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Capitolo 10

Non si può mai sapere ciò che la vita ci riserva, e anche se soffrivo molto, una cosa non perdevo mai: la speranza. La speranza che un giorno sarei potuta essere felice, davvero felice dico, senza il bisogno di nessuno, senza il bisogno di avere per forza qualcuno affianco, di poter farcela da sola con le mie mani. Da piccina sognavo di diventare un' attrice con tutti ai miei piedi, tantissimi soldi e amici. Ma si sa la vita non è una favola, bisogna lottare per avere ciò che si vuole, ed io non lo stavo facendo, no. Mi stavo lasciando andare giù, sempre più in fondo.

Mi ero data all'alcol. Ogni giorno andavo insieme a Georgette a comprare una bottiglia di qualcosa, che fosse  vodka, tequila, rum o qualsiasi altra sostanza mi facesse girare la testa e affogare i pensieri non importava, in quel modo riuscivo a ridere. I sabato sera erano diventati qualcosa di indimenticabile, ridevamo a crepapelle, come due bambine spensierate.

Sentivo la mancanza di Manuel fin dentro le ossa, la pelle era vuota. Vuota di lui. Mi mancava, mi mancava da morire.

Il tempo passava, la sua mancanza non spariva, ma il cuore, molto lentamente si abituava, già perché ormai ero abituata a rimanere con me stessa. Durante la festa di natale andai stata a trovare la mamma, anche lei aveva cambiato casa, quel natale fu davvero bello, sentii in qualche modo di lasciarmi andare, stavo tutto il giorno sul divano con le mie sorelle a ridere e scherzare, vedevo quanto loro crescevano e ciò che mi stavo perdendo della loro vita. Qualche volta uscivo con mamma a fare shopping e ci raccontavamo cosa facessimo quando eravamo distanti, le parlavo dei miei problemi e lei dei suoi, stranamente mi capiva, non era più come prima, una continua lotta. Capii che quella distanza servì ad entrambe per accorgerci quanto l'una sia essenziale per l'altra. Ricordo il giorno che arrivai, il momento in cui la riabbracciai mi sentii nuovamente felice, solo momentaneamente era ovvio, perché due settimane dopo sarei tornata in Sicilia. La toscana la trovavo triste, quel paese mi metteva una malinconia che nemmeno si può immaginare. Vuoto, mille teste tutte uguali, omologate ad essere giudicatori e cattivi contro chiunque.

Il tempo passava ed era già estate.

Quando fummo alle porte del sole, Georgette non volle uscire più con me, perché il suo ragazzo credeva fossi io a spingerla a bere, non era affatto così. La cosa mi tocco molto, non credevo mai che avrebbe potuto abbandonarmi per lui, proprio perché quando lui la faceva soffrire io ero lì, pronta ad ascoltarla, sempre, nonostante avessi i miei fottutissimi problemi. Non so, ma tutto mi spingeva a credere che la cosa sbagliata fossi io, o era così o erano TUTTI matti. Insomma quella era la mia migliore amica e anche lei mi aveva voltato le spalle, adesso mi sentivo davvero sola, proprio al culmine del vuoto, quando vivi semplicemente anche se non hai ragioni per farlo.  Delusione totale, senso di abbandono, sconforto e frustrazione erano all'ordine del giorno nella mia vita, una costante fissa, che non vuole andare via.

Quell'estate uscii con una mia amica di infanzia, abitava in Germania e venne in vacanza. Ero cresciuta con lei quando i miei genitori erano ancora assieme, abitava proprio accanto casa mia, ci affacciavamo dal balcone e parlavamo di tutto, si chiamava Light, era una ragazza speciale. Altissima e paffuta con un cuore grande quanto lei, da piccole giocavamo sempre sotto casa con tutti i bambini del quartiere, fin quando anche lei non partì per trasferirsi. Eppure ci tenemmo lo stesso in contatto. Ed ora eccoci lì più grandi a viverci un estate inaspettata.
 A noi si erano aggiunti Luis e Frank. Due ragazzi conosciuti durante qualche sabato sera. Mi piaceva uscire con loro, davvero non mi facevano pensare a nulla, fumavano e bevevano, noi lo facevamo pure. Iniziai a fumare erba. Quella roba aveva un odore che faceva girare la testa, ma ti faceva venire voglia di fumare, fumare continuamente, anche se ancora non era il mio caso.
La prima volta che fumai in realtà ero insieme a Georgette, in una delle nostre serate. Ce l'ho ancora impressa nella mente quella notte. Avevamo passato tutto il pomeriggio insieme, e ci eravamo preparate a casa mia per essere bellissime. Io indossai una minigonna di jeans, una blusa verde smeraldo a mono spalla, e per completare misi dei tacchi. Giorgia invece aveva un vestitino più scuro del mio con svariati disegni ,e anche lei dei tacchi. Appena pronte ci incamminammo verso la piazza, non appena arrivate andammo a sederci in un bar per ordinare da bere, era quasi inizio estate quindi faceva abbastanza caldo ed eravamo arrivate sudate, così per rinfrescarci io ordinai un angelo azzurro,mentre lei prese un mojito. Dopo poco tempo vennero a salutarci due nostri amici, li invitammo a sedersi con noi. Ci offrirono da bere anche se non ricordo il nome della bevanda per via della musica assordante, era forte e buona, intensa, ne bevemmo altri due bicchieri, era davvero pungente. A mezzanotte eravamo già ubriache marce. Così per non dare molto nell'occhio andammo a sederci in una stradina della piazza dove passava poca gente, il mio amico porse la mano in avanti per farmi vedere cosa avesse dentro una piccola bustina  trasparente. All'inizio non capii bene di cosa si trattava, non avevo mai visto quella cosa, ma lui non se ne accorse e ci chiese lo stesso se volevamo fumare con loro. Io senza esitare dissi di si. Non mi importava se era sbagliato, se era contro la legge, se faceva male, no, io ero pronta a provare di tutto. Ci mise molto per far venire fuori una specie di sigaretta, perché anche lui era abbastanza ubriaco. Ispirare quel fumo era strano, mi raschiava la gola, ma adoravo la sensazione di sentirmi sospesa nel nulla. Si fece l'una e mezza e non ci reggevamo in piedi, una delle due era stata male e aveva vomitato, così i ragazzi decisero di riaccompagnarci a casa. Purtroppo o per fortuna non eravamo ancora in età da patente, così ci trascinarono a casa quasi in braccio. Quando io e Georgette riuscimmo a ritornare ognuna alla propria dimora, andai a dormire e lo feci con tutti i vestiti addosso. 

Da quando uscivo con Luis fumavo quasi tutti i giorni, non pensavo fosse grave, dato che non spendevo mai soldi per ciò. Solo che alcune volte quando non c'era quella roba, ne avevo voglia, solamente nei giorni in cui ero più triste però. Mi stavo inconsapevolmente incasinando la vita più di quanto già non lo fosse. Probabilmente usavo la marijuana per colmare il vuoto della mamma. Perché lei mi mancava da morire, tornare a casa e non trovare mai nessuno non era bello. Mi rinchiudevo nella mia stanza e non riuscivo a dormire. Eppure la droga un po' mi stimolava il sonno. Ricordo che quando tornavo a casa salutavo la mamma, ma ovviamente non ricevevo alcuna risposta, lei non era lì. Era solo a 1.162,5   chilometri di distanza da me, e se avessi avuto bisogno di un abbraccio materno non potevo averlo, non potevo nemmeno sentire le mie sorelline fare irruzione alle 8 la domenica mattina in camera mia per svegliarmi, anche se le mie urla per mandarle via le avrebbero sentite pure in Giappone, ora le volevo lì, ma erano dannatamente lontane. Mi mancava tornare a casa e trovare la mamma sempre sveglia ad aspettarmi, anche se era stanca morta, mi mancavano i programmi stupidi che mia sorella Gaia guardava alla tv, mi mancavano le urla della mamma disperata, nel tentativo invano di farmi riordinare l'armadio, perennemente incasinato, ora di incasinata era solo la mia vita. I miei pianti erano costanti ogni sera, con le cuffiette  appiccicate alle orecchie ed il cuscino che quelle lacrime le assorbiva e non le cessava, Il buio che ogni notte mi pietrificava la vista era immenso, immenso come il mio dolore, immenso come i miei sbagli e i miei inutili tentativi di ricomporre tutto, di ricomporre il mio cuore, perché ormai non era solo graffiato, anzi era distrutto, fatto a brandelli, in miliardi di piccoli pezzettini. Ad esempio avevo dato il mio cuore a Manuel ma lui me lo gettò contro, distruggendolo e distruggendo me.  C'era una cosa che mi era rimasta impressa di Manuel, una cosa che forse mi ha portato a conservarlo nella parte più sicura di me, lui non aveva nemmeno una volta provato a chiedermi di andare a letto con lui, e questa era una delle cose, che forse mi avevano fatto credere che lui ci tenesse davvero.

 Ormai non mi fidavo di nessuno. Una volta un ragazzo mi disse:

''Riuscirò a farti innamorare di me e ad entrare nel tuo cuore''

''Non ho un cuore'' Risposi con freddezza io a quella sciocca affermazione.

''Ma dai se non avessi un cuore saresti morta''

''Tranquillo, ho messo una pietra al suo posto, quella indistruttibile, così che nessuno possa più farlo a pezzi''

Non mi cercò più, capì che io non ero una facile.

Mentre l'estate passava avevo fatto pace con Georgette, ma non eravamo più uscite assieme, mi aveva abbandonata e non volevo più averci molto a che fare. Mi disse che aveva fatto l'iscrizione per la scuola scuola superiore, in un paesino a 20 minuti dal nostro. Ne avevamo parlato tempo prima e avevo detto che sarei voluta andare anche io, eppure quando lo dissi a mio padre non la prese bene. Non voleva pagarmi le tasse scolastiche né l'abbonamento, diceva:

''Andrai a fare cazzate lì e io non ho molti soldi, né un lavoro fisso per mandarti in una scuola dove nemmeno studierai''

Si sbagliava, Io volevo realmente cambiare qualcosa. Volevo studiare per andare via, un giorno da quella merda, e lui non è che i soldi non li aveva, li spendeva semplicemente per berseli con l'alcool. Quando ci pensavo, mi sentivo anche io così. Non riuscivo a credere che, anche io stavo diventando come lui. Sempre ubriaca o strafatta, senza istruzione e senza futuro, dovevo cambiare qualcosa, perché la cosa che più mi disturbava era diventare come lui. 

Dissi a Georgette che avrei fatto il possibile per andare in quella scuola. Così andai da una delle persone che in tutta la mia vita dovrò ringraziare più di tutte. La nonna. Le chiesi se potesse aiutarmi lei, naturalmente fu davvero contenta di quella mia proposta che non se lo fece ripetere due volte, voleva davvero che pensassi al mio futuro, e diciamo che fu lei la cosa che più di tutte mi spinse a pensarci, così mi pagò l'iscrizione agli inizi di settembre.
A settembre Light era tornata in Germania , anche Frank era partito, viveva in Belgio. Avevamo passato un'estate nuova, diversa, alla scoperta di cose nuove, mi ero divertita. Così io e Luis restammo da soli, ed eravamo diventati migliori amici, lui era solo e lo ero anche io! Ogni giorno fumavamo, mi ero abituata a quel fumo tossico,  quella vita tossica, a quel dolore tossico. Ma probabilmente era colpa del destino, se la mia vita era andata così, anche se non credevo molto a questa teoria.

SETTEMBRE

Eccomi pronta con lo zaino. Chi l'avrebbe mai detto che io sarei tornata a scuola e per studiare poi. Chissà cosa sarebbe successo quell'anno, o chi avrei incontrato. Io ero lì e stavo ancora percorrendo il mio cammino, proprio quando credevo di averle passate tutte, ne dovevo affrontare ancora altre tante. Con quella mia mania di bere e fumare. Chissà a che punto mi sarei fermata?

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Spazio autrice:
Ciao a tutte. :)
Ho aggiornato perché avevo bisogno di scrivere.
Volevo chiedervi di lasciare magari un piccolo voto se gradite la storia, o magari un vostro parere, ne ho davvero bisogno. Voglio sempre sapere se devo continuare, dove sbaglio o altro.
Ringrazio chi già lo fa. Chi mi segue e chi ama questa storia.
Ringrazio vivamente tutte, perché siete veramente fantastiche.
Qualsiasi cosa vorrete chiedermi contattatemi o scrivete nei commenti, sarò felice di rispondere. :)
Un bacione a tutti e buona serata! ♡

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