. Di certo si poteva ben capire che quello non era un obbligo, stava barando deliberatamente. Le regole obbligavano me a fare qualcosa.

Josh si intromise a mia difesa, ma quel ragazzo fu così veloce ad alzarmi da terra che non ebbe neanche il tempo di parlare. Mi caricò sulla sua spalla, tenendomi saldamente per le gambe e si avviò verso la piscina.

Le sua mani su di me mi facevano avvertire un senso di nausea. Non volevo che uno sconosciuto mi toccasse in quel modo, stavo iniziando a sudare freddo dalla paura.

«Tyler!» strillai il suo nome vedendolo avanzare verso di me.

Ad un certo punto non sentii più le sue manacce su di me. Mi accorsi troppo tardi che stavo per finire in acqua. Un senso di ansia mi assalii in quel momento, ricordandomi che non sapevo nuotare. Non mi ero mai impegnata abbastanza per riuscire ad imparare e il mio passato di certo non aiutava.

L'impatto con l'acqua fu tremendo ed era così alta che non riuscivo restare a galla. I sandali che indossavo, insieme al copricostume mi appesantivano, portandomi sempre più a fondo. Non ero in grado di risalire.

L'aria nei polmoni iniziava a scarseggiare, sentivo la testa martellarmi sempre con più insistenza.

Come se non fosse già abbastanza, quando toccai il fondo della piscina, il vestito si impigliò nella montatura di un faretto. Ero in trappola. Più cercavo di divincolarmi per disincastrarlo, più mi sentivo debole e bisognosa d'aria.

*

Riaprendo gli occhi, sputai l'acqua che avevo ingerito. Avvertivo ancora quella sensazione di soffocamento chiudermi la gola. Una mano delicata mi aiutava, dandomi dei leggeri colpetti sulla schiena. Dovevo aver perso i sensi sott'acqua. Sentivo gli occhi e i polmoni bruciarmi.

Una voce lontana mi parlò con dolcezza, ma non capivo nulla di quello che mi veniva detto. Il mio cervello aveva iniziato a ricordare chi fosse la causa di tutto questo. I miei occhi cercavano la figura di quella stronza tra le persone, la individuai chiacchierare con alcune ragazze. Sorseggiava da un bicchiere come se fosse tutto tranquillo, come se non fosse successo assolutamente niente.

Mi alzai dal bordo della piscina, dove dovevano avermi adagiata una volta tirata fuori. Quella ragazza non poteva passarla liscia, avevo rischiato di perdere la vita affogando. Solo in un secondo momento mi sarei occupata di ringraziare chi mi avesse salvata.

Con tutta la rabbia che mi scorreva in corpo, mi diressi verso di lei. Arrivatale di fronte non dissi nulla, rimasi in silenzio a fissarla con occhi furenti. Sembrò non preoccuparsi minimamente di nulla, continuando a chiacchierare indisturbata. Io conoscendomi al suo posto l'avrei fatto.

«Soddisfatta ora?» chiesi con tutta la calma di cui ero capace. Non le avrei mai dato la soddisfazione di vedermi arrabbiata.

«Vederti affogare sarebbe stato uno spettacolo migliore...» rispose con arroganza. Quelle parole mi gelarono, ma era davvero in grado di augurare cose del genere ad una persona che conosceva a stento?

«Mi spieghi cos'è che ti ho fatto? Non ti capisco...» si alzò mettendosi a un centimetro da me, non indietreggiai di un passo. Cosa voleva fare? Cercare di spaventarmi forse? Non ci sarebbe riuscita neanche impegnandosi a fondo.

«Sai tu sei una persona inutile, se fossi annegata non sarebbe importato a nessuno! Doveva metterti in guardia tua madre sulla tua inutilità quando sei nata...» poteva insultarmi in ogni modo e non avrei reagito, ma aveva fatto l'errore più grande della sua vita pronunciando quell'ultima frase. La colpii in pieno volto, dandole lo schiaffo più forte che mi riuscii. Il forte impatto con la mia mano, le aveva fatto voltare la faccia di lato. Mi guardò meravigliata con la bocca aperta.

«Ringrazia che mi limiterò ad un solo schiaffo, capito? Ora ascoltami bene...» dissi a denti stretti. Cercai di fare un respiro profondo per calmarmi. «Non azzardarti mai più a rivolgerti a me in quel modo e non parlare mai più della mia famiglia, lo dico per il tuo bene! Se non vuoi problemi fai tesoro delle mie parole...» la misi in guardia. Se avesse continuato a parlare a vanvera in quel modo, non avrei più risposto delle mie azioni.

Girai i tacchi e me ne andai, lasciandola lì a riflettere sulle sue cattiverie gratuite.

Entrai dentro casa diretta verso la mia macchina, volevo andarmene il prima possibile da quel posto.

Qualcuno mi afferrò per le spalle e mi trascinò a se, avvolgendomi in un caldo abbraccio. Riconobbi Tyler dal suo profumo e dalle sue braccia forti, riusciva sempre a farmi sentire al sicuro. Solo allora crollai, lasciandomi andare ad un pianto liberatorio. I singhiozzi mi scuotevano tutta, non riuscivo a frenare le lacrime.

Dentro avevo una massa ingarbugliata di sensazioni contrastanti, la paura che avevo avuto non riuscendo a risalire in superficie, la gioia perché in fondo stavo bene anche se me l'ero vista brutta. Poi c'era la rabbia per quelle parole che non credevo di meritare. Aveva toccato un tasto troppo dolente per me. Non capivo da dove tirasse fuori tutto quell'odio nei miei confronti. L'avevo incontrata solo un paio di volte, era impossibile che avessi fatto qualcosa per provocarla.

Sentii il caldo abbraccio di Beth avvolgermi da dietro, anche lei piangeva ma in modo più sommesso. Le sue lacrime silenziose mi bagnavano la pelle. Restammo così tutti e tre abbracciati per un tempo che sembrò non finire mai, finché non sentii qualcuno schiarirsi la voce. Era Josh, feci segno anche a lui di unirsi a quel grande abbraccio.

«Hai rischiato la vita Elly, ma non piangere più. Stai bene e hai tante persone che ti vogliono bene accanto...» disse la mia amica per arginare quelle lacrime che non ne volevano sapere di fermarsi. Mi staccai dal loro abbraccio nel tentativo di asciugarmi il viso. Aveva ragione avevo rischiato di morire per l'azione sconsiderata di una ragazza stupida, ma in fondo potevo raccontarlo e poi l'affetto che leggevo nei loro occhi era impagabile. Mi sorrisero tutti e tre incoraggianti.

«Da oggi in poi non si azzarderà più a fare una cosa del genere. Penso che abbia imparato la lezione...» mi consolò Josh. Era soprapensiero, chissà cosa c'era nei suoi testa.

Brian entrò in casa dalla portafinestra, era completamente zuppo dalla testa ai piedi. Non azzardò neanche un passo verso di me, rimase lì in piedi in mezzo alla stanza. Aveva l'aria spaesata.

Mentre io stavo discutendo con la sua amichetta, lui aveva fatto tranquillamente il bagno? Era proprio da non crederci, ma come faceva ad essere così? Non riusciva mai una volta a prendere le mie parti, per rimettere al suo posto quella ragazza. Non capivo perché nonostante fosse nel torto, non dicesse una parola  per azzittirla. Ero arrivata a pensare che forse soffrisse di bipolarismo, poteva benissimo essere quello il suo problema.

«Come ti senti?» come mi dovevo sentire? Quello era tutto ciò che aveva da dire? Davvero non riusciva a trovare qualcosa di meglio? Non mi lasciai influenzare dal rammarico che leggevo sul suo volto.

«Io andrei...» dissi rivolgendomi a Beth, non me la sentivo più di restare. «Sono stanca, è stata una giornata troppo lunga da sopportare...» cercai di giustificarmi senza sapere perché lo stessi facendo. Ammettere il fastidio che provavo per il comportamento di Brian era del tutto fuori discussione.

«Vengo con te...» disse risoluta Beth, senza darmi altra scelta se non quella di farla venire con me. Salutai Tyler che mi strinse di nuovo forte, anche lui si doveva essere preso un bello spavento. Abbracciai anche Josh prima di andarmene. Loro due erano stati gli unici a fare qualcosa per me.

Uscii rapida dalla porta principale, non avevo alcuna voglia di salutare Brian che ancora una volta mi aveva delusa. Mi sentivo frustrata in una maniera mai provata prima.

«Aspetta!» mi sentii chiamare un attimo prima di salire in macchina. «Perché ti stai comportando così, cosa ho fatto?» domandò a bruciapelo con il fiatone, doveva essermi corso dietro.

«Non hai fatto proprio niente, ecco cosa hai fatto. Come al solito non hai mosso un dito, vai dalla tua amichetta ti starà cercando sicuramente...» in quel momento non avevo davvero voglia di guardarlo.

«Se volevo stare con lei, non ti sarei corso dietro! Voglio starti vicino come te lo devo spiegare...» non capivo perché pronunciasse parole di quel tipo e poi non agisse per aiutarmi. «Perché mi respingi ogni volta?» davvero aveva chiesto una cosa del genere? Non riusciva ad arrivarci da solo al perché? Lo facevo più intelligente.

«Mi adatto ai tuoi comportamenti...» dissi semplicemente. «Non vado a farmi il bagno mentre una mia amica sta annegando, tutto qua...» spiegai con tranquillità, mentre dentro sentivo un vulcano sul punto di esplodere.

«È questo quello che pensi di me?» domandò senza più neanche una parvenza di calma nella voce. Sembrava molto arrabbiato e anche deluso. Perché agiva in quel modo se non gliene importava niente di me? «È questo che pensi?» lo chiese quasi gridando. Mi stava spaventando, sembrava una furia. I suoi occhi saettavano su di me, con una furia che non avevo mai visto. Il mio riflesso incondizionato fu quello di portarmi le mani davanti al volto, come difesa. Troppe volte avevo usato quel gesto come protezione. «Non mi sognerei mai di farti del male, perché ora fai così...» ogni traccia di rabbia era miracolosamente sparita dalla sua voce. Ma non riuscivo a proferire neanche una parola.

«Lasciala stare, non sai nulla di lei. Ora basta!» si intromise Beth per porre fine a quella discussione.

Salii inauto senza girarmi a guardarlo neanche una volta. Quando anche la mia amica fusalita, misi in moto e partii un po' incerta.

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