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religione del tirare tardi

Sarah, Beatrice e Pat scendevano lungo il Lee Boulevard in direzione dei Banks. Gli scooter sfrecciavano al limite della velocità consentita sulla grande arteria cittadina, zigzagando fra le auto. Beatrice amava quelle scorribande; la facevano sentire libera. Non aveva paura, l'unica cosa che provava era una straordinaria euforia. Sarah la seguiva a breve distanza, con il suo stile di guida freddo e metodico; niente a che vedere con il caos scavezzacollo di Bea. Pat chiudeva la fila, faticando per non perdere di vista le ragazze. Beatrice pensò che la sua virilità dovesse essere messa a dura prova da quella corsa.

Quando arrivarono al Red Baron il piazzale davanti all'ingresso era ancora semideserto. Parcheggiarono poco distante, e Sarah si accese una sigaretta non appena tolto il casco. Pat la imitò meccanicamente, e ne offrì una a Beatrice, che accettò e lasciò anche che lui gliel'accendesse.

"Tom dovrebbe arrivare da un momento all'altro," disse Sarah esalando un filo di fumo.

"Pat, tu che scuola hai detto che fai?" chiese Beatrice, tanto per ingannare il tempo.

"Jefferson."

"È rivale della nostra," ridacchiò Sarah, "dovremmo ucciderti."

Pat sorrise. "Sarebbe un'implicita ammissione della nostra superiorità."

"È vero, dannazione!"

"Ma com'è che vi conoscete, voi due?" intervenne Beatrice.

"Giri online," rispose Sarah, sottolineando la vaghezza dell'affermazione con un ampio gesto della sigaretta.

"Cioè fate sesso online? O siete complici in qualche losco traffico online?" Beatrice era divertita.

"Sesso con me..." Pat fischiò. "Le piacerebbe."

"Quanto a te piacerebbe essere mio complice," lo rintuzzò Sarah.

La discussione fu interrotta dall'arrivo di Tom e del suo scassatissimo scooter giallo. Si fermò a pochi metri da loro, li salutò con un ampio gesto della mano, disse qualcosa ma il brontolio del motore si portò via quasi tutta la frase. Spense lo scooter e ripeté, "ciao ragazzi! È da molto che siete qui?"

"Nah," disse Sarah, buttando via la sigaretta. "Entriamo, ho fame."

"Ciao, Tom," disse Beatrice. "Ciao," le fece eco Pat; poi si affrettarono a raggiungere Sarah. Beatrice a volte non capiva il comportamento dell'amica; a volte trattava male qualcuno senza un motivo apparente. Probabilmente Tom ci era abituato e non ci faceva più nemmeno caso, ma a lei dava fastidio, soprattutto quando lo faceva con gli altri.

All'interno del locale la musica era alta e l'aria calda. C'era già qualcuno che ballava, in pista o sui tavoli; al centro della sala si stagliava l'inconfondibile sagoma del triplano rosso, una replica perfettamente funzionante posizionata su una grande piattaforma che serviva anche per gli spettacoli di lap dance. Tre ballerine si muovevano con sensualità a tempo di musica attorno a quella macchina di morte, completamente nude.

"Ci mettiamo in una saletta," disse Sarah.

"Non guardiamo lo spettacolo?" chiese Pat. "Fra un po' iniziano a scopare in pista."

"Siamo qui per parlare, deficiente. Ricordi?"

"Oh," fece lui, un po' deluso, "già."

"Hey," chiese Beatrice a Tom, "parlare di cosa?" ma l'unica risposta fu un segno che lei interpretò come "aspetta".

Nella saletta laterale c'era molto più silenzio, ma anche più fumo. Un androide apparve da un ingresso laterale e si posizionò accanto al tavolo pronto a prendere le ordinazioni. Lo schermo che formava il piano del tavolo si accese, mostrando il menù. Sarah si sedette e iniziò a scorrerlo svogliatamente. Beatrice chiuse quasi subito il suo; "straccetti di pollo e una weiss media," disse rivolta all'androide. "Straccetti anch'io," disse Pat, "e una rossa."

"Io prendo il chili," disse Tom, "e una coca."

Sarah sbuffò e chiuse il menù. "Doppio cheeseburger, e una keller."

L'androide si mosse con un ronzio. "Molto bene, signori. Nient'altro?"

"A posto così, per ora," lo liquidò Sarah. Il robot si allontanò.

Pat si accese una sigaretta. "Ma chi era poi, 'sto barone rosso?"

Sarah sospirò. "Un pilota da caccia della prima guerra mondiale," spiegò, tirando fuori una sigaretta dal pacchetto e rigirandola fra le dita. "Tedesco."

"Cioè un nazista."

"Macché nazista, ignorante," intervenne Tom, "non ha fatto in tempo a diventare nazista. È morto prima."

"Quindi non era poi così bravo."

"Occhio a come parli, amico, Sarah stravede per il barone rosso."

Pat rise. "Cos'è, ti masturbi pensando a lui? Vorresti essere scopata su un areoplanino come quello di là?"

Sarah si fece ancora più seria e si accese la sigaretta. Esalò una lunga boccata di fumo prima di rispondere. "Il barone rosso era un eroe. Aveva le palle, cosa che di questi tempi è sempre più rara."

"Però qualcuno che l'ha ammazzato c'è stato."

"Rimane sempre il migliore. E poi non poteva finire diversamente. Gli eroi non muoiono di vecchiaia."

"Sarah," intervenne Beatrice, "così mi fai paura. Che discorsi..."

"Bea, pensaci. Davvero tu vuoi ammuffire in qualche ospizio ipertecnologico?" Sarah scrollò le spalle. "Io no... no, quella è la fine migliore; andarsene così, in un lampo, all'apice della gloria, e non spegnersi lentamente. Io voglio andarmene così, col botto."

La discussione fu interrotta dall'arrivo del cibo, e per un po' le chiacchiere furono dimenticate. Fu Tom a ricominciare, portando però la conversazione piuttosto lontano da dov'era prima. "Ragazzi, scusate se faccio il guastafeste, ma eravamo qui per parlare di un problema o sbaglio?"

Beatrice appoggiò la birra e drizzò le orecchie.

"Io ho perso i contatti con RedHound circa tre settimane fa," disse Pat.

"Io non sento più Cyan11 e Falcor."

"Io ho perso 6Karenina," concluse Sarah.

Beatrice si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore. "Cioè fatemi capire... sono spariti quattro hacker in tre settimane?"

"Già," disse Tom, "e la cosa più grave è che avevano tutti e quattro la loro base qui in città."

"Li conoscevate di persona?"

"No," disse Sarah. "Voi?"

"No," risposero Pat e Tom.

"Io mi sono messa un po' avanti con il lavoro e ho incrociato le date di sparizione presunte con le notizie dei quotidiani. Il problema è che non sapendo niente di queste persone non sapevo bene cosa cercare, però forse almeno una corrispondenza l'ho beccata."

"Sei la migliore, Sarah," disse Tom con un sorriso di sincera ammirazione.

"Spara," disse Pat.

"Il giorno dopo la presunta scomparsa di Falcor, sul QuickMessenger c'era un articolo che parlava di un incidente d'auto. La mia IA l'ha estrapolato perché la vittima era un programmatore della Delta Security. Il profilo potrebbe essere compatibile."

"Sul giornale c'era il nome?"

Sarah scosse il capo. "No, solo le iniziali. Privacy. Dobbiamo entrare nell'archivio del giornale."

"Quello posso farlo io, dovrebbe essere semplice," disse Tom.

"Ok," disse Sarah, "io e Pat facciamo la parte operativa allora. Tu trova il nome e noi andiamo ad indagare sul posto."

"Scommetto una birra che per domattina avrai il nome," disse Tom.

Sarah sorrise. "Ma tu non bevi."

"Appunto," replicò lui facendole l'occhiolino.

Beatrice non riusciva mai a seguire tutti i passaggi, ma amava guardare quando i suoi amici entravano in azione. Erano gli unici momenti in cui rimpiangeva di non essere una techie come loro. "Wow, ragazzi," sospirò, "siete fantastici. Sono sicura che ce la farete anche stavolta."

"Ce la faremo," disse Sarah, "anche se stavolta ho un brutto presentimento." Si alzò e si accese una sigaretta. "Tutti ai posti di combattimento, allora. Tu Tom fila al computer; Pat, tu dormi da me stanotte, così se domattina abbiamo davvero quel nome ci fiondiamo a indagare."

"Io andrò a nanna, invece," disse Beatrice, un po' delusa. "Meglio così, domani devo studiare e avrò altre due ore di lezione."

"Posso accompagnarti a casa," disse Pat, "prima di tornare da Sarah. È già tardino, si possono fare... hem... brutti incontri, e..."

"Va bene, ok," disse Beatrice sorridendo. "Calmati, mi fa piacere se mi accompagni."

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