⚜GASHIR- Furia Rossa
Incurante delle regole delle lance dei soldati di suo padre, Gashir incedette per il corridoio lastricato, in preda alla rabbia più accecante che avesse mai provato.
《Perquisite a fondo questo dannato palazzo. Se lei è qui, voglio che la troviate》ordinò seccamente, non smettendo di camminare.
Il comandante della piccola guarnigione che lo aveva raggiunto annuì in silenzio, e tornò indietro con un paio di uomini.
Il ragazzo uscì finalmente all'esterno del Palazzo del Loto, e il vento caldo tornò a sfiorargli le guance congestionate.
Si sentiva in fiamme, furioso, agitato e, soprattutto, profondamente umiliato.
Temeva l'arrivo di suo padre, temeva il suo sguardo deluso, la sua disapprovazione per qualcosa che avrebbe dovuto evitare.
Ma non c'era stato assolutamente nulla che potesse fargli prevedere qualcosa del genere, proprio nulla.
Semplicemente, Faerneys non si trovava, e nessuno sapeva dove fosse. L'anziana Ejimana aveva negato ogni coinvolgimento, asserendo di aver lasciato la ragazza in compagnia di due consorelle per la preparazione, e di averla vista di nuovo appena pronta, con l'abito e il velo indosso.
Gashir non riusciva a capire come avesse fatto a sparire completamente in quel minuscolo, insignificante lasso di tempo.
Osservava la strada di fronte al Palazzo, totalmente sgombra e silenziosa; evidentemente, le persone si erano accorte delle guardie del Khadir, e preferivano starne ben lontani.
Dopo qualche minuto, udì un rumore lontano di ruote e cavalli, prima che una carrozza chiusa piombasse di gran carriera nel cortile antistante al palazzo.
Il simbolo del Khadir sulle portiere era ben evidente.
Un'armigiero dai lunghi baffi neri si precipitò a scendere da cavallo, e aprì lo sportello di legno della carrozza, facendo immediatamente spazio a suo padre.
Il Khadir, imponente nella tunica rossa con i paramenti dorati, scese dagli scalini e piombó sulla terra sabbiosa. Gli occhi neri come la pece erano scintillanti di rabbia, e Gashir ne era ben consapevole, nonostante la distanza.
Comunque, ebbe il coraggio di farsi avanti.
《Padre...》
Il Khadir non rispose e lo superò, dandogli le spalle. Comunicò qualcosa al suo capo guardia e si fece accompagnare all'interno, senza rivolgere neppure un cenno a suo figlio.
Da dentro la carrozza sua madre, avvolta nei veli rossi, piangeva tutte le sue lacrime.
《L'hai persa! Hai perso una dannata ragazzina!》
Gashir, in silenzio e a testa bassa, ascoltava tutti gli improperi che suo padre gli stava rivolgendo.
Il Palazzo del Loto, così delicato e silenzioso, era diventato una sorta di caserma, pieno com'era di soldati, messaggeri e servitori.
Il Khadir aveva preso possesso di una delle sale adibite al ricevimento dell'Ejimana più anziana, e lo aveva trasformato nel suo ufficio. Tutte le giovani ospiti e le Sacerdotesse erano state rinchiuse nell'ala sud del palazzo, per dare modo al Khadir di eseguire tutte le ricerche che desiderava.
Al momento, il padre di Gashir aveva dato istruzioni affinché un contingente armato di settanta uomini fosse inviato in città per effettuare le ricerche, mentre il resto della sua guardia privata era stato impiegato per scandagliare completamente il Palazzo, impresa non facile, date le sue enormi dimensioni.
《Padre, ho già detto che non ne avevo alcuna idea! Quando sono arrivato mi è stato semplicemente detto che era tutto pronto, che la cerimonia sarebbe cominciata senza indugi, ma al momento dell'entrata...》
《Sì, sì! Conosco già la tua versione》
Suo padre prese a massaggiarsi i lati della testa, ad occhi chiusi, nel tentativo di riflettere.
Poi, improvvisamente, chiamò una delle schiave Khoole, prontamente in piedi accanto alla porta.
《Manda a chiamare Meraz di Ashmira. Che venga immediatamente, non mi interessa cosa ha da fare》
La ragazza annuì con un leggero mugolío, e si affrettò ad uscire dalla sala. Come la maggior parte dei servitori privati del Khadir, la giovane Khoole era muta, una senzalingua, mutilata affinché non rivelasse nessun segreto del suo padrone ad altri.
Gashir si ricosse, sorpreso.
《Intende far chiamare il Mercenario?》
《Trovi qualcosa di meglio da fare?》
Gashir si avvicinò alla scrivania di legno, osservando una mappa di Haara, stesa sul ripiano.
《Cosa gli chiederai di fare?》domandò, alzando lo sguardo su suo padre per la prima volta dal suo arrivo.
Anche lui lo guardò per un attimo, prima di tornare a puntare gli occhi sulla carta.
《Di trovare quella ragazzina, se gli riesce. Non ho tempo da perdere, nessuno sa della scomparsa, neppure i membri del Consiglio. Meraz è la mia ultima occasione》
《Non credi sia piuttosto imprudente? Il Mercenario è di Ashmira, potrebbe rivelare immediatamente la scomparsa...》
《Il Mercenario appartiene a chi lo ricopre d'oro, e quel qualcuno al momento sono io. Da quando è stato cacciato per tradimento dalla Lega della Stella a Sette Punte non ha trovato nessun'altro che lo accogliesse, tranne Haara. Fará ciò che gli ordineró di fare, se non vuole ritrovarsi il cervello divorato dagli sciacalli della Depressione》 Gashir ammutolí immediatamente, e in quell'istante bussarono alla porta. Suo padre diede l'ordine di passare, e la testa di un giovane soldato comparve nel vano della porta.
《Sommo Khadir, è arrivato》annunciò.
《Il Mercenario è qui》
Meraz di Ashmira non era esattamente il tipo di persona che si trovava a proprio agio con i nobili.
In realtà, i suoi luoghi preferiti erano, in ordine, i bordelli, le bettole e le arene.
In gioventù, il Mercenario era stato una delle principali attrazioni dell'Arena del Fuoco di Ashmira, il meraviglioso anfiteatro dove si svolgevano le battaglie all'ultimo sangue, gli spettacoli più amati dal pubblico.
Aveva guadagnato una discreta fortuna, abbastanza per permettersi un palazzo con annessi servi e guardia personale, cavalli e tre mogli, oltre che ad una cinquantina di amanti e figli illegittimi.
Durante i suoi anni d'oro passava il tempo disteso su di una jaycha di velluto, masticando uva e accarezzando le cosce di una delle sue molteplici donne, gridando ordini a destra e a manca, sicuro di essere sempre obbedito.
Purtroppo, quei tempi erano ormai ricordi lontani.
Dal sequestro del suo palazzo e dei suoi schiavi all'uccisione delle sue mogli, fino alla condanna all'esilio; le disgrazie si erano susseguite in ordine, precise e metodiche.
E ora, per guadagnarsi da vivere, non poteva fare altro se non servire nobili sbruffoni e grassi governanti.
Ma l'oro è oro, e il modo in cui ce lo guadagniamo è indifferente.
Basta averne.
Il guerriero entrò nella sala, al cospetto del Khadir, senza inchinarsi né parlare.
Si limitò a guardarlo negli occhi, il polso appoggiato sull'elsa della sciabola.
Gashir li osservò entrambi, percependo nettamente l'astio che correva tra i due, indeciso se rimanere o andarsene.
《Meraz》
《Khadir》
Suo padre non batté ciglio, ma si limitó a sedersi su una sedia, facendo cenno all'uomo di accomodarsi di fronte a sé. Meraz non si mosse, e suo padre continuò.
《Ti sono grato di essere venuto qui immediatamente. È una questione della massima importanza, e il tuo contributo sarà fondamentale. Ho bisogno che tu trovi una persona》
Gli occhi neri di Meraz scintillarono, e l'uomo annuì lentamente.
《Uomo, donna o schiavo. Non fa differenza》
《Una ragazza》
Meraz sorrise misteriosamente, incrociando le braccia al petto.
《Immagino che debba essere piuttosto importante, se il sommo Khadir decide di scomodare il famoso Mercenario》
Gashir non credeva che il guerriero conoscesse il soprannome con cui tutti lo chiamavano, ma evidentemente non aveva fastidio a sentirsi soprannominare in quel modo.
Anzi, sembrava ne fosse fiero.
《Si tratta della principessa del Nord, la figlia di Armaneus II. È scomparsa stamattina, doveva sposarsi con mio figlio. Voglio che tu la trovi, e lo voglio adesso》
Meraz puntò gli occhi su Gashir, con un sorrisetto sprezzante che infurió il ragazzo.
《Sarà fatto. Ovviamente, ad un prezzo adeguato》
Suo padre non batté ciglio.
《Certamente. Ogni servigio richiede un compenso, e il tuo sarà un lavoro perfetto, non è vero?》
Meraz tornò serio in viso, e Gashir ne fu sconcertato.
《I miei sono sempre perfetti. Tornerò con la ragazza》
《Ne sono felice》
Congedato, Meraz di Ashmira il Mercenario girò sui tacchi, e uscì dalla stanza, impettito come un gallo.
Appena l'uomo fu uscito, Gashir faticó a trattenere un sospiro di sollievo.
Quel guerriero lo aveva umiliato più di quanto fosse stato necessario, lo aveva fatto sentire un inetto, un idiota senza speranza, uno sciocco che aveva permesso a una ragazzina di fuggire.
Peggio, quasi, di come suo padre lo aveva fatto sentire.
Aveva errato, se lo ripeteva da ore, sbagliato a non accelerare la cerimonia, a permettere che la portassero via proprio nell'unico istante in cui la ragazza era rimasta sola.
Aveva deluso suo padre, la sua famiglia e la sua patria.
Non sentiva altro che il fallimento addosso.
Non c'era rimedio da porre, né scuse da chiedere.
Non le avrebbe accettate comunque.
《Padre... 》iniziò, pieno di timore, ma il Khadir lo zittí immediatamente.
《Non voglio sentire altro, men che meno le tue scuse. Ho altro a cui pensare, ho una sposa da ritrovarti》
《Non devo sposarmi per forza! Non con lei, ce ne sono altre nel Sud》
Ci volle un nanosecondo perché Gashir si accorgesse di aver detto esattamente la frase sbagliata.
Un secondo per percepire la stretta delle mani di suo padre sul collo.
Un istante, per sentire l'aria sfuggirgli dal corpo come da un pallone bucato.
《Non si tratta della tua puttana idiota, vuoi capirlo?》
Suo padre lo strattonó violentemente, e il ragazzo non riuscì a fare altro che mugugnare debolmente, alla ricerca disperata di aria.
L'uomo lo ignoró, e tenne la sua testa pericolosamente vicina al suo viso.
《Sai cosa succede se quella ragazza non viene ritrovata nel giro di quarantotto ore? Lo sai?》
Gashir sentiva che lo avrebbe soffocato, l'aria diventava sempre più rarefatta in fondo alla gola, ma ebbe la forza di scuotere la testa.
《Le spie del Consiglio sapranno che è dispersa, e un'esercito di almeno ottomila guerrieri delle Libere Città sarà nel porto di Haara in meno di altre ventiquattro ore》
Suo padre lo guardò con un disprezzo enorme, prima di lasciarlo ricadere sulle piastrelle.
《E allora sarà la guerra》
***
Note dell'autrice:
Ciao, sono sempre io! Ovviamente, dovevo aggiungere qualche riga di amene chiacchiere, tanto perché non ho molto da fare, causa piccola scossetta e conseguente evacuazione da scuola (nella quale sono tornata mercoledì, dopo un mese di chiusura).
Esperienza edificante, soprattutto se si è chiudifila... come me.
Almeno, ho avuto abbastanza tempo per terminare di scrivere questo capitolo; mi trovo in una situazione assurda, con un mese e più di lezione da recuperare, libri a non finire da studiare e tante interrogazioni da preparare... per cui, spero che vi siate goduti questo breve scorcio nel Sud Infuocato, sperando di riuscire a darvi un nuovo capitolo al più presto.
Come al solito, commenti edificanti sono accettatissimi, stelline comprese.
Fatemi sapere!
Un bacio
Sophie
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro