Capitolo Trenta
La Radura era silenziosa quella notte, di un silenzio quasi grottesco; rotto solo da qualche raduraio che si rigirava nella propria amaca ed occasionalmente dal Labirinto che cambiava.
Immaginavo diversi scenari nella mia mente.
Kayla che correva inseguita.
Kayla fatta a brandelli in un cunicolo.
Kayla che correva come un topo in trappola.
Rivedevo me nelle medesime situazioni e riuscivo quasi a percepire la sua stessa paura sulla mia pelle.
Mi ritenevo un'ingenua, ma non potevo fare a meno di provare pena per lei.
Doveva essere davvero una persona infelice per arrivare a tanto e finire in un modo così orribile. Non auguravo a nessuno quel destino, era terribile essere esiliati.
Avevo sperimentato su me stessa il terrore del Labirinto, la paura di essere presi da un momento all'altro, il suono orribile delle zampette dei Dolenti che ticchettavano sul pavimento di pietra e la puzza fetida della morte che sembrava investirti sempre di più passo dopo passo.
Mi sembrò di iniziare a sentire le sue urla rimbombare nella mia testa ed il rumore della sua carne che veniva strappata e fatta in tanti piccoli pezzettini. Poco dopo il caos diventò assordante e le urla che sembravano partire dalla mia coscienza mi invasero pienamente.
Mi sollevai dall'amaca pigiando forte sulle mie stesse orecchie.
Non è colpa mia.
Non è colpa mia.
Non è colpa mia.
Continuavo a ripetermi come un mantra nella mia testa, nella speranza che potesse cancellare via quelle urla.
Non è colpa mia.
Non è colpa mia.
Non è colpa mia.
Il suono iniziò ad affievolirsi e poggiai i piedi a terra, sussultando leggermente quando i primi fili di erba mi solleticarono i piedi.
Indossai in fretta e furia le scarpe e mi allontanai dalla zona notte, finalmente decisa a scambiare quattro chiacchere con Henry.
Il ragazzo avrebbe dovuto passare circa due settimane nella Gattabuia ed era stato fatto uscire solo per guardare l'esilio di Kayla, come monito per scoraggiarlo dal compiere altre azioni immorali in futuro.
Mi era stato proibito di avvicinarmi a lui fino alla fine della condanna, ma non potevo trattenere la mia curiosità. Ci sarebbe stata una guardia a sorvegliarlo giorno e notte, ma se il livello di sicurezza era lo stesso del mio periodo di reclusione potevo stare tranquilla.
La maggior parte degli insaccatori che mettevano di guardia erano dei tali idioti, l'unico con del sale in zucca era Darw... ma lui ormai era mio amico e mi avrebbe fatta passare senza fare troppe storie.
Arrivata in prossimità della Gattabuia trovai Johan, il tizio grasso ed antipatico che aveva sorvegliato anche me e mi aveva accompagnata per la punizione, che dormiva contro un albero. Era una delle guardie peggiori e mi scappò un sorriso quasi diabolico.
"Idiota" sussurrai tra me e me, avvicinandomi alla cella di Henry.
Trovai il ragazzo raggomitolato in un angolo e fui costretta a strizzare gli occhi per vederlo bene.
Henry si avvicinò lentamente a me, riconoscendomi quasi immediatamente, e la luce lunare mi rivelò il suo viso leggermente più scavato rispetto a prima della prigionia e le terribili occhiaie nere sotto ai suoi occhi.
"Tieni" gli dissi, lasciando scivolare tra le sbarre una fetta di pane col formaggio che mi era stata data da Frypan dopo diverse preghiere.
Il ragazzo guardò con tanto di occhi il cibo e iniziò a mangiarlo, ringraziandomi morso dopo morso. Lo osservai mangiare avidamente per due minuti circa, senza smettere di guardare con la coda dell'occhio Johan russare alla grande a pochi metri da noi.
"So perché sei qui" disse Henry, dopo aver finito la sua fetta di pane.
"Che cosa ti ha fatto?" domandai.
Il ragazzo iniziò a mordicchiarsi le unghie in preda all'agitazione, senza smettere di far scattare gli occhi da destra a sinistra. Sembrava cercare qualcosa di invisibile da qualche parte o forse temeva semplicemente di scatenare l'ira di qualcuno.
"Loro non vogliono che io te lo dica" disse lui, aggrappandosi alle sbarre e guardandomi con occhi pieni di terrore.
Non serviva un genio per capire chi fossero questi famosi loro e un sospetto iniziò a farsi strada dentro di me.
"Chi è davvero Kayla? Dimmelo, Henry" gli ordinai, aggrappandomi io stessa alle sbarre.
"Lei non è chi dice di essere, lei sapeva delle cose... cose strane" disse lui "lei mi aveva detto che la fine era vicina e che potevo essere risparmiato se solo l'avessi aiutata, ma io l'ho tradita."
Vedevo l'agitazione crescere dentro di lui e mi affrettai ad afferrargli una mano.
"Stai tranquillo, sono sicura che lo faceva solo per spaventarti ed assicurarsi la tua collaborazione" gli dissi, nonostante nemmeno io credessi alle mie stesse parole "c'è altro che puoi dirmi?"
Lui scosse la testa ed io decisi di non insistere oltre, non ci tenevo a riassistere di nuovo ad una scena come quella di Gally e a mettere in pericolo la vita del ragazzo davanti a me.
"Non insisterò, Henry. Ma dimmi solo una cosa: credi che la rivedremo ancora?" domandai, temendo fortemente la sua risposta.
"Lei troverà sempre il modo di tornare da noi... di tornare da te" rispose lui, facendomi venire i brividi lungo la colonna vertebrale.
Mi allontanai dalle sbarre come se scottassero e andai via da lì sbandando quasi come un'ubriaca.
La testa mi faceva male e pesava come un macigno. Avevo una tremenda voglia di vomitare e trattenni a fatica l'impulso, sentendo il sapore dei succhi gastrici lungo la gola.
La mia mente continuava ad elaborare e rielaborare quel poco che Henry era riuscito a confessarmi, creando scenari sempre nuovi e sempre più grotteschi del precedente.
Restai tutta la notte sveglia, gironzolando per la Radura, nella speranza che l'alba potesse gettare luce anche sulle mie paure e farle dissolvere nel nulla.
Non successe.
Quella mattina mi sentivo intontita e priva di forze, un po' per la mancanza di sonno ed un po' per la natura inquieta dei miei pensieri.
Non potevo fare a meno di ripensare alle parole di Henry e tutti a colazione sembrarono notare il mio strano stato d'animo. Non ci misi molto a vuotare il sacco, guadagnandomi sguardi di diversi natura.
"Io penso solo che ultimamente siamo tutti un po' troppo paranoici, tra le porte che si aprono sempre più tardi e si chiudono sempre prima e tutto il resto. Stamani Minho per poco non tornava a letto" disse Frypan, nascondendo a malapena la sua stessa preoccupazione.
"Non si tratta di paranoia qui, forse davvero quella lì ha qualcosa a che fare con i Creatori" disse Teresa, dando una piccola sberla sul braccio di Frypan.
Chuck era quello più terrorizzato e si limitò a fissarci mordendosi le unghie, senza spiccicare parola alcuna.
"La penso come Teresa. Ed in secondo luogo neanche la storia delle porte è da sottovalutare, di questo passo qualcuno resterà chiuso dentro. Sembra che qui abbiano fretta di chiudere, forse i Creatori hanno deciso che è giunto il momento di dichiarare game over?" domandai, guardando una a una le tre persone davanti a me.
Il nostro scambio di pareri fu interrotto da Newt che si avvicinò al nostro tavolo, l'avevo ignorato con tutte le mie forze ma non potevo nulla di fronte a questo incontro ravvicinato.
Cercò immediatamente il mio sguardo ed io non potei fare a meno di squadrarlo dalla testa ai piedi, maledicendo i miei sentimenti per lui ancora dannatamente vividi dentro di me. Più mi feriva e più sembravano aumentare, evidentemente non desideravo essere felice nella vita.
"Ho bisogno di parlare con te, per favore" disse lui, battendo nervosamente un piede a terra.
"Lei non vuol-" tentò di dire Teresa, ma fu bloccata da un gesto della mia mano.
"Stai tranquilla, Teresa. Vediamo cosa ha da dire" disse, alzandomi.
Mi stupivo di quell'improvviso moto di diplomazia da parte mia, ma semplicemente era stufa di tutti i suoi sguardi insistenti e delle sue frecciatine. Forse almeno così avrebbe dato un taglio a quella storia.
Lo seguii per diversi minuti nel più completo silenzio, senza smettere di guardare la sua schiena davanti a me che sussultava leggermente ogni volta che posava a terra la gamba malandata, fino alla Torre.
Il ragazzo iniziò a salire lungo la scala a pioli, esitai per qualche secondo ma poi decisi di seguirlo curiosa più che mai.
TADAN
Scusatemi per il ritardo ma avevo zero idee e sono molto scoraggiata.
Non so davvero cosa inventarmi, so solo che mancano davvero pochi capitoli.
Sistemerò altre due o tre cose nella storia e poi tutti a nanna.
Non penso ci sarà un sequel, ma su questo punto dovrò ragionarci bene.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante l'abbia scritto cavalcando l'onda di un'improvvisa botta di ispirazione passeggera. Speriamo bene per i prossimi.
Ah... la storia è 602esima nella categoria fanfiction, favoloso! Grazie di cuore ❣
Saluti!
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