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Capitolo 3. Un cupcake per il mio regno!

Alle otto di mattina, dello stesso giorno, Kate era alle prese con l'arricciacapelli nel bagno e Marley, era seduta al bancone della cucina a fare colazione coi suoi cereali preferiti da tredici trilioni e tre quarti di calorie al nanogrammo, gusto: vaniglia, cioccolato, caramello, cheesecake, fragola, banana, kiwi, pesto alla genovese, uova di struzzo in camicia, lardo di colonnata, bresaola, maionese, mortadella, organi umani e tante altre schifezze che non riuscireste a immaginare (... no, sul serio non potete immaginarle!).


Ora, vi starete forse chiedendo, o forse no, quante ore di sonno ha bisogno un mezzodemone? E di quanti stomaci per digerire tutta quella porcheria? Non posso rispondere alla seconda domanda perché non ho nozioni riguardo l'anatomia non-umana, ma posso rispondere alla prima.


Considerando che un demone non dorme mai, per un mezzodemone basta qualche ora di sonno per sentirsi rinvigorito ed era per questo motivo che a casa di Kate e Marley fare le ore piccole era all'ordine del giorno (o della notte?).


Ma torniamo a Kate.


Quel giorno, sarebbe stato un giorno importante per lei, perché finalmente sarebbe uscita con un ragazzo per cui aveva una cotta cosmica da 3 anni, 4 mesi, 2 settimane, 3 giorni, 17 ore, 24 minuti e 57 secondi.. 58... no, 59! No, no, adesso sono 25 minuti e... 


Ok, lasciamo perdere. 


Lui era il classico belloccio della scuola che amava tirarsela; ma a lei non importava, perché pensava che oltre ad essere un tipetto un po' vanitoso, fosse una persona molto sensibile ed emotiva capace di comprendere nel profondo l'animo umano.


Peccato che avesse leggermente una visione distorta di quel ragazzo... ma lasciamo parlare i fatti.



[INIZIO FLASHBACK]


Era una sorridente mattinata di Aprile quando...


"Ciao Jason!" lo salutò Kate, mentre camminava nel corridoio della scuola a braccetto con la sua migliore amica, la quale, era etichettata da tutti come 'Moby Dick'.


E adesso capirete il perché...


"Oddio, è di nuovo quella balena!" disse Jason, lisciandosi i capelli biondi indietro e fingendo di niente, ignorò palesemente il timido saluto di Kate, alla quale, neanche fece caso (anche perché era nascosta dietro la sua voluminosa amica).


. . .


Era la festa di fine anno della scuola e Kate sfoggiava un vestito blu elettrico del suo colore preferito quando successe...


- SPLAAAAASH!!-


Del ponch rosso la lavò completamente dalla testa ai piedi.


"Ma che cazz..."


Kate stava digrignando i denti cercando di capire che cavolo fosse successo quando vide quell'oca di Gwen, la cheerleader più popolare della scuola, ridere come una scema perché aveva 'per errore' fatto inciampare la sua amica sopra al tavolo del buffet.


"Ahahahahaha!" si sentì la risata cristallina di Jason, poi qualcuno dei suoi amici urlare dal fondo della sala.


"Magikarp ha usato splah... ed è super-efficace!"


. . .


Oppure di quel tragico incidente di Halloween...


"Da cosa ti sei travestita, Kate?" domandò la sua amica, che come tutti gli anni, aveva optato di travestirsi da Pippi calze corte (?).


"Sono Jeff the killer!" rispose, mostrando persino il coltello da cucina 'finto' che aveva sporcato di proposito con del 'succo di rapa' per ricreare l'effetto del sangue. 


"Cavolo! Persino il trucco sembra reale..." si complimentò.


Entrarono in un locale in cui si trovava buona parte dei loro compagni di scuola. Kate non riuscì a controllare la sua forza quando spalancò la porta per entrare e immancabilmente, questa, andò a schiantarsi contro la faccia di qualcuno.


-STOMPH!-


Jason era a terra e si stava tenendo tra le mani il naso che stava grondando sangue. Kate si precipitò a soccorrerlo, ma con l'esito che...


"AAAAAH! Che cosa c'è che non va nella tua faccia?" il biondino indietreggiò spaventato, per poi attirare l'attenzione su di sé delle cheerleaders che come lo videro iniziarono subito a colpevolizzare il finto Jeff the killer dell'accaduto e a gonfiare il fatto.


"Gli è andata addosso e ha cercato di picchiarlo!" urlò con finte lacrime Gwen, accogliendo tra le braccia il 'povero' Jason che adesso era pure in lacrime per lo shock.


Kate si sentì così male che lasciò la festa e se ne tornò a casa.


[FINE FLASHBACK]




E com'è successo che Kate sia riuscita ad ottenere un appuntamento con Jason? Ecco, è avvenuto tutto nella maniera più insolita che si possa pensare...



"Ciao Jason! Ti va di uscire con me? Ho due buoni per vedere i Ramblers allo stadio questa domenica!"


"Sì, grande!"


E fu così che accadde.


***


In tanto, Marley stava contemplando la confezione dei suoi cereali preferiti, la quale era allegramente disegnata con unicorni color arcobaleno e immagini di marshmallow parlanti.


"Chissà se il Signor Demone a righe ama gli arcobaleni..." stava rimuginando il piccolo demone dalla chioma dorata. Ed ecco che come appare un arcobaleno dopo un temporale, le balenò in testa un'idea.


Un'idea demoniaca.


Abbandonò i suoi cereali sul bancone della cucina su cui stava facendo colazione e piombò in camera sua in due petosecondi. Spalancò l'armadio a specchi e tirò fuori alcuni vestiti. Indossò la sua maglietta preferita con due unicorni sopra un arcobaleno, una gonnellina a balze rosa shocking e un paio di calzette a pois bianche e nere. Poi, prese alcune cose dall'armadio, le infilò in uno zainetto a forma di cacca rosa e quatta quatta iniziò ad avviarsi verso la cantina della casa.



"Dove stai andando con tutta quella roba?" domandò Kate, quando la sentì passare per il corridoio davanti alla porta del bagno.


"Voglio far provare a Jack i miei vestitini colorati!" rispose con una voce sincera e cristallina.


In tanto, Kate, era alle prese con il mascara.


"Ah-ha.... va bene, vai pure." rispose distrattamente, come se quello che avesse detto sua sorella fosse stata una cosa assolutamente normale e che faceva tutti i giorni.


Marley non se lo fece ripetere due volte e andò a tortur.... ehm, a trovare il demone a righe che sua sorella aveva imprigionato nella loro cantina.


***


Gli scalini di legno scricchiolavano e facevano un fracasso tale che Jack, avrebbe potuto udirlo anche a chilometri di distanza. Dallo scalpiccìo e dai saltelli, intuì che doveva trattarsi ancora di quel piccolo demonio rosa, che chissà per quale oscura ragione, sembrava ce l'avesse con lui.


"Buongiorno Signor Jack!" lo salutò Marley, sorridendogli, mentre si trascinava dietro uno zaino a forma di cacca rosa sovraccarico di vestiti.


Jack inarcò un sopracciglio, ma non rispose. Semplicemente rimase a sedere sul letto ad osservare la scena.


"Vuoi fare un gioco con me?"


"No." rispose secco Jack.


"Risposta sbagliata, Signor calzette a righe!"


"Il mio nome è Jack, Laughing Jack!" ruggì arrabbiato, cercando di intimidire quella bambina.


No, non ottenne nessun risultato del genere, perché Marley, primo non era una bambina e secondo, aveva già visto tanti demoni nella sua breve vita da non aver quasi motivo di temerli. La sua era stata solo una delle innumerevoli reazioni che aveva già potuto osservare su altre prede di suo padre.


In tanto, Marley, iniziò a tirar fuori dallo zaino quello che aveva preso dal suo armadio: sciarpe in piume di struzzo dai 7 colori dell'arcobaleno, fiocchi, nastrini, maglie con merletti, pantacalze con motivi bizzarri e multicolor...


Jack iniziò a sudare freddo.


"Che cosa hai intenzione di fare?"


"Tu sarai la mia bambola e ti chiamerai Tiffany!"


Jack si sentì venire il voltastomaco quando le sue orecchie udirono quel nome così... femminile e così schifosamente... carino. No, lui non voleva essere carino. Lui era un demone! Lui era una creatura della notte che tutti i bambini temono di incontrare, era l'anima oscura che aveva divorato la vita di tanti bambini innocenti strappandoli ai loro genitori, era il male assoluto, il peggior incubo di ogni essere umano, era....




"Come sei bella Tiffany!" disse Marley dopo avergli messo in testa un fiocchetto di uno smagoso rosa fluorescente.


"Non sono Tiffany!" Jack si strappò via quel coso dai capelli e lo gettò in terra, ai suoi piedi.


"Non voglio giocare con te! Non sono la tua bambola! E adesso levati dai piedi, prima che decida di mangiarti."


Marley non indietreggiò. No, Marley rimase lì davanti al demone e iniziò a mostrare degli acquosi occhioni blu. Stava per piangere.


"Tsk! Non puoi immaginare quanti marmocchi ho visto piangere e non ho mai provato compassione per loro... vattene o ti divorerò." annunciò lui, ma fu troppo tardi.


Il piccolo demone con le calze a pois iniziò a piangere. A piangere, talmente forte, che non sembrava il normale pianto di un essere umano. No, quello era un pianto assordante e stava martellando le orecchie di Jack. Quella odiosa, odiosissima lagna, gli stava entrando dritta nelle cervella.


Si portò le sue grosse manone per coprire le orecchie e corrugò la fronte.


"Io volevo giocare con Jack... perché nessuno vuole mai giocare con me!?" si lagnò Marley continuando a frignare.


"Va bene! Va bene!" ruggì Jack, ormai in ginocchio dal dolore che gli stava provocando sentire quel fastidioso rumore alle orecchie.


La lagna cessò all'improvviso e Marley, incredibilmente, come se niente fosse successo, si alzò in piedi e fece un timido sorrisino.


"Allora Tiffany, ti devo sistemare quei capelli, perché il Principe Arold ti porterà al ballo tra un'ora!" quel piccolo mostro rosa si avvicinò in modo inquietante a Jack e da quel momento, il Demone a righe, non aveva più avuto memoria di quello che accadde in quei tragici attimi.


***


Dopo tre quarti d'ora, Jack, aveva dei bellissimi boccoli neri che gli scendevano dolcemente sulle spalle. Indossava un incantevole abito da principessa, che consisteva in: una sciarpa in piume di struzzo viola avvinghiata al collo, una maglietta rosa che gli era entrata per metà e quindi gli lasciava scoperto tutto il ventre, una lunga gonna con le paiettes in uno stucchevole motivo a cuori e un paio di ballerine dorate, ma siccome portava il sessantaquattro di scarpa e quello era un misero trentacinque, gli stavano a pennello solo sull'alluce.


Marley si divertì a scattargli qualche foto con la sua fotocamera digitale, dopodiché prese un bambolotto maschio vestito da principe delle favole e iniziò a recitare la sua parte.


"Tiffany, sei incantevole stasera!" fece Marley.


Jack si rifiutò di stare al gioco, ma vedendo quella inquietante bambina che stava minacciando di piangere ancora, allora decise che era meglio assecondarla. Per il momento.


"Oh! Anche tu sei incantevole sua vomitevole maestà principe Arold!" recitò seccato.


"La carrozza ci scorterà al castello!" la bambina tirò fuori dal suo orribile zaino una carrozza a forma di cipolla argentata, trainata da due maiali alati. "Entra mia Principessa!" e avvicinò la carrozza ai suoi piedi.


"Non vorrai che io entri seriamente là dentro!?" si chiese Jack.


Marley fece cenno di no con la testa e avvicinò il bambolotto alla sua faccia.


"Dai un bacino al principe Arold!"


"No!" ribatté secco Jack.


"Mi metto a piangere se non lo fai!"


"Non faccio come simili!" questa volta non vacillò.


"Ma lui ti ama!" pretestò Marley, prendendo le difese del principe delle favole.


"Ma io no!" disse gelidamente Jack.


"Ok, però ami i suoi soldi, perché lui è molto ricco e non vuoi più vivere in quella topaia a sgobbare per le tue terribili sorellastre lavorando tutto il tempo come domestica."


Jack rimase sorpreso. Sembrava piuttosto sveglia come bambina e aveva capito da che parte girava il mondo.


"Allora?" insisté Marley, in attesa di una risposta.


Dopo una lunga pausa, Jack ribatté.


"Va bene, sarò la tua puttanella."


"Hai detto una parolaccia!" si lamentò Marley.


"E allora?"


"Non si devono dire, la mia mamma dice che solo le persone maleducate le dicono."


"Sai quanto me ne fotte..."


"Le Principesse non dicono le parolacce!"


Jack, ormai stufo di stare al gioco di quel piccolo e fastidioso mostro rosa, la afferrò d'un tratto per il colletto del vestito e la sollevò da terra.


"Senti, io non sono una Principessa, un Principe, un unicorno, un marshmallow o qualsiasi cosa schifosamente colorata, orrendamente pucciosa e smagosamente affettuosa!" ruggì di rabbia.


Marley, tuttavia, non si scompose minimamente e questa inaspettata reazione aveva incuriosito Jack. Poi, con una vocina per nulla sottomessa, il demone con le calze a pois, osò persino rispondergli per le rime.


"Guardati allo specchio e dimmi cosa vedi."


Jack sospirò pesantemente, posando la bambina a terra. Si alzò dal letto, con il rumore delle catene che seguiva ogni suo movimento e si mise in piedi davanti a quello specchio in frantumi.


Rimase terrorizzato da quel che vide.


I suoi capelli erano... bellissimi. Le sue guance rosa e la sua carnagione non era più pallida come quella di un cadavere come era sempre stata, ma aveva un tono abbronzato. E tutto quell'insieme di colori del suo vestiario, lo fecero sentire... strano.


Si sentiva ridicolo. Come aveva fatto a passare da essere il grande demone che era a... essere il demone che viene usato come giocatollino da una bambina?


"Signor Jack!" lo chiamò Marley "Devo andare adesso".


Jack, non fece in tempo a voltarsi che Marley era già lontano dalla sua portata e stava risalendo le scale come un razzo, trascinandosi dietro lo zaino a forma di cacca rosa.


Allora, Jack, si tolse immediatamente quelle orrende cose che lo aveva costretto a indossare e si rimise i suoi vestiti, felice di starsene finalmente un po' in pace.


***


Più tardi, nel pomeriggio, Kate tornò a casa con un ragazzo. Era alto, biondo, con un fisico scultoreo e una dentizione perfetta. Sembrava quasi un Ken vivente e Kate pendeva dalle sue labbra. La giornata era andata così bene che le era completamente passato di mente che a casa sua, ora, viveva un demone nella cantina.


Kate tirò fuori il mazzo di chiavi dalla sua borsa a forma di gatto e aprì la porta.


"Posso offrirti un tè freddo?" si rivolse con un candido sorriso al ragazzo, che sembrava più interessato a guardare la biondina che stava portando a passeggio il cane.


"Uhm, sì ok." rispose in ritardo, entrando in quella casa che in quel giorno, gli avrebbe regalato un'esperienza mozzafiato che lo avrebbe indubbiamente segnato a vita.

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