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/21/ Sii livido [Deku] (18+)

Terribile è il gioco dell'amore, dove è necessario che uno dei due giocatori perda la padronanza di sé stesso.

~Baudelaire~

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Intendi a fatica ciò che imprimo nelle mie azioni, ma trovo impossibile che un sentore di pericolo non sia stato colto dal tuo sguardo. Sei saggio almeno in questo: vestiti di falsa innocenza che presto sbiadirà. Non è la sola cosa che potrà saziarmi; non voglio ancora svelarti la crudele verità, tuttavia mi sento divenire frenetico nel dare spazio all'iniziativa e a trattenermi con quel poco di razionalità a cui ancora mi aggrappo. Siamo carne e siamo brividi, lucida brama del mio spirito, ti farò soccombere alla mia voluttà. Il tuo modo di riempire a scatti i polmoni mi sta mandando in estasi, la convinzione che non sia abbastanza si fa insistente e presto, tempo di raccogliere il tuo viso con il palmo della mano e posare il pollice sulla linea del labbro che ti sei tormentato, la tua vista mi investe.
La voglio. La voglio più consumata, più rovinata, la voglio distorta, tinta di peccati, maligna tentatrice.
<Cosa vuoi ancora?> sussurri e chiudi gli occhi, ti nascondi o ti bei del riposo che credi ti stia dando quando nel profondo del mio animo imperversa una tempesta. Sei un folle a credere che possa fare un passo indietro, sto calpestando un pavimento di dure, ma inconsistenti emozioni e tu sei già stato trascinato nell'abisso con me.
Pensiero che si ripete insistentemente, esplode nella mia testa accrescendo l'avidità con cui ammiro la pesante concretezza del tuo corpo abbandonato sul freddo legno del tavolo e documenti sparsi, ginocchia che sfiorano i miei fianchi, chiazze di rossori e tracce di morsi già intente a sparire; spettacolo che divora e che viene divorato, amore che per amare paga un prezzo che altro non è che la resa non meditata, ma inflitta in mortal colpo.
Chiedimi, chiedimi, ti prego, di essere mio. E se così non fosse estirperò a forza lamentevoli suppliche dalla tua gola.
Mi sto riscoprendo nuovo in questa mente, nuovo di pensiero e nuovo di aspettativa che si stratifica in ogni nervo. Eccitazione che si fa tortura in uno sguardo, vi sto cedendo, vi cedo e tu non hai vie di scampo.
Ti solletico fino al bacino e d'improvviso sei colto dall'ennesimo tremito, fragile stelo di fiordaliso, le tue iridi mi tradiscono e da fiero resiliente che ho desiderato essere, cado in balia del mio stesso volere. Zaffiri verdi e rossi che collidono, vi si annidano emozioni così diverse. I tuoi ostentano forza, le palpebre cadono prematuramente stanche mentre inumidisci le mie dita in un gesto involontario premendo sulla mia mano a labbra schiuse, avverto il tuo fiato caldo fuoriuscirne. D'un tratto pari rinsavire, quasi credo di aver dato foggia troppo platealmente delle brame che si celano nel profondo delle mie iridi; vuoi rinnegare le tue stesse azioni, corrosive del tuo orgoglio, ma ciò che ho fatto ed appena accennato ha divelto le porte dell'Inferno.
<Ti prego, lasciami solo> le tue parole viaggiano nell'aere, arte di raffinata labilità e malevole menzogne. Come puoi darmi motivo di desiderarti mutare in modo così repentino?
Mano che ha concesso troppe carezze, ferisci, ragione che ha prevalso per lungo tempo, abbandonami poiché dei miei peccati non vorrò rispondere.
Eppur non accenni a volerti spostare, no, permani nella tua ingenua recita.

Con gelo e calore nel cuore lambisco pelle di serpe e di limpida bellezza: tengo il tuo respiro, il tepore del tuo collo si accresce, le mie unghie si protendono come radici verso la mascella.
Un breve passo mi permette di sovrastarti completamente e quando mi chino assumo sembianze di ombrosa creatura, mostro che si inerpica sul tuo orgoglio gustandone l'asprezza. Premo sul tuo mento, la tua bocca si prostra immediatamente contraddicendo lo sguardo sbarrato che mi riveli.
Ti concedo un ultimo dono, fanne tesoro.
Mi protendo a baciarti e di questo contatto, più di altri, ne avverto la fatalità.
È la tua resistenza nell'accogliermi, la speranza che un tuo rifiuto mi faccia crollare e ancor più carnalmente il sapore della tua carne, del tuo seme, che divengono persecutori del nostro affetto; schiocco di lingue, nessuna melodia sarà più soave, lento ed improvviso mi sovvien l'eterno di questo preludio alla fine. Indaga su sfumature di significato, la nostra caduta si concluderà con le nostre ali spezzate e le tue sottratte con tanta violenza di cui mi ricoprirò finché la tua ultima piuma non si depositerà al suolo in una muta espiazione di colpa.
Premo su di te, un mugolio allo scontro con il ruvido tessuto dei pantaloni e la libidine riprende possesso di entrambi per quanto tu persista nel farti distante schiacciandoti contro la superficie. Non puoi sprofondarvi, la tua corsa è giunta alla fine. Mi hai pregato di non lasciarti per lunghi anni, puoi farlo ancora per un'ultima volta perché dopo non potremo più liberarci dei brandelli d'anima che condivideremo.
Consumo labbra ormai dolenti, noto un pacchetto di sigarette abbandonato dul pavimento, la mia collera inizia a riversarsi. Non sono un vizio di cui liberarsi, sono la tua unica necessità, ammetti questo e ti renderò il folle uomo che hai cercato di essere e per il quale ideale ora ti aggrappi al mio corpo.
Mi sottraggo alla spasmodica stretta in cui tenti di imprigionarmi, per un istante insegui la mia lingua che ti accarezza il mento, che avvolge il tuo pomo d'Adamo e dona il gelo dell'umida ad inizialmente tiepida saliva al tuo petto.
<Se-Aah...> provi a formulare l'ennesima protesta, ancora non capisci? Tra poco cadrai in mio potere e tento di rallentare il terribile epilogo che lo sguardo che ti dedico profetizza. D'un tratto insinui le dita fra i miei ricci, scuri veli celanti intenti che con ben poca castità mi tormentano, li stringi in protesta e, temendo di non poter aver nuove possibilità per dar forma ad un discorso, mi rivolgi parole che per la prima volta riesco a ritenere sincere.
<Se continuiamo, non sarà finita, vero? Se continuiamo, mi farai male, non è vero?> a stento riesci a sporgerti per fissarmi, ma la tua voce giunge come la nota mancante ad un'armonioso accordo e posso essere spettatore del sordo impatto con cui le tue mura crollano. Ecco la smorfia di ingannevole tristezza che desideravo mostrassi, ecco la paura che si agglomera nei tuoi rubini, ecco l'uomo che non hai mai voluto riconoscere di fronte allo specchio.
Ti annuisco e posso sentire lo stupore con cui mi ammiri depositare un bacio nel punto in cui i tuoi battiti si accrescono. Il tuo cuore è forte, Kacchan, lo è sempre stato e non cederà adesso, non temere per questo, ci sono tanti altri modi di lasciar fuoriuscire la fragilità che hai accumulato. Posso renderti resistente o debole, un tuo cenno ed il mondo cadrà ai nostri piedi, il regno delle candide nuvole a cui aneli e quello della più tetra libertà in cui sono sprofondato saranno nostri.
La tua testa si posa, fissi il soffitto, affondi con i tuoi pensieri, rivolgi un cenno di assenso, lento e tremante, all'oscuro vuoto che hai di fronte. Le tue membra si ricoprono di brividi, contrai i muscoli, circondo i tuoi cerchi rosati, pari scuotere piano la testa e tapparti la bocca mentre mi dedico ad una breve tortura dei tuoi capezzoli. Pungenti carezze mi seguono, giungo ad espirare sulla tua lunghezza nuovamente rigida, vado oltre, strade di morsi lungo il tuo interno coscia, la mia presa salda sulle tue gambe, la tua rigidità che torna, un fruscio di carta, fogli che precipitano e ti distraggono, ma trasalisci comunque nel sentirmi vagare con soffi di respiri bollenti sul fiore di una verginità incompleta.
Mi hai avuto, in ogni modo, in ogni luogo, hai saputo solo prendere, ma in fondo è proprio questo a farmi sentire così impaziente adesso: avrò qualcosa di tuo, qualcosa che solo io posso avere e che, al di sopra della caducità dell'atto, colmerà un vuoto che da tempo ci portiamo appresso o forse...forse ci toglierà tutto.
Vellutata lusinga, calo dettatore di una condanna di cui la mia lingua si fa portatrice. Giro in tondo, indugio, finché la rosea orchidea non viene violata.
Ti vedo, non credere di poterti celare, ti vedo tramite la pelle, tramite la musica dei tuoi sospiranti lamenti, vedo ogni cosa.
Estranea sensazione, sei piacere o dolore? Leggo i tuoi dubbi fra i leggeri ticchettii delle unghie sul legno, che divengono raschi quando sigillo con un bacio l'inizio di una violazione a cui hai deciso di sottostare. Nel risollevarmi la mano è già calata a prendere il posto delle mie labbra. Non ti do tregua, la prima falange affonda e sussulti, alla seconda ti schiudi in un mugolio appena udibile, quando accenno un movimento le tue dita si allungano verso di me, restano sospese a chiedermi di esser strette, effimera rassicurazione per cui preghi, ma io te la nego. Allora, nel realizzare che davvero non avrai conforti oltre la mia dedizione, mentre le dita diventano due, ti contrai e punto il palmo al fianco della tua espressione sconsolata. Quale visione di docile e pericolosa bellezza! Posso bearmi di meravigliosi laghi immersi nella luce del tramonto, fuoco in un'acqua mossa dalla brezza e piano questa straborda portando con sé un accecante riflesso di puro incanto. La lacrima che corre giù dalla tua guancia scompare nel contorno del tuo viso, vorrei tanto averla notata con più anticipo, il giusto per poterla cogliere. Faccio per dir qualcosa, ma ogni intento muore prima che possa pronunciare una sola sillaba. No, sei tu a dover parlare, nel modo che più ti aggrada, ma ti prego, parlami, chiamami, amami. Oppure morditi la lingua, taci e dichiarami ciò a cui non riesci a dar voce portando le mani sulle mie spalle, aggrappandoti ad esse ed obbligandomi ad udire, conciso e liberatorio, un tuo gemito. Lo ripeti, come un'eco che si dissolve, spargi petali di narcisi sui nostri corpi. Ma nessuno dei seguenti eguaglia il primo che mi hai sussurrato, assordante nella sua timidezza svestita dal pudore e ricoperta dal manto della sensualità.
E tremi, trattieni, cedi al bruciore della prima scottatura.
<De-Deku> nome pronunciato con imprudenza, risale dalle tue viscere quando ti distendi del tutto, portando le braccia a cadere molli sopra la tua testa.
Il tuo non è né invito né richiesta, solo ammissione di sconfitta.
Trattieni il fiato quando il mio tocco ti lascia e il rumore di una zip accompagna l'ansia che si arrampica sul tuo corpo.
<Non essere gentile> mi intimi con occhi che si appannano di lacrime. Pianto ed ultimo timoroso desiderio, polpastrelli che premono sul tavolo, deglutisci a vuoto <Fallo>. Sei spaventato, ma tenti comunque di rilassarti e di ostentare una forza che conosco bene.
Aspettavo una richiesta simile, ma è davvero questo il modo in cui vuoi offrirti a me? Non darmi rassegnazione, dimenati, opponiti, voglio sentirti annaspare e combattere per la libertà a cui arranchi e che credi che ti possa togliere.
Inspiro, il contatto fra i nostri sessi lacera un confine costruito con minuziosa cura e tu, portatore di sottili fiumi d'argento in viso, stringi le ginocchia attorno alla mia vita.
Ingoi un singhiozzo, poso una mano sul tuo fianco, stringo tanto che le mie unghie affondano nella tua carne, boccheggi in un urlo che resta intrappolato in gola, inarchi la schiena, getti il capo indietro, collo che resta alla mercé dei miei denti; sono in te, ho raggiunto lentamente il fondo e tu l'agonia.
Un tuo pugno batte sulla tavola, rilasci l'aria trattenuta a scatti sempre più irregolari mentre accompagni le mie spinte con grevi mugolii.
Fa male? Vorrei saperti lontano da questo dolore, ma pur senza trattenermi mi tieni legato e la tua infuocata disperazione è pura meraviglia.
Allungo il braccio, sfioro i tuoi polsi, i nostri palmi combaciano, sei tu il primo a stringere la presa. Non vuoi rinunciare a me, non puoi più farlo. Ansimo vicino al tuo orecchio ed inaspettatamente la tua tensione si allenta.
Il tuo petto accarezza il mio, i sostegni del mobile traballano all'aumentare del ritmo. Mi vieni in contro ed il sudore che ci bagna mescola i nostri odori, i nostri ansimi, ti abbandoni ad un gemito roco e che riverbera nell'ambiente; ora la tua è lepida e seducente sofferenza, piano divori l'euforia e l'affanno.
Quanto tempo passerà prima che tu mi sfugga ancora? Poiché siamo uniti da un intricato spago, ma abbastanza volubili da non volerne disfare i nodi ed io ti ho visto restarvi appeso, inerme di fronte al rompicapo del nostro amore.
Graffio la tua pelle, stritolo arti dalla ormai fragile presa, ignoro il modo in cui mi dici di aver il fiato mozzato, di sentirti debole, che i miei baci ti stanno ferendo, che devo darti qualcosa a cui avvinghiarti, di non intrappolati in questo gioco in cui solo io sto vincendo.
<Per favore- non concludi nessuna frase, perdi ogni volontà una volta sopraffatto dall'orgasmo e poco dopo vengo anch'io, cedendo al calore dei tuoi muscoli.
L'acme del piacere permane per lunghi, leggeri, pesanti secondi, prosciuga le tue forze e le mie, per contro, a stento ne risentono.
Ti fisso a bocca asciutta, siamo sporchi di sperma, di fatica e di ferocia, con lo sguardo tenti di impietosirmi, ma poco più in basso mostri un brutale sorriso. "Sei soddisfatto?" pari voler dire e ti concedi l'arguzia di tacere. Gustiamo quel che rimane dell'afrodisiaco che sono le nostre espressioni vaghe e disperse.
Mi separo da te, con non poco sforzo ti tiri su ed invece che metterti seduto, non appena i tuoi piedi sfiorano il pavimento, crolli a terra. Il parquet ti accoglie con uno scricchiolio e, anche se con la poca luce presente, vedo distintamente come tremiti ingestibili ti scuotono. Pianti le unghie nelle ginocchia, tiri un colpo di tosse, ti perdi nelle scure assi su cui poggi. Cerchi di riflettere, lo capisco, ma posso percepire il blocco davanti ai tuoi occhi che non osano risalire oltre le mie scarpe.
Mi accuccio, solo così ti sento sibilare qualcosa fra i denti e, prima ancora che io ti rivolga uno sguardo interrogativo e tu mi afferri per la spalla facendomi sbilanciare e finire a reggermi con le braccia sovrastandoti nuovamente, le mie labbra si incurvano. Comprendiamo le nostre ferite: nulla può curare l'anima se non i sensi, come nulla può curare i sensi se non l'anima. E noi siamo talmente ricoperti di brucianti tagli, dentro e fuori, lo siamo da troppo tempo.
Hai deciso di avanzare oltre il limite, di darmi carta bianca, di ammettere che vuoi la passione e lo sconforto di cui sono portatore e che ti sei sottratto abbastanza all'amore che credevi d'inseguire. Infine ti offri ad esso, lo attiri a te mettendo in mostra i lividi che ti circondano il bacino, i polsi, le circoscritte piaghe di morsi sul busto, docili labbra bagnate da saliva, lacrime e una sola goccia di sangue. Queste ultime si muovono, riferiscono con flebile voce parole contaminate dall'elegante germe della soggezione e dall'astuto asservimento che hai rivelato.
Sei tinto di rosso, di viola, di peccato e di redenzione.
<Ho detto ancora, Izuku>.


Spero di non aver calcato troppo la mano o di esser stata, invece, trattenuta nell'illustrare questa parte. Ci sarà un continuo nei prossimi capitoli, chissà che razza di confronto avranno.
Non ho fatto molti capitoli simili, prediligo un lungo discorso interiore come traccia, soprattutto perché risvolti come questo vi lasciano poco spazio (si rischia di perdere il filo delle azioni dei personaggi, davvero), ma vorrei credere di aver reso il pensiero di Izuku a dovere.
Ho impiegato non poco tempo a scrivere e ho posto l'ultimo, definitivo punto alle tre di notte (della serie insonnia portami via), amatemi per questo perché le mie occhiaie non sono una grande ricompensa.

Con affetto, l'autrice (~T^T)~♡

P. S. : ho svolto persino una lunga ricerca per queste bellissime illustrazioni (+_+).
Sono dei disegni stupendi, adoro la morbidezza dei tratti, rendono il tutto più realistico.
E qui ringrazio che nessuno possa accedere alla mia galleria perché queste sono le ultime salvate O_o.


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