colazione da Sarah
Quando sua madre la chiamò perché si alzasse, Beatrice era già in una specie di dormiveglia; aveva dormito poco, e adesso non riusciva a svegliarsi del tutto ma nemmeno ad abbandonarsi nuovamente al sonno.
"Bea, c'è Sarah al telefono!"
Beatrice sgranò gli occhi. Sarah! Le avrebbe fatto un culo così se fosse arrivata tardi per colazione. Sarah diventava una specie di mostro mitologico se non prendeva il primo caffè entro le otto. Con uno sforzo rotolò giù dal letto e in qualche modo si tirò in piedi. Mentre barcollava verso il telefono si chiese quanto avesse dormito o, piuttosto, quanto non avesse dormito.
"Pronto?"
"Bea!"
"Che c'è?" Beatrice non riusciva nemmeno ad aprire completamente gli occhi. Sua madre apriva tutte le finestre appena sveglia, e la casa inondata di luce le sembrava un'unico, indistinto, abbagliante nulla color bianco latte.
"Sono le sette, volevo essere sicura che tu fossi sveglia!"
Beatrice sospirò. "Sono sveglia grr... azie."
"Muoviti, ho torta e notizie! Fila a renderti presentabile e poi corri qui."
Beatrice riattaccò e si trascinò fino al bagno. Lavarsi la faccia con l'acqua fredda la svegliò definitivamente, così almeno riuscì a prepararsi per uscire senza addormentarsi sul lavandino.
Alle sette e trentacinque era da Sarah.
La signora Voss l'accolse con il solito sorriso, già tutta vestita e truccata e piena di energie. Quella donna doveva avere uno spacciatore bravissimo, pensò Beatrice salutandola. Il padre di Sarah invece come solito non era a casa; Beatrice decise di non fare domande.
"Ciao Bea!" la salutò Sarah vedendola entrare in cucina. Sul tavolo aveva già disposto tazze, bricchi, biscotti, frutta, e naturalmente la famosa torta. Era ancora in pigiama; una cosa veramente minima, ovviamente nera, con uno strano animale disegnato in stile manga sul petto. Di sicuro aveva a che fare con uno di quei giochi sui quali lei perdeva le notti e dei quali Beatrice invece ignorava persino il nome.
"Piantala di guardarmi le tette," disse Sarah ridendo, "e siediti."
Beatrice ubbidì, e per un attimo ebbe il dubbio di star davvero guardando le tette invece del disegno. Scacciò l'idea concentrandosi sul cibo; prese una fetta di torta e l'addentò. Era buonissima.
"Cavoli, Sarah! È una bomba!" ne buttò giù un altro morso, "ma come diavolo..."
"Internet," rispose lei ammiccando mentre versava il caffè nelle tazze. "Ci trovi la ricetta per qualsiasi cosa."
"Immagino," rispose Beatrice, interessata più al prodotto finale che al processo di produzione.
"Allora," disse Sarah sedendosi alla rovescia su una seggiola accanto a lei e appoggiando le braccia allo schienale, "il cervellone di Net Seven ha fatto il suo dovere! Abbiamo fatto un altro passo avanti, ed è tutto merito tuo... sei una grande, Bea."
"Andiamo," disse lei con un'alzata di spalle, "ho solo infilato una cosa dentro un'altra cosa. La maggior parte dei maschi lo fa, quindi non dev'essere poi una cosa così difficile."
Sarah rise. "Sei stata brava, andiamo. Ci vuole sangue freddo per fare queste cose e tu ne hai avuto parecchio."
"Mh," Beatrice annuì e inghiottì la torta, "stavo quasi per farmela sotto ma sì, ho resistito."
"In tutti i casi, adesso sappiamo chi è, o per meglio dire chi era, 6Karenina."
"Morta anche lei, quindi?"
"Già. Ed è pure morta male, secondo me."
"Cos... come?"
"Vedrai," disse Sarah.
"Come... vedrò? In che senso?"
"La parte operativa tocca a noi stamattina Andiamo a casa sua, quando hai finito di ingozzarti con la mia torta."
"Tecnicamente," ribatté Beatrice buttando giù il boccone con un sorso di latte, "questa è la mia torta... è la mia ricompensa per un'incursione perfettamente eseguita." Rise cercando di fare la faccia offesa.
"Va bene, va bene!" ammise Sarah alzando le mani, "hai ragione. Comunque, stiamo procedendo. Oggi sono più ottimista di ieri, credo che le nostre probabilità di trovare il bandolo della matassa stiano aumentando."
Beatrice annuì e si fece seria. Improvvisamente ebbe la sensazione che tutto sarebbe diventato più complicato nell'immediato futuro. "Tom e Pat che fanno?" chiese, tanto per allentare la tensione.
"Tom sta preparando il terreno per la prossima mossa."
"La prossima mossa?"
Sarah annuì e addentò la sua fetta di torta. Beatrice l'avrebbe strozzata quando si divertiva a fare la misteriosa. Dannata drogata di suspance. "Quindi?" la incalzò.
"Stasera io e lui ci intrufoliamo nel deposito auto della polizia."
Beatrice pensò che scherzasse. Ci mise un paio di pezzi di torta per capire che era seria. Quando ci arrivò, sentì il panico prenderle a cazzotti lo stomaco. "Sarah ma cosa... perché?"
"Devo accedere al computer di bordo dell'auto che ha fatto fuori Falcor."
"Sarah, ma sei impazzita o cosa? Se ti beccano là ti sparano addosso! Non è come piazzare una backdoor o entrare in un sistema tramite la rete... là... cazzo, rischi la pelle."
Sarah gettò la forchetta nel piatto, che tintinnò sgraziatamente. "La rischiamo già, Bea. Tutti. Cazzo, la gente sta morendo davvero, non so se hai notato. Possibile che non te ne rendi conto? È una fottuta guerra questa! Con i morti e tutto il resto." Si alzò e fece qualche passo nervoso avanti e indietro per la cucina prima di ricominciare. "Cosa dovremmo fare? Qualcuno sta eliminando gli hacker di Revolution City uno per uno. Aspettiamo che il prossimo sia Pat, o Tom? Oppure..."
"...oppure tu," concluse Beatrice, in tono grave. "No, hai ragione. Scusami," proseguì. "Nessuno combatterà per voi... per noi; nessuno può difenderci perché noi non esistiamo. Giusto?"
"Giusto."
"Solo gli hacker possono combattere per gli hacker."
"Giusto."
"Ho capito," concluse Beatrice, abbassando lo sguardo. Si sentiva un'ingenua, adesso. "Posso..." alzò gli occhi, cercando quelli dell'amica; li trovò lucidi, ma a loro modo fiammeggianti di spirito combattivo. "Posso aiutarvi in qualche modo?"
Sarah scosse il capo. "Non stasera. Ma tu sei una di noi, Bea, e sono sicura che avrai ancora da fare prima della fine." Le mise una mano sulla spalla. "Io ho fiducia in te. Non sei una techie, ma a tuo modo sei un'hacker anche tu. Ti voglio bene, scema," disse infine, abbracciandola.
Beatrice ricambiò l'abbraccio, stupita. Non aveva mai pensato a sé stessa come a un'hacker non tecnologica, ma le piaceva; e le piaceva come Sarah sapesse trovare il meglio delle persone, quando voleva. Strinse l'amica ancora più forte. "Anch'io ti voglio bene, Sarah. Stai attenta, ti prego."
"Andiamo," disse Sarah liberandosi con dolcezza dall'abbraccio, "non è così facile fregarmi. Faremo del nostro meglio e andrà tutto bene." Il tono era convincente, ma Beatrice conosceva Sarah troppo bene per non riconoscere il dubbio e la paura dietro la sua sicurezza. Tuttavia non disse nulla.
"Coraggio," proseguì Sarah, "finisci la torta mentre mi metto qualcosa per uscire, dobbiamo attraversare mezza città!"
"Ah," disse Beatrice, "a dir la verità..."
Sarah si fermò sulla porta. "Dimmi, Bea."
"Nah," rispose lei scuotendo il capo. "È un discorso lungo, magari ne parliamo più tardi."
"È importante?" chiese Sarah, osservandola con uno sguardo strano.
Beatrice sospirò. Improvvisamente i suoi problemi sentimentali le sembravano meno importanti. Oppure non se la sentiva di dire alla sua migliore amica che usciva con uno che poteva tranquillamente essere suo padre. Oppure... oppure in fondo erano fatti suoi. Sapeva che Sarah non l'avrebbe giudicata, ma sapeva anche che in quel momento aveva altro per la testa, e non le sembrò giusto caricarla anche dei suoi problemi; e poi chi l'ha detto che era un problema, dopotutto con Wolf stava bene e finora non aveva fatto nulla che lei non gli avesse lasciato fare. Diede un'alzata di spalle. "No... non realmente, no. Cioè, non è urgente, ecco."
"Dopo mi racconti," fece Sarah, con tono imperativo, prima di uscire dalla cucina.
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