Capitolo Trentanove
Dedico questo capitolo a te, proprio a te, che stai leggendo.
Il fiore secco davanti a me sembrava rispecchiarmi perfettamente.
Mi sentivo esattamente allo stesso modo.
Ero praticamente una specie di relitto ambulante.
Le porte non si aprivano da sette giorni e l'umore non era mai stato così basso.
La Radura era una trappola da molto tempo, ma prima c'era la speranza del Labirinto e di una possibile via di fuga. Adesso non ci restava nemmeno più quello.
Il panico aveva rischiato di dilaniare più volte, ma Alby e Newt avevano sempre preso in mano la situazione in tempo.
Fin da subito era stato chiaro che la necessità primaria fosse quella di razionare le risorse rimaste. Con la Scatola che all'apparenza non avrebbe mai più portato niente e tutte quelle bocche da sfamare l'urgenza era tanta.
La sera prima avevo beccato Frypan, Winston e Newt parlare. Discutevano su quanti giorni ci restavano prima di restare senza più niente da mangiare.
Contando gli animali che ci restavano e gli ortaggi che potevamo coltivare si parlava di non più di due mesi. Ovviamente con razionamenti ferrei.
Avevano smesso di parlare non appena mi avevano notata lì ferma ad ascoltare ed io semplicemente me ne ero andata. C'era già abbastanza sofferenza da affrontare.
Da ore ormai mi dondolavo sulla mia amaca senza nessuna intenzione di dormire e gli occhi gonfi dalle lacrime. Pensavo a Teresa in ogni minuto.
Sentii dentro di me l'impellente bisogno della presenza di Newt e, dopo una lotta interiore sulla necessità o meno di quell'incontro, mi decisi ad alzarmi per raggiungere il suo giaciglio.
Nella Radura il clima non era più così mite come una volta e quindi mi premurai di indossare scarpe e felpa prima di incamminarmi. Mi trascinai anche sottobraccio la mia coperta.
Raggiunsi l'amaca di Newt a passo felpato e non mi sorpresi per niente nel trovarlo sveglio.
In pochi ormai di questi tempi potevano vantare molte ore di sonno.
Mi fermai esattamente davanti a lui e il ragazzo si affrettò a mettersi seduto, senza premurarsi di nascondere la sua sorpresa. Vedermi piombare da lui nel bel mezzo della notte non era di sicuro tra le dieci cose più scontate della settimana.
Vederlo lì, davanti a me, con gli occhi leggermente lucidi dal sonno e l'espressione triste lo fece apparire con meno degli anni che normalmente dimostrava. Sembrava il ragazzo che era venuto spesso a trovarmi nei miei ricordi. Quello più piccolo e innocente.
Prima di rendermene conto mi ero rifugiata tra le sue braccia e lo stavo stringendo a me come mai avevo fatto prima di quel momento.
Dopo l'attacco della settimana prima avevo cercato di limitare i contatti fisici, per timore di restare scottata dalla portata di ciò che provavo, ma oramai ero arrivata al punto di rottura.
Io avevo bisogno di lui, come lui di me.
Inutile negarlo o girarci intorno.
"Stai bene?" mi domandò lui, senza tuttavia tirarsi indietro dal ricambiare la mia stretta con la stessa urgenza.
"Non lo so" risposi semplicemente io.
Lui sospirò e prese ad accarezzarmi la schiena con fare rassicurante.
"Ti va se andiamo da qualche altra parte?" domandò lui pochi secondi dopo, forse per fuggire dagli sguardi indiscreti di possibili radurai ancora svegli.
'Qualche altra parte' stava sicuramente per 'Torre' e decisi di non tirarmi indietro.
Era quello il luogo a cui, più di ogni altra cosa, sentivamo di appartenere. Era il nostro porto sicuro in mezzo a quell'unico angolo di mondo a noi conosciuto.
Ci limitammo a camminare fianco a fianco nell'oscurità. Lanciando di tanto in tanto uno sguardo alle persone messe di guardia per la ronda notturna (una necessità di questi tempi) e rabbrividendo ad ogni contatto involontario.
Anche solo sfiorarci ora come ora era difficile da gestire e non smettevo mai di sorprendermi per l'intensità di ogni singolo momento.
Arrivati davanti alla familiare scala a pioli ci fermammo e Newt mi lasciò andare per prima, mostrando quel lato cavalleresco che mi aveva sempre divertita.
La Torre pullulava di ricordi e quel fiume di momenti mi travolse in tutta la sua intensità.
Il ragazzo mi lasciò un minuto di tranquillità per riempirmi i polmoni di brezza notturna e per liberarmi di quel sospiro che covavo dal primo scalino.
"Avevi bisogno di parlarmi?" chiese lui.
"Qualcosa da dirti ce l'avrei, ma non è un discorso facile da intavolare" spiegai.
Quella notte ero decisa a vuotare il sacco in merito a sua sorella, dovevo solo raccogliere il coraggio necessario.
"Ti va se intanto ci sediamo?" propose lui.
Gli diedi la mia risposta buttandomi la coperta sulle spalle e occupando il posto che ero solita prendere in passato. Lui mi imitò, tuttavia mantenendo più distanza del solito.
Mi stava dando lo spazio che precedentemente avevo dimostrato di volere, solo che ora non ero più tanto sicura di desiderarlo.
Passai qualche minuto a spiarlo con la coda dell'occhio, senza perdermi nessun dettaglio del suo profilo perfetto, e mi impensierii notando i brividi di freddo sulle sue braccia.
Mi sentivo talmente egoista, avvolta com'ero nella mia calda coperta, che mi venne spontaneo chiedergli: "Vuoi venire qua sotto anche tu?"
Lui mi fissò con un misto di sorpresa e sospetto, prima di scivolare al mio fianco.
Mi premurai di avvolgerlo bene nella coperta e di placare i battiti del mio cuore.
Mi sentivo ridicola in quel momento e ancora di più quando sussultai percependo il suo braccio avvolgermi la vita.
Nella mia mente avevo preparato tutto un bel discorsetto, eppure la mia bocca sembrò sconnettersi dal cervello e dimenticare tutto.
"Tu hai una sorella, Newt" mi lasciai scappare.
Notai lo shock dipingersi sul suo viso e mi affrettai a spiegare tutto, senza tralasciare il benchè minimo dettaglio.
"Accidenti. È un bel po' di roba da digerire. Da quanto tempo lo sapevi?"
"Da qualche settimana, solo che non trovavo il momento giusto per parlartene" spiegai.
Il suo sguardo vagò per qualche minuto su un punto indefinito delle mura, forse cullato dal calore di avere all'improvviso qualcuno da poter chiamare 'famiglia'.
"Credi che lei stia bene?" domandò lui poco dopo.
"Ne sono sicura, Newt. Mi dispiace non esserti più utile di così, vorrei poter ricordare altro" dissi.
Newt mi strinse un po' più forte a sé ed io finalmente mi lasciai andare, poggiando la mia testa sulla sua spalla.
Chiusi gli occhi a quel piacevole contatto e mi crogiolai nel calore di quella vicinanza ritrovata.
Come avevo fatto a sopravvivere così tanto tempo senza Newt al mio fianco?
Se provavo a pensarci proprio non riuscivo a capacitarmene.
Ero stanca di fuggire da me stessa, stanca di fingere di non importarmene minimamente.
Mi discostai solo percependo da un po' troppo tempo il suo respiro sulla mia nuca.
Fu difficile per me non sobbalzare davanti ai suoi occhi puntati nei miei. Non tanto per la vicinanza, ma piuttosto per ciò che stavano comunicando.
Ero davvero pronta per tutto l'amore che ci leggevo dentro?
La risposta arrivò da sola: sì, lo ero.
Fu questo pensiero a permettermi di restare ferma quando le dita di Newt corsero ad accarezzare il profilo della mia guancia.
"Credo che adesso ti bacerò" sussurrò lui.
Non c'era arroganza nel suo tono. Piuttosto era il suo modo per permettermi di discostarmi.
"Non se lo faccio prima io" mi ritrovai a rispondere.
Solo una settimana prima avevo posto dei paletti tra me e lui.
"Per ora amici." Ecco cosa avevo detto.
Eppure fu inevitabile per me poggiare le mie labbra sulle sue e fu inevitabile per lui stringermi contro il suo corpo come se ne dipendesse della sua stessa vita.
Avevo smesso di fuggire.
Finalmente ero libera.
TADAN
Ho amato particolarmente scrivere questo capitolo. È uno di quei momenti in cui prendi un pezzo della tua anima e lo racchiudi dentro qualcosa.
Avete appena letto una parte di me.
Inutile dirvi la mia felicità davanti alle 17k di letture superate.
Vorrei davvero fare di più per dimostrarvelo. Ad esempio pubblicando più spesso o creando capitoli migliori.
Io giuro che ci provo, ma non riesco a superare i miei limiti.
La verità è che sono anche un po' codarda. Ho paura di cadere nella monotonia, ho paura di vedere i miei lettori annoiarsi e mandare al diavolo la mia storia o semplicemente di non avere il talento per scrivere.
Proprio per questo ogni stella o ogni lettura rappresenta per me qualcosa che va oltre ogni vostra immaginazione.
È il vostro modo per dirmi che non sono un totale disastro.
Il mio modo per ringraziarvi è mettere tutta me stessa in ciò che faccio, anche se con i miei tempi e le mie paure.
Non sarò sicuramente la persona più brava del mondo in quello che faccio, ma ci metto il cuore. Tutto questo per merito vostro.
Grazie, vi amo.
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