Capitolo Trentacinque
Il Casolare era pieno zeppo di persone come mai l'avevo visto in quasi tre mesi passati nella Radura. Le stanze erano piene di radurai e tutti erano chiusi nella dolce illusione di essere al sicuro.
Relativamente ogni ragazzo manteneva la distanza dall'altro o almeno cercavano di dare quell'illusione. Il desiderio di contatto e di rassicurazione era tangibile e lo si poteva vedere dalle ginocchia che casualmente sfioravano quelle del vicino. Era assurdo voler conservare la propria dignità da maschio alpha anche in situazioni del genere, quando era chiaro che chiunque lì avrebbe pagato per un abbraccio di conforto o per qualche frase carica di speranza.
Si respirava un'aria strana e sgradevole nella stanza. Un misto di sangue, lacrime e sudore.
Se la paura avesse potuto assumere un odore allora sarebbe stato sicuramente quello.
Teresa stringeva forte la mia mano destra e i suoi grandi occhi blu mi fissavano. Erano attraversati da diverse emozioni.
Leggevo chiaramente la paura di non farcela, l'ansia e la consapevolezza di una possibile morte imminente, ma cosa più importante riuscii a leggerci dentro qualcosa di più importante: la speranza.
Finché c'era quella nulla sarebbe stato del tutto perduto.
Un forte scossone investì la parete frontale del Casolare e notai diversi ragazzi trattenere un evidente urlo soffocato. Non c'erano eroi in quel momento, solo persone che supplicavano di poter trascinare ancora per un po' le loro vite.
Teresa strinse con ancora più vigore la mia mano e mi voltai verso di lei. Il suo viso celava una silenziosa domanda: "Perché ci stanno facendo questo?"
Io ne sapevo meno di lei e mi limitai a fissarla con lo stesso smarrimento.
Un altro scossone colpì la struttura, forse a opera dello stesso Dolente di poco prima, ma non potevo esserne sicura. Valutai la possibilità che ne fossero arrivati degli altri lì davanti e mi tappai le orecchie, come per cercare di mettere a tacere i pensieri negativi che si stavano accavallando contro il mio volere nella mia mente. Non li sopportavo più, mi stavano facendo impazzire.
Intercettai lo sguardo preoccupato di Newt sopra di me e per un secondo mi balzò la malsana idea di mandare tutto al diavolo per correre tra le sue braccia.
In una situazione così disperata era lecito pensare ancora al proprio onore? O forse avrei dovuto mandare all'aria la rabbia e cogliere l'opportunità?
L'idea mi allettava, ma le mie gambe si rifiutavano di muoversi. Forse era meglio così.
Mi tappai le orecchie più forte, percependo l'ennesimo urto e sobbalzai quando due braccia mi circondarono cariche di disperazione.
La chioma bionda di Newt mi solleticava la fronte e restai per qualche secondo ferma a boccheggiare.
Doveva aver avuto la mia stessa idea e anche il coraggio per metterla in atto.
"Lo so che non me lo merito... ma se proprio devo morire voglio farlo con la consapevolezza di averti tenuta tra le braccia per un'ultima volta. Permettimi almeno questo e me ne andrò felice, se arriverà il mio momento" mi sussurrò all'orecchio, scostando le mie mani da lì.
Il mio orgoglio mi urlava contro di mantenere salde le mie posizioni, ma in quel momento non me la sentii di ascoltarlo e lo mandai al diavolo. Lasciai al ragazzo la libertà di circondarmi con le sue braccia, senza tuttavia avere il coraggio di fare lo stesso.
Quella sensazione mi era mancata da morire, ma non l'avrei mai ammesso a voce alta, mai.
Una mano di Newt corse tra i miei capelli, mentre l'altra restò sulla mia schiena allo scopo di avvicinarmi di più a sé. La mia testa finì sulla sua spalla e per qualche secondo mi dimenticai di tutto il resto.
Non sentivo più la paura irradiarmi il petto e la testa, non sentivo più i lamenti delle persone ferite attorno a me, né tantomeno le preghiere di chi temeva per la propria esistenza. Sparì tutto.
Tornai alla realtà solo quando un colpo, più forte dei precedenti, fece tremare tutta la struttura. Non sapevo per quanto ancora avrebbe retto.
Newt percepì chiaramente il modo in cui ero sobbalzata e mi strinse ancora più forte, riaccostando di nuovo la sua bocca al mio orecchio.
"Dovranno passare sul mio cadavere prima di poter anche solo pensare di toccare te" bisbigliò, causando un'irrefrenabile serie di brividi lungo la mia schiena, accarezzata già da un po' dalla sua mano destra.
Era quello il ragazzo di cui mi ero innamorata, esattamente quello. Il mio cuore, che credevo di aver sedato definitivamente per un bel po', tornò timidamente a battere più forte, proprio come in passato. Mi vergognai leggermente della cosa e mi spaventò quasi più dell'ennesimo colpo, questa volta a spese della parete più a sud.
"Di questo passo a breve entreranno" disse una voce tra la mischia. Il panico crebbe ancora di più nell'immediato e io decisi di gongolarmi ancora per un po' nella sicurezza che le braccia del biondo mi davano.
"Non ascoltarli" mi consigliò lui, baciandomi dietro l'orecchio con una delicatezza inaspettata.
Normalmente lo avrei scacciato senza ombra di dubbio, ma in quelle circostanze non me la sentivo. Potevano essere i miei ultimi minuti di vita e se proprio dovevo morire volevo passarli tra le braccia del ragazzo che amavo.
Non volevo andarmene carica di rimpianti.
Le mie dita si strinsero incerte sul bordo della sua maglietta, ma non decisi di spingermi oltre. Era già abbastanza per me.
I colpi diventarono sempre più insistenti e, mentre le urla crescevano, una parete cedeva sempre di più. Man mano che il materiale cadeva la gente nella struttura urlava e si agitava con maggiore intensità.
Minho decise di assumersi la responsabilità di gestire l'imminente contro attacco e intimò a tutti di alzarsi e preparsi allo scontro, impugnando immediatamente tutte le armi disponibili.
Newt fece per staccarsi, ma prima si avvicinò di nuovo al mio orecchio.
"Ricorda che ti amo" mi disse, lasciandomi senza fiato.
Non risposi e mi limitai ad alzarmi, cercando di recuperare la mia lancia e un po' di contegno. Ne avevo disperatamente bisogno.
La prima tenaglia superò la parete e il materiale di rinforzo, messo da Gally e gli altri costruttori, e fu accolto con urla e colpi di lancia.
La bestia la ritrasse adirata e sfondò un altro punto del muro, mentre un altro suo simile prendeva il suo posto nella prima apertura creata.
Sentii qualcuno urlare e mi voltai giusto in tempo per vedere un ragazzo in balia di un Dolente. Non avrei mai dimenticato la sua faccia disperata mentre veniva trascinato via.
Newt era ancora affianco a me e urlò qualcosa sul bisogno di allontanarsi da lì, che non afferrai del tutto. Era difficile capirsi con tutte quelle urla e quel fracasso.
Il ragazzo aprì di nuovo la bocca per parlare, ma non restai abbastanza tempo da scoprire la natura della sua frase.
L'unica cosa che percepii fu il freddo di un braccio meccanico attorno al mio corpo e l'aria che sferzava sul mio viso. Qualcuno urlò il mio nome e qualche raduraio coraggioso tentò di trattenermi per le braccia, ma era troppo tardi e il Dolente era troppo forte. Vinse lui.
L'essere mi catapultò fuori dalla struttura e feci appena in tempo a scorgere uno squarcio di erba prima di essere brutalmente lanciata contro la parete del Casolare di fronte a me.
Il Dolente tirò immediatamente fuori uno strano arnese che assomigliava a una sega circolare e strabuzzai gli occhi alla vista dell'arma.
La mia vita stava forse per finire in modo così misero? Stroncata da un maledetto ragno deforme?
La creatura caricò verso di me e riuscii a scostarmi appena in tempo, ottenendo solo un graffio sul braccio. L'adrenalina mi impedì anche di sentire il dolore e mi concentrai solo sul nuovo attacco.
Schivai anche quello per miracolo, cadendo in una posizione troppo svantaggiata per un ulteriore scarto. Non avrei potuto sottrarmi tanto facilmente da un altro attacco.
Il Dolente cercò di attaccare un'altra volta, ma prima di potersi muovere si beccò in pieno una lancia esattamente in mezzo agli occhi.
Non abbastanza profondamente da ucciderlo, ma abbastanza da farlo contercere a terra in preda alle urla di rabbia.
Quando mi voltai mi ritrovai il volto di Newt e le sue braccia che mi aiutavano a rialzarmi.
"Te l'ho detto: dovranno passare sul mio cadavere prima di poter anche solo pensare di farti del male" disse, tirandomi su con un unico strattone. Lo guardai affascinata e piena di riconoscenza.
Aveva fatto tante cose sbagliate in precedenza, ma adesso aveva rischiato la vita per salvarmi e non potevo restare indifferente alla cosa.
I miei tentativi di ringraziamento furono interrotti da una serie di sibilii e il solo pensiero dei serpenti giganti che avevo visto poco prima bastò per convincermi ad allontanarmi da lì.
"Scappiamo" consigliai, notando altre persone abbandonare il Casolare. Ormai reso quasi del tutto inservibile. Era diventato solo una trappola per topi.
Newt non si fece ripetere per due volte la richiesta e prese a correre verso i boschi, tenendomi stretta per la mano.
"Ti proteggerò a costo della mia vita, stanne certa" mi disse, senza smettere di correre con me al seguito.
Mi sentii al sicuro.
TADAN
Capitolo da diabete, ma ogni tanto ci vuole no?
Prima di tutto un'informazione di servizio... pensavo di tagliarla di più per le corte, ma a quanto pare verrà fuori qualche capitolo in più del previsto. Ne avevo previsti 5-6 in meno, ma pazienza. Finché la barca va la lascio andare.
In secondo luogo siamo a 8,99k di letture, praticamente a 9k, e la cosa per me è wow.
Grazie davvero a tutti voi per aver permesso alla storia di raggiungere un altro traguardo.
Siete meravigliosi. Tutti quanti.
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