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Cap. 15- Pulito e profumato

Rolak'un

Era davvero quella stupida nanetta ad aver causato tanto scompiglio all'interno della solitamente tranquilla foresta?
Stranito per via della sua apparente bassa pericolosità, decisi di ignorarla e non proseguire oltre questa conversazione.
Osservai il lento sovraggiungere delle prime luci dell'alba e mi avviai al fine verso la galleria prima che il sole sorgesse.

"Signore!"
L'elfa mi urlò dietro.
"Credete forse di non dovermi nulla dopo aver interrotto la mia caccia?!"
Domandò, oltraggiata.
L'oscurità era stata schiarita dalla poca luce, ancora sopportabile ai miei occhi, che consentiva ora alla ragazza di vedermi.

"Non ti conviene avere a che fare con me, torna a casa."
La avvertii con serietà.

"Eh no, buon elfo! Voi sarete pure un tenebroso viaggiatore, un vendicativo stregone o quel che volete. Ma io non perdono, dovete risarcirmi!"
Sbraitò.

"Non porto denaro con me, non posso offrirti nulla." Risposi, seccato.
Che ragazza molesta.

"Lo immaginavo povero e malconcio come siete. Ma potete stare tranquillo perchè io non voglio il vostro denaro, ho solo bisogno di un seguace."
La sentii avvicinarsi.

"Cerca un seguace tra la tua gente."
Avanzai dirigendomi verso la zona dove vi era il passaggio, evitando di entrarvi in sua presenza.

"La mia gente? Avete mai anche solo conosciuto un pilionem?! Quelli non sarebbero in grado di far male a un moscerino.
Ma voi invece, voi tendryan sì che siete un popolo di veri guerrieri!
La vostra storia, le vostre leggende vi descrivono come gli assassini più feroci di Hadm!"
Parlava con un certo entusiasmo, come se si trovasse in presenza di un idolo, un mito.
Credo che avrei persino potuto vedere i suoi limpidi occhiucci emozionarsi al punto da ricoprirsi di calde lacrimucce luccicanti, se solo avessi avuto l'interesse di girarmi a controllare.

"L'unica pilionem che uccide si trova in presenza dell'unico tendryan che non lo fa.
Non so chi sia più strano tra noi due ma non mi unirei a te neppure se me lo chiedesse Akhraz in persona!"
Alzai la voce, sicuro che così facendo avrebbe definitivamente smesso di seguirmi.
In realtà speravo anche di sentirla frignare a dirotto, così avrebbe imparato ad improvvisarsi grande cacciatrice con gente più temibile di lei.

"Potrebbe non essere un problema."
Sentii così parlare mentre mi veniva spaccata potentemente la bottiglia in testa, ad una velocità che rendeva il colpo difficilmente scansabile.
Vidi tutto sdoppiato per un istante.
Svenni.

Quando ripresi i sensi mi accorsi di trovarmi su qualcosa di morbido, probabilmente un improvvisato letto.
Ero dentro una strana tenda, i cui bianchi veli si trovavano legati a quattro tronchi d'albero che ne facevano da sostegno.
Naturalmente la testa mi faceva ancora malissimo.
Era pieno giorno e non riuscivo a tenere gli occhi aperti per più di qualche secondo.

"Oh, guardate! Si è svegliato!"

Udii una voce di donna, poi tante altre, le quali ridevano e mormoravano tra di loro.
Sentii che venivano verso di me, riuscendo solo ad osservarne sfocatamente le ombre.

"Dove sono...?"
Bofonchiai confusamente.
Vi era un forte profumo di fiori nell'aria.
La testa mi girava e non riuscivo a capire che razza di strano incubo fosse.
La risposta alla mia domanda furono una serie di altre risate.

"Ma che carino! Dove hai detto che lo hai trovato Dora?"

"Ah, sai, era lì tutto solo e abbandonato... dev'essere stato pestato da un troll."
Riconobbi la detestabile vocetta della pilionem cacciatrice.
Il solo udirla mi rese terribilmente nervoso e mi misi seduto, sebbene continuassi a non riuscire a tenere gli occhi aperti.
Doveva avermi condotto nel suo covo di assidui produttori di vino, ovvero il villaggio Pilionem.

"Povero caro..."
Continuò un'altra, dalla voce più matura.

"Aspetta, ci penso io."
L'adorabile elfa dei boschi mi poggiò sul naso dei piccoli occhialini dai vetri scuri, probabilmente ricavati da quelle loro stupide bottiglie.
Le lenti erano finemente intrecciate con fili di rame.
Grazie ad essi riuscii ad aprire gli occhi senza soffrirne troppo e mi guardai attorno.
Lei mi si era inginocchiata di fronte, ne distinguevo finalmente i colori.
Rimasi giusto un istante rapito dal timido sbattere delle lunghe e rosse ciglia sui suoi grandi occhi del colore dell'ambra.
Una decina di altre elfe della stessa razza se ne stavano sedute a semicerchio attorno al giaciglio sul quale ero sistemato.
Parevano tutte talmente dolci e carine che risvegliavano in me il tanto represso istinto omicida.
Mi accorsi ordunque di un altrettanto spiacevole avvenimento.
Profumavo.
Ed ero pulito.
E avevo indosso vestiti profumati e puliti.
Ero tanto aulente che stavo per rischiare uno svenimento, di nuovo.

"Che cosa mi avete fatto?!"
Domandai, sconvolto.

"Ti abbiamo lavato!" Rise una di loro.

"V-voi mi avete lavato?!" Balbettai.

"Oh, si, almeno una decina di volte!"
Aggiunsero.

"COSA?"
La mia espressione doveva mostrare un disprezzo indescrivibile.
Ero ripugnato.
E la mia rapitrice ne sembrava divertita.
I visi confusi delle altre elfe erano uno più buffo dell'altro, con i loro piccoli nasini a patata e guance rosse e paffute.
Le pettinature, che sfoggiavano con una certa vanità, consistevano perlopiù in semiraccolti dagli intrecciati improponibili.
Fino a quel momento ero stato convinto del fatto che la cacciatrice fosse null'altro che una pestifera ragazzina, ma osservando le altre e alzandomi, notai che erano tutte più o meno di eguale bassezza.
Alcune, indipendentemente dall'età, non superavano infatti l'altezza del mio addome.
Guardavo distrattamente i loro vestiari fogliosi e ridicoli, quando venni preso per le braccia e tirato da 3 o 4 di loro tutte insieme.
Mi trascinarono rapidamente verso lo specchio di legno che tenevano appoggiato tutt'altro che saldamente ad un tronco di sostegno, perchè potessi ammirare il loro operato.
Impiegai qualche istante nel riconoscere il ragazzo che mi era di fronte, dall'ultima volta che avevo avuto il piacere di vederlo.
Mi avevano sbarbato e tagliato i capelli fino alle spalle, più ordinati di quanto li avessi mai tenuti.
Non detestavo troppo il giaccone in foglie nel quale ero stato infilato, poichè se non altro era nero e privo di fiori.
I tondi occhialini scuri erano decisamente un tocco di classe.

"Ti piaci, caro?"
Domandò entusiasta una vecchina.

"Mi piacerebbe avere delle scarpe."
Non diedi sazio, curioso di sapere dove avessero nascosto i miei scarponi, sebbene malconci.

"Ma non puoi! Qui nessuno le porta, ragazzo! Ci distoglie dal nostro intimo contatto con la natura!"
Rispose la stessa, adirata, dandomi uno scappellotto sul collo.
Ma che diavolo stava dicendo?
E poi per essere un popolo pacifico, le donne sembravano parecchio manesche.
Non ebbi reazione e mi limitai a girare una feroce occhiataccia alla cacciatrice, nella speranza che mi fornisse delle spiegazioni.
Lei mi fece cenno di seguirla fuori.

"Vi dispiace se ve lo rubo un attimo?"
Chiese ironicamente rivolta alle altre mentre entrambi uscivamo dalla tenda.
Le elfe continuarono a ridacchiarci dietro come oche, augurandoci una felice vita coniugale.
Ancora qualche minuto lì dentro e quel loro starnazzare mi avrebbe fatto esaurire.
Il primo impatto col sole mi distrasse dal mio nervosismo.
Mi alzai il cappuccio del giaccone sulla testa, per ripararmi dalla luce diretta per via della mia ormai bassa resistenza a quest'ultima.
I raggi erano battenti ma non aggressivi, tanto che la presenza del vento ne rendeva quasi piacevole il calore.

"Venite, ci andiamo a fare due bevute e vi spiego cosa voglio da voi."
Mi disse, guidandomi lungo il loro villaggio.

"Va bene... Dora, giusto?"
L'avevo sentita chiamare così e domandai per esserne sicuro.

"Liodora per voi, seguace!"
Rispose con una certa soddisfazione nel pronunciare l'ultima parola.
Roteai gli occhi e la seguii senza aggiungere altro.
Avrei potuto stordirla e fuggire via in qualunque momento, ma riconobbi in lei un fegato non indifferente.
Si, lo ammetto, quella ragazza bassa e patetica, rivestita di fiorellini mi aveva colpito (letteralmente).
Aveva osato sfidarmi e non sembrava neppure spaventata da una mia possibile vendetta.
Se aveva agito così, poteva esserci una buon ragione ed ero intenzionato ad ascoltarla.

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