XXVIII
"Forse non sarei mai dovuto venire qui."
(T/n) non rientrava tra i suoi piani e non avrebbe dovuto coinvolgerla. Voleva tenerla lontana dal mondo dei villains e degli heroes, benché la loro intera società fosse basata sulla contrapposizione tra quelle due forze.
Lei non era né un villain né un hero, esattamente come la maggior parte dei civili, che si trovavano ininterrottamente minacciati dagli scontri tra coloro che esercitavano i loro poteri, che fosse legalmente o illegalmente.
Quanti civili aveva coinvolto da quando aveva assunto quella nuova identità? Non se lo ricordava con precisione. Un numero abbastanza elevato da disgustare una qualsiasi persona con una morale. E ricordava ancora la morale della (c/c). Se avesse confessato i suoi crimini, era già sicuro che sarebbe stato osservato con uno sguardo di disprezzo e delusione. Non voleva essere guardato così.
Sarebbe stata più che lecita una tale reazione. Lui stesso non sarebbe stato capace di negare quelle che erano le sue colpe.
Era stata una pessima idea incontrarla. Erano passati anni dall'ultima che l'aveva incontrata e pensava che ormai le loro vite avessero intrapreso strade opposte e che non fossero destinati a rivedersi. Infondo Touya era morto, come tutti credevano. Adesso si faceva chiamare Dabi, ma nonostante ciò era conscio che (T/n) non avrebbe mai adoperato quel nome.
Aveva agito impulsivamente e questo aveva messo in pericolo i suoi piani. Doveva ritenersi fortunato per il fatto che (T/n) non avesse avvisato le autorità. Non riusciva a comprendere perché la ragazza avesse agito in quella maniera. Ogni persona normale avrebbe dovuto comportarsi così. Nascondersi in un angolo, come un topo in trappola, cercando vanamente aiuto.
Sapeva anche che le persone normali, per quanto il concetto di normalità fosse labile, sarebbero state disposte a compiere follie per le persone a cui tenevano. Questo implicava che lei fosse ancora legata a lui?
Lui era ancora legato a lei?
Avrebbe voluto negarlo. Avrebbe dovuto negarlo. Avrebbe dovuto fingere che quei sentimenti infantili che aveva provato e tutt'ora provava per la sua più fedele amica non avessero valore. Considerava una sconfitta e una vergogna sentirsi ancora così legato a quel passato che avrebbe voluto dimenticare, ma che sapeva non lo avrebbe mai abbandonato del tutto.
Touya Todoroki non sarebbe mai morto veramente. Non finché qualcuno avrebbe continuato a ricordarlo. Non finché (T/n) lo avrebbe ricordato.
Avrebbe voluto odiarla. Voleva provare lo stesso odio che nutriva nei confronti di suo padre, ma non riusciva a costringersi a detestarla. Era l'emozione più intensa che avesse mai provato, fin da quando si erano incontrati per la prima volta.
Erano due ragazzini sperduti che non capivano quale fosse il loro luogo di appartenenza. Era stato Touya a intercettare lo smarrimento negli occhi della nuova compagna di classe, che non comprendeva appieno il giapponese. Forse approfittò di quella difficoltò per avvicinarsi a lei nel momento in cui nessun altro sembrava fare lo stesso. Si sarebbe sentito meno solo con qualcuno al suo fianco.
Se non avesse mai deciso di aiutarla, ora non sarebbe così combattuto. Aveva iniziato a vedere quella sua gentilezza come un errore. Voleva che fosse l'odio il suo unico legame con il passato. Non l'amore. Quei sentimenti lo avrebbero ostacolato.
Forse, andandosene senza avvisarla e scomparendo, sarebbe stata lei a odiarlo. Non avrebbe funzionato. Non erano bastati dieci anni a spingerla ad abbandonare la fiducia che lui fosse ancora vivo, per quanto fossero distanti.
Era caduto nella trappola tesagli dalla (c/c). Aveva percepito la presenza di qualcuno che lo osservasse, benché l'unica persona presente fosse Himiko Toga, la quale, divertita, lo aveva preso in giro a causa della sua immotivata paranoia. Himiko non gli confessò di aver sentito lo stesso brivido.
Era stato a lungo deluso dal fatto che (T/n) non avesse mai tentato di contattarlo utilizzando la propria unicità, ma proprio nel momento in cui aveva abbandonato quella speranza, lei si era ripresentata, tormentandolo.
Come avrebbe giustificato ai suoi colleghi la sua improvvisa assenza?
Non si fidava di loro ed era certo che anche gli altri nutrissero lo stesso dubbio nei suoi confronti. Non li considerava amici, erano alleati di cui avrebbe sfruttato i poteri per segnare la caduta di Endeavor. Non era interessato ad altro, ma non sarebbe stato in grado di raggiungere il proprio obiettivo se avessero deciso di escluderlo.
Eppure lui era stato così ingenuo da seguirla. Avrebbe semplicemente dovuto ignorare il tonfo causato dalla distrazione di una persona che evidentemente aveva problemi di mobilità. Sarebbe potuto essere chiunque, però lui aveva capito immediatamente di chi si trattasse. La stessa persona che lo aveva osservato poco prima, nonché l'unica che lui avesse mai incontrato che possedesse quel quirk.
Avrebbe dovuto tenerla lontana da Himiko. Non avrebbe permesso a quella folle di sfiorarla. In quel momento di irrazionalità sarebbe stato disposto ad abbandonare il suo status di membro dell'Unione dei Villains, pur di evitare che la (c/c) si ferisse.
Un'altra pessima idea. Himiko sembrava divertita dalla reazione di Dabi. A differenza del corvino, considerava i suoi compagni degli amici. Ed un'amica del suo amico, sarebbe stata anche una sua amica. Lui non era d'accordo e sperava che la bionda non avesse intenzione di bussare alla porta di (T/n). Non comprendeva la concezione di Himiko riguardo il termine "amicizia".
Era stata la preoccupazione a spingerlo in quell'appartamento così inospitale? O la nostalgia. Probabilmente entrambe.
Qualunque fosse stata la sua ragione, non avrebbe permesso che capitasse nuovamente. Non voleva che quei suoi sentimenti lo intralciassero.
"Dabi! Ce ne dobbiamo andare!" la figura minuta della bionda apparve di fronte a lui, un sorriso stampato sulle labbra.
"Toga?"
"Mi dispiace che tu non possa stare più a lungo con la tua amica, ma qualcuno ha avvertito le autorità della nostra presenza." commentò rattristita Himiko.
"Me ne sarei andato comunque."
"Che peccato! Avrei voluto raggiungerti volentieri, sembra una brava ragazza!" esclamò allegra la bionda "Perché non me la presenti? Pensi che potremmo diventare amiche?"
Dabi rimase in silenzio. Non avrebbe trovato assurdo se la (T/n) fosse diventata amica di Himiko. Era una brava ragazza, esattamente come l'aveva descritta la bionda ed era proprio questo ad allarmarlo. Non avrebbe abbandonato neanche una persona come Himiko, ne era certo. E questo era anche uno dei motivi per cui si era sentito attratto da lei come lo sarebbe stato una falena nei confronti di una lanterna di notte. Era la luce di cui aveva bisogno.
"Perché non rispondi? Come si chiama?"
"Si chiama (T/n) e non voglio che tu ti avvicini a lei." Dabi non aggiunse altro e Himo tacque per il resto del tragitto.
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