Capitolo 5 The Memory PUB
Non cercare con lo sguardo la Lopez, è stato facile per Oliver.
Anche perché lei è stata assente fino a questo mercoledì pomeriggio.
Oliver ha così mantenuto la sua promessa di non guardarla, ma senza riuscire di togliersela dalla testa..
Perché non vederla in classe, l'ha portato a chiedersi più volte dove fosse.
Perché non è venuta.
Quali sono quindi questi problemi famigliari, da farla sparire per tre giorni scolastici.
È rimasto frastornato quando questa mattina Sofia lo ha avvisato che Emma lo aspettava al solito posto, il pomeriggio, per le ripetizioni.
Si è presentato in anticipo, trovandola già lì, indaffarata con gli appunti persi in questi giorni.
E non solo Oliver è stato freddo per tutto l'incontro, ma anche Emma è diventata indifferente, come se fossero tornati indietro al primo giorno.
Non hanno fatto ripetizioni, ma parlato della tabella di incontri.
Poiché entrambi hanno molti impegni.
Oliver con il football, per la vicina partita di inizio stagione.
Mentre Emma, in realtà non l'ha detto.
Si è limitata a dire che ha problemi famigliari, nulla di più.
Cosa nasconde la Lopez?
Perché è così assente, così distaccata?
Gli sono vorticate in continuazione queste domande nella mente.
Senza però dargli voce.
Limitandosi a scegliere il mercoledì, libero per entrambi.
E di decidere in futuro incontri extra in vista di verifiche o interrogazioni.
Dopo aver concluso la discussione, si sono semplicemente salutati con un "ci vediamo".
Prima di andare ognuno per la sua strada.
Quell'incontro freddo e informale, è rimasto addosso a Oliver per tutto il resto della giornata.
Persino ora, a tarda sera, in macchina con gli amici alla ricerca dell'avventura.
Quella ragazza non lascia i suoi pensieri.
I suoi amici ridono e scherzano, mentre lui in silenzio osserva fuori dal finestrino.
Osserva la gente camminare sui marciapiedi, continuando a cercarla.
Come se si aspettasse di trovarla davanti a sé, a camminare tranquilla con i due amici.
Ma volte il destino è davvero ironico.
Perché mentre cerca lei, si ritrova davanti a un locale.
Un pub.
The Memory PUB
Il locale dove lei lavora.
"Fermati Owen.
Fermati."
I due amici, preoccupati per il tono dell'amico, smettono di ridere, e Owen parcheggia la macchina a lato della strada.
"Ei amico, hai avvistato una bella gallinella?"
Gli chiede Rayan dal sedile posteriore.
Cercando di capire il turbamento dell'amico.
"Ho voglia di bere.
Andiamo lì."
Gli indica il locale, scendendo dalla macchina.
Lasciando i due ragazzi a guardarsi per qualche secondo.
Del tutto stupiti dalla decisione dell'amico.
Sono abituati a locali costosi e di lusso.
Non sicuramente a un bettola come questa.
All'interno la musica sembra vecchio stampo, mentre una fila di moto occupa tutta la facciata.
Scendono dalla macchina, affiancando Oliver, che finisce in fretta la sigaretta.
"Perché proprio qui amico?
Non sembra un granché."
Gli chiede Owen, senza però ricevere risposta.
Ormai Oliver è deciso a entrare lì dentro, sperando che Emma abbia il turno.
"Una birra e basta.
Non fate gli altolocati del cazzo."
Li prende in giro Oliver, sapendo di aver fatto segno.
Infatti i due amici lo seguono verso l'interno.
Non sono mai stati conforme alle regole del bon-ton, quindi odiano essere ritenuti tale.
Una volta superato l’ingresso sii fanno spazio tra la folla, senza attirare l'attenzione. grazie ai loro vestiti casual.
Si posizionano al bancone, dove un uomo di una certa età e spessore, è impegnato ad asciugare dei boccali da birra.
"Che volete?"
Gli chiede scocciato, lasciando i ragazzi spiazzati.
Abituati a tutt'altro trattamento.
"Si può avere un tavolo, o c'è solo servizio al bancone?"
Gli chiede Oliver, non digerendo il tono dell'uomo, che ora lo guarda malamente.
Senza che Oliver si lasci toccare, nonostante l'uomo davanti a sé è il triplo di lui, accettando lo sguardo di sfida.
L'uomo mettendo via il boccale, gli sorride divertito.
"Mi piaci ragazzo.
C'è un tavolo lì, ti mando qualcuno."
Gli indica con un ghigno un tavolo poco lontano.
Che i ragazzi raggiungono senza dire una parola.
Guardandosi intorno, curiosi dalle sembianze diverse dalle aspettative.
Il locale è molto diverso dall'esterno.
Pulito e oscuro, sembra un locale degli anni 90.
I mobili e il bancone sono interamente in legno, mentre le vetrate verso l'esterno sono colorate e raffigurano santi o angeli.
Sul soffitto, non ci sono lampadari classici, ma tante lanterne che danno un tocco di ospitalità al luogo.
Il pavimento è a piastrelle marroni a rombi.
E in fondo c'è anche un piccolo palco, dove una band suona musica vecchio stile.
Nel complesso il luogo sembra una vecchia tavola calda, piena di motocicli e uomini di una certa età, che sorseggiano birra e ascoltano musica.
Mentre le cameriere con una divisa, anche essa stile anni 90, girano tra i tavoli e il bancone.
Insomma molto diverso dall'idea di bettola che avevano i ragazzi.
"Che vi porto ragazzi?"
Distolgono lo sguardo dall'ambiente, per guardare la cameriera.
Che riconoscono subito.
"Non ci credo, la cheerleaders dai capelli rosa ci servirà?
Assomiglia molto ai film erotici che ho fatto su di te."
Parla Rayan, osservandola dalla testa ai piedi.
L’ha già vista con la divisa scolastica e quella da cheerleaders.
Ma questa, supera tutti i suoi sogni proibiti.
"Che ci fanno gli scapoli d'oro in questo luogo.
Vi siete persi?"
Incalza lei, portandosi la matita alla bocca.
Gesto che non passa inosservato a Rayan.
"O no mio amor.
È stato il destino a guidarmi da te."
Gli sussurra con voce roca, incastrando i suoi occhi in quelli della ragazza.
Che si piega sul bancone, trovandosi faccia a faccia con il bel tenebroso.
"Si chiama sfiga tesoro.
E se questi trucchetti funzionano davvero.
Ho pena delle malcapitate che ci cascano."
Si rialza tranquilla, godendo della facci scioccata di Rayan, che mai prima d'ora è stato bidonato così.
Benvenuto nel club, pensa Oliver.
Capendo finalmente perché Emma le è amica.
"Siccome il mio amico è caduto in depressione, ordino io per tutti."
Si fa avanti Owen, dando delle pacche consolatori a Rayan, ancora scioccato.
"Tre birre e qualcosa per spizzicare dolcezza."
Gli fa l'occhiolino, passandogli i tre menù.
"Arrivano subito ragazzi."
Quando la sente andare via.
Finalmente Rayan si riprende.
Guardandola attentamente sculettare via.
"Quella ragazza è eroina cazzo.
Di quella pura e pregiata."
È ormai abitudine per i tre ragazzi, paragonare una donna a una droga.
Erba, non è male.
Coca, molto buona.
Ma eroina, è tutta un'altra storia.
È una bomba di adrenalina nelle vene.
Ed è questo che prova Rayan, mentre guarda la ragazza tornare al tavola con i loro ordini.
"Se avete bisogno di altro, lanciate un fischio."
Gli dice, facendo l'occhiolino a Rayan, che subito prende la palla al balzo.
"E se volessi il tuo numero?
Saresti disponibile a darmelo."
Ormai è in crisi, e la bellezza ribelle della ragazza è la goccia che fa traboccare il suo auto controllo.
"No, ma capendo la tua disperazione, ti posso indicare il bagno delle donne.
Ci sono tutti i numeri che vuoi."
Ancora una volta se ne va, passandosi tra le labbra quella lingua biforcuta che si ritrova.
E Owen deve dargli un'altra pacca, questa volta con più forza, per farlo riprendere.
"Ti è andata male amico, quella non te la dà nemmeno se pagata a peso d'oro."
Eppure Rayan non vuole arrendersi.
Ha trovato la sua eroina, la sua dose pregiata, e non ci vuole rinunciare per nulla al mondo.
Intanto Oliver ha ascoltato lo spettacolino distrattamente, osservando più che altro le altre cameriere, solo per trovare lei.
Osserva ogni chioma, ogni viso, ogni paio di gambe che gli passano davanti.
Ma nessuna è lei.
"Bene.
Ora lasciamo spazio al pezzo forte.
Signori e signore, la nostra favolosa Emma, solo per voi."
Sentendo il suo nome, alza gli occhi verso il palco, dove il cantante sta lasciando spazio a lei.
A lei che sale lentamente sul palco, sostenendo una chitarra classica, molto consumata all'apparenza.
Un paio di ragazzi le posizionano uno sgabello davanti al microfono, facendole segno di accomodarsi.
Tranquilla si mette comoda, come sempre non mostrando nessuna emozione nei suoi occhi.
Seria e empatica, fa gli ultimi controlli alla chitarra.
"Questa è per voi."
Sussurra, prima di iniziare l'introduzione musicale.
Che Oliver riconosce subito.
Soprattutto quando viene accompagnata, dalla batteria alle sue spalle.
Nonostante la sua espressione empatica e fredda.
La sua voce emana tutto il dolore che emana questa canzone.
Ha una tale potenza, da creare il silenzio nella sala.
Persino i tre ragazzi sono rimasti immobili, gelati dalla sua voce.
Come gli altri presenti nel locale, pendono dalle sue labbra.
Le parole dure della canzone, fuse alla perfezione alla sua voce graffiante, le emozioni che riesce a condividere.
Anche se sono di disperazione e sconforto, ma vere e vissute durante una guerra qualunque.
E Oliver, per la prima volta in vita sua, guarda non limitandosi a vedere.
Osserva con cura gli uomini nella sala, mentre nelle orecchie il canto di Emma racconta di guerre, di bombe, di perdite a causa della guerra.
La voce raggiunge note alte e strazianti, che rubano un respiro a chiunque l’ascolti.
Parole di rabbia che si riflettono sugli uomini che Oliver sta osservando.
E sicuramente non sembrano più vecchi ubriaconi, ma parte essenziale di questa canzone.
Tutti alzano il bicchiere verso il palco, ringraziando silenziosamente la cantante per le sue parole.
Ed Emma mostra la sua freddezza mutare in fuoco, la sua indifferenza in pioggia che sfiora il suo cuore e si riversa su quelli degli altri.
Mentre Oliver osserva il bancone, o meglio dire, il retro del bancone, dove ci sono molte foto di gruppi militari.
In realtà il locale ne è pieno.
Foto, articoli di giornale, foto di uomini in divisa.
Ne becca una, che lo attira particolarmente.
Ci sono tre uomini vestiti da militari, con in mano dei fucili.
E gli sembra una illusione ottica quando uno dei tre personaggi, sembra la copia più giovane del barista.
Sposta lo sguardo dall'omone alla foto più volte.
Capendo che le due figure hanno un particolare in comune.
Una cicatrice sulla guancia.
Troppo precisa per essere una coincidenza.
L'uomo nella foto e il barista sono la stessa persona.
Intanto le ultime note risuonano nella sala e il suo canto non si mostra mai stanco, mai scivola o si arrende.
Finché la canzone finisce, senza essere applaudita.
Perché un silenzio vale molto più di un applauso, dopo una canzone del genere.
Non c'è rumore, se non un sospiro collettivo.
Un insieme di menti legate da un ricordo in comune, la guerra.
"Ci siamo sbagliati ragazzi.
Non è un bar di motociclisti."
Sussurra agli amici, mentre prende un lungo sorso di birra.
Ammettendo a sé stesso, che è la migliore di tutta Santa Barbara.
"È un locale per militari."
Conclude, davanti allo sguardo sorpreso dei suoi amici.
Owen rischia persino di strozzarsi con la birra.
Rumore che attira molti sguardi.
E non tutti positivi.
"Che cazzo ci fanno un gruppo di colletti bianchi in questo locale?"
Li indica un uomo robusto, con capelli lunghi e annodati, e una maglietta smanicata che mette in bella mostra un tatuaggio della marina.
"Colletti bianchi?"
Chiede Rayan, non avendo mai sentito queste parole.
Che per quanto possano sembrare innocenti, non nascondono un tono offensivo.
"Sta calmo William, sono miei compagni.
E non sono dei colletti bianchi, altrimenti non li avrei invitati qui."
Lo ferma Sofia, facendo l'occhiolino ai tre.
Che capiscono di tenere il gioco.
La osservano calmare l'omone, e sussurrargli qualcosa all'orecchio, che lo fa scoppiare a ridere.
"Ora capisco."
E continua a ridere l'uomo.
Tornando a discutere con il suo compagno di bevuta, ora senza più interesse verso i tre.
Che vengono raggiunti da Sofia, mettendosi comoda vicino a loro, con una sigaretta alla bocca.
"Cosa gli hai detto per convincerlo?
E cosa sono i colletti bianchi?"
Gli chiede Rayan, accendendo l'accendino davanti alla sigaretta di lei.
Molti nel locale stanno fumando, quindi deduce che non è vietato qui.
"In realtà non si è sbagliato.
Voi siete davvero dei colletti bianchi.
Figli di papa viziati, cresciuti con la camicia."
Risponde, sbuffando il fumo dal naso.
Cosa che Rayan trova terribilmente sbagliata quanto sexy.
"E perché rideva?"
Sofia sogghigna, ricordando perfettamente cosa ha detto al suo vecchio amico William.
"Gli ho detto che siete del corso di parrucchiere e moda."
Indica con la sigaretta i loro capelli e i loro vestiti.
E’ assurdo, per la prima volta sono loro che cozzano con il locale.
Assurdo.
"Insomma delle checché?"
Ringhia Oliver, offeso e ferito nel suo orgoglio da uomo.
Andiamo, con tutte le donne che si fa, è l'antigay per eccellenza.
"O quello, o vi avrebbero sbattuto fuori a calci in culo.
E metterti contro ex militari non è una favola."
Infondo Sofia ha ragione.
Oliver è forte, ma non contro più di venti uomini allenati ad uccidere.
E in più ha chiarito ogni suo dubbio.
Questo locale, mascherato da bettola per motociclisti.
È un punto di incontro per militari in pensione o in concedo.
Infatti non ci sono solo uomini di una certa età.
Ma anche uomini di trent'anni, con il classico aspetto da soldato.
E Oliver si chiede come ha fatto a non notarli prima.
Ah già, era troppo preso alla ricerca di Emma.
La stessa che è di nuovo scomparsa.
"È nel magazzino.
Arriva tra poco."
Gli sussurra Sofia all'orecchio, ridacchiando.
Ha notato come ha osservato la sua amica per tutta l'esibizione.
E forse si è dimenticata delle minacce che lei stessa gli ha fatto qualche giorno prima.
"Non so di cosa stai parlando."
Questa volta non è solo Sofia a ridere in risposta.
Ma anche i suoi amici traditori.
Davvero, che bei amici si è ritrovato.
"Come dici tu.
Allora non ti interessa che è proprio dietro di te."
Oliver casca in pieno nella trappola
Si gira di colpo verso il nulla, facendo scoppiare nuovamente a ridere i suoi amici.
Beccandosi di rimando di essere mandati a quel paese.
"EMMA.
EMMA."
Ok, magari Sofia ama prenderlo in giro.
Ma Oliver non si è appena immaginato la voce maschile, che continua a urlare il nome della Lopez.
Gira lo sguardo verso l'ingresso.
Dove trova un ragazzo ubriaco e poco lucido, che continua a cercare Emma ovunque con lo sguardo.
"Ti ho già detto di non presentarti qui ragazzo.
Soprattutto in questo stato."
Lo riprende il barista, uscendo dal bancone.
"Dov'è?
Dov'è lei?"
Urla il ragazzo, stringendo i pugni.
Continuando a guardare l'uomo più grande, con sfida.
"Vattene.
O chiamo la polizia."
Tutta l'attenzione della sala è sui due.
Che continuano a guardarsi in cagnesco.
"Va tutto bene Al, ci penso io."
Ed ecco l'oggetto di interesse del ragazzo alla porta.
E anche di Oliver.
Emma supera Al accarezzandogli il braccio per calmarlo.
Poi afferra quello dell'ultimo arrivato, spingendolo a uscire dal locale.
Senza nascondere quanto la presenza del ragazzo la innervosisca.
"Vado a prendere una boccata d'aria."
Avvisa Oliver, senza distogliere lo sguardo dalla porta.
Deciso a capirne di più di questa situazione da pazzi.
Gli amici, compresa Sofia, capiscono il suo vero obbiettivo.
E, avendo notato la poca lucidità di quel ragazzo, non ne sono dispiaciuti.
Così gli rispondono con un ok, seguendolo con uno sguardo finché non esce dal locale.
"Il vostro amico è in fissa con la mia.
Come la risolviamo?"
Chiede Sofia ai due, per poi bere dal boccale di Rayan.
Che non distoglie lo sguardo dalle sue labbra sporche di schiuma.
Sensualmente sporche.
"Che ne pensi di diventare la mia donna.
Così facciamo delle uscite a quattro, e risolviamo il problema."
Gli risponde Rayan, ormai deciso a conquistarla.
Ricevendo solamente un sorriso che sa molto di due di picche.
"Ei, e io che faccio?
Tengo doppia candela?"
Si intromette Owen, sentendosi tagliato fuori.
Tra l'amico che rincorre la Lopez, e l'altro che ci prova con la cheerleaders.
Lui non sa proprio che fare.
"Tranquillo Owen, il tuo amico andrà in bianco con me.
Quindi è tutto tuo."
Gli risponde Sofia, prima di finire in un sorso il restante del boccale, e tornare a lavoro.
Sotto le risate di Owen e lo sguardo divertito di Rayan.
Ormai deciso a domare quella bella bionda con le punta rose.
Intanto Oliver si è appoggiato al muro che fa da facciata al locale.
Sa che Emma e il ragazzo sono poco distanti da lui.
Abbastanza da non essere notato, ma abbastanza per sentire cosa si dicono.
" Non puoi presentarti qui quando vuoi, tanto meno ubriaco fradicio.
Io ci lavoro qui, e tu lo sai."
Gli urla contro Emma, ormai stufa dalle sue continue apparizioni sul posto di lavoro.
"Noi ci amiamo Emma.
Lo vuoi capire?
Non riesco a dimenticarti.
Non voglio rinunciare a noi."
Lui prova ad accarezzarle il viso, gesto che però lei spazza via con la mano.
"È finita, fattene una ragione.
E non per colpa mia.
Quindi vattene, prima che cambi idea e faccia intervenire Al."
Emma si allontana da lui, che però non sembra d'accordo.
Tanto da afferrarle con forza il polso.
"Tu non te ne vai, non abbiamo finito finché non lo dico io.
Chiaro?"
Dice l'ultima parola, stringendo con forza i denti.
Usando la stessa forza sul polso di Emma.
"Mi fai male.
Lasciami."
Oliver non può più rimanere in disparte.
Così, buttando la sigaretta ancora a metà, si avvicina velocemente ai due..
"Sei sordo?
Lasciala andare."
Richiama pienamente l'attenzione del ragazzo, che inizia a strattonare a sé Emma.
Ancora più incazzato di prima.
"E tu chi cazzo sei?"
Gli urla contro.
Per poi rivolgersi a Emma, che continua a lamentarsi per il dolore causato dalla presa sempre più stretta.
"Te la fai con lui vero?
Te lo scopi da quanto?
Da quanto mi tradisci?"
Gli urla contro, ormai sotto il controllo dell'alcol e della gelosia.
Emma, ormai in preda alla paura, gli pesta con forza il piede, facendo mollare la presa sul polso.
E Oliver non perde tempo e, con delicatezza, la tira dietro di sé.
"Stronza.
Questa me la paghi."
Ringhia il ragazzo, pronto a riprenderla.
Trovandosi davanti Oliver, alquanto infastidito dalla situazione.
"Togliti dai piedi figlio di puttana."
Ho detto che è infastidito?
Oh no, ora Oliver è incazzato nero.
Prendendolo dal colletto della maglia, lo alza a pochi centimetri da terra.
Ma abbastanza da vedere il suo viso sbiancare.
"Che cazzo hai detto?"
Gli chiede Oliver a denti stretti.
Sentendolo nella sua testa ancora quell'insulto.
Che sembrerebbe una cazzata, ma non per Oliver.
Non per lui che se le sentito dire spesso i primi tempi alle medie.
Quando i ragazzi più grandi lo insinuavano dicendo che la madre se n'era andata perché era una puttana.
Ma se a quei tempi lì affrontava anche prendendole, oggi non è cambiato nulla, se non la sua forza bruta.
È pronto a colpirlo con un pugno.
Quando una mano gli sfiora la spalla, facendolo fermare di colpo.
"Non sprecare tempo con lui, non ne vale la pena."
Gli dice Emma, cercando di tirarlo indietro verso di lei, volendo solo finire questa storia senza creare problemi a nessuno.
E Oliver sente come se il fuoco sotto pelle stesse per scoppiare per la rabbia.
Sente il desiderio di spaccargli la faccia, di fargli male.
"Fallo per me, ti prego."
Gli sussurra ancora Emma, aumentando la presa sulla spalla, gesto che stranamente inizia a calmarlo.
""Ha ragione lei ragazzo.
È solo un verme, non vale la pena finire nei guai per quello."
Questa volta è una voce maschile a richiamare la sua attenzione.
Al è dietro di lui, e guarda con odio il ragazzo terrorizzato, muovendo una mazza tra le mani.
"Il ragazzo se ne sta andando.
Vero?"
Intima verso il ragazzo, ancora tra le mani di Oliver.
"Si signore."
Sussurra con fatica, data la presa di Oliver sul collo.
Che piano piano viene lasciata, come se fosse faticoso lasciarlo andare.
Appena il ragazzo tocca terra, scappa via con la coda tra le gambe.
Ma Oliver preferisce distogliere lo sguardo, prima di cedere alla tentazione di seguirlo e massacrarlo.
"Mi piaci sempre di più ragazzo.
Per quanto riguarda te Emma, vai a casa.
Il tuo turno è finito da un po'."
Si posa la mazza sulla spalla, entrando nel suo locale, lasciando da soli i due ragazzi.
Lo sguardo di Oliver cade sul polso di lei.
Dove c'è già un segno violaceo e, da come Emma se lo tocca, sembra farle davvero tanto male.
"Ti accompagno a casa."
Gli dice Oliver, senza guardarla in faccia.
Preoccupato della reazione che lei potrebbe avere davanti ai suoi occhi ancora furiosi.
"No, io..."
Cerca di rifiutare Emma, ma Oliver la interrompe subito.
Costretto a mostrarle il suo sguardo.
"Non era una richiesta.
Ma un ordine."
Lei non risponde, limitandosi ad annegare in tutta quella rabbia.
Limitandosi a specchiarsi nelle emozioni di lui, come se fossero pregiate.
E lo sono.
Perché anche lui come lei, indossa un maschera di indifferenza al mondo.
Maschera, che ora giace ai loro piedi.
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