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Capitolo 5. Il segreto di Kate

"Sono a casaaaaaaaa!!!" gridò Marley entrando e scaraventando sul divano il suo zainetto a forma di cacca rosa. La bambina non si era accorta della cupa e angosciante atmosfera di cui era infestata l'intera casa. Questo perché Marley, sprizzava sempre allegria da tutti i pori e tutte le brutte cose sembravano scivolarle addosso. 


Marley era molto positiva e questo era il suo più grande pregio.


Se le si presentava davanti un problema lei sapeva che esisteva almeno una soluzione per risolverlo. Ecco perché con il 'Signor Jack' continuava a insistere che sarebbe stato capace di cambiare e forse, di diventare buono. Però, Marley vedeva anche nell'impossibile.


Ad esempio, ancora pensava che la Luna fosse fatta di formaggio, che gli arcobaleni fossero peti di unicorni, che le farfalle potessero ritrasformarsi nuovamente in bruchi e che Slenderman avesse la cravatta rossa (o nera?).


Ma adesso torniamo alla storia.


Senza tergiversare più di tanto, il piccolo demonio andò a cercare sua sorella, vagabondando per le stanze della casa, quando finalmente arrivò davanti alla porta della sua camera che inspiegabilmente trovò chiusa.


Kate era solita lasciare la porta aperta, perché voleva avere sempre sottocontrollo la situazione in corridoio e anche per nascondere le scritte sul muro dietro la porta, quelle che i suoi genitori non avevano ancora notificato dopo undici anni che erano lì.


Era chiaro che Kate non volesse nessuno tra i piedi, men che meno in quel momento; ma a Marley stava brontolando lo stomaco e quella mattina aveva terminato i suoi cereali, così che avrebbe dovuto interrompere il piagnisteo della sorella per chiederle di cucinare qualcosa.


Dalla stanza stava uscendo una musica cupa e depressa, uno di quei gruppi gotici che sua sorella aveva l'abitudine di ascoltare quando qualcosa nella sua vita andava tremendamente storto, come quel giorno; ma i brontolii di stomaco superavano la musica e Marley, si decise a bussare.


- KNOC! KNOC! -


Ma niente.


Bussò di nuovo.


- KNOC! KNOC! -


Ancora niente.


- KNOC! KNOC! -


Appena dopo aver bussato per la terza volta, a pieni polmoni urlò: "Kateeeee! Ho fameeeeee!!".


Aspettò una frazione di secondo e visto che non ricevette alcuna risposta, allora con un calcio sfondò la porta.


"Kate?! Adesso posso entrare nella tua stanza?" domandò educatamente Marley, aspettando sull'uscio della camera che le venisse dato il permesso.


"Ma che cazz..." aveva singhiozzato Kate, che in quel momento non aveva uno dei suoi aspetti migliori.


"Adesso non posso neanche deprimermi in pace?! Mangiati i tuoi cereali e non rompere!" sbottò Kate, voltandosi dall'altra parte.


"Sei stata tu a lasciare la porta aperta, oggi?" domandò, neanche un secondo dopo.


"Quale porta?" ribatté Marley, ruotando la sua bella testolina bionda, come se non sapesse a cosa si riferisse sua sorella.


"La porta della cantina, sei stata tu!" Kate era diventata scura in volto, nel vero senso della parola, perché la sua pelle era diventata grigio fumo.


I capelli si erano tinti di nero e sotto agli occhi, erano rimasti i solchi lasciati da quelle lacrime di un profondo blu notte che Kate, continuava ad asciugarsi ininterrottamente col fazzoletto.


Questo era l'aspetto che Kate assumeva quando triste e sconsolata, si piangeva addosso per le sue sconfitte e continue difficoltà ad avere una vita, per quanto possibile, simile a quella delle persone normali.


Kate non odiava essere un mezzodemone, ma odiava il fatto di doverlo nascondere per paura che le persone avrebbero avuto una reazione come quella di Jason. Tuttavia, non poteva fare altro che nascondersi, perché nessuno avrebbe mai accettato un mezzodemone.


Al contrario di Marley, Kate era piuttosto negativa.


Ma non vedeva sempre tutto in nero, ma solo qualche volta e di più, in questi momenti.


Dopotutto, la sua vita sociale non stava andando proprio a rotoli e lei ne era ben consapevole: aveva una migliore amica, suonava il basso in una rock band, a scuola aveva voti alti in scienze e chimica e a sua insaputa, aveva anche uno spasimante segreto.


Asciugandosi le ultime lacrime, Kate ripeté la domanda.


"Sei stata tu a lasciare la porta della cantina aperta, vero?" disse in tono incredibilmente calmo.


"Ops..." fese Marley "... forse, non me lo ricordo. Ho giocato con il Signor Jack alle Principesse e gli ho fatto anche i boccoli!" annunciò sorridente.


Kate si posò una mano sulla fronte e abbassò lo sguardo.


"Sei andata a giocare con quel demone?"


"Sì, mi annoiavo." spiegò il demone biondo.


Kate roteò gli occhi al cielo e pensò che doveva essere stata colpa sua che non aveva ascoltato Marley quando glielo aveva detto, mentre lei si stava truccando nel bagno prima di uscire con Jason.


Kate sapeva essere una persona ragionevole e capì che sarebbe stato inutile prendersela con lei.


In fondo, le aveva già dato un'immensa soddisfazione dare quel calcio nei gioielli a Jack e ora, di venire a sapere che era stato torturato da Marley, le aveva fatto piegare le labbra in un largo sorriso.


Vendetta dolce vendetta. ♥


"Va bene, però cucino qualcosa di semplice." Annunciò alla fine.


Poi, scese dal letto e tutta la cupa atmosfera di prima svanì nel nulla, come se non fosse mai esistita. I suoi capelli tornarono normali, la pelle diventò chiara come prima e le righe blu lasciate dalle lacrime, scomparvero magicamente.


Kate, era tornata la Kate di sempre.


. . .




Jack se ne stava da ore, in silenzio, ad ascoltare i rumori che poteva udire sopra la propria testa.


Era stufo di stare rinchiuso là sotto. Aveva provato a tirare le catene, ma più ci provava e più quelle si stringevano attorno ai suoi polsi e alle caviglie, trascinandolo nuovamente contro la parete. Capì che non sarebbe stato facile liberarsene, ma non impossibile. Doveva solo escogitare un buon piano... magari, avrebbe potuto sfruttare Marley per farsi dire come sciogliersi da quelle catene.


Dopo un paio di minuti, qualcuno iniziò a scendere le scale della buia cantina. Guarda caso, doveva essere proprio Marley, a giudicare dal suono dei suoi passi e dall'odore nauseabondo di caramelle al lampone che inebriavano l'aria attorno.


"Ehi Signor demone con le calzette!" lo chiamò una vocina dall'alto.


Jack rispose con una specie di grugnito.


"Ti ho cucinato qualcosa!" annunciò lei, tutta contenta, continuando a scendere le scale "Spero che ti piaccia, perché non ho mai cucinato in tutta la mia vita."


Lo stomaco di Jack si contrasse, ma lui rimase in silenzio. Aspettò che il piccolo demone biondo si avvicinasse a lui, per lasciargli sul tavolo, accanto al letto, un vassoio.


Sopra al vassoio c'erano una ciotola di cereali multicolor col latte e un piatto di verdurine bollite.


Jack inarcò un ciglio. E quella, doveva essere la sua cena?


"Ho preparato la zuppa di marshmallow e unicorni fatati e un piatto di verdurine sane, quelle che mia mamma dice che fanno tanto bene alla salute!"


"Bleah!" sbottò il demone a righe, che sconsolato si rimise a sedere sul letto.


"Non vuoi assaggiare? L'ho cucinato io, per te..." Marley sfoggiò un paio di occhioni da cane bastonato, iniziando a uggiolare. Jack ebbe sentore che presto quel piccolo demonio si sarebbe messo a piangere se non avesse fatto come lei voleva... ma non poteva lasciarsi mettere i piedi in testa ogni volta!


"Non voglio mangiare quella merda!" sbottò il demone.


"Ma... ma... io l'ho preparato per te... mia sorella non voleva darti niente, ma io ho insistito così tanto che alla fine mi ha dato il permesso!"


"Non me ne frega un cazzo." la liquidò Jack, voltandosi dall'altra parte.


Marley, iniziò a piangere. Il demone a righe non riuscì a durare più di dieci secondi a quella lagna che gli stava trapanando le orecchie.


"Ok, va bene! Mangerò solo i cereali, giusto perché le verdure mi fanno schifo."


La piccola smise di piangere e stirò un sorrisone che prometteva ben poco di buono.


Si accomodò al tavolo davanti a lui e lo invitò a fare altrettanto. A quanto pare, lo avrebbe voluto controllare, se avrebbe mangiato tutto.


Jack roteò gli occhi, poi si accomodò al tavolo, osservò per qualche istante quella sbobba colorata dall'odore nauseabondo. Afferrò il cucchiaio e lo affondò nella sbobba, poi trangugiò il primo boccone.


Era qualcosa di più dolce delle sue caramelle. Poteva sentire una vastità di sapori, di cui riconobbe soltanto il gusto: fragola, limone, arancia, banana, pesca, mirtillo, mandarino, pompelmo, mango, kiwi, cocco, cioccolato, coca-cola e marshmallow.


Marley iniziò a sghignazzare di fronte a lui.


"Che hai da ridere piccola marmocchia?" sbottò il demone.


"Ho messo tanto zucchero, così magari diventi buono!"


Jack alzò di nuovo gli occhi e continuò a mangiare. Dopotutto, aveva molta fame e non poteva nutrirsi diversamente, se non di quella sbobba zuccherata. Iniziò a chiedersi, mentre consumava il pasto, se anche nelle verdure, quella piccola peste rosa, ci avesse messo lo zucchero.


Quando Jack finì i suoi cereali, si sentiva la bocca tutta schifosamente zuccherosa e la saliva era impastata di dolce. Adesso capiva perché quella bambina era sempre sù di giri.


"Signor Jack! Tira fuori la lingua!" chiese Marley.


"Perché dovrei?" domandò seccato.


"A me diventa sempre color arcobaleno dopo che mangio quei cereali."


Jack corse a guardarsi allo specchio e tirò fuori la sua lunghissima lingua, che gli arrivava fino a metà petto e vide che era, come temeva, tutta variopinta.


La punta della lingua era viola, poi sfumava al verde, al color puffo, poi diventava rossa, arancione, rosa shocking... era di tutti i colori dell'arcobaleno!


"Ti senti più buono adesso che sei colorato?" domandò lin tono innocente a vocina alle sue spalle.


Jack si sentì ribollire di rabbia. Avrebbe voluto afferrare Marley per quel piccolo collo fragile e stringerlo tra le sue grinfie, finché non avrebbe sentito un sonoro e soddisfacente - Crock! - poi avrebbe voluto divorarla tutta intera, senza prima smembrarla, come di solito faceva con le sue piccole vittime.


La tentazione in quel momento, era fortissima.


Bastò un secondo e già si ritrovò a un palmo dal naso da Marley, pronto ad afferrarla, quando il piccolo demonietto gli posò una mano sulla fronte ancor prima che lui potesse fare una mossa.


"Vuoi ancora uccidermi, Signor Demone con le calzette a righe?". Domandò la bambina.


Jack si fermò un istante a riflettere. Era in grado, anche lei, di leggere nel pensiero? Fino ad ora, pensava che solo sua sorella fosse stata in grado di sviluppare dei poteri mentali, oltre che la forza sovrumana di cui erano entrambe dotate.


"Pensavo che ormai fossimo amici". disse con voce triste Marley, rimasta evidentemente delusa dalla sua reazione.


"Amici?" ripeté il demone più a sé stesso che a lei  "Non so cosa ti sei messa in testa in quel piccolo cervello che ti ritrovi, ma io e te siamo nemici. Io odio i bambini, per questo li uccido... e non ho intenzione di diventare amico con le mie prede!".


Marley rimase in silenzio, agghiacciata dalla risposta di Jack. Poi, con una vocina sottile sottile, gli fece un'altra domanda.


"Perché odi i bambini Signor Jack?"


Jack si fermò a pensare. Sembrava strano che non sapesse rispondere a una domanda fondamentalmente così semplice. In fondo, doveva sapere bene anche lui perché lo facesse; ma a dire il vero, lo faceva per istinto più che per qualche motivo in particolare. Sin da quando era diventato Laughing Jack, il suo scopo era quello di rapire i bambini, portarli nel suo grande circo diroccato e divorare le loro anime. Chi era Laughing Jack? Perché odiava i bambini? Perché nel suo petto bruciava il desiderio di far loro del male? No, a queste domande, Jack, non sapeva rispondere.


Marley rimase a fissarlo a lungo, poi, tolse la sua piccola mano dalla sua fronte.


"Come immaginavo, non lo sai neanche tu perché lo fai..." sorrise leggermente "... forse, quando ritroverai la tua identità e capirai chi sei veramente, inizierai a pensare di cambiare dieta."


Jack rimase allibito da quelle parole, dette da una creatura tanto piccola. Per essere una bambina era più saggia di quelle della sua età e forse, ancora più saggia dei loro genitori. Questa cosa, lo lasciò sorpreso non poco. Poi, Marley, si allontanò da lui e iniziò a salire le scale.


"Buona notte calzette a righe!" gridò, per poi salire come un razzo le scale e chiudere la porta della cantina dietro di sé, lasciando Jack, per la prima volta, con mille dubbi a cui pensare.


. . .


Kate era nella sua camera e stava navigando in internet. Quella sera faceva molto caldo, per cui si era messa comoda in pantaloncini e canotta aderente, ignara che il vicino della casa di fronte, la stava spiando.


"Dai, dai..." bisbigliava con voce febbricitante Mr. X "... è da un anno che aspetto che accetti la mia richiesta di amicizia su Facebook!"


Da bravo hacker avrebbe potuto accedere al suo profilo e accettarsi la richiesta di amicizia da solo, ma non ci sarebbe stato gusto nel farlo. Mr. X era in un disperato bisogno di attenzioni e queste attenzioni, gli dovevano essere date da Kate. Da quando, Kate, era diventata la sua ossessione.


Ormai, non si accontentava più delle sue foto, con cui aveva tappezzato un muro della sua stanza. Aveva persino conservato una gomma da masticare già masticata che Kate, a tredici anni, aveva sputato per terra sul marciapiede di fronte casa. E lui, l'aveva raccolta e messa sotto formalina in un vecchio vasetto dei sottaceti. La conservava come una reliquia, da allora.


Kate chiuse la finestra di Facebook e ne aprì un'altra, completamente nera e dai caratteri difficilmente decifrabili; ma Mr. X conosceva molto bene quel sito. No, non era QUEL SITO che voi maschietti pensiate che sia. Era Creepypasta Wikia, un sito in cui sono raccolte numerose storie scritte da autori anonimi allo scopo di suscitare paura e disagio nel lettore. A quanto pare, Kate, aveva un evidente debole per l'horror e trascorreva, alcune volte, anche ore a navigare in quel sito.


Quello che Mr. X non sapeva era che, quel sito, Kate lo usava non solo come svago... ma anche per tenersi aggiornata su eventuali creature, serial-killer, demoni o qualt'altro di nuovo fosse in circolazione.


E l'altra cosa che Mr. X non aveva scoperto, era cosa c'era scritto in quella che sembrava una rubrica telefonica, che Kate, di tanto in tanto, sfogliava, scriveva o da cui cancellava qualcosa. Era la sua lista in cui segnava quali Creepypasta aveva visto, catturato, sfatato o addirittura, eliminato. E sul nome di Laughing Jack c'era già una bella 'X' sopra e affianco era stato scritto a lettere cubitali: 'ELIMINATO'.


Kate aspirava a diventare come suo padre, una cacciatrice di demoni professionista. Peccato che per diventarlo, avrebbe dovuto acquisire maggiore esperienza, a parere di suo padre, per questo motivo avrebbe dovuto dimostrarli di essere capace di eliminare da sola almeno dieci Creepypasta. Fino ad ora, sulla lista, c'erano: The Rake, Jeff the killer e Laughing Jack. Altri sette e avrebbe sfoggiato il titolo di cacciatrice di demoni, così avrebbe potuto lavorare anche lei per l'SCP come suo padre e finalmente avrebbe potuto sbattersene di andare al college, come avrebbe desiderato sua madre. Anche se aveva voti buoni, per Kate, non c'era nulla di più odioso al mondo che di studiare.


Ma tornando nella mente del nostro malato stalker, la sua vista aveva iniziato ad appannarsi e aveva iniziato a sbadigliare varie volte. Mr. X non era mai riuscito a capire quando fosse l'ora per Kate di andare a dormire, poiché si addormentava sempre lui per primo.


Mr. X si coricò a letto, nel suo confortevole pigiama estivo di Spiderman, alzando le leggere lenzuola di Batman fino al mento. Diede la buonanotte ai suoi modellini da collezione di Iron Man e di Capitan America che teneva sul comodino, affianco al barattolo con la cicca di Kate. Poi, augurò la buonanotte al poster di Catwoman grandezza naturale che si trovava appeso per lungo sopra la sua testa e che aveva modificato, mettendo una foto della faccia di Kate al posto di quella di Halle Berry.


"Sogni d'oro Principessa!" esalò estasiato e si addormentò.

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