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Uno, nessuno e centomila

Titolo: Uno, nessuno e centomila
Autore: Luigi Pirandello
Genere: Classico

Trama:

Nel momento in cui la moglie di Domenico Moscarda gli fa notare che il suo naso pende verso destra, l'uomo comprende di non conoscersi davvero né fisicamente né caratterialmente. Anzi comprende che ogni persona che lo conosce, lo vede in modo diverso, ma che lui non potrà mai vedersi come lo vedono gli altri. Quindi lui chi è davvero?

Stile di scrittura:

Difficile dare un giudizio tecnico ad uno stile di scrittura che ormai ha quasi un secolo. Una cosa è certa, per un romanzo del 1926 lo stile è quasi innovativo, ma c'è da dire che lo stesso Pirandello era innovativo, forse il migliore dei suoi tempi.

È stato quasi divertente leggere parole che non sono più di uso comune, o che magari ora si pronunciano in modo diverso; quanto mi piace veder scritto "maraviglia" invece che "meraviglia".

Un'altra cosa che ho notato è l'uso spropositato della punteggiatura. Molto spesso, anzi direi quasi sempre le frasi sono spezzate da virgole che specificano continui sottintesi; altre volte troviamo invece frasi corte e concise che appaiano quasi come esclamazioni pur senza aver bisogno del punto interrogativo, tanto sono perentorie.

Narrazione:

La narrazione è di una particolarità unica, ma d'altronde da un Pirandello, già in quei tempi immerso nel teatro, non ci si poteva aspettare nient'altro.

Tutto il racconto, tutta la follia e i pensieri, ci vengono raccontati dallo stesso protagonista, Moscarda. Lui non solo ci racconta cosa gli è accaduto dal momento in cui la moglie gli fa notare il naso storto, ma cerca anche costantemente di convincerci delle sue teorie. Si rivolge direttamente al lettore, ponendogli domande, delle volte sottintese, altre volte in cui le risposte sono intuibili.

Per l'intero romanzo, il protagonista cerca di dimostrarci che lui ha ragione, che non è pazzo, che siamo noi a non vedere la realtà per quella che è.

Giudizio personale:

Mi è impossibile dare un giudizio completamente positivo a questo libro. Di certo è un capolavoro classico, di certo è stato divertente da leggere (soprattutto non costretta, come quando lo si doveva leggere a scuola), ma tutta quella continua introspezione, tutto quel ribadire che lui vedeva sé in un modo, quello in un altro, quell'altro vedeva lui in un altro modo e quell'altro ancora vedeva l'altro in modo diverso. Insomma tutte quelle che, ora, definiamo appunto Maschere Pirandelliane, alcune volte mi hanno fatto venire il mal di testa e altre volte hanno tolto pathos all'azione. Perché non credete che questo romanzo sia introspettivo e basta, alcuni momenti particolari e adrenalinici li ha, ma purtroppo sono completamente smorzati dai rimugini di Moscarda.

In ogni caso è un classico, che almeno una volta nella vita andrebbe letto.

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