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gli eventi precipitano

Guidare nel traffico dell'ora di punta era un'impresa perfino per due virtuose dello scooter come Sarah e Beatrice. Le auto diventavano mura di un dedalo in movimento che sembrava volerle schiacciare in ogni istante. Il rumore era insopportabile, lo smog denso e grigio. A Beatrice bruciava la gola.

"Perché hai scelto quest'ora del cazzo per muoverti?" chiese a Sarah quando si fermarono al semaforo fra la Gamble e la Heth. Un robot venditore di hot dog si avvicinò, ma loro lo ignorarono e lui passò oltre, muovendosi svelto fra le auto ferme per cercare di piazzare più panini possibile prima che scattasse di nuovo il verde.

"Perché oggi abbiamo un mucchio di cose da fare!" rispose lei, urlando quasi per sovrastare il frastuono.

"Prima non mi hai detto dov'è Pat!"

"È a letto, ieri ha fatto le ore piccole con me per analizzare i dati del cervellone di Net Seven."

"Ma tu cazzo non dormi mai?"

Sarah alzò le spalle. "Non se ho da fare," disse.

Il verde interruppe la conversazione. La Gamble era famosa per le sue boutique, ma a quell'ora erano tutte chiuse. Solo i bar erano aperti, e un paio di parrucchieri da trecento dollari per taglio e messa in piega. Un robot quadrupede attraversò la strada in mezzo al traffico, portando a spasso una mezza dozzina di cani, aspirando le loro deiezioni con un tubo e lasciando cadere ogni tanto una piccola crocchetta che le bestiacce si litigavano avidamente.

A Beatrice sembrò una cosa buffa, ma anche un po' triste; si chiese chi poteva essere così stupido da comprare un cane e poi disinteressarsene affidandolo a un robot. La domanda le girava ancora in mente senza risposta quando Sarah mise la freccia e parcheggiò davanti a un lussuoso condominio tutto vetri.

"Siamo arrivate," disse, togliendosi il casco e legandolo allo scooter. Beatrice avrebbe scommesso che si sarebbe accesa una sigaretta, e invece si precipitò all'interno, talmente veloce che era difficile starle dietro. Al centro dell'atrio un addetto della sicurezza le fermò. Istintivamente Beatrice guardò il cartellino, e trattenne il fiato per un istante quando vide che era un uomo della Delta Security.

"Dove state andando?" chiese, piazzandosi proprio davanti a loro.

"Abbiamo lezione con la professoressa Lean," rispose Sarah, "questo è l'invito," aggiunse mostrando qualcosa sul cellulare. La guardia passò il proprio telefono su quello di Sarah e un bip confermò che era tutto in regola. L'uomo si fece da parte. "Benvenute al Davis Building, signorine."

Gli risposero con un sorriso e si infilarono nel primo ascensore che si aprì. "Lezioni, eh?" disse Beatrice.

Sarah rise. "Non ti serve una ripassata?"

"Scema!" rispose lei, ma poi subito dopo si chiese se quella battuta fosse un doppio senso. Con Sarah non si sapeva mai cosa aspettarsi, la sua abilità di dedurre cose a volte sembrava sovrannaturale.

"Andiamo, l'account della vecchietta era il più facile da violare. Avere questo pass è stato un gioco da ragazzi."

"Secondo te la guardia l'ha bevuta?"

Sarah scosse il capo. "No. Ma ieri notte ho attaccato il server centrale del palazzo e manomesso il sistema di telecamere a circuito chiuso. Prima che capisca dove siamo avremo finito di fare quello che dobbiamo e ce la saremo già svignata."

"Dio degli scavezzacollo," sospirò Beatrice, "fa' che non ci sparino addosso proprio stamattina."

L'ascensore arrivò al piano. Sarah uscì con cautela, dopo aver dato un'occhiata in giro. "Faremo in un attimo. Dobbiamo trovare l'appartamento seicentoventotto.

"Di qua," disse Beatrice indicando un cartello con i numeri degli appartamenti e le frecce per orientarsi. Sarah partì di corsa e lei dietro.

L'appartamento era l'ultimo del corridoio. Sarah collegò il telefono alla serratura con un cavo che terminava in un connettore piatto, costruito apposta per infilarsi dove normalmente si passano le carte magnetiche. Le telecamere erano un po' dappertutto, e Beatrice pregò che l'hack di Sarah funzionasse. Altrimenti sarebbe stata espulsa dalla Edison per comportamento criminale, altro che per scarso rendimento!

"Fatto," disse Sarah quando la serratura cedette all'attacco con un click. Staccò il cavetto dal pannello e se lo mise in tasca. Entrarono e si chiusero la porta alle spalle.

L'appartamento era in penombra; i vetri oscurati lasciavano filtrare appena una luce spenta e piatta che confondeva i contorni degli oggetti anziché definirli. Un impalpabile velo di polvere che ricopriva ogni cosa era l'unico sudario concesso ai frammenti di una vita spezzata d'improvviso; tutto era rimasto dov'era come in un'istantanea sfocata, scattata involontariamente un istante prima di una tragedia.

"La polizia ha chiuso il caso in fretta, per loro si è trattato di morte naturale dovuta ad arresto cardiaco," disse Sarah sottovoce, "e questo va a nostro vantaggio, perché vuol dire che hanno frugato poco in giro. Se però ho ragione, e c'è una corporazione dietro a tutto questo, allora qualcuno sarà stato mandato a far sparire le tracce. Tuttavia," aggiunse, sorridendo, "abbiamo lo stesso le nostre carte da giocare."

"Ah, si?" chiese Beatrice guardandosi intorno. Le sembrava di passeggiare in un cimitero, anzi, in una tomba. Quell'appartamento era la tomba dell'esistenza di una persona. No, non una persona e basta; una ragazza poco più grande di loro, a giudicare dalle foto in giro. Una con dei sogni, dei progetti, del tempo davanti. Rabbrividì.

"Si," spiegò Sarah, "partiamo dall'ipotesi che gli agenti corporativi sapessero cosa cercare."

"Perché?"

Sarah sospirò e alzò lo sguardo verso il soffitto. "Perché se li ha mandati la corporazione che ha ucciso 6Karenina, allora sapevano anche com'è stata uccisa. Quindi sono arrivati e sono andati dritti a colpo sicuro sulla pistola fumante, trascurando il resto."

"Er... a proposito, com'è morta?"

"Sai cos'è un netstim?"

Beatrice inclinò la testa di lato. "Dovrei?"

"No," rise Sarah, "non dovresti. Comunque," proseguì collegando il cellulare alla rete dell'appartamento con un cavetto, "è così che l'hanno uccisa. Con un netstim."

"Sarah, ti odio. Che cazzo è un netstim?"

"È un apparecchio per il sesso a distanza. Sostanzialmente è una scatola dalla quale escono tanti cavetti che ti piazzi addosso con delle ventose. Agisce sul sistema nervoso ed è collegato alla rete. Puoi dare a qualcuno le chiavi di accesso e quello a quel punto può pilotare il tuo netstim e farti provare un po' di tutto."

Beatrice guardò l'amica di traverso. "Non sono sicura di voler sapere perché lo sai."

Sarah rise di nuovo. "È divertente. Può farti avere orgasmi a raffica o tenerti per ore sul filo, o qualsiasi altra cosa viene in mente al tizio che è dall'altra parte."

"Anche ammazzarti, si direbbe," ribatté Beatrice, usando involontariamente un tono più acido di quello che avrebbe voluto.

"Quello normalmente no. I netstim che trovi in commercio hanno dei blocchi di sicurezza. Io credo che quello di 6Karenina fosse stato manomesso."

"Ma se l'hanno portato via cosa speri di trovare?"

Sarah ammiccò indicando lo schermo del cellulare. "Il tesoro nascosto ovviamente."

Beatrice scosse il capo e lei proseguì. "6Karenina non era una sprovveduta. Anzi, era un'hacker di prima classe. Da qualche parte deve per forza avere nascosto uno sniffer, e dentro ci troveremo tutto il traffico di rete degli ultimi giorni, o addirittura delle ultime settimane."

Il cellulare emise un impercettibile bip. "Infatti," commentò Sarah. "Eccolo. Ben nascosto ma facile da trovare se sai cosa cercare. Scarico tutto e ce la filiamo."

A Beatrice sembrava che il tempo non passasse mai mentre Sarah copiava i dati. Aveva il terrore che la porta si aprisse da un momento all'altro e che la guardia entrasse sparando all'impazzata. Continuava a ripetersi che non è così che vanno le cose nel mondo reale, e che comunque doveva aver fiducia nella sua migliore amica; però la paura continuava a tormentarla.

"Come sapevi la password?" chiese, tanto per ingannare il tempo.

"Non la sapevo. È un sistema di sicurezza, ne ho uno così anch'io; se non lo attivi per un po' si apre, in modo che i tuoi amici possano accedere e controllare i dati. Una specie di assicurazione sulla vita, mettila così."

"Capisco," rispose Beatrice; ma in realtà non capiva, lei non pensava mai alla morte quindi faticava a immedesimarsi in una persona che faceva progetti per ciò che sarebbe successo dopo la propria fine. Il fatto che Sarah avesse preparato qualcosa nell'eventualità di morire le diede letteralmente le vertigini. Si guardò intorno. C'erano parecchi libri in giro, e soprammobili di tutti i tipi. Pupazzetti, vasi, animaletti di cristallo, bambole, oggettini di vetro, origami; tutto sistemato in un caos solo apparente, che diventava ordine non appena smettevi di concentrarti sui particolari e abbracciavi l'insieme. Era strano, continuava a sentirsi a disagio. C'erano ancora dei piatti ad asciugare sopra il lavello, e una rivista di informatica aperta sul divano. "Che tipo era 6Karenina?" chiese.

"In rete era forte. Nella vita reale non lo so, credo facesse l'impiegata amministrativa o qualcosa del genere. Comunque lavorava alla Panacea Inc. e il cervellone l'ha beccata perché era abbonata a un paio di riviste tecniche non proprio in linea con il profilo della tranquilla e noiosa contabile."

"Era giovane vero? E viveva da sola..."

"Aveva ventisette anni."

"Mi sembrano tanti ma suppongo che si possa dire giovane comunque." Poi pensò a Wolf e arrossì. "No, dai. Non sono poi così tanti."

Rimasero ancora qualche minuto in silenzio. La cosa diventava sempre più spettrale.

"Fatto!" annunciò finalmente Sarah. Senza aggiungere altro scollegò il cavo e si alzò. "Andiamo, dai!"

Uscirono silenziosamente com'erano entrate. Beatrice si diresse verso gli ascensori ma Sarah la trattenne per la maglietta. "Non di là!" disse, "di qua! Probabilmente ci stanno cercando."

"Se ci stanno cercando siamo fregate, Sarah!"

"Macché," ribatté lei, "credi forse che sia venuta fin qui senza avere un p-"

Un grido la interruppe. "Ferme!"

Beatrice sentì il terreno mancarle sotto i piedi.

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