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Capitolo Trentatré

Teresa fissava davanti a sé con uno sguardo pressoché indecifrabile, forse a corto di parole dopo la lunga conversazione da poco affrontata.
Ultimamente nella Radura era stato un delirio, soprattutto per me, e non avevamo avuto molto tempo per confrontarci in merito alle ultime vicende.
Quel giorno l'opportunità della piccola pausa dopo il pranzo era stata colta immediatamente e ci eravamo isolate nei pressi del bosco per recuperare il tempo perso.
Avevo vuotato il sacco in merito a tutto ciò che mi era successo. Calcando la mano sulla confessione e sul bacio di Newt.
La mia migliore amica dapprima era rimasta in silenzio, ma poi mi aveva bombardata con un fiume di parole e di suggerimenti.
"Fallo penare ancora un pochino, giusto per impartirgli bene la lezione. Il resto si vedrà" mi aveva consigliato lei alla fine di tutto.
Io non ero molto convinta, ma in fondo non sapevo per quanto tempo sarei ancora riuscita a mettere a tacere i miei sentimenti.
Lo avevo rifiutato, era vero.
Lo avevo schiaffeggiaro, era vero.
Eppure non potevo negare di amarlo ancora e temevo di venire sopraffatta dal peso di tutto quello che provavo. Non volevo che i miei sentimenti offuscassero il mio razocinio e per questo ero sempre in tensione e sull'attenti.
Le porte che si chiudevano sempre prima e si aprivano sempre più tardi, inoltre, non aiutavano di certo a rilassarmi.
Nella Radura si respirava un'aria carica di tensione, ma sospettavo che prima o poi sarebbe arrivato il grande botto.
La ragione mi suggeriva di tenermi pronta in qualsiasi momento, perché dubitavo di avere ancora molto tempo a disposizione da passare in quello spiazzo di verde.
Molti radurai la pensavano così ed i velocisti non facevano altro che andare di qua e di là in preda all'agitazione. Minho e Thomas sembravano all'apparenza i più tranquilli, ma io notavo le loro facce preoccupate ogni volta in cui pensavano di non essere visti.
"Dobbiamo essere pronte, Teresa. Qui sta decisamente per succedere qualcosa e tutti l'hanno notato" dissi io, interrompendo quel fastidioso silenzio.
"Vedrai che l'umore generale oggi pomeriggio cambierà dopo l'arrivo settimanale delle provviste. Ogni volta che la Scatola viene su sono tutti felici e contenti" disse lei.
"Non bisogna abbassare la guardia. Sai cosa è successo ieri notte?" domandai io.
"Una Scacertola ti ha assalita nel sonno?" domandò lei, dandomi di gomito dopo aver notato la mia faccia contrariata.
Sapevo che scherzava, ma non ero molto in vena di ridere ultimamente.
"Mi sono svegliata e ho sentito freddo. Sai cosa significa questo?"
"Che non eri coperta?" domandò lei, mantenendo quel tono ironico.
"Non è questo il punto, Teresa. Il punto è che nella Radura è tutto immutabile, no? Non piove mai, non soffia mai il vento, non ci sono le stagioni e soprattutto non fa mai né troppo caldo e né troppo freddo. Ieri notte io avevo i brividi e non credo di essere l'unica ad averci fatto caso" le spiegai.
La sua espressione si rabbuiò di colpo, capendo che la situazione fosse più seria del previsto. La mia faccia era mortalmente seria e lei aveva messo da parte la sua voglia di sdrammatizzare.
Sospirò e si decise ad affrontare seriamente la situazione.
"Ne hai parlato con Alby?" domandò.
"Certo che ne ho parlato con Alby, ma lui non ha voluto ascoltarmi. Lui nasconde qualcosa te lo dico io, aveva uno sguardo strano... sembrava un animale diretto al macello" le spiegai.
"Non essere paranoica. È di Alby che stiamo parlando, cosa vuoi che nasconda?"
"Ti ricordo che Alby ha subito la mutazione. Si comporta nello stesso modo strano di Ben, Gally e tutti quelli che ci sono passati... loro sembrano terrorizzati. Come se la prospettiva di questo posto a rischio e di dover andare via li gettasse nella disperazione più totale."
Mi grattai una guancia pensierosa, pensando a tutti gli strani segnali che avevo visto nel corso dei giorni precedenti.
Ben lo avevo beccato la sera prima che si aggirava per la Radura in solitudine e aveva blaterato qualcosa sul bisogno di restare qui a tutti i costi, ma poi si era paralizzato notando che stava parlando un po' troppo. Per poi mollarmi lì come una scema.
Alby non faceva altro che liquidare bruscamente tutti quelli che andavano da lui a chiedere spiegazioni.
Mentre Gally... beh lui era sempre burbero e strano come al solito, anche se nei suoi occhi iniziavo a notare una luce diversa, proprio come quella degli altri due.
C'era qualcosa che mi sfuggiva in tutta quella faccenda. Qualcosa di troppo grande per me.
Avevo bisogno di parlare con Minho e Thomas di tutta la questione, per capire il loro punto di vista.
Il bisogno di trovare una via di fuga non era mai stato così urgente. Nei giorni passati li avevo spronati ad indagare di più sulla Scarpata e sulla sparizione misteriosa di quei Dolenti e loro avevano provato a buttare di sotto dei piccoli sassi... ma si era rivelato tutto vano.
La sera prima mi avevano anche permesso di sgusciare di nascosto nella stanza delle mappe per osservare la planimetria del Labirinto, ma non ci avevo capito un granché e il tutto si era solo rivelato un altro buco nell'acqua.
"Senti, io inizio ad avviarmi dai costruttori oppure Gally mi uccide. Il ritardo non lo tollera nemmeno da me" le spiegai, mentre mi alzavo e spolveravo via la terra dai miei jeans.
Lei annuì semplicemente in risposta e io mi allontanai.
Strada facendo incrociai sul mio percorso Newt, ma io proseguii senza prestargli attenzione e lui fece altrettanto. Forse desideroso di rispettare i miei tempi o semplicemente troppo imbarazzato dopo la sua recente confessione.
Tra un pensiero e l'altro avevo trovato anche un po' di tempo per pensare a lui ed a tutto quello che era successo. Avevo deciso di non accettare i suoi sentimenti per me, ma avevo deciso di parlargli in merito a sua sorella.
Le acque tra di noi erano agitate, ma lui meritava di sapere. Ne andava del mio onore.
Io al posto suo avrei voluto sapere una notizia del genere, quindi non potevo semplicemente fare finta di niente e ignorare la cosa.
Andava contro i miei principi.
Raggiunsi i costruttori e Gally mi rivolse un sorriso che più tirato non si poteva.
Avrei tanto voluto poter parlare anche con lui, ma non volevo metterlo di nuovo a rischio. L'esperienza dell'autostrangolamento fuori la Gattabuia mi era bastato per far declinare ogni mia intenzione di strappargli altre confidenze.
Non potevo mettere così a repentaglio la sua vita, sarei stata una pessima persona e una pessima amica.
Quel giorno lavorai un po' con la testa tra le nuvole, ma il biondo sembrò chiudere un occhio davanti la faccenda.
A volte era davvero troppo buono con me e iniziavo a credere di non meritarmi tutti quei favoritismi.
Continuai a tenere lo sguardo fisso sulle porte che davano al Labirinto ogni volta che ne avevo l'occasione e mi tirai su solo quando i velocisti rientrarono, ancora più presto del giorno prima per paura di restare chiusi dentro.
Gally ci liquidò proprio in quel momento e ci mandò via, ringraziandoci tutti per il lavoro di quel pomeriggio. Rivolsi un cenno di saluto al ragazzo e mi allontanai, decisa ad appostarmi fuori la stanza delle mappe per parlare con Minho e Thomas il prima possibile.
Volevo verificare con loro il significato dei momenti di freddo pungente della notte prima, visto che apparentemente nessun altro sembrava aver notato la cosa.
Avevo evitato di sbandierare la cosa in giro per non scatenare sentimenti di panico, ma avevo tenuto le orecchie ben tese per tutto il giorno. Non era arrivata nessuna frase strana da nessuna parte.
Mentre camminavo iniziai a sentire la sirena annunciare la risalita della Scatola e sorrisi notando le persone che si stavano già raggruppando lì desiderose di mettere le mani sugli arrivi di quella settimana. Quando si trattava di rifornimenti l'umore generale era sempre molto alto.
Dopo qualche secondo dei versi indignati ed un forte brusio iniziarono a diffondersi da quella direzione e incuriosita cambiai traiettoria, desiderosa di vedere con i miei stessi occhi il motivo di tanto baccano.
Quando arrivai, facendomi a fatica spazio tra la folla, la sorpresa di vedere la Scatola completamente vuota mi fece sbarrare gli occhi e trattenere il fiato.
Non c'era l'ombra nemmeno di una misera scatola e uno spalatore era lì in piedi con un bigliettino di carta tra le mani, apparentemente l'unica cosa portata su dalla Scatola.
"Allora Isaac... cosa c'è scritto?" domandò un altro ragazzo, fissando quello fermo in piedi e bianco come un lenzuolo.
Lo spalatore alzò lo sguardo con l'espressione più terrorizzata che avessi mai visto in tutta la mia vita.
Mandò giù la saliva e si leccò le labbra aride prima di parlare con voce tremolante.
"Dice: stiamo arrivando."

TADAN
Sì, lo so. Sono una persona orribile.
Concludo sempre i capitoli così perché sono sadica. No okay... la verità è che trovo la suspense davvero meravigliosa ed è una cosa che mi prende molto. Non sono soddisfatta quando un qualcosa si chiude con tutte le risposte, perché a me piace poter immaginare cosa succede o arrabbiarmi.
L'attesa rende tutto migliore.

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