𝕮𝖍𝖆𝖕𝖙𝖊𝖗 𝖘𝖎𝖝 - 𝑩𝒍𝒖𝒆
Che cosa intendeva dire Brian scusandosi? Non credo, un ragazzo così gentile abbia avuto l'idea malsana di rubare un mazzo di fiori, alla sua compagna di squadra.
Corrugai la fronte, in segno di confusione. Aprii la bocca per chiedergli a cosa si riferisse, ma non riuscii a proferire parola, perché una moto sfilò davanti a noi, a tutta velocità.
Il motociclista era in piedi sopra la moto, spalancai gli occhi, stupita che la gravità non lo facesse piombare a terra.
Aveva un casco come quelli da cross, era cromato, con le stesse grafiche nere, viola e azzurre della moto che guidava. Ma quel casco lo avevo già visto. E indossato. Quello era il casco di Sebastian.
<Ma che cavol...> Esclamai a gran voce, vedendolo sfrecciare a tutta velocità, davanti ai miei occhi.
In bocca aveva qualcosa che andava in parte a fuoco e anche nella mano, ma era molto più grande. Credo siano dei marshmallow o cose del genere. Ma guardando meglio, il gambo che tiene tra i denti e nelle mani é verde, con le spine e la parte che va a fuoco é di colore rosso che tende al marrone, a forma di...rosa.
Aspetta un secondo! QUELLE SONO LE MIE ROSE!?!
Strizzai gli occhi per vedere meglio la figura, che era ormai abbastanza lontana da me e Brian .
Sono le mie rose, hanno ancora attaccato il biglietto che Ethan aveva scritto per me, ma non avrò mai modo di leggerlo, perché in quel istante prese fuoco anche quello.
Sebastian sa come scatenare il peggio di me, perché iniziai a camminare verso la sua direzione, lui si era già seduto sulla sella della moto e stava venedo verso di noi, togliendosi la rosa dalla bocca e soffiandoci sopra in modo che il fuoco, si spegnesse.
Ero rossa dalla rabbia, quando arrivai di fianco a lui, lo guardai talmente storto, che avrei fatto tremare qualsiasi persona sulla terra, ma lui irremovibile, fiero di sé e della sua opera, non si mise a tremare e mi allungò le rose.
<Ho visto la tua faccia quando te le ha date> si mise a ridere, come se la situazione fosse divertente <saresti stata da foto, si é visto che le rose non ti piacciono. Così ti ho fatto un piacere, ecco a lei, delle rose con un tocco di particolarità, malinconia e...morte. Con un tocco di Sebastian. Prego Mademoiselle> poi si inchinò e aspettò che afferrassi le rose, che ormai non si potevano più chiamare cosí.
<Si lo vedo anche io che hanno un tocco di morte, non ne é rimasto niente oltre che al gambo!> Gli urlai contro furiosa, avrei voluto tirargli uno schiaffo, ma non é di mia natura usare le mani. < Tu sei proprio stupido! Sei un deficiente patentato, ecco cosa sei! sei un vero idiota!> Come poteva solo pensare che un gesto del genere, mi avesse fatto piacere.
Presi le "rose" con cura e cercai di leggere i rimasugli del bigliettino, che ormai era andato in fiamme. Le parole chiare erano poche ed era difficile comprendere cosa avesse scritto. "...Blue...volevo dirti una cosa...difficile...non...ti...tu che ne dici? Non prenderla male, possiamo...amici". Queste erano le poche parole che riuscii a capire dai rimasugli di carta, ma forse ne compresi il senso.
<Cara venere, io sono sia un deficiente, lo ammetto, che un patentato, se no come guiderei la mia bambina> disse accarezzando la moto sotto di lui.
Alzai la testa dal biglietto, per guardarlo, ormai non ero più arrabbiata, e lui lo capii. Cambiò subito espressione, dopo aver visto il mio volto rigato dalle lacrime.
Non stavo piangendo per lui, figuriamoci, ma per quello che avevo letto nel biglietto dei fiori.
Mi misi a piangere e presi a correre, non sapevo se correre a casa o nei bagni della scuola, ma optai per tornare a casa, era più sicuro come luogo e non mi poteva vedere nessuno.
Ethan mi aveva rifiutato, aveva trovato qualcuno meglio di me, io credevo di piacergli insomma, mi abbracciava, mi baciava e dimostrava che aveva un interesse per me, di piacergli. Magari avevo sbagliato qualcosa l'altro giorno, da avergli fatto cambiare idea all'istante. Tutte quelle che mia madre avrebbe chiamato "paranoie", mi invasero la testa, creando un caos.
Non capivo più dove io stessi correndo, sentivo in lontananza delle voci che mi chiamavano e che mi chiedevano di fermarmi, ma non le diedi retta.
Solo dopo pochi secondi capii di aver fatto una cavolata enorme, forse la più grande della mia vita. Ero finita in mezzo alla strada, con delle macchine che sfrecciavano al di sopra dei cento chilometri orari.
Con una macchina nera, una bassa sportiva, credo una mustang, a pochi metri dal corpo.
Avrei potuto togliermi dalla strada e arrivare al marciapiede, prima che la macchina mi raggiungesse, ma ero paralizzata. Forse erano le troppe emozioni allo stesso tempo.
Quando pensai di essere spacciata, sentii uno strattone fortissimo al braccio sinistro, poi iniziai a vedere tutto più scuro davanti a me, fino a diventare nero.
Venni svegliata da delle urla, ero appoggiata con la schiena a un muretto e avevo ancora le lacrime che mi rigavano le guance.
<Cristo sei viva! Mi hai fatto prendere un infarto! Cazzo ma sei stupida?! A gettarti nella strada così come se nulla fosse!?> Mi urlò contro credo Sebastian, dal tono di voce profondo. <Se non ci fossi stato io, il tuo corpo sarebbe stato sotto a quella macchina, mentre la tua anima si sarebbe già trovata in paradiso con le altre>
Io ripresi a piangere, non so nemmeno io il motivo, forse perché mi ero ricordata del biglietto di Ethan oppure stavo piangendo dalla felicità, perché ero ancora viva.
Sebastian a quella vista, mise una mano dietro la mia nuca e una dietro la mia schiena e mi attirò a sé.
La mia faccia toccò il suo petto duro e ne approfittai per annusare che odore avesse Sebastian.
Sebastian sa da cloro, un po' di vaniglia e da uomo, non so da cosa sappia un uomo precisamente, ma credo sia questo l'odore. Il suo profumo mi fa andare fuori di testa, adoro la fragranza del cloro, mi ricorda la piscina, il mio posto sicuro e la mia casa.
<Ti prego Blue> disse con la sua voce calda, quasi sussurrando <non piangere. sei carina da arrabbiata, ma quando piangi, smuovi il mio lato piú sensibile> poi mi sollevò la testa e io notaio che aveva un sorrisetto stampato in faccia, ma non di quelli stupidi o beffardi, ma di quelli dolci e amorevoli.
Vedendo il suo sorriso mi sciolsi, credo di non averlo mai visto sorridere, ma é uno spettacolo che dovrebbero vedere tutti almeno una volta nella vita.
Dopo qualche secondo ci staccammo.
Aspetta un secondo, Sebastian si è comportato da persona civile, per una volta?.
Volevo fare finta di niente e che fosse tutto normale, ma non riuscii a non farglielo notare.
<Sei stato gentile con una persona per la prima volta!> Esclamai felice, mentre Sebastian con il dorso della mano mi asciugava le lacrime sulle guance.
A quella esclamazione ritornò di nuovo serio e smise di toccarmi le guance.
<Stronzetta, ripeto che se non ci fossi stato io qui, saresti stata tirata sotto da una macchina> disse lui serio< e sto ancora aspettando il tuo "grazie di cuore Sebastian caro, per avermi salvato"> cercò di iminatre la mia voce, risultando buffo.
<Te lo scordi che ti dirò una cosa del genere> replicai io < Però grazie e sono seria> cercai di rimanere più seria possibile, ma l'imitazione riaffiorò facendomi leggermente sorridere.
<Tranquilla, avrai tempo di dirmelo una volta che ti avrò scopata allo sfinimento salvandoti da quella noia mortale di Ethan> mi fece l'occhiolino.
Diventai tutta rossa e lui quando lo notò si limitò ad aggiungere.
<Ma sei ancora troppo piccola per me, mi spiace venere, non mi faccio quelle piú piccole di me. Non voglio rogne e rotture di cazzo. E tu in questo momento lo sei.>
<Meglio così, sono al sicuro da degli squilibrati maniaci, come te > risposi.
Ma Brian in tutto questo dov'era finito?
Presi a camminare verso l'angolo della strada, per vedere dove fosse finito.
Era sparito.
Guardai preoccupata Sebastian, lui non lo era affatto. Come se mi leggesse nel pensiero, accese il telefono e mi mostrò l'orario. 14:08. Oh no! Ero in ritardo, non c'è l'avrei mai fatta ad arrivare a casa in tempo, sistemarmi e poi ripartire per andare ad allenamento.
Guardai Sebastian poi la sua moto, lui capii immediatamente le mie intenzioni.
<No. Sto cazzo. Non ci sali.>ribadii secco.
<Daiii per favoreeee> sfoderai il mio sguardo persuasivo.
Ma non funzionò, lui scosse la testa e mi lanciò un sacchetto, preso da sotto la sella della moto.
Era marrone, di carta, tipo quelli che ti danno in panificio, oppure quando vai a prendere la frutta fresca, dal fruttivendolo.
Aprii la busta, dentro c'era una pesta e mezzo panino. E con questo che ci dovrei fare? Non so vuole che costruisca una moto o un qualsiasi veicolo, per arrivare fino a casa, con del cibo?!
<Non ti porto a casa. Mangi e dopo vai direttamente a nuoto. A piedi.> Precisò Sebastian.
<Non mangio un panino morso da te> replicai disgustata. Come dicevamo da piccoli io e Ethan, é come baciare una persona però indirettamente.
<Non fare la schizzinosa>
<E tu il geloso con una moto>
<Non offendere la mia piccola, non é "una" moto è "la" moto. Comunque quel panino non l'ho mangiato io.> Disse lui salendo sulla moto.
<Eh allora chi?> Speravo qualcuno della squadra, con tutto il cuore.
<Non lo so, delle ragazze, hanno detto che volevano assaggiarmi, ma io ero già occupato con un'altra. Così gli ho dato il mio panino da assaggiare e loro ne hanno mangiato solo un morso, a testa, dopo ingrate mi hanno guardato e hanno detto che sarà per la prossima volta.
Sempre meglio di niente, gli ho comunque dato qualcosa di mio.> Lo disse con innocenza, come se nelle sue parole non ci fosse, né qualcosa di male, né doppi sensi.
A quelle parole il mio stomaco iniziò a scombussolarsi, creandomi una sensazione di nausea.
Non volevo mangiare un panino, mordicchiato da altre venti ragazze.
Sebastian guardò attentamente la mia faccia schifata e si mise a sorridere.
<Preferisci andare ad allenamento a stomaco vuoto?> domandò lui, già certo della mia risposta.
Non potevo andare a stomaco vuoto, soprattutto una come me, con la pressione bassa, sarei svenuta dopo la prima bracciata.
Mi arresi, tirai fuori il panino e decisi ti strappare via la parte morsa, dalle ragazze.
Panino con il prosciutto cotto, che gusti strani, anche se non mi dispiace piú di tanto. Non per offendere le persone a cui piace il prosciutto cotto, ma io trovo molto più gustoso il crudo.
Allungai il pezzo staccato a Sebastian, in modo che se lo mangiasse lui.
<Che gentile, condividi il panino con me> disse Sebastian fingendosi commosso.
Lui lo morse e inizio a masticarlo. Mi sentivo male per lui, ci avranno messo la bocca una marea di ragazze, ma tanto non c'è ragazza che Sebastian non avesse baciato in tutta la scuola, apparte me e Max, ovviamente.
<No tranquillo, é la parte morsa dalle ragazze> risposi io con noncuranza, presa a guardare una famiglia di uccellini, nell'albero di fianco a me.
Sebastian rimase a fissarmi, ora non masticava più, spalancò gli occhi incredulo. Poi sputò tutto a terra.
<Ma che schifo! E dopo sono io quella schizzinosa! Quelle ragazze le avrai baciate mille volte, non credo ti disgusti un panino morso da loro> mi girai a guardarlo.
<Non mi va di mangiare un pezzo di panino, morso da una decina di ragazze> ribatté lui disgustato.
Che bambino!
Iniziai a camminare per raggiungere la piscina, sentii Sebastian accendere il motore della moto e fermarsi di fianco a me. Andava a passo d'uomo, per starmi di fianco.
Il tragitto fu molto silenzioso, per fontuna direi, se no da un momento all'altro avrei rischiato di tirargli un pugno, che come sapete non é da me.
Trovavo affatto ingiusto che io dovessi camminare, mentre lui invece potesse godersela, sulla sella della moto e non facendo alcuno sforzo fisico, tutto ciò per un suo dispetto, da bambino piccolo.
Per questo, ogni due per tre mi giravo per fulminarlo con gli occhi, mentre lui se la spassava sulla sua moto.
Giuro che appena potrò economicamente mi prenderò una moto! Costi quel che costi. Anche andando contro alle idee di mio papà.
Si perché se fosse per mio padre, non potrei guidarla nemmeno la moto, perché secondo lui, non ho abbastanza muscoli per sorreggerla, è troppo complicata, per una ragazzina come me e finché non avrò imparato ad andare in bici, non me la riprenderà. Non so cosa intenda lui per andare bene in bici, perché a volte con lui spingo fino ai quaranta chilometri orari, nelle strade con curve strettissime, se sto per cadere sono sempre prontissima e appoggio prima le mani.
Tutte frottole di mio padre, solo per non spendere soldi in un oggetto, che mi servirebbe veramente.
Però spendere, anche migliaia di soldi, nelle sue collezioni inutili, va bene. Io non lo capisco proprio quell'uomo.
Arrivati quasi in piscina, Sebastian avvistò Jason e Brian, togliersi il casco e parlare. Accellerò tutto d'un colpo e li raggiunse.
Quel ragazzo farebbe di tutto per non farsi vedere con me.
A fine allenamento arrivai a casa distrutta, più con il fatto che dovevo tornare a piedi e farmi altri tre bei chilometri, non facilitava la cosa.
<Giuro che vendo le collezioni inutili di mio padre e mi compro un veicolo, che io sappia guidare. Va bene anche un monopattino> sbuffo tra me e me, davanti alla soglia di casa mia.
Mio padre lavora a casa, quindi pensavo fosse seduto sul divano a lavorare. Invece non c'è, le stanze erano silenziose e non c'era anima viva.
Presi del latte con i biscotti, so che é una cosa mattutina, ma le gocciole vanno sempre bene, in qualsiasi momento della giornata.
Mi sdraiai sul letto di camera mia, a guardare il soffitto bianco.
La mia stanza é sempre stata molto spoglia. Un armadio gigante bianco e azzurrino pallido, una scrivania e un letto matrimoniale molto minimal. La parte più colorata della camera era la libreria, che consisteva in tre mensole, tutte piene di libri, dai colori sgargianti e un mobiletto, alto un po' piu di me.
In una mensola ci sono i classici, in un'altra i romanzi teenfiction più moderni e nell'ultima mensola ci sono i romanzi yougadult. Mentre nel mobiletto, avanzava ancora spazio per i prossimi acquisti, ma in generale sono tutti dark romance, che sono diventati una mia ossessione, abbastanza attuale.
Sopra la testiera del letto, attaccate al muro, ci sono delle foto attaccate da delle mollette bianche, su un paio di fili trasparenti.
Sulla prima ci siamo io, mia mamma e mio papà in crociera, felici, prima che la nostra famiglia si distruggesse. Nella seconda e nella terza, erano scattate lo stesso giorno, al mio settimo compleanno, una in cui ero in sella alla mia prima moto, mentre l'altra era con Ethan, davanti la torta. Le ultime tre foto sono le più recenti, tutte e tre con Max, e una con entrambi i miei migliori amici. Ne potrei mettere tantissime altre, ma non ne ho molte, oltre a quelle che ho, li appese.
Dopo aver finito l'immersione nel libro di storia e nelle crociate organizzate dalla chiesa, erano le otto di sera. Decidi di scendere in salotto, per vedere se fosse tornato qualcuno. Non c'era anima viva. Controllai prima nella rubrica, nessuna chiamata, poi passai ai messaggi, ma niente. Decisi di provare a chiamare mia mamma, due squilli e poi partii la segreteria telefonica.
Un tuono mi fece sobbalzare.
É arrivato persino il temporale, non me ne sono nemmeno accorta.
Le gocce di pioggia si schiantavano violentemente contro il vetro dell'enorme finestra, del soggiorno.
Giochi di luci avvenivano sopra la casa.
Mi sedetti sul divanetto sotto la finestra a fissare la pioggia, ad ogni tuono sussultavo, sono come una bambina piccola, ho paura dei tuoni.
Iniziò a fare freddo in casa, così decisi si accede il caminetto, davanti al divano, va a pellet, quindi un tasto e si accende.
Dopo un quarto d'ora, in casa si é diffuso un calore avvolgente, ma non troppo intenso, il giusto per non morire congelati o diventare dei polaretti.
Indossavo il mio pigiamone da stich, lo adoravo, l'avevo preso l'anno scorso, aveva persino il cappuccio con le orecchie.
Verso le nove iniziai a sentire un certo languorino, ma volevo aspettare che qualcuno tornasse, per mangiare. Ma nessuno tornava e io stavo iniziando a preoccuparmi.
Verso le nove e mezza mi stufai di aspettare, stoppai il film e mi preparai un panino molto semplice: crudo,pomodoro e formaggio e un succhetto alla pesca, che era il tocco di grazia.
Tornai in salotto, la pioggia non aveva cessato nemmeno un attimo, anzi si intensificava di secondo in secondo.
Ripresi il film, ovviamente parlava d'amore. Non mi sarei messa a guardare un horror, a casa, da sola, non sapendo dove fossero i miei genitori e con i tuoni che mi facevano saltare per aria, ogni tre per due.
Alle dieci, il mio telefono iniziò a vibrare e a illuminarsi. Era mia mamma.
<Pronto?> Dissi io, volevo una spiegazione del fatto che fossero le dieci e che lei non fosse ancora a casa.
<Ciao tesoro, sono la mamma, scusa se ti ho lasciato a casa con papà, solo che il mio capo mi ha dato lavoro extra, però verrò pagata di più questo mese. Tranquilla Blue. Sto arrivando> rispose lei
<Sono a casa da sola mamma, di papà non c'è traccia. Ma tranquilla, ho già cenato e mi sto guardando un film>
Silenzio. Riuscivo solo a sentire il rumore della pioggia che ticchettava sul vetro della macchina. Dopo qualche secondo si decise a parlare.
<Scusa tanto amore, pensavo papà fosse a casa, non mi ha avvertito di essere uscito, perdonami, sono davanti casa aprimi grazie.> Mi alzai per andare ad aprire.
Mia madre era ancora in macchina, quando vide la porta aprirsi, scese dall'auto, la chiuse, fece una corsa verso di me ed entrò in casa.
Adoro mia mamma, siamo molto simili, sia di carattere che di aspetto. Entrambe ricce, alte uguali, stessi occhi neri come la pece, sensibili e pazze allo stesso modo. Io più che una mamma, la considero una mia amica o mia sorella.
Solo che siccome portava a casa soldi solo lei, doveva sgobbare per mantenere la famiglia.
La aiutami a togliersi il giubbotto ormai fradicio e la invitai a sedersi, al calduccio, davanti al camino, a guardare un film con me. Lei accettò la proposta. A metà film, ci addormentammo entrambe abbracciate l'un l'altra, con lei i tuoni non mi facevano più sussultare e tutto intorno a me sembrava più sicuro. Lei mi faceva sentire al sicuro e protetta.
Mia madre é la mia casa e questa mia idea, non cambierà mai.
A svegliarmi il mattino successivo non fu la sveglia, ma dei messaggi.
Accesi il telefono. Dieci messaggi non letti. Cinque di Max e gli altri cinque di Ethan, che dopo il biglietto di ieri non avevo più intenzione di ascoltare, quindi non lessi nemmeno.
Tesoro
Sono stata sveglia tutta la notte
Ho trovato la mia serie TV
Un giorno ti invito a casa mia
E c'è la guardiamo tutta
Amo non eri tu quella che si lamentava tanto di essere sempre svegliata dai messaggi?
Comunque credo che Ethan mi abbia rifiutato prima ancora che mi dichiarassi.
A scuola ti spiego meglio.
Chiusi la chat.
E dopo sono io quella che si deve fare vedere da un esperto!
Fuori stava ancora piovendo, ma era una pioggerellina leggere, quasi impercettibile.
Per la casa, si era diffuso un buon profumo di croissant al cioccolato. Ma di mio padre nessuna traccia ancora.
Non ho alcuna intenzione di pressare mia madre, chiedendole dove fosse finito suo marito.
Mi diressi in camera per vestirmi, mia madre voleva che osassi un po' di più, top corti e pantaloni skinny, ma non era di mia natura, adoro coprirmi con felponi e tute larghe.
Opto per la tuta nera.
Scendo a fare colazione, sul tavolo mi aspettano due croissant e del latte.
Decido di mangiarne solo uno, accompagnandolo con una pesca.
Aspetta, oggi é giovedì, ho palestra!
Preparai al volo la sacca, misi dentro le scarpe, deodorante e asciugamano, se decidevo di farmi una mini doccia lì, visto che l'ora dopo era buca.
Poi cercai una maglia maniche corte, niente solo top, di quando avevo dieci anni.
Decisi che la scelta migliore fosse un top bianco, mi fasciava perfettamente il seno, un po' mi stringeva e mi lasciava leggermente scoperta la pancia, ma andrà bene.
Rimisi su la felpa e uscii di casa.
Non mi potrai dietro l'ombrello, tanto non pioveva più.
Il profumo intenso della pioggia mi penetrava le narici, la adoravo, dava quel tocco di fresco che non fa mai male, sia in estate che in inverno. Poi il ticchettio della pioggia che batte sul tetto, é rilassantissimo e mi addormento sempre in due secondi, quando piove.
Appena varcai l'ingresso della scuola, venni assalita da Max, aveva la faccia da una ragazza, che doveva farmi più di mille domande.
<Cercherò di rispondere a tutte le domande, che ti stai facendo nella tua testolina, in questo preciso momento> dissi io, mettendomi a ridere.
<Vai spiega> mi incoraggiò lei.
<Non interrompermi, avrai tempo per le domande dopo> presi un respiro profondo e iniziai parlare <Le rose hanno fatto una brutta fine, Sebastian ha fatto lo stupido e me le ha bruciate, siccome anche il biglietto di Ethan si era abbastanza bruciacchiato, riuscii a capire chiaramente, solo alcune parole.
Ma da quello che c'era scritto, non voleva di più che una semplice amicizia>. Non le raccontai la parte della macchina e che stavo per essere tirata sotto, l'avrei fatta preoccupare e basta.
<COSA?! vabbè, che Sebastian fosse stupido si era capito, ma non pensavo a questi livelli!> Disse lei sospirando < per non parlare di Ethan, non sa cosa si perde...> poi prese a guardare male un gruppo di ragazzi, dove credo ci fosse anche Ethan.
Io rimasi in silenzio, a pensare alla scritta sul bigliettino e alla faccia di Sebastian, quando aveva visto che stavo piangendo. Sembrava davvero preoccupato.
<Però tesoro, guarda il lato positivo! Nessun maschio può rubarmi il mio pasticcino alla crema> esclamò Max scherzosa, per provare a farmi sorridere.
Ci riuscí, mi tirò una spallata e ci avviammo verso l'interno della scuola.
I corridoi erano semi vuoti, cosa che non accadeva quasi mai, ma credo fossero ancora tutti fuori, a parlare.
Prime due ore sono passate alla velocità della luce. Terza ora, educazione fisica, che sarebbe anche una bella materia, se solo non fossi finita insieme a Jennifer e le sue amiche, Iris e Simon, tutte di seconda superiore, perché palestra, le prime lo fanno con le seconde, le terze con le quarte e mentre il quinto anno lo fa per conto suo.
Sono ragazze popolari, unghie lunghe due metri, rigorosamente finte, capelli lisci spaghetto, schiena leggermente piegata, per far risultare il sedere più grande, fisici perfetti, cheerleader e labbra all'infuori.
Max perché non sei qui!
Oggi avevamo lascio del peso, la combriccola di ragazze si continuava a lamentare, prima perché la palla pesava troppo e volevano una mano dai maschi a lanciarla, poi perché se la lanciavano gli si spezzavano le unghie. Tutta una lamentela.
La professoressa dopo un po' si stufò e ci diede da correre.
Avrei voluto strozzarle, ma nessuno gli può fare niente perché Jennifer é la figlia del preside.
Un ora e mezza di corsa, quando finì la lezione ero fradicia e distrutta, pensare che dopo dovevo anche andare a nuoto, mi serviva una doccia, per fortuna potevo farmela, avevo la quinta ora buca.
Quando tutte abbandonarono lo spogliatoio, mi misi sotto il getto caldo, della doccia.
Una volta finita mi avvolsi l'asciugamano intorno al corpo, mi arrivava a metà delle coscie. Se ci fosse stato qualcuno nello spogliatoio mi sarei vergognata, ma siccome non c'era nessuno, mi diressi verso le panchine a prendere i miei vestiti, per cambiarmi.
Girato l'angolo, mi caddero gli shampii dalle mani e si schiantarono al suolo. Seduto sulla panchina di fianco ai miei vestiti c'era una persona.
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